La libera circolazione degli avvocati nella Comunità europea
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1 1. La libera circolazione degli avvocati nella Comunità europea Il titolo III della parte III del Trattato istitutivo della Comunità europea TCE disciplina la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali. Per quel che riguarda le attività non salariate, vale a dire il lavoro autonomo in genere e le libere professioni in particolare, l art. 43 (ex art. 52) TCE riconosce la libertà di stabilimento, che consente ai cittadini comunitari persone fisiche o giuridiche di stabilire la propria sede, di aprire agenzie, succursali o filiali, in un qualsiasi stato membro, al fine di svolgere la propria attività in modo stabile e continuativo e «alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini» (art. 43 co. 2 TCE) 1. L art. 49 (ex art. 59) TCE disciplina, invece, la libera prestazione dei servizi, intesa come libertà di esercizio temporaneo in un qualsiasi stato membro di un attività autonoma industriale, commerciale, artigianale o professionale (art. 50 TCE). Le libertà ora dette riguardano entrambe attività di lavoro autonomo e «si fondano sugli tessi principi» 2, ma sono (non solo concettualmente) distinte, tanto che si escludono a vicenda (art. 50 co. 1 TCE). La CGCE nel caso Gebhard 3 ha chiarito che la libertà di stabilimento «implica la possibilità, per il cittadino comunitario, di partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l interpenetrazione economica e sociale nell ambito della Comunità nel settore delle attività indipendenti», mentre la libertà di prestazione dei servizi presuppone che l attività che si svolge in un altro stato membro o nei confronti di un cittadino di un altro stato membro sia esercitata «a titolo temporaneo» (art. 50 co. 3 TCE). Contestualmente, la CGCE ha chiarito quali sono i parametri in base ai quali valutare la temporaneità della prestazione, e cioè: durata, frequenza, periodicità o continuità. Il carattere temporaneo della prestazione non esclude, tuttavia, che il prestatore di 1 Il diritto di stabilirsi in un (altro) stato membro non è condizionato alla rinuncia al precedente stabilimento, per cui il professionista comunitario può essere contemporaneamente stabilito in più stati membri: CGCE in causa 107/83, Barreau de Paris c. Klopp, Raccolta 1984, CGCE in causa 118/75, Watson e Belmann, Racccolta 1976, L art. 55 (ex art. 66) T/CE prevede espressamente che le disposizioni relative al diritto di stabilimento si applichino anche in materia di prestazione di servizi. 3 CGCE in causa C-55/94, Gebhard, Raccolta 1995, I
2 servizi possa dotarsi, nello stato ospitante, «di una determinata infrastruttura (ivi compreso un ufficio o uno studio), se questa infrastruttura è necessaria al compimento della prestazione» 4 : vale a dire che l attività temporanea può esercitarsi per mezzo di una struttura permanente senza configurare uno stabilimento ex art. 43 TCE. Quanto detto fin qui vale per tutti i lavoratori autonomi e non solo per gli avvocati. Tuttavia, il legislatore comunitario, viste le peculiarità della professione forense sulle altre, ha emanato delle direttive specifiche in materia di stabilimento e prestazione di servizi degli avvocati Brevi cenni sulle direttive servizi e diplomi La prima (in ordine cronologico) direttiva in materia di libera circolazione degli avvocati è la n. 77/249/CEE del «intesa a facilitare l esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati» 7. Tale direttiva, a differenza delle direttive corrispondenti in materia sanitaria, «enfatizza il momento della prestazione, relegando in secondo piano il riconoscimento in senso stretto» 8. Qui, infatti, oggetto del mutuo riconoscimento è la qualifica di avvocato così come attribuita dai singoli ordinamenti nazionali: l art. 2 della direttiva, infatti, non definisce chi è avvocato ai sensi della direttiva, ma si limita ad elencare, stato per stato, le diverse denominazioni riconducibili alla professione. Gli artt. 4 e 5 della direttiva, poi, distinguono tra attività giudiziali e stragiudiziali: quanto alle prime, è previsto che l attività dell avvocato prestatore a) sia soggetta alle stesse condizioni 4 CGCE , Gebhard, cit.. 5 Questo è l ordine logico delle materie, anche se il legislatore comunitario ha legiferato un po confusamente ed in ordine sparso: la direttiva servizi, come vedremo, è del 1977, quella diplomi - che attiene ad un aspetto particolare del diritto di stabilimento - è del 1989 e la direttiva stabilimento è del La confusione (e l enorme ritardo: tali direttive dovevano - in teoria - essere adottate nel periodo transitorio, cioè entro il ) è dovuta alle forti resistenze degli ordini professionali, per cui ci sono voluti addirittura diciott anni per arrivare all emanazione della direttiva stabilimento. Nel frattempo, all inerzia del legislatore ha supplito lo judicial activism della CGCE che, fin dal caso Reyners (CGCE in causa 2/74, Raccolta 1974, 631), ha riconosciuto effetti diretti agli artt. 43 (ex art. 52) e ss T/CE. 6 Per i profili problematici della l n. 31 che ha attuato la direttiva in Italia, VICICONTE, L avvocato e l Europa, GIUFFRÈ, Milano, 1999, Nel preambolo della direttiva. 8 GREPPI, Stabilimento e servizi nel diritto comunitario, Digesto IV, Discipline pubblicistiche, XIV, UTET, Torino, 1999,
3 richieste agli avvocati dello stato membro in cui si effettua la prestazione «ad esclusione di ogni condizione di residenza o d iscrizione ad un organizzazione professionale», e b) debba essere prestata nel rispetto delle regole deontologiche dello stato ospitante e di quello d origine (principio della doppia deontologia). In sede di attuazione, la direttiva ha previsto che gli stati possano dettare altre condizioni, tra le quali l obbligo di agire di fronte all autorità giurisdizionale di concerto con un professionista abilitato secondo le regole locali 9. Per le attività stragiudiziali, l avvocato resta soggetto solo alle regole professionali dello stato di provenienza, mentre quelle dello stato ospitante si applicano solo in parte (incompatibilità tra l esercizio della professione di avvocato e le altre attività, segreto professionale, riservatezza nei rapporti fra colleghi, norme sul conflitto di interessi, disciplina della pubblicità). L altra direttiva, la n. 89/48/CEE, «relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni», ha sostanzialmente esteso alle professioni il principio del mutuo riconoscimento elaborato dalla CGCE nella giurisprudenza del Cassis de Dijon 10 : un diploma, che abiliti all esercizio di una professione nello stato membro in cui è stato conseguito, abilita il cittadino comunitario ad esercitarla in qualsiasi altro stato membro 11. Il riconoscimento della formazione non è automatico, qualora non vi sia sostanziale corrispondenza nei contenuti formativi e/o professionali: in questo caso il riconoscimento può essere subordinato a meccanismi di compensazione per bilanciare il deficit di formazione. Il riconoscimento dei diplomi è limitato ai fini professionali ed è irrilevante per i titoli accademici. 9 Secondo l interpretazione della Corte e coerentemente con la ratio che ispira tale previsione l avvocato prestatore di servizi, al quale la legge nazionale di attuazione imponga di agire di concerto con un collega locale per le attività di rappresentanza e difesa in giudizio, può limitarsi ad eleggere domicilio presso un avvocato stabilito: CGCE in causa 427/85, Commissione c. Germania, Raccolta 1988, 1123 e CGCE in causa 294/89, Commissione c. Francia, Raccolta 1991, CGCE in causa 120/78, Rewe-Zentral AG c. Bundesmonopolverwaltung für Branntwein, Raccolta 1979, Si basa sul principio della c.d. fiducia reciproca fra gli stati membri, per cui il cittadino europeo abilitato ad esercitare una professione in uno stato si presume che abbia la formazione necessaria a svolgere la medesima professione in qualsiasi altro stato membro. 6
4 1.2. La direttiva stabilimento La direttiva diplomi, tuttavia, riguarda solo un aspetto del diritto di stabilimento: essa prevede, infatti, la possibilità per il professionista comunitario di veder riconosciuta la propria formazione in un qualsiasi stato membro, al fine di integrarsi completamente nell organizzazione professionale di quello stato, iscrivendosi se necessario e al pari di un cittadino di quello stato ad un albo professionale dopo avervi superato una prova attitudinale o un tirocinio di adattamento. Tale sistema ha avuto uno scarso successo tra gli avvocati: nel periodo solo 620 avvocati si sono stabiliti in un diverso stato membro 12. Il fatto è che gli stati membri hanno perlopiù tradito la ratio della direttiva: dal momento che si tratta di avvocati già abilitati nel paese d origine, non dovrebbero, contrariamente a quanto (quasi sempre) avviene, essere sottoposti alla stessa prova attitudinale che devono superare coloro che senza altro titolo precedente intendono accedere alla professione 13. Chiaramente, per un avvocato abilitato è molto più attraente la prestazione transfrontaliera di servizi 14 che ricominciare da capo con il tirocinio e l esame di stato: questa possibilità può interessare al massimo dei giovani avvocati, freschi di studi e disponibili a sottostare ad un periodo ulteriore di formazione, generalmente poco o punto retribuito. Si aggiunga che gli avvocati migranti sono solitamente più interessati all attività di consulenza (in particolare nel diritto del proprio paese di provenienza o nel diritto comunitario e internazionale) che a quella giudiziaria, che richiede necessariamente l iscrizione ad un ordine professionale nello stato ospitante. Di conseguenza, sono anche poco interessati al titolo professionale del paese ospitante 15. Insomma, la direttiva diplomi lascia priva di 12 Di questi, 378 erano avvocati migranti tra Regno Unito e Irlanda, per i quali è previsto il riconoscimento immediato, senza alcuna prova attitudinale. Analogamente, 15 avvocati tra belgi e lussemburghesi sono stati accettati direttamente in Francia. Dei 340 avvocati che, invece, hanno dovuto sostenere la prova attitudinale solo 214 l hanno superata: Commissione delle Comunità europee, Relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sullo stato di applicazione del sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore, Bruxelles, , COM(96) SALVEMINI, La direttiva sulla libertà di stabilimento degli avvocati, RIDPC 1999, La libera prestazione di servizi è stata molto gradita dagli avvocati europei, tanto da diventare talvolta fonte di abusi da parte di avvocati che, di fatto stabiliti, non volevano sottostare alle condizioni imposte nello stato ospitante per l accesso alla professione e pertanto si facevano passare per prestatori di servizi. 15 Stando così le cose, già prima della direttiva stabilimento molti avvocati hanno avuto la possibilità di stabilirsi in paesi nei quali l attività di consulenza non è riservata agli avvocati nazionali: è il caso, per esempio, del Belgio (l ordine di Bruxelles ha istituito una "lista B" dove, a determinate condizioni, 7
5 disciplina la situazione a) degli avvocati che vogliano esercitare il loro diritto di stabilimento senza per ciò diventare membri di un ordine professionale del paese ospitante e b) degli studi legali associati che vogliano trasferire la loro sede (o aprire agenzie, succursali o filiali) in un altro stato membro. Per questo, dopo la lunga gestazione di cui dicevamo 16, la Comunità ha emanato la direttiva 5/98/CE. I principi cui si ispira la direttiva sono espressi a chiare lettere nei considerando: libertà di stabilimento con il titolo d origine, doppia iscrizione (sia all ordine professionale di origine che a quello dello stato ospitante) e doppia deontologia (con conseguente sottoposizione al potere disciplinare di entrambi gli ordini professionali), trattamento nazionale (in particolare, per l esercizio della professione come lavoratore dipendente e in forma collettiva). Una grande novità è la possibilità di assimilazione (art. 10 dir. 98/5/CE): dopo tre anni di pratica «effettiva e regolare» del diritto dello stato ospitante "ivi compreso il diritto comunitario», l avvocato migrante se lo vuole può ottenere il titolo professionale di quest ultimo stato, senza sottostare alle condizioni della dir. 89/48/CEE. L onere di dimostrare questa attività triennale incombe sull interessato. In caso in cui l avvocato migrante, stabilito da almeno tre anni, eserciti da meno tempo il diritto dello stato ospitante, dovrà anche fornire la prova della sua conoscenza del diritto di quest ultimo stato (conoscenza che, dopo tre anni di attività, si presume). In tale caso l autorità (id est l ordine professionale) dello stato ospitante, per poter «verificare il carattere regolare ed effettivo delle attività esercitate», potrà anche convocare l avvocato migrante per un colloquio «che non avrà mai le caratteristiche di una prova di qualsivoglia genere» 17. possono iscriversi con il proprio titolo d origine gli avvocati stranieri che vogliano prestare attività di consulenza), della Danimarca, dei Paesi Bassi, del Regno Unito, della Svezia, dell Italia, della Germania (ove vige il divieto per gli avvocati stranieri di praticare il diritto tedesco): SALVEMINI, op. cit., 817 in nota. 16 Sulla genesi della dir. 5/98/CE si vedano DAL-DEFALQUE, La direttiva stabilimento, RF 1999, 503 e ss. e SALVEMINI, op. cit., 812 e ss.. 17 SANTARONI, Esercizio della professione di avvocato nell Europa comunitaria, NLCC 1998,
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