Università degli Studi di Napoli Federico II

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Università degli Studi di Napoli Federico II"

Transcript

1 Università degli Studi di Napoli Federico II Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Ettore Pancini Laurea Magistrale in Fisica Tesi sperimentale Senescenza in cellule normali esposte a fasci di particelle cariche: implicazioni per il danno al tessuto sano e la proliferazione tumorale in adroterapia Senescence in normal cells exposed to charged particle beams: implications for the damage to healthy tissue and tumor proliferation in hadrontherapy Relatore: Prof. Lorenzo Manti Candidata: Emilia Esposito Matr. N94/270 A.A. 2016/2017

2 The long and winding road that leads to own dreams. 1

3 Indice Introduzione... 4 Capitolo 1: Interazione tra radiazione ionizzante e materiale biologico Introduzione alle radiazioni ionizzanti Interazione delle particelle cariche con la materia: picco di Bragg Grandezze dosimetriche di interesse radiobiologico Linear Energy Transfer (LET) e struttura di traccia Dose assorbita ed Efficacia Biologica Relativa (RBE) Curve dose-risposta: sopravvivenza cellulare Capitolo 2: Attività di ricerca sperimentale nell ambito del progetto ETHICS Motivazione scientifica Obiettivi sperimentali del progetto di ricerca ETHICS Utilizzo delle particelle cariche per la cura dei tumori: adroterapia Spread-Out Bragg Peak (SOBP) Problematiche fisiche e radiobiologiche dell adroterapia Danni subletali: senescenza prematura indotta da stress (Stress-Induced Premature Senescence o SIPS) Sistemi/organi modello: seno ed osso Capitolo 3: Metodi di indagine Linee cellulari e preparazione dei campioni Apparato sperimentale

4 3.3 Il complesso degli acceleratori del CNAO e le linee di fascio Sorgenti e linea di trasporto a bassa energia Quadrupolo a radiofrequenza, acceleratore lineare e linea di trasporto a media energia L iniezione, l estrazione e la linea ad alta energia Sistema di rilascio di dose Set-up utilizzato per l irraggiamento Capitolo 4: Risultati e Discussione Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura indotta da fascio terapeutico di protoni su cellule normali HUVEC e HMVEC-C Confronto tra le due linee cellulari Interazione tra cellule normali senescenti e cellule tumorali proliferanti trattate con ioni carbonio Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura indotta da fascio di ioni carbonio su cellule normali HUVEC Valutazione degli effetti di cellule normali senescenti (HUVEC) sul potenziale proliferativo di cellule tumorali (Saos-2) Conclusioni Appendice A: Saggio della β-galattosidase per la rivelazione della senescenza cellulare Bibliografia

5 Introduzione Le radiazioni ionizzanti rappresentano uno degli strumenti più efficaci per il trattamento del cancro, attualmente tra le principali cause di morte nei paesi sviluppati. Negli ultimi anni si è andato sempre più affermando l impiego di un innovativa modalità di radioterapia, chiamata adroterapia, per la cura di tumori in stato iniziale e avanzato. In adroterapia, l utilizzo di fasci di particelle cariche accelerate, principalmente protoni e ioni carbonio, è motivato dal loro vantaggioso profilo doseprofondità, caratterizzato dal cosiddetto picco di Bragg, per cui la maggior parte della dose viene rilasciata a fine range, pertanto inverso rispetto all andamento dei fotoni, che vengono attenuati esponenzialmente. Il peculiare profilo esibito dalle particelle cariche permette una maggiore precisone balistica nel rilascio della dose in corrispondenza del sito tumorale e di limitare l esposizione del tessuto sano circostante. Oltre a tale vantaggio di natura fisica, ne esiste uno di natura più squisitamente radiobiologica, che sussiste per gli ioni carbonio e consiste in una loro maggiore efficacia radiobiologica. Infatti, le particelle cariche, a parità di energia, all aumentare del numero atomico Z, presentano una crescente densità di ionizzazione (descritta dal parametro denominato Linear Energy Transfer o LET) in virtù della quale causano danni di tipo complesso (clustered damage) al livello della macromolecola di DNA, nella maggior parte dei casi irreparabili e quindi letali per la cellula. Ciò si traduce in un incremento della loro efficacia biologica relativamente ai fotoni o a fasci di particelle cariche leggere quali i protoni, permettendo, a parità di dose rilasciata per frazione durante il trattamento radioterapico, di ottenere una maggiore percentuale di inattivazione di cellule tumorali (maggiore RBE). Unita al profilo di deposizione energetico descritto dalla curva di Bragg, queste caratteristiche permettono, in linea di principio, di massimizzare il danno al tessuto tumorale risparmiando una maggiore proporzione di tessuto sano rispetto alla radioterapia convenzionale. Tuttavia, questa strategia anti-tumorale presenta ancora un certo numero di incertezze per quanto concerne gli effetti a lungo termine dovuti all inevitabile esposizione delle cellule normali. Se è vero che una minore dose di radiazione, è rilasciata a carico delle cellule normali, è altrettanto vero che la sua efficacia è in proporzione maggiore e si 4

6 esplica nell induzione di danni citogenetici per lo più subletali, ossia tali da non portare alla morte riproduttiva la cellula colpita ma capaci di causare danni al suo DNA che sono potenzialmente trasmissibili alla sua progenie. Sono per l appunto questi danni i responsabili dei principali effetti tardivi nei pazienti sottoposti a radioterapia, tra cui tumori secondari radioindotti. A questo si aggiunge il fatto che tra gli effetti indotti efficacemente da dosi basse di particelle cariche stanno attirando crescente attenzione effetti tardivi non tumorigenici quali l induzione di senescenza prematura cellulare (Stress-Induced Premature Senescence o SIPS). L accumulazione di cellule prematuramente senescenti in vivo potrebbe compromettere le funzioni degli organi/tessuti sani. Inoltre, esistono studi discordanti sugli effetti che la senescenza cellulare prematura, indotta a basse dosi, esercita sulle cellule tumorali adiacenti, in quanto le cellule senescenti secernerebbero fattori coinvolti nella segnalazione intercellulare inibenti o promuoventi la progressione tumorale. Il presente lavoro di tesi si inserisce nell ambito del progetto di ricerca ETHICS (preclinical Experimental and THeoretical studies to Improve treatment and protection by Charged particles), finanziato dall Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con lo scopo di studiare effetti radiobiologici in cellule normali di rilevanza per la salute dei pazienti di adroterapia in quanto legati al possibile danno al tessuto sano in seguito ad esposizione a fasci esterni di particelle cariche (protoni e ioni carbonio), nonché l effetto che tali cellule danneggiate esercitano sulla capacità proliferativa di cellule tumorali. ETHICS è articolato in tre cosiddetti sistemi/organi modello tra quelli attualmente trattati in adroterapia principalmente con ioni carbonio ossia pancreas e osso, e seno, per il quale è stato proposto il trattamento con fasci di protoni. In questo contesto, il lavoro di tesi si è soffermato sullo studio della risposta cellulare in vitro, a fasci di particelle cariche per due di questi organi/sistemi di riferimento: seno ed osso. Tale scelta, per il seno, è stata motivata da recenti risultati di studi clinici su donne affette da carcinoma mammario che hanno confermato l esistenza di una correlazione positiva tra l aumento di rischio di patologie cardiovascolari e l esposizione del tessuto sano a radiazioni ionizzanti, già a basse dosi. Questi risultati hanno suggerito, quindi, la possibilità di utilizzare la protonterapia, come trattamento alternativo per la cura del cancro alla mammella, attualmente curato solo con radioterapia convenzionale. 5

7 A tal scopo sono state utilizzate due linee cellulari normali: le cellule endoteliali microvascolari cardiache (HMVEC-C) e le cellule endoteliali della vena ombelicale (HUVEC). Per studiare, invece, gli effetti della radiazione sull interazione tra cellule normali e tumorali, si sono utilizzate le HUVEC in concomitanza con cellule di osteosarcoma umano (Saos-2). I tumori ossei presentano un elevata incidenza pediatrica e, come detto, sono attualmente curati con particelle cariche pesanti. L attività di ricerca sperimentale, qui presentata, si è svolta presso il Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni del Dipartimento di Fisica E. Pancini, Università Federico II di Napoli, dove sono stati preparati i campioni cellulari e condotti i processi postirraggiamento. L irraggiamento dei campioni è avvenuto con fascio terapeutico di protoni presso il sincrotrone del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di Pavia e con fascio monoenergetico di ioni carbonio presso i Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Catania. Il presente lavoro di tesi è organizzato in quattro capitoli: Nel primo capitolo sono richiamati i principi fisici alla base dell interazione tra le radiazioni ionizzanti e il materiale biologico, e introdotte alcune grandezze di interesse radiobiologico, come: Linear Energy Transfer (LET), dose assorbita (D), dose equivalente (H), dose efficace (H E ) ed Efficacia Biologica Relativa (RBE). Nel secondo capitolo è presentato il razionale del progetto ETHICS e sono discussi i vantaggi dell adroterapia con le problematiche fisiche e radiobiologiche ad essa associate. Nel terzo capitolo è descritta la preparazione dei campioni, il set-up utilizzato per l irraggiamento e sono riportati i profili di dose misurata e il LET simulato con codice Fluka per fasci clinici di protoni e di ioni carbonio del CNAO e la simulazione della curva di Bragg (dose e LET) del fascio di carbonio dei LNS. Nel quarto capitolo sono presentati i risultati sperimentali derivanti dalla stima dell insorgenza sia acuta che tardiva della senescenza cellulare prematura ed è valutato il possibile effetto che le cellule senescenti esercitano sul potenziale proliferativo di cellule tumorali. Nelle conclusioni sono discusse le principali implicazioni dei risultati e i possibili sviluppi futuri. 6

8 Capitolo 1: Interazione tra radiazione ionizzante e materiale biologico 1.1 Introduzione alle radiazioni ionizzanti L assorbimento di energia in un materiale biologico esposto a radiazione può condurre a fenomeni di eccitazione e di ionizzazione. Nel processo di eccitazione, l elettrone di un atomo o di una molecola, quando assorbe energia, si porta ad un livello energetico più alto di quello di partenza. Dopo un intervallo di tempo dell ordine di 10-9 s, l elettrone si diseccita emettendo un fotone di energia pari alla differenza energetica dei due livelli coinvolti. L eccitazione è il tipico effetto che si riscontra nella materia esposta a radiazione visibile e ultravioletta. Se, invece, l energia rilasciata nel mezzo è superiore all energia di legame dell elettrone all atomo considerato, la radiazione avrà un energia sufficiente ad estrarre uno o più elettroni orbitali dall atomo. Questo è un processo di ionizzazione e la radiazione è detta ionizzante [1]. Sia negli atomi che nelle molecole l energia necessaria per estrarre un elettrone periferico è dell ordine delle decine di ev. Questa energia è nettamente superiore all energia di legame intramolecolare (legame chimico) di rilevanza biologica che vale 4,9 ev per il legame C=C e 5,16 ev per il legame O-OH. Quindi, se l energia assorbita è minore di quella necessaria a tenere legati gli elettroni negli orbitali atomici (~ 10 ev) si ha eccitazione, se è maggiore si può avere anche ionizzazione. L energia necessaria a produrre una ionizzazione in acqua, la molecola più diffusa in ambito biologico, è di circa 16 ev, mentre in una tipica biomolecola, a causa della sua struttura complessa, l energia necessaria a produrre una ionizzazione è di circa 33 ev; la differenza è dovuta alle eccitazioni associate [2]. In radiobiologia, che studia gli effetti a livello cellulare e tissutale dell assorbimento di energia ceduta durante l esposizione alla radiazione, risulta utile distinguere le radiazioni in base ai meccanismi tramite cui tali cessioni di energia si verificano, ossia radiazioni non ionizzanti e ionizzanti. Le radiazioni non ionizzanti, con frequenza υ < Hz, comprendono: campi elettromagnetici statici ed ELF (Extremely Low 7

9 Fields); onde radio, televisive e microonde; radiazione ottica (infrarosso, visibile, UV). Le radiazioni ionizzanti, sono sia onde elettromagnetiche con υ > Hz (raggi X e γ) sia particelle (ioni e neutroni di elevata energia). Lo spettro elettromagnetico è mostrato in Fig.1.1. Fig. 1.1: Spettro elettromagnetico. A seconda della modalità prevalente con cui le radiazioni ionizzanti cedono la loro energia, si suole classificarle in direttamente e indirettamente ionizzanti. Tutte le particelle cariche con energia cinetica sufficiente ad alterare la struttura atomica del materiale assorbente, che attraversano, producendo variazioni che se fissate chimicamente (ossia rese permanenti) possono sfociare in effetti a livello della integrità del genoma e della funzionalità cellulare sono denominate direttamente ionizzanti. Fotoni (raggi X e raggi γ) e neutroni sono, invece, detti indirettamente ionizzanti perché essi non producono direttamente tali alterazioni ma, quando sono assorbiti, cedono la loro energia producendo particelle cariche veloci, elettroni secondari o, nel caso dei neutroni, protoni e/o particelle più pesanti in grado di danneggiare le biomolecole. Le radiazioni ionizzanti interagendo con le biomolecole possono causare effetti biologicamente significativi. 8

10 Fra le biomolecole, il bersaglio per eccellenza della radiazione è la molecola di acido desossiribonucleico 1 (DNA) in quanto presente in un unica copia e sede dell informazione genetica dell individuo. Le lesioni radioindotte possono alterare la struttura primaria (sequenze delle basi sull elica) e la struttura secondaria (doppia elica) del DNA con conseguente squilibrio delle funzioni biologiche (replicazione, trascrizione e quindi espressione genica). Le principali alterazioni del DNA riguardano: distacco e alterazioni delle basi, rottura dei legami tra le basi, danneggiamento dello zucchero, crosslink tra eliche appartenenti alla stessa molecola o a molecole differenti e le più interessanti, per le conseguenze a livello cellulare, rotture del singolo filamento (SSB) o del doppio filamento di DNA (DSB). Di conseguenza il danno radioindotto al DNA può condurre, con tempi e modalità diverse, ad alterazioni a livello cromosomico di vario genere e/o morte cellulare. Se qualsiasi tipo di radiazione, raggi X o γ, particelle cariche o neutre, interagisce direttamente con gli atomi della biomolecola, gli atomi potrebbero ionizzarsi o eccitarsi dando inizio a una catena di eventi che conducono ad un effetto biologico. Questa è chiamata azione diretta della radiazione. Alternativamente, la radiazione potrebbe interagire con altri atomi o molecole nella cellula (principalmente H 2 O) per produrre radicali liberi, specie chimiche altamente reattive, che sono in grado di diffondere raggiungendo e danneggiando una biomolecola. Questa, ovviamente, è chiamata azione indiretta della radiazione. In Fig. 1.2 sono illustrati gli effetti dell azione diretta e indiretta della radiazione sul DNA. E importante chiarire che una radiazione indirettamente ionizzante, quali i fotoni, può agire sia direttamente che indirettamente, a seconda che l elettrone messo in moto dall assorbimento o dallo scattering del fotone (per effetto fotoelettrico o Compton, rispettivamente) trasferisca la propria energia direttamente alla biomolecola bersaglio o tale azione sia mediata dalla produzione di specie intermedie, quali i radicali liberi di cui sopra. 1 L acido desossiribonucleico (DNA) è una macromolecola con una struttura a doppia elica. Il DNA è un polimero formato da una sequenza di nucleotidi. Ogni nucleotide è formato da uno zucchero legato a un gruppo fosfato e a una base azotata. Possiamo trovare quattro diversi tipi di basi azotate: adenina (A), citosina (C), guanina (G) e timina (T) [3]. 9

11 Fig. 1.2: Azione diretta e indiretta della radiazione sul DNA. 1.2 Interazione delle particelle cariche con la materia Le particelle cariche nell attraversare la materia sono soggette sia alla perdita di energia cinetica sia alla deviazione dalla direzione di incidenza nel materiale. Questi effetti sono dovuti principalmente a collisioni anelastiche con gli elettroni del mezzo e scattering elastico dovuto ai nuclei degli atomi e molecole costituenti il mezzo attraversato. La perdita di energia di una particella carica pesante (protoni, particelle α, ioni, muoni, pioni), che attraversa la materia, è quasi unicamente dovuta agli urti anelastici con gli elettroni atomici. In questi processi, che hanno sezioni d urto dell ordine di cm 2, viene trasferita energia dalla particella all atomo causando ionizzazione o eccitazione di quest ultimo. Le particelle cariche leggere (elettroni e positroni) perdono energia proprio come le particelle cariche pesanti. Tuttavia, a causa della loro piccola massa, esse subiscono una significativa perdita di energia per irraggiamento, poiché la probabilità di perdere energia per irraggiamento è inversamente proporzionale al quadrato della massa della particella a riposo. 10

12 L interazione delle particelle cariche con il mezzo attraversato è di natura statistica. Poiché il numero delle collisioni anelastiche per unità di lunghezza macroscopica è generalmente alto, le fluttuazioni nella perdita di energia totale risulteranno molto piccole. Per tale motivo sarà possibile valutare la perdita media di energia della particella incidente per unità di percorso nel mezzo materiale, detta potere frenante o stopping power e indicata con [4]. Tuttavia, poiché gli effetti biologici dipendono dagli eventi di ionizzazione su scale dei μm o dei nm, essendo il diametro del DNA circa 2nm, le fluttuazioni nella perdita di energia totale non saranno più trascurabili e questo implica la necessità di tener conto anche della struttura di traccia degli ioni di cui si vuole studiare l efficacia radiobiologica. La perdita media di energia per unità di percorso può essere descritta dalla formula di Bethe-Bloch: ( ( ) ) (1.1) con (1.2) dove è il numero di Avogadro, il raggio classico dell elettrone, la massa dell elettrone, Z e A il numero atomico e il numero di massa del mezzo assorbente, ρ la densità del mezzo assorbente, la carica efficace della particella incidente,,, l energia massima trasferibile a un elettrone in un singolo urto, I potenziale di eccitazione medio del materiale assorbente. Inoltre, nella (1.1) sono presenti due correzioni relativistiche: δ correzione per la densità del mezzo condensato e C correzione per gli elettroni delle orbite atomiche del mezzo assorbente (correzione di shell). 11

13 Non esiste una formula teorica universalmente accettata per descrivere la variazione della carica efficace in tutti i mezzi, per cui si utilizzano delle formule semi-empiriche di cui la più utilizzata è la formula di Barkas, che descrive il comportamento di in acqua: ( ( )) (1.3) dove Z è il numero atomico della particella incidente. In generale, la carica efficace,, della particella incidente non coincide con il numero atomico dello ione, poiché dipende dall'energia dello ione e dal mezzo di interazione. Se lo ione è carico positivamente, a basse energie la sua carica diminuirà per cattura di elettroni da parte degli atomi del mezzo. Se lo ione incidente è inizialmente carico negativamente, esso può invece subire lo stripping di alcuni dei suoi elettroni, risultando ugualmente in una diminuzione della sua carica. I fasci di particelle utilizzate tipicamente in adroterapia hanno energie dell ordine di centinaia di MeV per cui, per un dato materiale, possiamo trascurare i termini relativistici della (1.1). In questo caso, è inversamente proporzionale a, cioè diminuisce all aumentare dell energia. Sempre dalla (1.1) si evince che il potere frenante aumenta all aumentare di. La perdita media di energia descritta dalla formula di Bethe-Bloch, oltre dalla velocità e dalla carica efficace della particella, dipende anche dal mezzo attraversato. La è proporzionale alla ρ del mezzo e al rapporto Z/A, ma poiché questo rapporto varia molto lentamente da un isotopo all altro, si deduce che lo stopping power dipende principalmente dalla velocità della particella che dal mezzo attraversato [5]. Pertanto, quanto più le particelle cariche sono veloci tanto più diminuirà la probabilità di interazione con gli atomi del mezzo. Tuttavia, nell attraversare il mezzo la particella perderà energia e lo stopping power aumenterà, e poiché a basse energie z* diminuisce rapidamente (aumentando le interazioni con gli atomi del mezzo), il potere frenante raggiungerà il massimo per poi azzerarsi in corrispondenza del punto di arresto delle particelle: ciò dà luogo al cosiddetto picco di Bragg. 12

14 L andamento dose-profondità per le particelle cariche è descritto dalla curva di Bragg come raffigurato in Fig Fig. 1.3: Dose relativa in funzione della profondità in acqua per radiazione di diversa qualità [6]. L andamento per la dose relativa assorbita con la profondità del mezzo attraversato è diversa per i differenti tipi di radiazione. I fotoni (raggi X e γ) rilasciano energia esponenzialmente (vedasi la curva blu in Fig. 1.3), secondo la legge di Lambert-Beer: ( ) (1.4) dove I(x) è l intensità del fascio di fotoni uscente da un target di spessore x, I 0 l intensità del fascio di fotoni incidente e μ è il coefficiente di assorbimento lineare, espresso in cm

15 I fasci di particelle cariche (curve rossa e verde in Fig. 1.3), sono caratterizzati dalla presenza, a fine range, del suddetto picco di Bragg. E questa proprietà fisica alla base dell impiego di tali fasci nel trattamento di tumori profondi e/o inoperabili ed in prossimità di organi a rischio, ossia dell adroterapia. La distribuzione spaziale della dose altamente localizzata permette una maggiore precisione nel conformare il campo irraggiato con il volume occupato dal tumore rispetto a quella ottenibile con fasci di fotoni o elettroni. Pertanto, l impiego delle particelle cariche in adroterapia permette una riduzione dell esposizione alla radiazione dei tessuti sani, poiché la maggior parte della dose viene rilasciata a fine percorso in corrispondenza del tessuto tumorale. Infine, gli elettroni e i positroni, come accennato in precedenza, perdono energia o per collisioni o per fenomeni radiativi (bremsstrahlung) e a causa dei molteplici e casuali cambiamenti di traiettoria, dovuti alle interazioni con gli atomi del mezzo, questi rallentano e non presentano il caratteristico picco a fine percorso. 14

16 1.3 Grandezze dosimetriche di interesse radiobiologico Come accennato, la radiobiologia studia gli effetti e l azione delle radiazioni sui sistemi biologici, partendo dai processi fisici associati al passaggio delle radiazioni ionizzanti nella materia. L obiettivo di questa disciplina è quello di mettere in relazione gli effetti osservati con le caratteristiche fisiche del campo di radiazione. A tale scopo è opportuno introdurre alcune grandezze di interesse radiobiologico: Linear Energy Transfer (LET), dose assorbita D, dose equivalente H, dose efficace H E ed Efficacia Biologica Relativa (RBE) Linear Energy Transfer (LET) e struttura di traccia La Commissione Internazionale delle unità radiobiologiche (ICRP) nel 1962 ha definito la grandezza fisica Linear Energy Transfer (LET) di una particella carica come l energia localmente depositata per unità di lunghezza lungo la traccia: (1.5) dove dl è un elemento infinitesimo della traiettoria e de è l energia media localmente depositata nel tratto dl. L unità di misura adottata per il LET è il kev/μm. Il LET dipende dalla velocità e carica della particella; cresce al crescere di Z e al decrescere di v. Nel processo di ionizzazione le particelle cariche primarie cedono energia agli elettroni del mezzo attraversato, i quali se acquistano abbastanza energia cinetica si comportano come le particelle primarie. Questi elettroni secondari, denominati raggi δ, trasportano parte dell energia ricevuta e la trasferiscono al mezzo in punti anche lontani dal sito in cui è avvenuta l interazione primaria. Dunque, per stimare il LET di una radiazione, bisogna considerare sia gli eventi di deposizione di energia locale dovuti alla particella primaria sia quelli dovuti ad eventuali particelle secondarie. Affinché il rilascio d energia sia considerato locale bisogna introdurre una restrizione all energia degli elettroni secondari. Si pone, in radiobiologia, una soglia all energia degli elettroni secondari pari a E = 100 ev. Tale energia corrisponde ad un valore del range degli elettroni secondari in acqua 15

17 pari a circa 5 nm, corrispondente all ordine di grandezza delle principali biomolecole critiche, quali il DNA, che potrebbero essere coinvolte nell intorno della traccia primaria. In questo caso si parla di LET 100. Nel caso in cui si consideri tutta l energia persa dalle particelle secondarie, si parla di LET : in questo caso il LET coincide numericamente con lo stopping power descritto dalla (1.1). Si avrà: (1.6) Questo significa che circa il 40% dell energia persa dalle particelle primarie viene trasportata lontano dal sito di interazione dai raggi δ più energetici [7]. In realtà, il calcolo del LET è piuttosto complicato quando la radiazione non è monoenergetica. Dato che il LET dipende dall energia, se la radiazione presenta uno spettro energetico, il LET avrà una certa distribuzione di valori. Inoltre, questa grandezza può essere calcolata in due modi differenti. Sia f(l)dl la probabilità di trovare un valore del LET nell intervallo L L+dL. Si definisce track average LET: ( ) (1.7) mentre il dose average LET si definisce tramite la relazione: ( ) (1.8) La (1.7) è ottenuta dividendo la traccia in lunghezze uguali, calcolando l energia depositata in ogni lunghezza e facendone la media. Nel caso espresso mediante la formula (1.8) la traccia viene invece divisa in incrementi di energia uguali de e si media sulle lunghezze della traccia che contengono questi incrementi. Questi metodi concettualmente diversi sono illustrati in Fig Il LET calcolato secondo la (1.7) o la (1.8) può differire in maniera significativa. Nel caso di neutroni di 14 MeV, ad esempio, il track average LET è di circa 12 kev/µm mentre il dose average LET è di circa 100 kev/µm. 16

18 Fig. 1.4: I differenti modi per calcolare il LET: track average LET e dose average LET. Quando la radiazione interagisce con un materiale gli eventi di ionizzazione e di eccitazione sono spazialmente localizzati lungo la traccia. La distanza tra due eventi di ionizzazione successivi dipende dal LET della particella e dall energia depositata per ogni evento. Le radiazioni che determinano eventi di ionizzazione spazialmente ben separati e distanti fra loro vengono definite sparsamente ionizzanti. Le radiazioni sparsamente ionizzanti sono le radiazioni a basso LET come gli elettroni e i fotoni, mentre le radiazioni che, attraversando il materiale biologico, determinano eventi di ionizzazione molto vicini tra loro nello spazio sono denominate densamente ionizzanti; esempi di radiazioni ad alto LET sono i neutroni e particelle cariche. Per un dato tipo di particelle, la densità di ionizzazione decresce all aumentare dell energia. Sperimentalmente si può dimostrare che radiazioni con differente LET inducono danni citogenetici differenti (Fig. 1.5). Ciò è in linea con l idea che eventi di deposizione energetica fortemente correlati spazialmente abbiano maggiore probabilità, se la traiettoria della particella interseca la doppia elica del DNA, di creare cluster di danni difficilmente riparabili dalla cellula. Questo è stato visualizzato, in seguito grazie all avvento di una tecnica di immunofluorescenza, tramite la quale è possibile marcare con delle sonde fluorescenti coniugate a delle proteine specifiche implicate nei processi di riparo che vengono reclutate sui siti di rottura della doppia elica, evidenziando così il danno citogenetico radioindotto. 17

19 I siti di aggregazione di tali complessi proteici prendono il nome di foci γ-h2ax, quest ultimo indicando un istone 2 che nel processo viene fosforilato 3, e sono quindi corrispondenti alle rotture radioindotte nella doppia elica del DNA. In questo modo diventa immediatamente visibile il ruolo della struttura di traccia: il danno causato da radiazioni sparsamente ionizzanti appare sotto forma di foci causalmente distribuiti nel nucleo (Fig.1.5, A). Al contrario, i foci indotti da radiazioni densamente ionizzanti mostrano una distribuzione ordinata lungo il percorso della particella (Fig. 1.5, B e C) [8]. Fig. 1.5: Fibroblasti umani esposti a differenti tipi di radiazioni ionizzanti. 2 Gli istoni sono proteine basiche che si legano al DNA formando il nucleosoma che costituisce la componente strutturale della cromatina. 3 La fosforilazione è un processo che consiste nell aggiunta di un gruppo fosfato ad una proteina. Nello specifico quando la radiazione colpisce il DNA, che avvolge 4 istoni, formando DSB, in risposta alla formazione di tali DSB il residuo della serina 139 dell istone H2AX è fosforilato producendo una proteina modificata γ-h2ax. Quest ultima può essere visualizzata per immunofluorescenza. 18

20 E chiaro quindi che per una comprensione adeguata dei meccanismi radiobiofisici alla base dell induzione di danno citogenetico non si possa prescindere dalla struttura di traccia dello ione. Poiché il diametro della traccia non è proporzionale al LET, ma dipende dall energia della particella e, a parità di energia, dal suo Z, (Fig.1.6) a parità di LET la struttura di traccia sarà diversa per diversi ioni [9]. Ciò implica che il LET, per quanto utile come grandezza nell ambito dello studio degli effetti biologici della radiazione ionizzante, non rappresenti un parametro esaustivo delle proprietà radiobiologiche di quest ultima. Fig. 1.6: Differenti strutture di traccia di protoni e ioni carbonio a parità di energia. 19

21 1.3.2 Dose assorbita ed Efficacia Biologica Relativa (RBE) In ambito radiobiologico una grandezza fondamentale è rappresentata dalla dose assorbita D definita come il valore medio dell energia assorbita dall unità di massa del mezzo attraversato dalla radiazione. (1.9) dove dm deve essere considerato piccolo, in maniera tale da poter definire la dose assorbita in un punto e poter considerare le fluttuazioni statistiche della deposizione di energia. L unità di misura della dose assorbita nel Sistema Internazionale è il Gray (Gy): (1.10) Laddove non si sia interessati a correlare direttamente un determinato effetto biologico con la dose di radiazione assorbita da una popolazione cellulare o un organo/tessuto ma si sia interessati a ricavare delle stime di rischio per la popolazione eventualmente esposta, si utilizza la dose equivalente H, grandezza fisica che tiene conto della differente radiorisposta a seconda della qualità della radiazione da parte di un determinato tessuto. La dose equivalente H, è definita come: (1.11) dove è la dose media assorbita e è un fattore di peso della radiazione che dipende dalla qualità della radiazione stessa. L unità di misura della dose equivalente è il Sievert (Sv). (1.12) 20

22 I valori di per i vari tipi di radiazione sono riportati nella Tab Tab. 1.1: I valori di per i diversi tipi di radiazione. Volendo tener conto del rischio di effetti stocastici (cancro ed effetti ereditari) connesso all esposizione di tutti i vari organi e tessuti dell individuo esposto è stata introdotta dall ICRP la grandezza dose efficace H E. Questa grandezza prende in considerazione la diversa radiosensibilità dei vari organi/tessuto ed è definita come: (1.13) dove è la dose equivalente ricevuta dal tessuto o organo T, e è il fattore di ponderazione relativo al singolo tessuto o organo. Anche per la dose efficace l unità di misura è il Sv. Il valore per il fattore di ponderazione, riportato in Tab. 1.2, per ciascun organo o tessuto, è uguale al rapporto tra il rischio stocastico per l irradiazione di tale organo/tessuto e il rischio stocastico globale relativo all irradiazione uniforme del corpo intero, che risulta pari a 1, Sv

23 Tab. 1.2: Valori del fattore di ponderazione. La sola dose assorbita non è una grandezza adeguata per descrivere gli effetti delle radiazioni sul materiale biologico. Proprio in virtù della stretta dipendenza dalle proprietà fisiche della radiazione e della severità del danno causato, un fattore fondamentale è rappresentato appunto dalla qualità della radiazione, come in parte descritta dal LET. E giocoforza quindi conoscere l efficacia biologica di un certo tipo di radiazione rispetto ad una scelta come riferimento, attraverso la definizione della cosiddetta Relative Biological Effectiveness (RBE) o Efficacia biologica relativa. Nei discorsi che seguono, nonostante le limitazioni insite nel LET di cui sopra, si userà questa grandezza, per semplicità, per definire radiazioni di qualità (e quindi efficacia biologica) fra loro differenti. L RBE tiene conto del fatto che, a parità di dose assorbita, radiazioni con LET diversi producono effetti biologici di severità diversa. L efficacia biologica relativa di una data radiazione è definita come rapporto tra la dose assorbita di una radiazione di riferimento e la dose di una particolare radiazione in esame necessaria per lo stesso livello di effetto. Come radiazione di rifermento sono convenzionalmente utilizzati o raggi X da 250 kv o uno dei due raggi γ emessi dal 60 Co (1,17/1,33 MeV) [10]. L RBE è una quantità adimensionale: (1.14) 22

24 L RBE è quindi utile poiché fornisce un indicazione immediata di quanto la radiazione sotto esame sia più efficace rispetto a quella di riferimento, a parità di effetto considerato, per esempio induzione di morte cellulare o di danno cromosomico. Per illustrare graficamente il concetto di RBE si può ricorrere all utilizzo delle tipiche curve dose-risposta per un effetto tra i più esaustivamente studiati, la sopravvivenza cellulare. In Fig. 1.7 sono mostrati due andamenti della sopravvivenza in funzione della dose per due tipi di radiazione (raggi X e ioni carbonio ad alto LET): poiché l RBE per definizione dipende dal livello dell effetto scelto, esso non assume un valore univoco. Nell esempio mostrato, i livelli di riferimento scelti sono: 1%, 10% e 50% di sopravvivenza. Interpolando la retta di iso-effetto con le due curve, si ottengono diversi valori e e quindi diversi valori per l RBE, che risulta comunque sempre maggiore per gli ioni carbonio come lecito attendersi a causa del maggiore LET di questo tipo di radiazione e come discusso sotto. Fig. 1.7: La curva di sopravvivenza clonogenica evidenzia l efficienza più alta degli ioni carbonio rispetto ai raggi X [11]. 23

25 L efficacia biologica relativa dipende da vari fattori: Effetto biologico considerato Dosaggio Frazionamenti della dose (importante per la radioterapia) Rateo di dose (dose/tempo, misurato in Gy/min) Tipo di radiazione e suo LET La Fig. 1.8 mostra una forte dipendenza dell RBE dal LET della radiazione. L RBE aumenta all aumentare del LET fino ad un massimo corrispondente a circa 100 kev/µm. Dopo questo valore, l RBE diminuisce all aumentare del LET. Risulta interessante chiedersi perché l efficacia biologica relativa raggiunge un massimo, indipendentemente dal tipo di cellule irraggiate e sostanzialmente dal tipo di effetto considerato, proprio per un valore di LET di circa 100 kev/µm [12]. L interpretazione radiobiofisica di tale andamento risiede nel fatto che per tale densità di ionizzazione la distanza media tra eventi ionizzanti coincide praticamente con il diametro della doppia elica del DNA, che è di circa 2 nm. Radiazioni con questa densità di ionizzazione hanno una buona probabilità di provocare rotture della doppia elica (DSB) attraverso il passaggio di una singola particella carica. Nel caso di radiazioni che hanno LET superiori ai 100 kev/µm parte dell energia delle particelle viene sprecata dal momento che gli eventi di ionizzazione, saranno spazialmente troppo vicini tra loro. Quindi, la radiazione, pur producendo un gran numero di ionizzazioni, è inefficace ; questo viene indicato come effetto di overkill. Fig. 1.8: Andamento dell RBE in funzione del LET. 24

26 1.4 Curve dose-risposta: sopravvivenza cellulare La relazione funzionale tra la dose di radiazione assorbita e l effetto biologico osservato è rappresentato tramite le curve dose-risposta. ( ) (1.15) Queste curve sono utilizzate per valutare l'efficacia biologica per i diversi tipi di radiazioni (fotoni vs. particelle cariche). I parametri che determinano la forma delle curve dipendono non solo dalla qualità della radiazione utilizzata, ma anche dal tipo di linea cellulare considerata (cioè dalla radiosensibilità intrinseca) e dallo stadio del ciclo cellulare in cui avviene l irraggiamento. Le curve di sopravvivenza cellulare mettono in relazione la dose di radiazione fornita ad una linea cellulare in vitro (in scala lineare) con la frazione di cellule irradiate sopravvissute (in scala logaritmica). Questa frazione è stimata in base al potenziale clonogenico, ossia la capacità di una singola cellula di formare un clone di suoi discendenti. Puck e Marcus negli anni 50 diedero una definizione operativa di sopravvivenza cellulare alla radiazione ionizzante, considerando clonogenicamente viva una cellula che dopo sei cicli di duplicazione origina una colonia 4 con almeno 50 cellule [13]. Pertanto la frazione di cellule sopravvissute o SF (Surviving Fraction) è definita come: ( ) (1.16) La frazione di cellule sopravvissute è normalizzata per l efficienza di piastramento (PE). Per efficienza di piastramento si intende la percentuale delle cellule seminate non irradiate, che riesce a formare una colonia. Infatti, una parte di queste cellule non riesce a formare una colonia a causa di vari motivi: condizioni di crescita subottimali, stress biomolecolari etc. (1.17) 4 Le colonie cellulari hanno un numero di cellule pari a 2 n cellule dove n è il numero di cicli cellulari. 25

27 Negli anni 40 Lea et al., dai risultati ottenuti dagli studi sull efficacia dei raggi X e dei neutroni su batteri e su virus, proposero il primo modello per l interpretazione dell inattivazione di entità biologiche causata dalla radiazione, che va sotto il nome di target theory [14, 15]. Questa teoria si basa sui seguenti postulati: Gli eventi discreti di deposizione di energia, denominati hit, sono di natura stocastica nel tempo e nello spazio. L esistenza di target biologici sensibili: la risposta in esame si verifica se target specifici vengono inattivati da un definito numero di hit. La target theory propone di ricavare la SF mediante la distribuzione statistica di Poisson, poiché le ionizzazioni prodotte all interno delle cellule da un qualsiasi tipo di radiazione sono distribuite in modo casuale. Se N 0 è il numero totale di entità biologiche irraggiate ed N è il numero di entità biologiche che sopravvivono non avendo ricevuto hit, la probabilità che fornisce la frazione di entità biologiche che hanno ricevuto n hit, se N 0 è sufficientemente grande, è data dalla: ( ) ( ) (1.18) dove vd il numero medio di hit entro il volume v per una dose D che viene assorbita dall entità biologica. Inoltre, se si assume che sono necessari esattamente m hit per la inattivazione dell entità biologica irraggiata, la frazione N/N 0 di entità non disattivate, che determina la frazione di sopravvissuti, sarà data dalla: ( ) (1.19) 26

28 A partire dalla target theory diversi modelli teorici sono stati proposti per interpretare le curve dose-risposta [11]. Il single hit-single target propone che in ogni cellula esiste un singolo bersaglio che può essere inattivato da una singola particella carica conducendo alla morte della cellula stessa. Nel modello single hit- multitarget, invece, si ipotizza che la cellula abbia n distinti target che possono essere inattivati dal passaggio di una particella carica. L inattivazione di un target rappresenta un evento subletale e la cellula muore quando tutti gli n target vengono inattivati. Col passare degli anni, tuttavia, si è andato affermando il modello lineare-quadratico, che è tuttora considerato il migliore approccio teorico per interpretare i dati sperimentali ottenuti con una moltitudine di modelli biologici e per un ampia varietà di tipi di radiazioni ionizzanti. La frazione di cellule sopravvissute, in base a questo modello, è espressa come: (1.20) dove α è un termine lineare nella dose correlato ad un danno letale e β è un termine quadratico corrispondente alla probabilità di produrre un danno subletale radioindotto. Secondo il modello lineare-quadratico, infatti, l inattivazione cellulare può verificarsi sia per un singolo evento che per più eventi indipendenti in un singolo target. Specificatamente la componente αd della (1.20) può essere interpretata come il contributo all effetto dovuto alla densità degli eventi di ionizzazioni lungo una singola traccia della radiazione, producendo danni letali intra-traccia (quali DSB) sin dalle basse dosi. Questo tipo di effetto prevale con radiazioni ad alto LET e a basso rateo di dose. La componente quadratica βd 2 è dovuta ad eventi subletali (riparabili) indipendenti, dovuti al passaggio di due distinte radiazioni, tipicamente di basso LET, che inducono rotture di singola elica (SSD), (Fig. 1.9). 27

29 Fig.1.9: Relazione tra effetto e dose: la componente αd è il contributo all effetto dovuto agli eventi di ionizzazioni lungo una singola traccia della radiazione. La componente quadratica βd 2 è dovuta al passaggio di due distinte radiazioni. Inoltre il rapporto α/β, fornisce il valore della dose in corrispondenza del quale i contributi della componente lineare e di quella quadratica sono uguali. Tale rapporto dipende dal tipo di radiazione e viene assunto come indice della radiosensibilità della linea cellulare [16]. (1.21) I parametri α e β del modello lineare quadratico possono essere utilizzati come descrittori e predittori della radiorisposta del tessuto sano e tumorale avendo un ruolo centrale nella realizzazione dei piani di trattamento. Un basso rapporto α/β (0,5-6 Gy) è caratteristico di tessuti normali a risposta tardiva (rene, fegato, tessuto nervoso), mentre un alto rapporto α/β (7-20 Gy) è caratteristico di tessuti normali e tumorali a risposta acuta (cute, intestino, midollo emopoietico). E di particolare importanza il valore del rapporto α/β poiché determina la modalità di risposta alle variazioni dei parametri di irradiazione. L aumento dell effetto con l aumento della dose per frazione è minore nei 28

30 tessuti ad α/β alto, questo implica che l impiego di dosi, per sedute, elevate è più dannoso per i tessuti ad α/β basso rispetto ad α/β alto. La perdita di effetto con il frazionamento della dose, rispetto alla irradiazione in dose singola, invece, è maggiore nei tessuti ad α/β basso. Quindi il frazionamento della dose protegge i tessuti con un rapporto α/β basso rispetto a i tessuti con un rapporto α/β alto. Va comunque sottolineato che il rapporto α /β non è costante e i suoi valori vanno scelti con attenzione in base al tessuto in esame. Qualitativamente la forma di queste curve dose-risposta può essere descritta piuttosto semplicemente, Fig Per radiazioni sparsamente ionizzanti, a basse dosi, l andamento della curva è inizialmente lineare se si grafica la frazione di sopravvissuti in scala semilogaritmica. In una regione di dose media queste curve presentano una spalla e per dosi elevate le curve avranno nuovamente un andamento lineare; quindi la SF è ben descritta dall equazione (1.20). Per le radiazioni densamente ionizzanti la curva ha un andamento lineare e la SF è descritta semplicemente da una funzione esponenziale della dose, come: (1.22) Fig 1.10: Curva di sopravvivenza ottenuta mediante il modello lineare-quadratico. 29

31 Capitolo 2: Attività di ricerca sperimentale nell ambito del progetto ETHICS 2.1 Motivazione scientifica Il cancro è la principale causa di morte nei paesi sviluppati e il suo trattamento con radiazioni ionizzanti è uno degli approcci comuni al giorno d oggi, con circa il 50% dei pazienti sottoposti a radioterapia, da sola o in combinazione con altri trattamenti. Pertanto, un miglioramento dell efficacia di tale trattamento, con conseguente minimizzazione dei rischi per i pazienti, rappresenta una vera e propria sfida e avrà, senza dubbio, un impatto fondamentale sulla società. Nei moderni trattamenti radioterapici, la radiazione può essere rilasciata al tumore o con fasci esterni (adroterapia) o mediante irradiazione locale interna (targeted therapy) [17,18]. I fasci esterni sono, generalmente, forniti da acceleratori; essenzialmente utilizzando fasci di protoni e ioni carbonio ( 12 C); l uso di ioni leggeri, per ridurre il rischio di danni al tessuto sano è stato proposto, così come quello, più interessante per il miglioramento della prognosi di tumori radioresistenti, di ioni ossigeno ( 16 O). Questi ultimi, infatti, si ritiene possano essere particolarmente indicati in combinazione con gli ioni 12 C in caso di ipofrazionamento, grazie alla aumentata efficacia su cellule ipossiche. L irradiazione interna, invece, sfrutta le stesse proprietà radiobiologiche della radioterapia con radionuclidi, basata su particelle cariche a brevissimo range rilasciate da radioisotopi incorporati grazie ad anticorpi, che a loro volta si legano a specifici antigeni tumorali sulla superficie delle cellule bersaglio. Tuttavia, indipendentemente dalla modalità terapeutica con cui le particelle cariche vengono impiegate, queste strategie anti-tumorali presentano ancora un certo numero di incertezze per quanto concerne gli effetti a lungo termine dovuti all inevitabile esposizione delle cellule normali [19,20]. Per quanto ridotta rispetto al caso dei fotoni, la dose depositata nelle cellule normali, in particolar modo, per i tessuti sani antistanti il tumore e per gli organi a rischio immediatamente dietro la zona tumorale, comporta 30

32 comunque un rischio non trascurabile per la salute del paziente. In particolare, poiché la deposizione di dose nel tessuto sano è minore rispetto a quella sul tumore, la maggior parte dei danni citogenetici indotti saranno, per definizione, di tipo subletale, poiché è sul tumore che deve essere rilasciata la dose letale. Tali danni, se mal riparati, risultano in alterazioni del genoma che, accumulandosi in cellule proliferanti normali, potrebbero essere trasmesse alla loro progenie ed eventualmente innescare processi di trasformazione neoplastica, con la conseguente formazione di tumori secondari. Un altra categoria di effetti subletali, di tipo non canceroso, riguarda l induzione di effetti quali la senescenza prematura delle cellule di organi e tessuti sani, con risultante compromissione delle loro funzioni. Ciò deriva dal fatto che in tali organi/tessuti, esiste un delicato equilibrio fra la proporzione di cellule pienamente differenziate, quelle attivamente proliferanti e quelle che, avendo esaurito il loro ciclo proliferativo, si avviano appunto verso la senescenza. Inoltre, si ritiene che cellule normali entrate in senescenza per effetto di stress endogeni quali il danno radioindotto, secernano fattori (molecole) tramite cui comunicano con le cellule adiacenti, alterandone proprietà come quelle proliferative. Se tali cellule sono di natura tumorale, è chiaro che un effetto positivo sulla loro capacità proliferativa è fortemente deleterio. Affrontare queste tematiche, attraverso esperimenti in vitro mirati e di rilevanza pre-clinica è, quindi, importante per comprendere appieno i possibili effetti indesiderati di queste strategie anti-cancro che pure presentano vantaggi indiscutibili. Le incertezze che riguardano gli effetti sul tessuto sano esposto sono molteplici. L RBE delle particelle cariche ne rappresenta possibilmente la fonte principale. E immediato rendersi conto del fatto che, per la stessa natura dei processi fisici di perdita di energia lungo la propria traiettoria, il LET della radiazione cambi in funzione della posizione lungo la curva di Bragg. In particolare, in protonterapia è adottato nei piani di trattamento un valore fisso dell RBE, pari a 1.1, basato sostanzialmente su esperimenti in vitro con fasci monoenergetici, sebbene i protoni lenti ossia di bassa energia presenti nella regione distale del SOBP (fascio terapeutico) manifestino una maggiore efficacia con un conseguente aumento dell RBE, poiché il loro LET può essere fino a 4 volte maggiore che nella regione centrale del SOBP stesso, causando un estensione del range biologico di alcuni mm appena oltre il fall-off del picco [21,22]. 31

33 Come mostrato in Fig. 2.1, questo effetto può risultare in una dose biologica significativa ai tessuti sani oltre la regione tumorale. Fig. 2.1: Dose fisica e dose ottenuta con un valore costante e con un valore variabile dell RBE in funzione della profondità in acqua. Particolare attenzione viene data alla zona distale del SOBP, dove potrebbero trovarsi organi a rischio (Organs-at-Risk o OAR) [23]. La non omogeneità nella distribuzione della dose, nelle zone trattate, in regime di basse dosi o basso rateo di dose e/o con irraggiamento con ioni, può portare a un gran numero di danni subletali (danno genetico, alterazione dell espressione genetica, etc.). Il danno al DNA potrebbe favorire la trasformazione neoplastica nella progenie di cellule sopravvissute con conseguente rischio di tumori secondari. In particolare, le aberrazioni cromosomiche sono correlate al rischio di leucemie, mentre le infiammazioni sono legate al rischio di tumori solidi. Questo aspetto ha una particolare rilevanza per i pazienti pediatrici. La Fig. 2.2 mostra l irraggiamento craniospinale, per medulloblastoma, su una paziente di 9 anni con fasci di protoni. 32

34 Il rischio di incidenza di tumori secondari e di tumori mortali varia fortemente con la dose assorbita, ma, anche in relazione all età, al sesso, al profilo genetico del paziente al momento dell esposizione; ne consegue che la sola dose risulti essere un insufficiente biomarker per la previsione di tumori secondari maligni [24,25]. Fig. 2.2: Irraggiamento craniospinale, di una giovane ragazza, con fasci di protoni. La scala di colore evidenza la dose assorbita e il rischio di incidenza di tumori secondari e di mortalità per questi ultimi, in diversi organi [25]. Come sopra accennato, i danni indotti da particelle cariche possono anche condurre ad effetti non tumorigenici. In particolare, le cellule endoteliali vascolari e/o le cellule del tessuto connettivo possono entrare prematuramente in senescenza, rilasciando citochine che promuovono la proliferazione di cellule tumorali, o inducendo reazioni infiammatorie che portano a complicazioni cardiovascolari. La senescenza prematura sarà trattata dettagliatamente nel par In questo lavoro di tesi, presteremo particolare attenzione ai danni cardiovascolari che potrebbero manifestarsi in seguito a trattamento di tumore al seno, poiché questo tipo di carcinoma è tra i tumori maligni più frequenti nelle donne [26]. 33

35 La non omogenea distribuzione della dose, inoltre, può favorire degli effetti nontargeted, come l effetto bystander 5, nelle vicine cellule non irraggiate. La Fig 2.3 mostra come la radiazione ionizzante possa indurre effetti non-targeted (il target sensibile alla radiazione è considerato il nucleo cellulare). Fig. 2.3: Schematizzazione dei possibili effetti non-targeted indotti dalla radiazione ionizzante [27]. L esposizione del tessuto sano potrebbe portare anche ad un alterazione del complesso microambiente tumorale, dove cellule tumorali, cellule normali e staminali coesistono. Questo favorirebbe l invasione metastica e l aggressività della malattia, entrambi aspetti rilevanti per i tumori ossei (Fig. 2.4), [28,29]. 5 L effetto bystander descrive la risposta biologica osservata in cellule non irraggiate, la cui attività può essere influenzata da cellule adiacenti direttamente colpite da radiazione. 34

36 Fig. 2.4: Il tumore primario acquisisce la capacità di eludere le difese immunitarie e le cellule tumorali entrando in circolazione favorendo la diffusione metastatica [30]. Tutte queste questioni sono intimamente interconnesse, e il modo in cui tali effetti influenzino l integrità del tessuto sano e la funzionalità degli organi è ancora in gran parte indeterminato. Dunque, è necessario valutare la risposta cellulare precoce e tardiva, insieme ai danni riportati dal DNA, in diverse linee cellulari per sviluppare una teoria rigorosa sull azione delle particelle cariche a livello molecolare e cellulare. Tali studi, inizialmente condotti in vitro, potrebbero condurre a una maggiore protezione dei tessuti normali col fine di migliorare il trattamento clinico. 35

37 2.2 Obiettivi sperimentali del progetto di ricerca ETHICS Come sopra menzionato, l utilizzo di particelle cariche nei moderni trattamenti radioterapici, ossia adroterapia e terapia con radionuclidi, comporta l esposizione di cellule normali. L esposizione di tali cellule può portare ad un aumento del rischio di tumori secondari, o condurre ad effetti non tumorigenici, come la senescenza prematura. Il progetto di ricerca ETHICS (pre-clinical Experimental and THeoretical studies to Improve treatment and protection by Charged particles) ha come obiettivo principale lo studio dei meccanismi biofisici che sono alla base degli effetti provocati dall azione delle particelle cariche sulle cellule normali, in vitro, per sviluppare strategie finalizzate a minimizzare i rischi per la salute. A tale scopo, il progetto prevede, nel suo complesso, l irraggiamento di cellule normali, staminali e tumorali con fasci di particelle cariche esterni di interesse per l adroterapia e con particelle alfa per la terapia interna con radioisotopi. Tale progetto ha richiesto la collaborazione di diversi gruppi che da anni svolgono attività di ricerca nell ambito della biofisica delle radiazioni ionizzanti e ha previsto l utilizzo di facility quali i Laboratori Nazionali di Legnaro (LNL) e del Sud (LNS) dell INFN, il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) di Pavia e l ISS (Istituto Superiore di Sanità) in Roma. Il presente lavoro di tesi si inserisce in codesto progetto con lo scopo di studiare gli effetti subletali in cellule normali esposte a fasci esterni di particelle cariche (protoni e ioni carbonio), per il danno al tessuto sano, in adroterapia. L attività sperimentale è stata svolta presso i laboratori di Biofisica delle Radiazioni dell Università Federico II di Napoli e il CNAO di Pavia. Inoltre i risultati sono stati confrontati con i dati ottenuti presso i laboratori di LNS. Ora tratteremo con maggior dettaglio dei vantaggi dell adroterapia e delle problematiche fisiche e radiobiologiche ad essa legate. 36

38 2.3 Utilizzo delle particelle cariche per la cura dei tumori: adroterapia La perdita di energia delle particelle cariche è descritta dall equazione (1.1). Quest ultima è ottenuta dalla formulazione di Bethe-Bloch e mostra un andamento dose-profondità inverso rispetto all andamento dei fotoni, che rilasciano energia secondo un andamento esponenzialmente decrescente con la profondità di penetrazione, conseguenza della progressiva attenuazione dei fotoni incidenti. Robert Wilson fu il primo a postulare l utilizzo di questa particolare proprietà delle particelle cariche per il trattamento clinico dei tumori. Tale intuizione, pubblicata nel 1946 sulla rivista scientifica Radiobiology, lo consacrò pioniere dell adroterapia [31]. Nella sua formulazione attuale, l adroterapia utilizza protoni e ioni 12 C, con studi che mirano all utilizzo di altri ioni quali 16 O, per il trattamento di tumori in stato iniziale e avanzato. In tutto il mondo circa pazienti sono stati trattati con protoni e più di sono stati trattati con ioni pesanti, generalmente carbonio. Questi numeri sono destinati ad aumentare nei prossimi anni. Tuttavia, la medicina è ancora riluttante ad accettare queste forme di trattamento per tumori come una routine alternativa alla radioterapia convenzionale, senza considerare i problemi economici relativi alle strutture adibite all adroterapia [32]. L uso terapeutico di fasci di particelle cariche è motivato, principalmente, dal loro vantaggioso profilo dose-profondità inverso, caratterizzato dal cosiddetto picco di Bragg, come detto in precedenza. Questo permette di avere una maggiore precisone balistica nel rilascio della dose in corrispondenza del sito tumorale e di limitare l induzione di danni al tessuto sano circostante. Conseguentemente, questa caratteristica fisica delle particelle cariche può essere sfruttata per i tumori profondi, specialmente quelli localizzati in prossimità degli organi a rischio (OAR), riducendo la dose ai tessuti sani. Tale aspetto è particolarmente importante per il trattamento di pazienti pediatrici, dato il maggior rischio di sviluppare tumori secondari. Oltre ai vantaggi offerti dal peculiare profilo dose-profondità, le particelle cariche mostrano anche una maggiore efficacia radiobiologica (specialmente se si utilizzano gli ioni carbonio). In generale, le particelle cariche, a parità di energia, all aumentare del numero atomico Z, esibiscono un incremento dell RBE. Questo permette, in linea di principio, l utilizzo di dosi minori per ottenere la stessa percentuale di inattivazione di cellule tumorali indotta da fotoni. 37

39 Inoltre, l adroterapia risulta terapeuticamente vantaggiosa per l elevato rapporto tra l energia ceduta in corrispondenza del picco di Bragg e l energia depositata nella zona di plateau (ingresso del fascio); tale rapporto può essere dell ordine di un fattore 2 o anche 3 per gli ioni carbonio. Questa caratteristica permette un notevole risparmio di dose al tessuto normale rispetto alla radioterapia convenzionale (Fig. 2.5), ma esistono ancora considerevoli incertezze riguardo gli effetti tardivi sugli organi/tessuti sani esposti a queste particelle nella regione antistante e immediatamente successiva al picco di Bragg [33,34]. Fig. 2.5: Confronto tra la distribuzione di dose per il trattamento di medulloblastoma con protoni e con fotoni [35]. 38

40 2.3.1 Spread-Out Bragg Peak (SOBP) Il picco di Bragg di un fascio monoenergetico ha un estensione longitudinale minore di quella dei più comuni tumori da trattare, che, normalmente, hanno dimensioni lineari dell ordine di qualche cm. Un tipico picco di Bragg di protoni con energia compresa tra MeV, ad esempio, ha una FWHM (larghezza a metà altezza) dell'ordine di 3-20 mm, che risulta troppo piccola per coprire l intero volume per la maggior parte dei tumori rivelabili con le attuali tecniche di indagine diagnostica. Per garantire una distribuzione della dose uniforme in tutto il volume tumorale è, pertanto, necessario costruire un picco di Bragg allargato (Spread-Out Bragg Peak, SOBP). In Fig. 2.6 è mostrato un SOBP ottenuto soprapponendo fasci di particelle di diversa energia, la cui convoluzione produce un allargamento del fascio [36]. Fig. 2.6: Profilo di dose di un SOBP, ottenuto con picchi di Bragg di fasci di protoni di varia energia. 39

41 Esistono due diversi modi per modulare il picco di Bragg di un fascio monoenergetico: uno passivo e l altro attivo [37]. La modalità passiva consiste nel porre dei dispositivi lungo la traiettoria del fascio al fine di dargli una forma specifica in conformità alle dimensioni della zona tumorale, sfruttando la fisica delle interazioni tra particelle e materia. Il principio alla base di un sistema passivo di rilascio del fascio è mostrato in Fig. 2.7, (a). Il fascio inizialmente erogato dall acceleratore viene ampliato con un sistema di scattering, mentre il picco di Bragg monoenergetico viene allargato mediante un range modulator per coprire, omogeneamente, l intera lunghezza del volume bersaglio (target). Quindi, il profilo dose-profondità, cioè il SOBP richiesto, è generato utilizzando dei modulatori di energia, ruote ruotanti con spessori diversi, in modo da ottenere una variazione temporale dell energia del fascio. I modulatori di energia sono composti da un materiale a basso Z (carbonio) e da un materiale ad alto Z (piombo). Il materiale a basso Z provoca il rallentamento del fascio, con il vantaggio di avere poco scattering multiplo, mentre il materiale ad alto Z è utilizzato per regolare la quantità di scattering alle diverse profondità [38]. Inoltre, l intero SOBP può essere spostato da piastre assorbenti (range shifter). Infine, un collimatore delimita l area di campo definito dal contorno del target e dei compensatori longitudinali, cioè dei dispositivi specifici forati, che regolano la profondità tenendo conto anche della composizione complessa del tessuto. Questi due dispositivi sono specifici della conformazione del paziente. Un importante limitazione del sistema di modulazione passiva è rappresentata dalla larghezza fissata del SOBP, che può comportare una significativa deposizione di dose al di fuori del volume target. Inoltre, i neutroni prodotti dal fascio, nel attraversare le varie componenti, possono comportare un ulteriore deposizione di dose. Se, invece, viene utilizza la modulazione attiva, le particelle cariche vengono deflesse da opportuni campi magnetici, Fig. 2.7 (b). In tal modo, il fascio viene diretto nei vari punti del tumore, variandone la posizione, senza aggiunta di spessori addizionali sul percorso del fascio che possono degradarne la qualità; tale argomento verrà approfondito nel Cap

42 Queste proprietà, unite alla ridotta diffusione laterale del fascio, soprattutto nel caso degli ioni carbonio, permettono di realizzare un elevata conformazione della dose al volume tumorale e, conseguentemente, di minimizzare la dose ai tessuti sani circostanti, riducendo gli effetti collaterali acuti e tardivi del trattamento [39]. Fig. 2.7: (a) Sistema passivo; (b) Sistema attivo di rilascio del fascio. 41

43 2.3.2 Problematiche fisiche e radiobiologiche dell adroterapia I protoni e le particelle cariche nell attraversare i tessuti biologici perdono energia principalmente mediante interazioni elettromagnetiche coulombiane con gli elettroni del target. La perdita di energia aumenta con la profondità in corrispondenza al rallentamento delle particelle, il che si riflette in un aumento graduale del LET e nel caratteristico profilo del picco di Bragg. I protoni, oltre ad interagire con gli elettroni del target, possono interagire, anche con il nucleo atomico del materiale. Le interazioni nucleari possono essere di natura elastica e anelastica. Il risultato delle interazioni anelastiche è la produzione di uno spettro di frammenti del target secondari, dipendenti dalle caratteristiche del fascio di ioni primario e dallo materiale del stesso target. Queste particelle secondarie possono assumere differenti valori di energia e di LET, e quindi, risulta non semplice determinare il loro contributo all RBE complessivo. Per descrivere i processi di frammentazione del target per questo tipo di particelle viene adottato il modello di abrasione-ablazione; l abrasione si riferisce alla rimozione di particelle durante l interazione ione-ione e l ablazione alla conseguenziale diseccitazione nucleare. Inoltre in base alla modalità in cui avviene la collisione, periferica o centrale, tra il proiettile e i nuclei target, ci si può aspettare la riduzione della massa o la completa distruzione dei nuclei coinvolti. Per motivi geometrici, prevalgono le collisioni periferiche [40-42]. Pertanto, alla frammentazione del target è possibile associare diversi aspetti di rilevanza clinica [43]. Questi frammenti contribuiscono, ovviamente, alla dose complessiva rilasciata nel paziente; se non compensata accuratamente nel piano di trattamento, ciò si riflette in un deterioramento dei vantaggi associati al SOBP: ai frammenti secondari di bassa energia e/o alto numero atomico, si può associare un aumento dell RBE. Infine, le interazioni nucleari possono portare alla produzione di neutroni, che potrebbero contribuire a una deposizione della dose al di fuori del volume target pianificato. Tuttavia, come mostrato in Fig. 2.8, la frammentazione del bersaglio, anche su scala dei µm, sembra interessare maggiormente la zona di plateau (tessuto normale), rispetto al SOBP (zona tumorale). La Fig. 2.8 confronta l'inattivazione delle cellule per interazione elettromagnetica tra gli elettroni del target e i protoni primari, con le cellule inattivate a causa dei frammenti di rinculo del target, in un tessuto con sezione di 1x1 mm 2, supponendo che ogni cella colpita dai frammenti prodotti, morirà. 42

44 Da questo confronto, sorprendentemente, si osserva che circa il 10% dell'effetto biologico indotto nella zona d'ingresso può essere associato ai frammenti del bersaglio. Allo stesso tempo, anche se la sezione d urto della reazione aumenta a bassa energia, a causa del rallentamento dei protoni primari, il forte aumento dell'interazione elettromagnetica nel picco Bragg maschera e prevale sull effetto della frammentazione. Questo comporta che l effetto biologico, dovuto ai frammenti del bersaglio, si riduce a circa il 2% in prossimità del picco di Bragg. La frammentazione del bersaglio dovuta ai protoni, quindi, risulta particolarmente preoccupante per i possibili effetti indotti nei tessuti sani in corrispondenza della zona di plateau del SOBP [44]. Fig. 2.8: Inattivazione cellulare dovuta alla ionizzazione o alla frammentazione del bersaglio in un tessuto di sezione di 1 mm 2. In rosso, sono mostrate le cellule danneggiate letalmente dai frammenti di rinculo generati dalle reazioni nucleari dei protoni col target e, in verde, le cellule inattivate dallo scattering anelastico degli elettroni. 43

45 Come per i protoni, il vantaggioso profilo di dose inverso degli ioni 12 C è deteriorato dalla produzione di frammenti a causa delle interazioni nucleari tra gli ioni e il tessuto attraversato e, specificatamente, dalla frammentazione del proiettile, poiché gli ioni 12 C hanno una massa maggiore rispetto ai protoni. Tali frammenti secondari, più leggeri, tra cui neutroni, ma anche ioni con bassa e media energia come idrogeno, elio, berillio e boro, percorrono distanze non trascurabili (hanno range più lunghi e distribuzioni di energia più larghe del fascio primario di ioni 12 C), e, depositando la loro energia dietro il picco di Bragg, danno luogo a una coda caratteristica, come mostrato in Fig Fig. 2.9: Le code di frammentazione si estendono dietro il picco di Bragg per gli ioni 12 C monoenergetici (sinistra) e dietro il SOBP clinico (destra). Oggigiorno, è ben nota la distribuzione di energia e il contributo della dose oltre il picco di Bragg degli ioni 12 C, grazie a modelli matematici di trasporto [45-48]. Al contrario, ci sono informazioni sperimentali scarse sugli effetti radiobiologi dei prodotti secondari di frammentazione. Le code sono caratterizzate da una bassa dose fisica e un RBE relativamente alto, e possono influenzare sia la risposta biologica del microambiente tumorale, che è un ambiente eterogeneo di cellule tumorali, normali, ad esempio stromali ed endoteliali, e cellule staminali, sia il tessuto normale adiacente. 44

46 In entrambi i casi, il risultato del trattamento può essere influenzato negativamente. Infatti, a causa della maggiore efficacia biologica (RBE) di particelle ad alto LET rispetto ai fotoni, anche dosi basse di tali radiazioni possono causare effetti biologici significativi, alterando la complessa rete di segnali tra cellule normali e tumorali all'interno del volume del tumore o in sua prossimità. Dunque, risulta necessario valutare sperimentalmente il contributo radiobiologico dei prodotti secondari. In questo modo tale contributo potrà essere incluso in piani di trattamento realistici e potrà supportare i risultati teorici [49,50]. In Fig è mostrato il contributo di dose dovuto alla frammentazione del fascio terapeutico di 12 C del CNAO su un piano di trattamento reale di un tumore pancreatico. Fig. 2.10: Piano di trattamento reale con ioni 12 C per un tumore pancreatico. Dose totale prevista 43,2 Gy, rilasciata in 9 frazioni. Nella figura di sinistra la linea bianca tratteggiata delimita la zona in cui la dose è dovuta alla frammentazione del fascio terapeutico. Nella figura di destra la curva nera indica la dose fisica totale, mentre la curva rossa descrive la dose dovuta alle particelle alfa; fino a circa la metà del SOBP, le particelle alfa contribuiscono a circa 7-8% della dose totale, raggiungendo circa il 50% a 20 cm di profondità (cortesia del dott. A. Mairani, CNAO, Pavia). 45

47 Per ottenere una dose biologica uniforme in corrispondenza del volume tumorale mediante un fascio terapeutico di ioni carbonio, come mostrato in Fig. 2.9 (curva blu), bisogna diminuire la dose fisica (curva rossa) corrispondentemente all aumento del LET (curva verde). Il LET è una grandezza fisica caratteristica del tipo di radiazione e non può essere modificato; pertanto, la dose fisica rilasciata all ingresso sarà maggiore rispetto a quella rilasciata nella zona distale del SOBP. La dose biologicamente efficace (DBE) si ottiene come: DBE(x = x i ) = Dose fisica(x = x i ) RBE(x = x i ), i = 1,,n, (2.1) dove x i sono le posizioni lungo il SOBP alle diverse profondità. In conclusione, le particelle cariche utilizzate, per questo lavoro di tesi, sono: protoni e ioni 12 C. La Fig. 2.11, mostra la presenza di code per gli ioni carbonio, mentre per i protoni è evidente un leggero straggling laterale. Fig. 2.11: Confronto fra fasci terapeutici di protoni e di ioni carbonio [51]. 46

48 2.4 Danni subletali: senescenza prematura indotta da stress (Stress- Induced Premature Senescence o SIPS) La maggiore efficacia delle particelle cariche nell inattivazione cellulare potrebbe riflettersi in una maggiore efficacia nell induzione di effetti tardivi non tumorigenici nelle cellule normali, come la senescenza cellulare prematura [52]. In generale, la senescenza cellulare è un meccanismo fisiologico per il quale le cellule, pur restando metabolicamente attive, perdono irreversibilmente la loro capacità proliferativa. L arresto della proliferazione di cellule invecchiate e/o danneggiate, in questo modo, impedisce la trasmissione di danni alle cellule figlie. I pathway che regolano la senescenza cellulare sono per lo più sconosciuti, anche se evidenze sperimentali puntano ad un ruolo importante esercitato da p53 e prb, noti geni oncosoppressori. Pertanto, la senescenza cellulare può essere pensata come un meccanismo di difesa, messo in atto dall evoluzione, per la soppressione tumorale [53]. Gli studi condotti da Hayflick e Moorhead (1961) su cellule normali di fibroblasti fetali dimostrarono che le cellule potevano dividersi in vitro solo un numero finito di volte, prima che la loro crescita si arrestasse irreversibilmente. Tale limite replicativo è la prima dimostrazione sperimentale del fenotipo della senescenza, chiamata, appunto, senescenza replicativa. Questo meccanismo di senescenza fisiologica si ritiene essere associato al progressivo accorciamento progressivo dei telomeri 6 che si verifica ad ogni ciclo di replicazione del DNA, il cosiddetto end replication problem [54,55]: una volta raggiunta una lunghezza soglia di tali sequenze telomeriche, la cellule entra nello stato di senescenza fisiologica. La senescenza cellulare, tuttavia, può essere indotta da fattori di stress citotossici, tra cui danno al DNA, stress ossidativo, attivazione oncogenica, e da danni subletali. Questo tipo di senescenza prende il nome di senescenza prematura indotta da stress (SIPS) o semplicemente senescenza prematura e fu identificata per la prima volta da Serrano et al. (1997), che dimostrarono l arresto permanente nella fase cellulare G 1 di cellule primarie umane e di roditore in seguito all espressione dell oncogene ras [56]. Queste cellule, inoltre, mostravano caratteristiche simili a quelle delle cellule fisiologicamente senescenti, come espressione genica alterata, arresto permanente della proliferazione e alterazioni morfologiche (appiattimento, aumento del volume). 6 I telomeri sono piccole porzioni di DNA altamente ripetuto che si trovano alla fine di ogni cromosoma. 47

49 Quando le cellule tumorali irradiate vanno incontro a morte cellulare o a senescenza, si ha un arresto permanente della progressione tumorale. Tuttavia, la SIPS è un importante effetto subletale dell esposizione a radiazioni ionizzanti nei tessuti normali, associato ad un incremento di rischio degenerativo cardiovascolare e neurologico. Recentemente, lo studio della SIPS indotta in cellule normali ha suscitato un notevole interesse nella comunità scientifica, poiché sembrerebbe che le cellule, esposte a dosi molto basse di radiazioni di alto LET, entrano prematuramente in senescenza [57]. L esposizione del tessuto sano a basse dosi è tipico anche dell adroterapia. Risultano, quindi, necessari studi in vitro della SIPS su cellule normali, e alle dosi di interesse dell adroterapia a causa della possibile azione ambivalente della senescenza prematura nel tessuto tumorale e nel tessuto sano circostante [58]. In generale, la SIPS è un meccanismo dose-dipendente, ma questo non è sempre vero, poiché, da recenti studi, risulta strettamente legata alla qualità della radiazione e al tipo di linea cellulare esaminata. Inoltre, i risultati di altri esperimenti hanno mostrato che le cellule, in vitro, presentano SIPS fino a un mese (o più) dopo l irraggiamento, a seconda della linea cellulare esposta. La senescenza cellulare prematura, indotta a basse dosi, è accompagnata da un aumento della secrezione di fattori inibenti o promuoventi la progressione tumorale, coinvolti nella segnalazione intercellulare. Questo fenotipo associato alla SIPS, definito come Senescence-Associated Secretory Phenotype (SAPS), può condurre alla stimolazione di cellule pre-neoplastiche come illustrato in Fig [59]. Le cellule senescenti sembrano favorire in taluni casi la proliferazione e la tumorigenesi delle cellule epiteliali, stimolano l'angiogenesi, accelerano l invasione delle cellule trasformate [60]. Quindi, studi e dati in vitro sono necessari per comprendere la rilevanza della qualità della radiazione e della dose nell induzione di SIPS nelle cellule normali e per cercare di prevedere quali complicazioni potrebbero manifestarsi a lungo termine. 48

50 Fig. 2.12: Senescence-Associated Secretory Phenotype (SAPS). Le cellule epiteliali preneoplastiche o trasformate sono mostrate con colore scuro, mentre le cellule senescenti sono rappresentate in grigio scuro. I fibroblasti pre-senescenti e senescenti secernono fattori SAPS che possono promuovere la progressione del cancro e la sua aggressività. Una delle metodiche più comunemente usate per rivelare la senescenza cellulare si basa sul saggio dell espressione della β-galattosidasi, un enzima che catalizza l idrolisi del β- galattosio. La senescenza associata alla β-galattosidasi (SA-βgal) è, in linea di principio, espressa solo dalle cellule senescenti. La SA-βgal è rivelabile solo in alcuni tipi di linee cellulari, per cui in altre linee cellulari è necessario utilizzare marcatori di riconoscimento differenti. Quindi SA-βgal non è un marcatore universale per il riconoscimento della senescenza. Il test della senescenza, in questo lavoro di tesi, è stato effettuato sulle cellule endoteliali della vena ombelicale (HUVEC), modello eccellente per l espressione della senescenza associata alla β-galattosidasi, e su cellule endoteliali microvascolari cardiache (HMVEC-C). 49

51 In Fig è illustrato il razionale del progetto ETHICS. Fig. 2.13: Schematizzazione del progetto ETHICS. 50

52 2.5 Sistemi/organi modello: seno ed osso Nel contesto dell attività sperimentale svolta nell ambito del progetto ETHICS, si è scelto di concentrare lo studio degli effetti subletali su due principali organi/sistemi di riferimento: seno ed osso. Studi recenti supportano l esistenza di una correlazione tra l aumento di rischio di patologie cardiovascolari e l esposizione a radiazioni ionizzanti. La prima evidenza scientifica della possibile radiosensibilità del cuore è emersa da studi su pazienti affetti dalla malattia di Hodgkin trattati con radioterapia. Questi studi hanno evidenziato che le radiazioni ionizzanti possono indurre, a lungo termine, complicazioni cardiache come pericardite, insufficienza miocardica e cardiopatia ischemica. Queste diverse patologie hanno distribuzioni di latenza differenti e mostrano anche una differente dipendenza dal volume in cui la dose è depositata [61]. L incremento di rischio cardiovascolare associato all esposizione a radiazioni ionizzanti, già a basse dosi, è stato inizialmente suggerito da studi epidemiologici sui sopravvissuti delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, in un arco temporale di circa 40 anni [62,63]. Recentemente, tale ipotesi è stata rafforzata da studi clinici su donne affette da carcinoma mammario e trattate con radioterapia convenzionale. Derby et al. hanno dimostrato che, per pazienti esposti a dosi totali a fine trattamento tra i Gy, l incidenza di morte per complicazioni cardiovascolari risulta più alto del 44% in donne con carcinoma localizzato nella mammella sinistra rispetto a donne con cancro alla mammella destra [64,65]. Risultato inaspettato poiché, radiobiologicamente, si è sempre considerato il cuore radioresistente. Dai dati riportati in Tab. 2.1 risulta che il rischio di morte per complicazioni cardiache è significativo dopo circa 10 anni dal trattamento radioterapico. 51

53 Tab. 2.1: Rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari dopo radioterapia postoperatoria del tumore al seno. Questi risultati hanno portato a suggerire l utilizzo della protonterapia come trattamento alternativo alla radioterapia con fotoni per la cura del cancro alla mammella. Pensare che la protonterapia possa ridurre il rischio di complicazioni cardiovascolari indotte da radiazione è supportato dall inverso profilo dose-profondità dei protoni [26,66]. L utilizzo dei protoni risulterebbe vantaggioso solo per una caratteristica puramente balistica, poiché dal punto di vista radiobiologico l RBE dei protoni, circa 1.1, risulta simile a quello dei fotoni. In conclusione, la protonterapia potrebbe potenzialmente dare benefici ai pazienti affetti da carcinoma al seno. Questa idea è ostacolata dai costi maggiori dell adroterapia. Dunque, sono necessari un gran numero di dati, in vitro, che dimostrino un maggior beneficio della protonterapia nella cura del tumore al seno rispetto alla radioterapia convenzionale per abbatterne i costi e consentirne un futuro utilizzo in clinica. Risulta, altresì, interessante studiare le possibili conseguenze indotte dalle particelle cariche sul tessuto sano esposto nel trattamento del tumore osseo. Il tipo più comune di tumore osseo è l osteosarcoma, mentre una forma più rara è rappresentata dal condrosarcoma. Per quest ultimo, l uso di terapie con particelle cariche è preferito poiché i condrosarcomi sono tumori relativamente radioresistenti e sono localizzati in prossimità di organi sensibili, come il midollo spinale [67,68]. 52

54 Molto più preoccupanti sono gli osteosarcomi, poiché tendono a svilupparsi in ossa in crescita, risultando pericolosi in particolar modo per pazienti pediatrici a causa della possibilità di aumentare il rischio di metastasi e di sviluppare effetti secondari tardivi [69]. Poiché i pazienti pediatrici hanno una maggiore prospettiva di vita, oggigiorno questo tipo di tumore viene curato non solo con terapia convenzionale, ma anche con particelle cariche pesanti, come gli ioni carbonio. Gli ioni carbonio per il loro caratteristico profilo dose-profondità rilasciano gran parte della dose a fine percorso nel picco di Bragg. Queste particelle, però, hanno una maggiore efficacia biologica (RBE di circa 3-4) rispetto ai fotoni, quindi il rilascio di dose sarà maggiore anche nella zona di plateau della curva di Bragg. Questo implica che, anche, a basse dosi questa radiazione può essere più efficace. Dunque, anche, in questo caso risulta necessario indagare i possibili effetti in cellule normali con implicazioni in adroterapia. 53

55 Capitolo 3: Metodi di indagine 3.1 Linee cellulari e preparazione dei campioni Questo lavoro di tesi si pone come obiettivo lo studio dell azione di fasci accelerati di particelle cariche in cellule normali allo scopo di contribuire alla comprensione dell insorgenza di effetti tardivi al livello del tessuto sano o come risultato dell interazione tra questo e le cellule tumorali. A tale scopo, i due principali endopoint studiati sono stati, per quanto concerne le cellule normali, la senescenza prematura radioindotta mediante il saggio dell espressione della β-galattosidasi, mentre gli effetti della comunicazione intercellulare fra cellule normali danneggiate ed indotte in senescenza e la progenie di cellule tumorali irraggiate sono stati investigati saggiando la capacità di queste ultime di proliferare mediante il saggio clonogenico. Due linee cellulari umane normali sono state usate: le cellule endoteliali 7 della vena ombelicale (Human Umbilical Vein Endothelial Cells o HUVEC) e le cellule endoteliali microvascolari cardiache (Human Cardiac Microvascular Endothelial Cells o HMVEC- C). Come sistema modello della risposta tumorale alla senescenza radioindotta nelle cellule normali è stata scelta la linea cellulare Saos-2. Le HUVEC sono cellule derivate dall endotelio delle vene del cordone ombelicale. Questa linea cellulare (Fig. 3.1) può essere coltivata e propagata per almeno 16 population doubling 8 e presenta un pattern altamente riproducibile in vitro della progressiva comparsa del fenotipo senescente. Ciò fa sì che siano un ottimo modello di riferimento per lo studio della senescenza prematura radioindotta. Lo studio degli effetti delle radiazioni su cellule normali endoteliali è di grande interesse in adroterapia, poiché rappresentano tessuto sano circostante e interno alla massa tumorale dovuto alla presenza dei vasi sanguini e linfatici. Il danno da radiazione altera la struttura e la funzione della microvascolatura inducendo uno stato infiammatorio permanente che potrebbe contribuire alla comparsa di atrofia parenchimale, fibrosi e necrosi nei tessuti 7 Le cellule endoteliali compongono l endotelio, tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni e linfatici. 8 Il termine population doubling corrisponde al raddoppio del numero totale di cellule in coltura. 54

56 sani, nonché modificare il comportamento proliferativo delle cellule tumorali adiacenti [70]. Le HMVEC-C sono cellule isolate dai ventricoli del cuore. Queste svolgono un ruolo importante nella regolazione fisiologica del flusso coronarico e di scambio capillare. Inoltre sono caratterizzate da un fenotipo differenziato rispetto alle altre cellule endoteliali. Gli effetti delle radiazioni ionizzanti su questa linea cellulare sono rilevanti per i tumori mammari, poiché, come ampiamente discusso nel par. 2.4, il danno subletale comporta rischi sostanziali per le cellule normali. Infatti, le particelle cariche potrebbero condurre alla formazione di tumori secondari e/o portare ad un aumento di complicazioni cardiache come pericardite, insufficienza miocardica e cardiopatia ischemica. Le cellule Saos-2 derivano da osteosarcoma umano, hanno un fenotipo ben differenziato e sono caratterizzate da un basso indice proliferativo e da un evidente capacità di formare noduli [71]. Tale linea cellulare ha permesso di studiare meccanismi di signalling tra cellule normali senescenti e cellule tumorali proliferanti mediante esperimenti basati sulla tecnica del medium transfer. Fig. 3.1: Foto di cellule endoteliali della vena ombelicale umana (HUVEC) al microscopio a contrasto di fase; ingrandimento 10 e scala della barra = 50 µm [72]. 55

57 Ogni turno di misura ha previsto una fase preliminare di preparazione dei campioni cellulari: scongelamento, coltura e semina. Scongelamento. Le cellule sono conservate in azoto liquido (-196 C), in appositi cryogenic vial 9, (Fig. 3.2 (a)). A questa temperatura le cellule entrano in uno stato di quiescenza assoluta, in quanto tutte le reazioni fisiche e biochimiche si arrestano. L operazione di scongelamento è avvenuta immergendo direttamente i vial in un bagnetto termico a 37 C. Le cellule ivi presenti (tipicamente una soluzione di 1 ml di volume) sono poi risospese con l apposito terreno di cultura e centrifugate per rimuovere dal terreno eventuali residui di dimetisolfossido (DMSO), un agente crioprotettore necessario per il congelamento, ma citotossico a lungo termine a temperatura ambiente. Al termine della centrifugazione (tipicamente 1500 giri al min per 10 min) il sopranatante viene eliminato, le cellule risospese e un campione di cellule viene prelevato per valutarne la vitalità mediante il test del Trypan Blue. Questo consiste nel valutare l integrità di membrana: la sostanza colorante è infatti esclusa dalle cellule vitali ma penetra quelle la cui membrana è stata danneggiata, apparendo bluastre all osservazione al microscopio. Quest operazione è importante per verificare se l operazione di criopreservazione e successivo ripristino della coltura cellulare non abbia danneggiato una porzione consistente del campione (valori di vitalità ottimali si attestano sull 80%). Coltura e semina. Le cellule vengono inoculate in fiasche per colture cellulari e poste in un incubatore a 37 C e in atmosfera umidificata al 5% di CO 2. Questa atmosfera serve a tamponare le variazioni del ph del mezzo di coltura a seguito dei prodotti di scarto del metabolismo cellulare. Le cellule adese al substrato proliferano e il medium di coltura sarà cambiato ogni due o tre giorni per rifornire le cellule dei necessari nutrienti. Una volta che le cellule hanno ricoperto una porzione della superficie di crescita stimata attorno al 70% ( confluenza ) devono essere diluite e riseminate in nuove fiasche ( passaggio o subcultura). A tal fine, viene rimosso il terreno di coltura dalla fiasca, le cellule sono brevemente sciacquate con soluzione salina tampone PBS Cryogenic vial ampolle utilizzate per il congelamento delle cellule. 10 Phosphate Buffered Saline (PBS) soluzione salina acquosa impiegata per sciacquare le fiasche di coltura; mantiene costante il ph e non è aggressivo verso le cellule. 56

58 Aggiungendo un volume noto di tripsina 11 e lasciandola agire per 5 minuti in incubatore (la temperatura catalizza la reazione dell enzima), le cellule vengono staccate e previa diluizione contate mediante l ausilio di un emocitometro 12. Per ottenere un numero sufficiente di cellule da irraggiare, e quindi poter effettuare i vari test post-irraggiamento, le cellule vengono seminate, come mostrato in Fig. 3.2 (b), circa due settimane prima di ogni turno di misura sperimentale. Fig. 3.2: (a) Cellule prelevate dall azoto liquido; (b) Processo di semina. 11 La tripsina è un enzima che agisce sulle proteine delle membrane cellulari rompendo i legami covalenti e favorendo quindi il distacco delle colture adese dalla superficie di crescita. 12 L emocitometro è uno strumento costituito da un vetrino rettangolare (7,5 cm x 3,5 cm x 4 mm) che presenta due sezioni. Su ciascuna di esse è incisa una griglia suddivisa in 9 grandi riquadri (superficie 1mm 2 e profondità 0,1 mm) che contengono a loro volta 16 quadrati più piccoli. Il volume del reticolo dell emocitometro V E è di 10-4 ml ed un vetrino copri-oggetto è appoggiato su di esso. Il valore medio dei conteggi delle cellule in un numero sufficiente di riquadri moltiplicato per 10 4 fornisce così la concentrazione del campione di partenza. Conoscendo il volume totale della sospensione cellulare si risale al numero totale di cellule. 57

59 3.2 Apparato sperimentale I campioni cellulari preparati presso il Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni del Dipartimento di Fisica E. Pancini sono stati irraggiati con fascio terapeutico di protoni presso il sincrotrone del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di Pavia. Le misure sperimentali ottenute sono state confrontate con i risultati ottenuti da irraggiamenti effettuati con fascio monoenergetico di ioni carbonio presso i Laboratori Nazionali del Sud di Catania (INFN-LNS). Di seguito, sono descritti il sincrotrone, la linea di trasporto e la tecnica di irraggiamento utilizzata al CNAO. 3.3 Il complesso degli acceleratori del CNAO e le linee di fascio Il cuore dell acceleratore del CNAO è un sincrotrone, un acceleratore circolare di circa 25 m di diametro, mostrato in Fig Le specie ioniche vengono iniettate nel sincrotrone con una energia di 7 MeV/u e accelerate fino a raggiungere la rigidità magnetica massima di 6,35 T m. Gli ioni carbonio vengono accelerati fino ad una energia massima di 400 MeV/u (6,35 T m), mentre, nel caso dei protoni l energia massima impiegata per i trattamenti è di 250 MeV, corrispondente ad una rigidità magnetica di 2,43 T m [73]. Fig. 3.3: Sincrotrone del CNAO di Pavia. 58

60 Il sincrotrone del CNAO è una macchina progettata per lavorare con ioni, con 1 < Z < 6. Il fascio è in grado di raggiungere, in acqua, profondità comprese tra i 3-27 gcm -2 e la sua intensità è tale da somministrare 2 Gy a un volume di 1 L in circa un minuto [74]. In linea di principio, il sincrotrone, è in grado di accelerare anche specie più pesanti del carbonio, sebbene con una ridotta penetrazione. Nel caso dell ossigeno i 6,35 T m (400 MeV/u) corrispondono ad una profondità del picco di Bragg di 20 cm. I principali parametri fisici e clinici del fascio sono riportati in Tab.3.1. Tab. 3.1 : I principali parametri del fascio del CNAO Sorgenti e linea di trasporto a bassa energia Il CNAO, per la produzione di protoni e ioni carbonio, si avvale di due sorgenti di tipo SUPERNANOGAN-ECR (Electron Cyclotron Resonance) Le sorgenti ECR sono ampiamente utilizzate per l iniezione di fasci di particelle in sincrotroni per adroterapia poiché garantiscono: alta stabilità e possibilità di operare per lunghi periodi senza manutenzione, produzione di fasci sufficientemente intensi ed emittanze piccole. 59

61 Ciascuna sorgente è in grado di fornire entrambe le particelle cambiando, semplicemente, il gas per produrre il plasma e adeguando le impostazioni della sorgente, come la potenza degli impulsi a radiofrequenza (RF) ed i potenziali di estrazione degli elettrodi, Fig Le due sorgenti, operanti in continuo, sono identiche tra loro e posizionate su due indipendenti linee di fasci, pertanto sono intercambiabili al fine di garantire la massima affidabilità al sistema di trattamento. Una volta ionizzato il gas, il fascio viene trasportato, mediante la linea di trasporto a bassa energia (LEBT), al quadrupolo a radiofrequenza (RFQ). La parte iniziale del LEBT permette di selezionare il tipo di particelle desiderate e di indirizzarle verso un magnete di switching che permette di scegliere quale dei due fasci prodotti indipendentemente, iniettare nell acceleratore. Nella zona finale del LEBT è collocato un chopper, ossia un deflettore elettrostatico che trasforma il flusso continuo di particelle in un fascio impulsato con durata di circa 100 μs ogni 3-4 s [75]. In conclusione, durante questo passaggio vengono selezionati gli ioni H + 3 e 12 C 4+ dato che hanno lo stesso rapporto Q/A = 1/3 e sono facilmente distinguibili dai contaminanti 14. L'energia cinetica finale raggiunta è 8 kev/u [76]. Fig. 3.4: Foto della sorgente ECR del CNAO. Il gas utilizzato per produrre 12 C 4+ e H 3 + è rispettivamente CO 2 + He, e H 2 [77]. 14 Per il fascio a ioni carbonio i contaminanti sono per lo più ioni ossigeno prodotti dalla ionizzazione della anidride carbonica. In particolare, lo ione 16 O 5+ possiede una rigidità magnetica che differisce di circa il 3% rispetto a quella dello ione 12 C 4+ di conseguenza il LEBT è stato dotato di una risoluzione tale da permettere la distinzione tra i due. 60

62 3.3.2 Quadrupolo a radiofrequenza, acceleratore lineare e linea di trasporto a media energia Dopo la LEBT il fascio viene iniettato in un RFQ, composto da un tank di diametro di 25 cm per una lunghezza totale di 1,4 m. Al suo interno un risonatore four-rod a simmetria quadrupolare, fornisce un gradiente elettrico trasversale in modo da focalizzare il fascio. Mentre la forma modulata permette di accelerare e impacchettare (bunching) il fascio. Questa modulazione conduce a una variazione longitudinale del gradiente di campo trasversale dando come risultato una componente elettrica longitudinale non nulla. Il fascio in uscita dall RFQ con energia di 400 kev/u è diretto in ingresso all acceleratore lineare. Il linac del CNAO è una struttura DTL di tipo IH che accelera il fascio fino a 7 MeV/u in un unico tank lungo 3,8 m e ampio 30 cm [78]. La struttura è stata progettata per ottenere una combinazione particolare di accelerazione e focheggiamento, nota come KONUS ( Kombinierte Null Grad Struktur o Combined Zero-Degree Structure ); la tensione al gap lungo l acceleratore cresce con la lunghezza del gap in modo da mantenere un gradiente costante di circa 18 MV/m. Subito dopo il tank del linac, il fascio viene focalizzato su un foglio di stripping. Questo è un foglietto di carbonio con spessore di circa 1 μm, che strappa gli elettroni rimanenti dalle particelle del fascio in modo da fornire un fascio di protoni o un fascio di ioni C 6+ [79,80]. L iniezione del fascio nel sincrotrone segue un preciso schema temporale: il fascio emesso dal linac ha una durata massima di 200 μs, mentre il ciclo del sincrotrone (tempo di accelerazione, di estrazione e il tempo necessario per tornare alle condizioni iniziali) ha una durata di circa 3 s. Ciò comporta un uso intermittente del linac. Tuttavia per evitare variazioni di temperatura, che comporterebbero variazioni di frequenza di risonanza, è necessario impulsare il linac anche quando non si introduce nuovo fascio; il chopper del LEBT permetterà al fascio di passare solo quando è necessario. La linea di trasporto a media energia (MEBT) è la linea successiva che trasporta il fascio dal foglio di stripping al punto di iniezione nel sincrotrone. Il compito di questa linea è quello di trasportare il fascio minimizzando le perdite e di adattare il fascio alla condizione di iniezione. 61

63 3.3.3 L iniezione, l estrazione e la linea ad alta energia Il fascio è iniettato nel sincrotrone con un energia di 7 MeV/u e viene accelerato ad energie comprese tra 60 MeV, energia minima per i protoni, e 400 MeV/u, energia massima per i fasci di carbonio. Il procedimento di iniezione per il CNAO, mostrato in Fig. 3.5, è di tipo iniezione multi-giro nel piano orizzontale [81]. Questo tipo d iniezione avviene creando una distorsione locale dell orbita chiusa, detta bump, che avvicina tale orbita al setto elettrostatico di iniezione. L ampiezza del bump viene, poi, fatta diminuire progressivamente fino a zero. In tal modo il fascio proveniente dal MEBT iniettato, mediante un sottile setto magnetico, si arrotola spiraleggiando intorno all orbita chiusa [82]. Poiché la terapia richiede la massima stabilità e ripetibilità del fascio, le particelle che dopo l iniezione si trovano fuori dall emittanza di progetto possono essere eliminate utilizzando due scraper. Fig. 3.5: Schematizzazione dell iniezione multi-giro. Nel sincrotrone sono presenti 16 dipoli e 24 quadrupoli. I dipoli, alimentati in serie da un unico alimentatore, applicano un campo magnetico, idealmente costante, perpendicolare al piano contenente la traiettoria del fascio di particelle. La forza risultante avrà, quindi, una direzione tale da deflettere il fascio in direzione trasversale. I quadrupoli fungono da lenti focalizzanti in una direzione e da lenti defocalizzanti in quella opposta. Infine sono presenti due famiglie di sestupoli che correggono i cosiddetti errori cromatici dei quadrupoli, ovvero errori di focalizzazione dovuti alla dipendenza della distanza focale dei quadrupoli dalla quantità di moto delle particelle. 62

64 Lungo il sincrotrone l accelerazione è fornita da un unica cavità RF, collocata in una zona, non dispersiva, opposta agli elementi di iniezione ed estrazione del fascio [83]. Il fascio del CNAO è estratto dal sincrotrone con una estrazione lenta di tipo risonante, ed è portato nelle sale di trattamento sotto forma di impulsi (spill) della durata di circa un secondo. Tra la fine di uno spill e l inizio del successivo passano circa 3 s. Il fascio estratto deve essere il più possibile uniforme temporalmente e costante in distribuzione trasversale, per consentire alla macchina radioterapeutica di operare con distribuzione attiva. Dunque il procedimento di estrazione è il punto più critico per quanto riguarda la qualità del fascio in tutto il progetto del sincrotrone [84]. Fig. 3.6: Schematizzazione dell estrazione lenta. L estrazione lenta è realizzata attraverso l eccitazione controllata di un oscillazione di betatrone, come mostrato in Fig 3.6. In questo schema il fascio circolante nel sincrotrone, largo Δp/p, viene estratto spingendolo in risonanza con il betatron-core e sfrutta la variazione del campo magnetico per deviare il fascio dall orbita circolare. Il fascio viene diretto verso un setto elettrostatico attraverso il quale esce dal sincrotrone ed entra nella linea di trasporto ad alta energia (HEBT). In Fig. 3.7 è mostrato il betatron-core del CNAO e lo schema delle linee di campo magnetico che, variando nel tempo, inducono un potenziale di accelerazione sull asse del fascio. 63

65 Fig. 3.7: Il betatron-core e la schematizzazione delle linee di campo magnetico e di potenziale (a sinistra). L applicazione di una corrente dipendente dal tempo, nel betatron-core genera una variazione del flusso magnetico all interno del core d acciaio; la variazione temporale del flusso stesso produce un campo elettrico parallelo all asse principale del core, accelerando le particelle in risonanza (a destra) [85]. La HEBT, composta da quattro linee di estrazione, di circa 50 m ciascuna, trasporta il fascio dal sincrotrone a tre sale di trattamento. In ciascuna sala arriva un fascio orizzontale e in una di queste sale (sala centrale), arriva, anche, un fascio verticale. L elemento principale della HEBT è il chopper. Questo dispositivo è costituito da quattro dipoli veloci alimentati in serie secondo lo schema (+B, -B, -B, +B). In condizioni normali questi magneti sono spenti e il fascio colpisce un ostacolo dump evitando l irraggiamento del paziente. L ostacolo è, anche, utilizzato per misurare le dimensioni e l intensità del fascio. Quando i magneti sono accesi, il fascio viene deviato consentendo di evitare il dump e il fascio, uscito dal chopper, rimane correttamente diretto sul paziente. La risposta del chopper è minore di 260 μs, consentendo il passaggio e lo spegnimento del fascio, in modo da somministrare ad un voxel (volume di pixel) meno del 2.5% di dose, limite fissato dal piano di trattamento [86]. Il tratto finale del HEBT è dotato di un dipolo di switching in grado di dirigere il fascio in una delle tre linee orizzontali (linea Z, linea U e linea T); per la linea verticale (linea V), il fascio viene trasportato da quattro dipoli ad una altezza di 6 m rispetto al sincrotrone. Inoltre questa linea include un enorme dipolo a 90 (128 tonnellate includendo la struttura meccanica di supporto) che dirigere il fascio sul paziente dall alto. 64

66 3.3.4 Sistema di rilascio di dose Il fascio estratto ha un diametro di qualche mm e la tecnica impiegata per irraggiare tutto il tumore bersaglio è la tecnica della scansione attiva, mostrata in Fig Questa tecnica consiste nel suddividere, idealmente, il tumore di un paziente in fette iso-range (slide), cioè in regioni, che vengono raggiunte da particelle della stessa energia. Il fascio viene quindi deflesso da una coppia di magneti veloci (detti magneti di scansione) in modo da pennellare la fetta; in questo modo il fascio viene diretto nei vari punti del tumore (voxel) variandone la posizione senza aggiunta di spessori addizionali sul percorso del fascio che possono degradarne la qualità. Al termine dell irraggiamento di una slide, l estrazione viene interrotta e al ciclo seguente il fascio viene accelerato all energia corrispondente alla slide successiva. La dose depositata (o meglio l integrale dell intensità del fascio) viene misurata in tempo reale da una serie di monitor che sono collegati e gestiscono direttamente i magneti di scansione [87]. La maggiore precisione nel rilascio di dose, mediante la scansione attiva, potrebbe ridurre la possibilità di colpire cellule normali del tessuto sano con conseguente riduzione di neoplasie secondarie, specialmente nel caso di pazienti pedatrici [88]. Fig. 3.8: Distribuzione della dose con un sistema a scansione attiva. 65

67 Nei trattamenti clinici con protoni e ioni carbonio spesso è necessario ricorrere anche ad elementi passivi come i ripple filters e range shifter. I ripple filters sono delle lastre di plexiglass (PMMA) che permettono di ottenere una maggior uniformità dello SOBP che presenta, nel caso degli ioni carbonio, delle piccole oscillazioni, dette ripple, nella regione di alta dose, (Fig. 3.9). Per protoni questo accorgimento non è necessario e si tende ad utilizzare al massimo un solo ripple. I range shifter, invece, vengono utilizzati quando il sincrotrone non riesce ad erogare l energia minima per creare il picco di Bragg in corrispondenza di tumori superficiali; impiegati sia per fasci di protoni sia per fasci di ioni carbonio. Fig. 3.9: SOBP degli ioni carbonio di 100 MeV/u. (a) Irraggiamento senza ripple filters; (b) irraggiamento filtrato da due ripple filters distanti 30 cm l'uno dall'altro [89]. 66

68 3.4 Set-up utilizzato per l irraggiamento I campioni cellulari preparati secondo la procedura descritta nel par. 3.1, sono stati trasportati presso i laboratori di radiobiologia del CNAO di Pavia e posti immediatamente in un incubatore affinché recuperino lo stress del trasporto. Dopo circa un paio di ore le cellule sono state seminate, nelle fiasche di coltura con superficie di crescita di 12,5 cm 2, con concentrazione opportuna in base alla dose, alla posizione in cui vengono esposte e all endpoint radiobiologico (senescenza e esperimento di conditioned medium) da esaminare. Per il posizionamento dei campioni cellulari lungo il SOBP terapeutico è stato utilizzato un fantoccio 3D Phantom PTW MP3-P, modello T41029, essenzialmente un contenitore di materiale plastico polimetilmetacrilato (PMMA) con una finestra d ingresso, per fascio radioterapico, di dimensioni 250 x 250 x 5 mm 3. Il fantoccio è dotato di un braccio motorizzato sul quale è stato fissato il nostro portacampioni e mediante una pompa idraulica elettrica il tank è riempito di acqua. Per la realizzazione delle misure è stata effettuata precedentemente la dosimetria su questo fantoccio dal reparto di fisica medica del CNAO. Una volta preparato il set-up di irraggiamento le fiasche svuotate del terreno di coltura e ben sigillate, sono state poste in un apposito portacampioni, disposte perpendicolarmente alla direzione del fascio (Fig e Fig. 3.11). In questa fase, bisogna controllare che il collo delle fiasche sia sopra il pelo dell acqua del tank in modo che questa non penetri nella filettatura delle fiasche e porti contaminazione. Fig. 3.10: Schema del set-up sperimentale utilizzato. 67

69 Gli spostamenti del braccio e quindi del portacampioni vengono regolati tramite una pulsantiera TBA Control Pendant T41031, che permette incrementi minimi di ± 0,1 mm con un range di mobilità massima di 350 mm nella direzione trasversale, 380 mm nella direzione longitudinale e 250 mm in profondità. Fig. 3.11: A sinistra è mostrato il fantoccio utilizzato per la realizzazione delle misure. A destra, ingrandimento del portacampioni dove vengono poste le fiasche. Al fine di simulare gli scenari lungo e in prossimità del profilo di dose clinico delle particelle cariche, le linee cellulari normali, in vitro, sono state irraggiate con fascio terapeutico di protoni (E max = 250 MeV) al CNAO a diverse dosi e in diverse posizioni lungo il SOBP, come mostrato in Fig Le posizioni lungo il SOBP sono state scelte in questo modo: all ingresso (entrance), per studiare gli effetti sul solo tessuto sano; al centro del SOBP, poiché i tumori risultano eterogenei in composizione, comprendendo eventualmente anche cellule vascolari; nella zona distale, dove il LET, quindi l RBE potrebbe discostarsi notevolmente dal valore clinicamente accettato di 1.1. L estremità distale rappresenta anche la posizione di confine in cui avvengono le interazioni tra l ambiente tumorale e le cellule normali. Le posizioni scelte lungo il SOBP dei protoni sono riportante in Tab

70 Tab. 3.2: Le tre diverse posizioni lungo il SOBP dei protoni: P1= posizione di ingresso; P2 = posizione centrale; P3= posizione distale. Fig. 3.12: In alto, i profili di dose misurata e, in basso, il LET simulato con codice Fluka per fasci clinici di protoni di 250 MeV al CNAO. Cortesemente forniti dal Dr. M. Ciocca e Dr. A. Mairani della Fondazione CNAO. 69

71 Idealmente, anche l irraggiamento con ioni carbonio si sarebbe dovuto svolgere presso il CNAO ma al tempo di raccolta dei dati per questa tesi non era stato ancora concesso tempo macchina per questo fascio presso questa facility. Pertanto, si è ritenuto utile investigare gli effetti della intercomunicazione cellule fra cellule endoteliali senescenti e cellule tumorali esposte al carbonio usando dati precedentemente ottenuti, sempre nell ambito dell esperimento ETHICS, presso i LNS-INFN di Catania. Confrontando la Fig con la Fig possiamo notare l ottima corrispondenza fra i valori del LET del SOBP del CNAO con i valori del LET di LNS. Infatti, come mostrato in Tab. 3.3 e Fig.3.13, il fascio clinico di carbonio del CNAO presenta un valore di LET nella regione del mid-sobp di circa 50 kev/µm. Tab. 3.3: Le cinque differenti posizioni lungo il SOBP (12-18 cm) degli ioni carbonio: P1= posizione iniziale; P2, P3, P4 = posizione centrale; P5 = posizione distale. Queste sono state determinate nel 2011 durante la fase di validazione radiobiologica del CNAO cui ha partecipato il gruppo di Biofisica delle radiazioni di Napoli. 70

72 Fig. 3.13: In alto, i profili di dose misurata e, in basso, il LET simulato con codice Fluka per fasci clinici di ioni carbonio di MeV/n al CNAO. Cortesemente forniti dal Dr. M. Ciocca e Dr. A. Mairani della Fondazione CNAO. Per ovviare alla indisponibilità del fascio terapeutico di carbonio al CNAO, quindi era stato usato il fascio di ioni carbonio monoenergetici di 62 MeV/u accelerati dal ciclotrone superconduttore dei LNS, Catania, il cui valore in entrance, laddove sono stati posizionati i campioni, è confrontabile con quello del mid-sobp del fascio del CNAO, (Fig. 3.14). Ciò ha permesso di utilizzare il fascio dei LNS come surrogato di quello del CNAO. 71

73 Fig. 3.14: Curva di Bragg (dose e LET) del fascio di carbonio da 62MeV/n dei LNS. Cortesemente forniti da F. Romano di LNS e T. Marshall di QUB, UK. 72

74 Capitolo 4: Risultati e discussione 4.1 Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura La senescenza cellulare prematura è un effetto subletale che può essere indotto da diversi agenti citotossici, tra cui la radiazione ionizzante, come risposta a stimoli stressori subletali (da cui la denominazione Stress-Induced Premature Senenesce o SIPS), ossia non sufficientemente gravi da portare la cellula alla morte riproduttiva; in particolare, è stato trovato che basse dosi di radiazione sono particolarmente efficaci nell induzione di questo pathway in cellule normali. L insorgenza di questo effetto, poi, appare dipendente dalla dose e dalla qualità della radiazione. Negli ultimi tempi, la SIPS ha attirato un interesse crescente in ambito pre-clinico e biomedico per le sue possibili conseguenze a lungo termine in pazienti sottoposti a radioterapia. In particolare, poiché le particelle cariche sono radiobiologicamente differenti da fotoni ed elettroni usati nella radioterapia convenzionale, questo effetto potrebbe avere un impatto di portata ancora indefinita nei pazienti sottoposti ad adroterapia. L interesse verso il fenomeno della SIPS scaturisce dalla constatazione supportata da un crescente numero di studi per cui le cellule senescenti potrebbero influenzare negativamente la funzionalità del tessuto sano, così come aumentare il rischio di tumori secondari. Inoltre, come detto più volte in precedenza, esistono ancora pochi dati sul rapporto che sussiste fra cellule prematuramente senescenti e profilo proliferativo di cellule tumorali: anche in questo caso, studi indicano che fattori rilasciati dalle prime possano modificare il potenziale clonogenico delle seconde, in modi non ancora chiari, ossia o tali da favorire la crescita tumorale o inibirla. E stata pertanto misurata l insorgenza sia acuta che tardiva della senescenza cellulare prematura indotta lungo il SOBP del fascio dei protoni terapeutici del CNAO e analizzati i dati relativi all influenza che la senescenza prematura indotta da ioni carbonio accelerati ai LNS-INFN di Catania hanno sulla proliferazione di cellule tumorali discendenti da popolazioni anch esse esposte a questi fasci. 73

75 4.1.1 Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura indotta da fascio terapeutico di protoni su cellule normali HUVEC e HMVEC-C La SIPS è stata studiata basandosi sul saggio istochimico dell espressione dell enzima β-galattosidase, per il quale si colora specificamente il nucleo delle cellule senescenti quando queste ultime esprimono affinità per questo enzima (per il protocollo si rimanda all Appendice A). I campioni cellulari irraggiati e non-irraggiati (controlli), preparati secondo la procedura descritta nel par. 3.1, al primo passaggio post-irraggiamento vengono seminati in tre fiasche, una per portare avanti la coltura ed eseguire analisi a tempi successivi per monitorare l insorgenza della senescenza in funzione del tempo (fino a circa un mese dall irraggiamento) e le altre due per eseguire il test a tempi ravvicinati, 24 e 48 h. In Fig. 4.1 è schematizzata la procedura utilizzata per il test della senescenza. Fig. 4.1: Schematizzazione della procedura utilizzata per il saggio della β-galattosidase per la rivelazione della senescenza cellulare. Test senescenza si riferisce a tempi immediati 24 e 48 h), mentre altri test dalle colture propagate sono stati effettuati a 6, 17, 24 e 38 giorni post irraggiamento. 74

76 Le cellule HUVEC e HMVEC-C sono state irraggiate con due dosi (0,5 Gy e 2 Gy) e in diverse posizioni lungo il SOBP (P1, P2, P3), come riportato in Tab Per ogni esperimento è stato preparato un campione di controllo non irraggiato per valutare l andamento della senescenza prematura rispetto alla senescenza replicativa per ciascuno dei tempi post-irraggiamento. Inoltre, tutti gli esperimenti realizzati per lo studio della SIPS sono stati condotti ai primi passaggi 15, cioè quando le cellule HUVEC e HMVEC-C presentano un tasso di senescenza fisiologica molto basso. Infatti è noto per le cellule HUVEC che la lunghezza e l attività dei telomeri varia in base al numero di cicli cellulari replicativi, conducendo alla senescenza cellulare e alla morte [90]. La percentuale di cellule senescenti (CS) è stata stimata, per entrambe le linee cellulari e per ogni punto dose, come rapporto tra il numero delle cellule positive (CP) al test della β-galattosidase e il numero totale di cellule contate (CT). Le cellule senescenti sono state valutate su un totale di circa 500 cellule, osservate con un microscopio ottico in campo chiaro. Per il conteggio sono stati scelti campi casuali. In formule: (4.1) e ( ) (4.2) 15 Le cellule in vitro quando raggiungono una confluenza cellulare di circa 80% vengono passate in altre piastre per evitare che vadano incontro ad un arresto proliferativo da inibizione per contatto. 75

77 Pertanto, conformemente alla formula standard della propagazione degli errori la (4.2) è stata derivata da: ( ) ( ), dove l errore sulle cellule positive è stato stimato come: poiché ogni cellula vale un conteggio, ed essendo le cellule distribuite casualmente nei vari campi, la distribuzione segue la statistica di Poisson. Fig. 4.2: In foto le cellule sulle quali è stato effettuato il test di senescenza. Le cellule senescenti si colorano esprimendo affinità per l enzima β-galattosidase. Di seguito, in Fig. 4.3, sono mostrati i risultati ottenuti da cellule HUVEC. Le dosi sono state scelte essendo 0,5 Gy un valore prossimo a quello che il tessuto sano riceve durante una frazione del trattamento adroterapico, e 2 Gy, dose terapeutica tipicamente somministrata al volume tumorale. 76

78 Le posizioni di cui sopra rappresentano: P1= posizione d ingresso con LET = 2 kev/µm, P2= posizione centrale con LET = 3,5 kev/ µm, P3 = posizione distale con LET = 6 kev/ µm. Fig. 4.3: Percentuale di cellule senescenti HUVEC in funzione del tempo, indotte dal fascio di protoni terapeutici del CNAO, valutata per due dosi (0,5 Gy e 2 Gy) e in tre posizioni (P1, P2, P3) lungo il profilo di dose del fascio. 77

79 Osservando i grafici in Fig. 4.3, si nota che la percentuale di cellule che entra in senescenza fisiologica aumenta gradualmente con il trascorrere del tempo, risultato atteso per le cellule in coltura. L esposizione ai protoni causa un aumento della frazione di cellule senescenti che si manifesta a tempi immediatamente successivi all irraggiamento (1 e 2 giorni) e persiste fino a tempi successivi (circa un mese dall irraggiamento). In particolare, si può osservare una risposta acuta in termini di senescenza già 24 h dopo l irraggiamento, con una percentuale di cellule senescenti significativamente maggiore tra quelle esposte in posizione P1. Inoltre, in questa posizione (entrance), la più significativa per il danno al tessuto sano, la dose di 0,5 Gy sembrerebbe più efficace di 2 Gy. A 2 giorni dall irraggiamento la percentuale di cellule senescenti per ogni posizione non si discosta molto dai valori già osservati a 24 h. A 6 e 17 giorni, invece, le cellule esposte in posizione P2 e P3 esibiscono una frazione di cellule senescenti maggiore di circa 15% rispetto a quella manifestata nelle cellule esposte in P1. A circa un mese dall irraggiamento (ossia 24 e 38 giorni) tutte le cellule irraggiante e non irraggiate (controllo) mostrano un elevata percentuale di cellule senescenti e le cellule esposte in posizione P3 hanno valori paragonabili con le cellule esposte in posizione P1 e P2. Pertanto, la senescenza prematura gioca un ruolo principale come risposta a basse dosi di radiazione, in linea con il suo essere una tipica risposta subletale. In termini di dose, quindi, al LET più basso la dose minore è più efficace, specie a tempi precoci, ed all aumentare del LET aumenta sia la frazione di cellule in assoluto che entrano prematuramente in senescenza che la dipendenza dalla dose. La senescenza prematura è stata, poi esaminata, su campioni cellulari di cellule cardiache. Anche queste esposte a fascio terapeutico di protoni del CNAO. L andamento della senescenza di cellule HMVEC-C irraggiate in entrance (P1), in posizione di mid-sobp (P2) e in posizione distale (P3) è mostrato in Fig

80 Fig. 4.4: Percentuale di cellule senescenti HMVEC-C in funzione del tempo, indotte da fascio terapeutico del CNAO, valutata per due dosi (0,5 Gy e 2 Gy) e in tre posizioni (P1, P2, P3) lungo il profilo di dose del fascio. Osservando l andamento della senescenza delle cellule cardiache nei grafici di Fig. 4.4, è possibile notare che già 24 h dopo l irraggiamento la senescenza cellulare prematura è significativamente maggiore della senescenza replicativa in tutte le posizioni lungo il SOBP di protoni del CNAO. A 2 e 6 giorni, la senescenza appare dose-dipendente, mentre a 17 giorni le cellule esposte in posizione P1, P2 e P3 esibiscono una frazione di cellule senescenti maggiore di circa 20% rispetto al controllo. A 24 giorni dall irraggiamento tutte le cellule irraggiante e non irraggiate (controllo) mostrano una percentuale di cellule senescenti di circa il 100%, indipendentemente dalla dose e dalla posizione a cui sono esposte. In generale, rispetto al pattern di insorgenza di senescenza osservato nelle HUVEC, le cellule microvascolari cardiache sembrano essere più sensibili all induzione di questo fenomeno. 79

81 Da sottolineare che in entrance, a 24 h la frazione di cellule HMVEC-C irraggiate senescenti è doppia rispetto a quella delle senescenti HUVEC, pur non manifestando la stessa dipendenza inversa dalla dose osservata in queste ultime Confronto tra le due linee cellulari In Fig 4.5 e in Fig. 4.6 sono riportati, rispettivamente, i risultati ottenuti dalla senescenza indotta, sulle cellule HUVEC e HMVEC-C, dal fascio terapeutico di protoni del CNAO in funzione del tempo, per ciascuna dose (0,5 Gy e 2 Gy) e posizione (P1, P2 e P3) lungo il SOBP. Fig. 4.5: Percentuale di cellule senescenti HUVEC in funzione del tempo esposte a fascio terapeutico di protoni lungo il profilo di dose del CNAO. 80

82 Fig. 4.6: Percentuale di cellule senescenti cardiache in funzione del tempo esposte a fascio terapeutico di protoni lungo il profilo di dose del CNAO. Dal loro confronto si conferma l osservazione accennata prima, ossia che la senescenza prematura indotta dai protoni in cellule normali (HUVEC e HMVEC-C) risulta strettamente dipendente dal tipo di linea cellulare esposta. Esaminando i grafici, si può notare che tutti i campioni irraggiati mostrano un aumento significativo dell induzione di cellule senescenti rispetto ai campioni di controllo, indipendentemente dalla dose e dalla posizione lungo il SOBP. I campioni di controllo permettono di valutare la progressione fisiologica della senescenza in cellule non sottoposte ad irraggiamento tenendo conto, anche, dello stress a cui sono sottoposte per il trasporto. 81

83 Nelle HUVEC, in entrance e mid-sobp, i protoni sono quasi sempre più efficaci nell induzione di senescenza prematura a bassa dose (0,5 Gy) che ad alta dose (2 Gy), contrariamente a quanto osservato per le cellule cardiache. In queste ultime, infatti, è evidente una più forte dipendenza dalla dose e l incidenza della senescenza cellulare prematura è più alta per ogni punto dose e posizione rispetto alle cellule HUVEC. Tuttavia questa risposta cellulare al fascio di protoni, per entrambe le linee cellulari, è indotta in modo molto efficace, ed è una risposta precoce che persiste nel tempo. In conclusione questi risultati meritano un attento esame per le possibili conseguenze in vivo per il tessuto sano, in particolare alla luce della possibilità di un utilizzo dei protoni per la cura del cancro alla mammella, come discusso nel par. 2.5 del Cap Interazione tra cellule normali senescenti e cellule tumorali proliferanti trattate con ioni carbonio In questo lavoro sono poi stati analizzati i dati relativi ad esperimenti effettuati allo scopo di esaminare l interplay fra cellule che progressivamente entrano in senescenza prematura e la capacità proliferativa di cellule tumorali irraggiate per una linea di osteosarcoma. Il fascio terapeutico di ioni carbonio del CNAO è, attualmente, utilizzato per trattare questo tipo di cancro. In particolare, è stata esaminata l insorgenza della senescenza cellulare in cellule normali HUVEC irraggiate con ioni carbonio a dosi di 0,5 Gy e 2 Gy. Parallelamente, è stato valutato il possibile effetto che le cellule senescenti HUVEC esercitano sul potenziale proliferativo delle cellule tumorali Saos-2 esposte a ioni carbonio, presso i LNS di Catania utilizzando la tecnica del medium transfer. In sostanza, a determinati tempi post-irraggiamento, la progenie delle cellule tumorali irraggiate sono state trattate per 24 h (conditioning) con il medium che era stato precedentemente raccolto e congelato dalle cellule normali. Lo schema adottato è illustrato in Tab Dopo 24 h, è stato effettuato il test clonogenico sulle cellule Saos-2. 82

84 Tab. 4.1: Schema dell esperimento di medium transfer: mezzo di coltura da cellule HUVEC che hanno ricevuto 0, 0,5 o 2 Gy è stato trasferito su cellule Saos-2 irraggiate con 2 Gy a vari tempi post-irraggiamento. Come controlli, cellule Saos-2 discendenti da progenitori non irraggiati o irraggiati con 2 Gy sono stati trattati con il proprio mezzo di coltura (nessuno*) Caratterizzazione della senescenza cellulare prematura indotta da fascio di ioni carbonio su cellule normali HUVEC La senescenza cellulare, indotta dal fascio monoenergetico di ioni carbonio di E = 62 MeV/u di Catania, è stata studiata come risposta precoce (24 h) e tardiva (fino a circa un mese dall esposizione) all irraggiamento in cellule HUVEC. Di seguito, nel grafico in Fig. 4.6, è mostrato l andamento della senescenza delle cellule HUVEC in funzione del tempo. 83

85 Fig. 4.6: Percentuale di cellule senescenti HUVEC in funzione del tempo, indotte da fascio di ioni carbonio dei LNS, valutata per due dosi (0,5 Gy e 2 Gy). Gli ioni carbonio con LET= 50 kev/µm confrontabile con il valore del LET ottenuto nella posizione di mid-sobp del fascio terapeutico del CNAO, come mostrato in Tab. 3.3 del Cap.3, provocano eventi di senescenza precoci che persistono nel tempo. Osservando il grafico in Fig. 4.6, gli ioni 12 C risultano in generale leggermente più efficaci a basse dosi (0,5 Gy) rispetto alle alte dosi (2 Gy). Ciò è in parte atteso poiché a causa della maggiore efficacia degli ioni carbonio, ad alte dosi l effetto principale della radiazione risulta essere la morte cellulare riproduttiva. Volendo confrontare i valori della senescenza prematura indotta da ioni carbonio rispetto ai fotoni, notiamo subito la maggiore efficacia con cui gli ioni carbonio sono in grado di indurre la senescenza rispetto ai fotoni. 84

86 In Fig. 4.7, è mostrato l andamento della senescenza in funzione del tempo delle cellule endoteliali esposte a raggi X. Questo andamento, a 6, 17, 24 e 38 giorni dall irraggiamento, appare lievemente dipendente dalla dose. Fig. 4.7: Percentuale di cellule senescenti HUVEC in funzione del tempo. Le cellule sono state esposte a raggi X, presso il laboratorio di Biofisica delle radiazioni, usando un tubo radiogeno Siemens STABILIPAN Valutazione degli effetti di cellule normali senescenti (HUVEC) sul potenziale proliferativo di cellule tumorali (Saos-2) La linea cellulare di osteosarcoma (Saos-2) è stata utilizzata, anche, per valutare l'interazione tra le cellule normali HUVEC e le cellule del cancro osseo. Rispetto allo schema mostrato nella tabella precedente (Tab. 4.1), i dati qui riportati si riferiscono ad una situazione semplificata in cui il terreno di coltura delle cellule HUVEC irraggiate 85

87 con dosi di 0,5 Gy e 2 Gy è stato trasferito nelle piastre di coltura delle cellule tumorali Saos-2 irraggiate a 2 Gy, come schematizzato in Tab Questo esperimento mostra, a vari tempi post-irraggiamento, gli effetti delle cellule endoteliali irraggiate, a varie dosi, e che entrano successivamente in senescenza prematura, sulla abilità clonogenica delle cellule di osteosarcoma irraggiate. Tab. 4.2 : Schema dell esperimento di conditioned medium. Dunque l obiettivo di questo esperimento è capire in che modo i fattori secreti dalle cellule senescenti HUVEC sono in grado di influenzare la proliferazione delle cellule tumorali irraggiate. L esperimento di mezzo condizionato ha senso solo nel mid-sobp di un fascio terapeutico, poiché in questa regione è maggiore l incertezza attribuita alla comunicazione tra il tessuto sano e la zona tumorale. La percentuale di delayed plating efficiency è stata valutata per conoscere il potenziale clonogenico delle cellule discendenti dalle cellule irraggiate. Il test di delayed plating efficiency è stato stimato in corrispondenza dell insorgenza tardiva (6, 17, 24 giorni) della senescenza nelle cellule HUVEC esposte a fascio di ioni carbonio di LNS, fare riferimento al grafico in figura Fig A 6, 17, 24 giorni, un totale di circa 500 cellule Saos-2 con mezzo di coltura proprio e con medium condizionato dal terreno proveniente dalle HUVEC, viene seminato. 86

88 Dopo aver atteso circa 7 giorni, per la formazione di cloni (per rispettare la regola di Puck e Marcus), la delayed plating efficiency è ottenuta come: ( ) (4.3) dove l efficienza di piastramento (EP) è calcolata per le cellule che non hanno subito l irraggiamento. La percentuale di delayed plating efficiency è normalizzata nel seguente modo: (4.4) (4.5) (4.6) La (4.4) ci permette di valutare come varia la delayed plating efficiency nel tempo delle cellule Saos-2 irraggiate a 2 Gy che non entrano in contatto con terreni provenienti da cellule HUVEC. Mentre osservando il rapporto (4.5) e (4.6), notiamo che le Saos-2 irraggiate a 2 Gy e trattate con il terreno proveniente da HUVEC esposte a ioni carbonio, a dosi di 0,5 Gy e 2 Gy, vengono normalizzate sia per le Saos-2 che per le HUVEC non irraggiate. In questo modo, valutiamo effettivamente solo l effetto sulla proliferazione tumorale dovuto allo stress da radiazione, poiché normalizzando anche per le HUVEC non irraggiate, eliminiamo il contributo dovuto alla senescenza fisiologica delle cellule endoteliali. I risultati ottenuti sono riportati negli istogrammi di Fig

89 Fig. 4.8: Effetti della cellule senescenti HUVEC sull abilità clonogenica delle cellule di osteosarcoma irraggiate ad una dose di 2Gy in funzione del tempo. Osservando il grafico in Fig. 4.8, notiamo il potenziale proliferativo delle cellule Saos-2 irraggiate a 2 Gy e trattate con il terreno delle cellule HUVEC irraggiate a 0,5 Gy è maggiore rispetto al potenziale proliferativo delle cellule Saos-2 irraggiate a 2 Gy e trattate con le HUVEC irraggiate a 2 Gy. Questo risultato è interessante perché la Fig. 4.6 mostra la maggiore efficacia degli ioni 12 C ad indurre senescenza prematura nelle cellule HUVEC a basse dosi (0,5 Gy) rispetto alle alte dosi (2 Gy). Queste considerazioni mettono in luce che una maggiore induzione di senescenza da parte della radiazione induce un minore abbattimento della proliferazione cellulare; in questo caso la senescenza radioindotta risulta protettiva per il tumore. Invece, una minore percentuale di cellule senescenti si traduce in un maggiore effetto inibitore sulla proliferazione tumorale. Questo risultato ha particolare rilevanza da un punto di vista clinico in adroterapia. Trovandoci nel mid-sobp, l intera zona in esame riceve 2 Gy, e la senescenza indotta nelle cellule normali ha un effetto positivo sulle cellule tumorali comunicanti, riducendone la proliferazione. 88

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio9: un fotone gamma sparisce formando una coppia

Dettagli

Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia

Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia Il rationale radiobiologico per l uso di fasci di ioni carbonio in adroterapia Lorenzo Manti Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni Dipartimento di Scienze Fisiche Radioterapia L obiettivo è bloccare

Dettagli

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA M. Marengo INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA Servizio di Fisica Sanitaria Ospedale Policlinico S.Orsola - Malpighi, Bologna mario.marengo@unibo.it Si definiscono radiazioni ionizzanti tutte le

Dettagli

2.3 Percorso residuo (range)

2.3 Percorso residuo (range) Figure 13: Determinazione del range a partire da una curva di trasmissione (I èil numero di particelle tramesse per unità di tempo in funzione delle spessore t essendo I 0 il numero di particelle entranti)

Dettagli

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio9: un fotone gamma sparisce formando una coppia

Dettagli

Dosimetria ESR per applicazioni in campo medico e industriale

Dosimetria ESR per applicazioni in campo medico e industriale Dosimetria ESR per applicazioni in campo medico e industriale Dott. Maurizio Marrale Università degli Studi di Palermo Dipartimento di Fisica e Tecnologie Relative 3 Aprile 2008 Dottorato di Ricerca in

Dettagli

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni Esperto Qualificato LNF - INFN Interazioni delle particelle indirettamente ionizzanti con la materia Le particelle indirettamente ionizzanti, principalmente

Dettagli

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg.

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg. Reazioni nucleari Un nucleo instabile può raggiungere una nuova condizione di stabilità attraverso una serie di decadimenti con emissione di particelle α, β, γ o di frammenti nucleari (fissione). Emissione

Dettagli

Cenni di fisica moderna

Cenni di fisica moderna Cenni di fisica moderna 1 fisica e salute la fisica delle radiazioni è molto utilizzata in campo medico esistono applicazioni delle radiazioni non ionizzanti nella terapia e nella diagnosi (laser per applicazioni

Dettagli

DECADIMENTO RADIOATTIVO

DECADIMENTO RADIOATTIVO DECADIMENTO RADIOATTIVO Emissione di una o più particelle da parte di un nucleo. Tutti i decadimenti (tranne il decad. γ) cambiano Z e/o N del nucleo. Radionuclidi = Nuclidi radioattivi presenti in natura:

Dettagli

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1 RADIOTERAPIA 14.01.11 M. Ruspa 1 Con il termine RADIOTERAPIA si intende l uso di radiazioni ionizzanti altamente energetiche (fotoni X o gamma, elettroni, protoni) nel trattamento dei tumori. La radiazione

Dettagli

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini 1 Un po di storia Lo studio delle radiazioni ionizzanti come materia di interesse nasce nel novembre del 1895 ad opera del fisico tedesco Wilhelm

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA Radiazioni ionizzanti Interazione di particelle cariche: range perdita di energia per ionizzazione perdita di energia per radiazione Interazione di particelle neutre: neutroni

Dettagli

Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno

Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno Prefazione Prefazione Gli studi degli effetti delle radiazioni sui tessuti tumorali animali ed umani hanno permesso di determinare i valori di dose capaci di debellare determinati tumori attraverso la

Dettagli

Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005

Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005 Dipartimento di Fisica a.a. 2003/2004 Fisica Medica 2 Radioterapia 18/4/2005 Trattamento del cancro Causa principale di morte (in Europa ed USA) Da rapporti recenti della UE: Nessun risultato dopo terapia

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA Radiazioni ionizzanti Interazione di particelle cariche: range perdita di energia per ionizzazione perdita di energia per radiazione Interazione di particelle neutre: neutroni

Dettagli

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in:

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: DIRETTAMENTE IONIZZANTI INDIRETTAMENTE IONIZZANTI Le radiazioni

Dettagli

Linear No-Threshold Hypothesis (LNT)

Linear No-Threshold Hypothesis (LNT) Il concetto di dose La Dosimetria Una delle discipline scientifiche che supporta la legge è la dosimetria, cioè la misura delle grandezze che consentono di calcolare il danno biologico dovuto all esposizione

Dettagli

CELLULE E RADIAZIONI

CELLULE E RADIAZIONI Stage H CELLULE E RADIAZIONI Tutor: Roberto Cherubini, Viviana De Nadal Relatori: Giulia Bonello, Luca Calciolari, Linda Giora, Marco Pinamonti 1 Scopo dell esperienza Studiare la sopravvivenza delle cellule

Dettagli

RADIOBIOLOGIA CELLULE, RADIAZIONI E STUDI DEGLI EFFETTI BIOLOGICI INDOTTI DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI

RADIOBIOLOGIA CELLULE, RADIAZIONI E STUDI DEGLI EFFETTI BIOLOGICI INDOTTI DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI RADIOBIOLOGIA CELLULE, RADIAZIONI E STUDI DEGLI EFFETTI BIOLOGICI INDOTTI DALLE RADIAZIONI IONIZZANTI Maria Pachera Andrea Reffo Eugenio Saletta Kawarpreet Singh Tutor: R. Cherubini, V. De Nadal LNL 26

Dettagli

L unità di misura della dose nel S.I. è il Gray

L unità di misura della dose nel S.I. è il Gray LA LA DOSE DOSE DA DA RADIAZIONE Le radiazioni (particelle, raggi gamma ) quando interagiscono con un mezzo cedono (tutta o parte) della loro energia al mezzo stesso. Si definisce allora la dose assorbita

Dettagli

LE RADIAZIONI IONIZZANTI

LE RADIAZIONI IONIZZANTI LE RADIAZIONI IONIZZANTI Generalità Le radiazioni ionizzanti sono, per definizione, onde elettromagnetiche e particelle capaci di causare, direttamente o indirettamente, la ionizzazione degli atomi e delle

Dettagli

Argomenti trattati. Argomenti trattati

Argomenti trattati. Argomenti trattati LA RADIOPROTEZIONE NELL AMBIENTE SANITARIO RADIAZIONI P.Catuzzo MASTER DI PRIMO LIVELLO PERLE FUNZIONI DI COORDINAMENTO DELLE PROFESSIONI SANITARIE Argomenti trattati Cosa sono le radiazioni Origine delle

Dettagli

SPETTROFOTOMETRIA. kcs. Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer:

SPETTROFOTOMETRIA. kcs. Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer: SPETTROFOTOMETRIA Una radiazione monocromatica, attraversando una soluzione diluita, è assorbita secondo la legge di Lambert-Beer: I= I e kcs = I e αs 0 0 I 0 : intensità incidente k : coeff. di estinzione

Dettagli

prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA

prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA prima di andare al CNAO Centro Nazionale di ADROTERAPIA ONCOLOGICA Cosa sono gli adroni? Come penetrano nel corpo? Perché si può curare un tumore con gli adroni? Cosa si sta costruendo a Pavia? Come funzionerà?

Dettagli

Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino

Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino Quanti Corpo nero: è un oggetto che assorbe tutta la radiazione senza rifletterla. Come una corda legata agli estremi può produrre onde stazionarie

Dettagli

Radioprotezione del paziente e dell'operatore : dose e dosimetria

Radioprotezione del paziente e dell'operatore : dose e dosimetria Radioprotezione del paziente e dell'operatore : dose e dosimetria Dott. Mirco Amici Esperto Qualificato U.O.C. Medicna Legale e Gestione del Rischio 12 Novembrere 2009 1 La radioprotezione ha come compito

Dettagli

Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti

Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti Generalità Lezione 24 Radiazioni Ionizzanti Con il termine radiazione si descrivono fenomeni molto diversi fra loro: Emissione di luce da una lampada Emissione di calore da una fiamma Particelle elementari

Dettagli

fenomeno livelli interni atomici legami chimici vibrazioni nm Å

fenomeno livelli interni atomici legami chimici vibrazioni nm Å Spettroscopia Misura e studio dell andamento dell intensità della radiazione elettromagnetica/corpuscolare in funzione della frequenza (energia/lunghezza d onda) della radiazione stessa Quale tipo di informazione

Dettagli

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Calibrazione di un detector a scintillazione per la rivelazione di particelle secondarie di 20-250 MeV di energia

Dettagli

Uomo, ambiente e radiazioni

Uomo, ambiente e radiazioni Uomo, ambiente e radiazioni Natura delle radiazioni 76 Le radiazioni di cui si tratta parlando di tecnologia nucleare sono le radiazioni ionizzanti Natura delle radiazioni Cosa sono le radiazioni ionizzanti?

Dettagli

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005

Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005 Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Dosimetria 14/3/2005 Radionuclidi Utilizzati come traccianti tipo di emissione, vita media, danno radiazione Elaborazione Immissione di liquido di

Dettagli

DEIS ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI

DEIS ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI Campi a basse e alte frequenze per la valutazione dei livelli di esposizione Vengono considerati in modo del tutto distinto i campi elettrici e magnetici a bassa frequenza

Dettagli

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia Unità didattica 10 Radioattività... 2 L atomo... 3 Emissione di raggi x... 4 Decadimenti nucleari. 6 Il decadimento alfa.... 7 Il decadimento beta... 8 Il decadimento gamma...... 9 Interazione dei fotoni

Dettagli

Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006. Corso di Informatica e Statistica Medica. Radioterapia

Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006. Corso di Informatica e Statistica Medica. Radioterapia Scuola di Specializzazione in Fisica Sanitaria a.a. 2005/2006 Corso di Informatica e Statistica Medica Radioterapia 22/2/2006 Trattamento del cancro Causa principale di morte (in Europa ed USA) Da rapporti

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA e DOSIMETRIA Le radiazioni nucleari Interazione tra radiazioni e materia Effetti biologici della radiazione ionizzante Dosimetria Radioattività naturale Radioprotezione Liceo

Dettagli

CAPACITA DI PENETRAZIONE DELLA RADIAZIONE PERCORSO MASSIMO (RANGE) PER PARTICELLE CARICHE E SPESSORE EMIVALENTE PER FOTONI E NEUTRONI

CAPACITA DI PENETRAZIONE DELLA RADIAZIONE PERCORSO MASSIMO (RANGE) PER PARTICELLE CARICHE E SPESSORE EMIVALENTE PER FOTONI E NEUTRONI CAPACITA DI PENETRAZIONE DELLA RADIAZIONE NELLA MATERIA: PERCORSO MASSIMO (RANGE) PER PARTICELLE CARICHE E SPESSORE EMIVALENTE PER FOTONI E NEUTRONI Polvani pp 50-57 Particelle cariche Tessuti molli considerati

Dettagli

INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA

INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA Grandezze pertinenti e relative unità di misura (S.I. o pratiche) E fotone = energia di un fotone X N = numero di fotoni X Ex = N E fotone = energia trasportata da N fotoni

Dettagli

Effetti diretti ed indiretti delle radiazioni ionizzanti

Effetti diretti ed indiretti delle radiazioni ionizzanti Effetti diretti ed indiretti delle radiazioni ionizzanti Concetti generali La probabilità dell effetto è in relazione alle caratteristiche della sostanza su cui incide la radiazione. Solo il 20% della

Dettagli

TERAPIA. Fasci esterni Fasci multipli convergenti (IMRT) Adroterapia (e metodo di distribuzione attiva) BNCT Radioterapia metabolica Brachiterapia

TERAPIA. Fasci esterni Fasci multipli convergenti (IMRT) Adroterapia (e metodo di distribuzione attiva) BNCT Radioterapia metabolica Brachiterapia TERAPIA La radioterapia prevede di distruggere le cellule tumorali mediante ionizzazione indotta dall interazione tra il tessuto biologico e la radiazione nucleare Mentre le cellule sane dispongono di

Dettagli

LA PRODUZIONE DEI RAGGI X

LA PRODUZIONE DEI RAGGI X UNIVERSITA POLITECNICA DELLE MARCHE Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia LA PRODUZIONE DEI RAGGI X A.A. 2015-2016 Tecniche di Radiodiagnostica

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Laurea Magistrale in Fisica Tesi sperimentale in Fisica Biomedica Studio degli effetti subletali indotti

Dettagli

LE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE (in medicina)

LE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE (in medicina) CLASSE DELLE LAUREE TRIENNALI DELLE PROFESSIONI SANITARIE DELLA RIABILITAZIONE LE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE (in medicina) SPETTRO ELETTROMAGNETICO RADIAZIONI TERMICHE RADIAZIONI IONIZZANTI A. A. 2014-2015

Dettagli

"Principi fisici alla base della formazione delle immagini radiologiche"

Principi fisici alla base della formazione delle immagini radiologiche Master in Verifiche di qualità in radiodiagnostica, medicina nucleare e radioterapia "Principi fisici alla base della Michele Guida Dipartimento di Fisica E. R. Caianiello e Facoltà di Ingegneria Università

Dettagli

LE GRANDEZZE FISICHE GRANDEZZE RADIOMETRICHE

LE GRANDEZZE FISICHE GRANDEZZE RADIOMETRICHE LE GRANDEZZE FISICHE GRANDEZZE RADIOMERICHE Le grandezze radiometriche sono quelle che descrivono le caratteristiche del fascio di radiazioni in un punto e in un istante. La fluenza di particelle (Numero

Dettagli

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Anno Accademico 2012-2013 Corso di Laurea in Tecniche Sanitarie di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Marta Ruspa 20.01.13 M. Ruspa 1 ONDE ELETTROMAGNETICHE

Dettagli

Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al

Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA 2012-2013 Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al progresso nei metodi di indagine sperimentale. Il corso

Dettagli

HALF VALUE LAYER = 0.693/ µ

HALF VALUE LAYER = 0.693/ µ HALF VALUE LAYER = 0.693/ µ Infatti: (1) N(HVL) = N(0) e -µhvl utilizzando la legge di attenuazione exp. Ma anche: (2) N(HFL) = N(0)/2 utilizzando la definizione di HVL Uguagliando la (1) e la (2): N(0)

Dettagli

Spettroscopia. Spettroscopia

Spettroscopia. Spettroscopia Spettroscopia Spettroscopia IR Spettroscopia NMR Spettrometria di massa 1 Spettroscopia E un insieme di tecniche che permettono di ottenere informazioni sulla struttura di una molecola attraverso l interazione

Dettagli

Fissione. E=m c 2 Δ E=Δ m c 2. m in. = 235,89 u. = 236,05 u. ΔE = 148 MeV = 2, J

Fissione. E=m c 2 Δ E=Δ m c 2. m in. = 235,89 u. = 236,05 u. ΔE = 148 MeV = 2, J Fissione E=m c 2 Δ E=Δ m c 2 m in = 236,05 u m out = 235,89 u ΔE = 148 MeV = 2,4 10-11 J Reazione e catena autosostenuta: il numero di nuovi neutroni, esclusi quelli assorbiti e quelli che escono senza

Dettagli

Le radiazioni ionizzanti e la radioprotezione

Le radiazioni ionizzanti e la radioprotezione Le radiazioni ionizzanti e la radioprotezione Radiazioni Radiazioniionizzanti ionizzanti Il termine radiazione viene abitualmente usato per descrivere fenomeni apparentemente assai diversi tra loro,

Dettagli

Produzione di un fascio di raggi x

Produzione di un fascio di raggi x Produzione di un fascio di raggi x WWW.SLIDETUBE.IT Un fascio di elettroni penetra nella materia, dando origine a: produzione di elettroni secondari (raggi delta) emissione X caratteristica bremsstrahlung

Dettagli

Neoplasie Laringee: diagnosi e trattamento Malattia recidivata/metastatica: trattamento standard

Neoplasie Laringee: diagnosi e trattamento Malattia recidivata/metastatica: trattamento standard Neoplasie Laringee: diagnosi e trattamento Malattia recidivata/metastatica: trattamento standard 22 Maggio 2015 Laura Berretta S.C. Radioterapia Recidiva dopo CT-RT: Se possibile la prima scelta è la Chirurgia

Dettagli

SIAMO TUTTI RADIOATTIVI

SIAMO TUTTI RADIOATTIVI SIAMO TUTTI RADIOATTIVI IRRAGGIAMENTI QUOTIDIANI Simona Giordanengo INFN Torino NON LE VEDIAMO MA CI SONO SEMPRE Le misuriamo, le creiamo e le usiamo COSA? PERCHE? QUANTO? QUALI? COME? CHI? DOVE? QUANDO?

Dettagli

Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica Relativa (RBE) con l esperimento FOOT

Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica Relativa (RBE) con l esperimento FOOT Alma Mater Studiorum Università di Bologna Scuola di Scienze Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea in Fisica Studio della frammentazione nucleare all interno dei modelli di Efficacia Biologica

Dettagli

Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici

Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale Ingegneria Biomedica Sviluppo di un software di raytracing fast-montecarlo su GPU per piani di trattamento adroterapici Relatore: Prof. Vincenzo Patera Correlatore:

Dettagli

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA INDICE Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA Capitolo 1 Le radiazioni ionizzanti 19 1.1 Introduzione 19 1.2 Il fondo naturale di radiazione 20 1.2.1 La radiazione

Dettagli

Il nucleare non è il diavolo. Il problema:

Il nucleare non è il diavolo. Il problema: 2005 Anno Mondiale della Fisica Il nucleare non è il diavolo Progetto di monitoraggio della radioattività ambientale nelle scuole Sezione di Torino dell INFN e Dipartimenti di Fisica dell Università di

Dettagli

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA

Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA INDICE Parte I - LE RADIAZIONI IONIZZANTI E LE GRANDEZZE FISICHE DI INTERESSE IN DOSIMETRIA Capitolo 1 Le radiazioni ionizzanti 19 1.1 Introduzione 19 1.2 Il fondo naturale di radiazione 21 1.2.1 La radiazione

Dettagli

1/9/2005 A.Di Bartolomeo Master in Verifiche di Qualità in Radiodiagnostica, Medicina Nucleare e Radioterapia.

1/9/2005 A.Di Bartolomeo Master in Verifiche di Qualità in Radiodiagnostica, Medicina Nucleare e Radioterapia. Raggi X Introduzione ai raggi X Atomi (cenni) Radiazione elettromagnetica Generazione e spettri di raggi X Circuiti per la produzione di raggi X Tubi radiogeni Interazione di raggi X con la materia Controllo

Dettagli

TECNICHE SPETTROSCOPICHE

TECNICHE SPETTROSCOPICHE TECNICHE SPETTROSCOPICHE L interazione delle radiazioni elettromagnetiche con la materia e essenzialmente un fenomeno quantico, che dipende sia dalle proprieta della radiazione sia dalla natura della materia

Dettagli

Danni somatici si manifestano direttamente a carico dell individuo irradiato. Si dividono in

Danni somatici si manifestano direttamente a carico dell individuo irradiato. Si dividono in LEZIONE 7 EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI Danni somatici si manifestano direttamente a carico dell individuo irradiato. Si dividono in A) Effetti Stocastici B) Effetti Deterministici Effetti

Dettagli

SPETTROSCOPIA UV-VIS LEZIONE 9

SPETTROSCOPIA UV-VIS LEZIONE 9 SPETTROSCOPIA UV-VIS LEZIONE 9 RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA La radiazione elettromagnetica è la propagazione nello spazio e nel tempo dell energia elettromagnetica tramite onde e corpuscoli. natura ondulatoria:

Dettagli

NUCLEO ATOMICO. Ogni nucleo è costituito da protoni e neutroni legati da forze attrattive molto intense, dette forze nucleari forti.

NUCLEO ATOMICO. Ogni nucleo è costituito da protoni e neutroni legati da forze attrattive molto intense, dette forze nucleari forti. NUCLEO TOMICO Ogni nucleo è costituito da protoni e neutroni legati da forze attrattive molto intense, dette forze nucleari forti. Massa Carica Protone p 1.67 10 27 kg 1.6 10 19 C Neutrone n 1.67 10 27

Dettagli

DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA D =!E AREA CONTROLLATA. energia assorbita nell'unità di massa

DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA D =!E AREA CONTROLLATA. energia assorbita nell'unità di massa DOSE DI RADIAZIONE IONIZZANTE PERICOLO DA RADIAZIONI IONIZZANTI DOSE ASSORBITA AREA CONTROLLATA D =!E!m energia assorbita nell'unità di massa 2 UNITA' DI MISURA dose assorbita D =!E!m dimensioni [D] =

Dettagli

La Produzione dei Raggi X

La Produzione dei Raggi X La Produzione dei Raggi X Master: Verifiche di Qualità in Radiodiagnostica, Medicina Nucleare e Radioterapia Lezione 2 Dr. Rocco Romano (Dottore di Ricerca) Facoltà di Farmacia, Università degli Studi

Dettagli

Fisica atomica. Marcello Borromeo corso di Fisica per Farmacia - Anno Accademico

Fisica atomica. Marcello Borromeo corso di Fisica per Farmacia - Anno Accademico Fisica atomica Nel 1905 Einstein sostiene che la luce viaggia in pacchetti di energia, chiamati fotoni Ogni fotone ha energia proporzionale alla propria frequenza E = hν: h = 6.626 10 34 J s è chiamata

Dettagli

Effetti radiobiologici di ioni su cellule umane: modellizzazione mediante il toolkit Geant4 della perdita di energia

Effetti radiobiologici di ioni su cellule umane: modellizzazione mediante il toolkit Geant4 della perdita di energia Università degli Studi di Napoli Federico II Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Effetti radiobiologici

Dettagli

Lezione 19 Fisica nucleare

Lezione 19 Fisica nucleare Lezione 19 Fisica nucleare Nucleo Il nucleo atomico è costituito da nucleoni (N), ovvero: protoni (p) e neutroni (n). Il numero di p è caratteristico di ogni elemento; è detto numero atomico ed è indicato

Dettagli

LEZIONE 4 INTERAZIONE DEI RAGGI X E GAMMA CON LA MATERIA

LEZIONE 4 INTERAZIONE DEI RAGGI X E GAMMA CON LA MATERIA LZION 4 INTRAZION DI RAGGI X GAMMA CON LA MATRIA I raggi X hanno generalmente energie comprese fra i 5 KeV e i 500 kev. Interagendo con la materia i raggi X (interazione primaria) producono elettroni secondari

Dettagli

TECNICHE RADIOCHIMICHE

TECNICHE RADIOCHIMICHE TECNICHE RADIOCHIMICHE L ATOMO - Un atomo e costituito da un nucleo carico positivamente, circondato da una nuvola di elettroni carichi negativamente. - I nuclei atomici sono costituiti da due particelle:

Dettagli

Radiazioni ionizzanti

Radiazioni ionizzanti Radiazioni ionizzanti Qualunque radiazione in grado di provocare fenomeni di ionizzazione. Radiazione: trasferimento di energia attraverso lo spazio. Ionizzazione: fenomeno per il quale, da un atomo stabile

Dettagli

Università degli Studi dell Aquila Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Materiali Corso di Fisica della Materia Prof. L.

Università degli Studi dell Aquila Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Materiali Corso di Fisica della Materia Prof. L. Università degli Studi dell Aquila Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Materiali Corso di Fisica della Materia Prof. L. Lozzi Testi degli esercizi svolti in aula Corpo Nero 1. Il corpo

Dettagli

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PADOVA

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PADOVA Fisica Sanitaria Interazione di raggi X con la materia (diffusione, effetto compton, fotoelettrico, produzione di coppie, fotodisintegrazione). Spessore emivalente, decivalente. Interazione delle particelle

Dettagli

Gli acceleratori e i rivelatori di particelle

Gli acceleratori e i rivelatori di particelle Gli acceleratori e i rivelatori di particelle Come studiare le proprietà dei NUCLEI? Facendoli collidere tra loro!!!! Informazioni: Dimensioni e struttura del nucleo Forze nucleari Meccanismi di reazione

Dettagli

STRUTTURA ATOMICA. Per lo studio della struttura dell atomo ci si avvale della Spettroscopia.

STRUTTURA ATOMICA. Per lo studio della struttura dell atomo ci si avvale della Spettroscopia. STRUTTURA ATOMICA Il modello planetario dell atomo secondo Rutherford si appoggia sulla meccanica classica. Il modello non può essere corretto visto che per descrivere il comportamento delle particelle

Dettagli

SCHERMATURE. Particelle cariche. Fotoni. Neutroni. (Polvani p 363 e segg)

SCHERMATURE. Particelle cariche. Fotoni. Neutroni. (Polvani p 363 e segg) SCHERMATURE Particelle cariche Fotoni Neutroni (Polvani p 363 e segg) PARTICELLE CARICHE PARTICELLE CARICHE Perdita di energia praticamente continua per collisioni: si puo definire una profondita di penetrazione

Dettagli

Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica

Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica Guido Montagna Dipartimento di Fisica, Università di Pavia & INFN, Sezione di Pavia February 8, 2018 G. Montagna, Università di Pavia & INFN (Dipartimento

Dettagli

LIVELLI di ORGANIZZAZIONE BIOLOGICA

LIVELLI di ORGANIZZAZIONE BIOLOGICA LIVELLI di ORGANIZZAZIONE BIOLOGICA ATOMO 1) Unità fondamentale della MATERIA, cioè di tutto ciò che ha una MASSA e occupa un VOLUME. 2) È presente si anella materia VIVENTE sia in quella NON VIVENTE.

Dettagli

L energia assorbita dall atomo durante l urto iniziale è la stessa del fotone che sarebbe emesso nel passaggio inverso, e quindi vale: m

L energia assorbita dall atomo durante l urto iniziale è la stessa del fotone che sarebbe emesso nel passaggio inverso, e quindi vale: m QUESITI 1 Quesito Nell esperimento di Rutherford, una sottile lamina d oro fu bombardata con particelle alfa (positive) emesse da una sorgente radioattiva. Secondo il modello atomico di Thompson le particelle

Dettagli

Decadimento a. E tipico dei radioisotopi con Z > 82 (Pb), nei quali il rapporto tra il numero dei neutroni e quello dei protoni è troppo basso.

Decadimento a. E tipico dei radioisotopi con Z > 82 (Pb), nei quali il rapporto tra il numero dei neutroni e quello dei protoni è troppo basso. Decadimento a Nel decadimento vengono emesse particelle formate da 2 protoni e 2 neutroni ( = nuclei di 4He) aventi velocità molto elevate (5-7% della velocità della luce) E tipico dei radioisotopi con

Dettagli

background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi?

background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi? background: è quello di sviluppo di rivelatori per fisica delle alte energie. Come applicare queste competenze a settori diversi? progetti: come risposta ad esigenze avanzate dagli utenti (medici e fisici

Dettagli

Radiobiologia. -Presentazione del Corso - Introduzione alla Radiobiologia cellulare - Radiobiologia in Adroterapia e Radioterapia con fotoni

Radiobiologia. -Presentazione del Corso - Introduzione alla Radiobiologia cellulare - Radiobiologia in Adroterapia e Radioterapia con fotoni Radiobiologia -Presentazione del Corso - Introduzione alla Radiobiologia cellulare - Radiobiologia in Adroterapia e Radioterapia con fotoni D. Bettega 11/01/2018 1 Radiobiologia Introduzione Radiobiologia

Dettagli

Insorgenza precoce della senescenza cellulare in cellule endoteliali umane esposte a radiazioni ionizzanti di varia qualità.

Insorgenza precoce della senescenza cellulare in cellule endoteliali umane esposte a radiazioni ionizzanti di varia qualità. Insorgenza precoce della senescenza cellulare in cellule endoteliali umane esposte a radiazioni ionizzanti di varia qualità. L. Manti, M. Durante, G. Gialanella, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli Dipartimento

Dettagli

Effetti statistici (o stocastici)

Effetti statistici (o stocastici) Effetti statistici (o stocastici) Effetti statistici o stocastici Sono quelli per i quali la valutazione della correlazione tra dose fisica ed effetto può essere effettuata solo con mezzi statistici (stima

Dettagli

Il Progetto Treatment Planning System (TPS) (2011: anno 2.5)

Il Progetto Treatment Planning System (TPS) (2011: anno 2.5) Il Progetto Treatment Planning System (TPS) (2011: anno 2.5) In parte finanziato e controllato anche dal Progetto Strategico INFN-MED Progetto di collaborazione industriale con IBA in seguito ad accordo

Dettagli

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA Università degli Studi di Cagliari Servizio di Fisica Sanitaria e Radioprotezione 1 NOTAZIONE CHIMICA Tutti gli elementi sono caratterizzati dal numero di protoni

Dettagli

SPETTROMETRIA GAMMA SPETTROMETRIA GAMMA

SPETTROMETRIA GAMMA SPETTROMETRIA GAMMA La spettrometria gamma è un metodo di analisi che consente la determinazione qualitativa e quantitativa dei radionuclidi gamma-emettitori presenti in un campione di interesse. Il successo di questo metodo

Dettagli

Radiazione: propagazione di energia senza che vi sia né. Radiazioni ionizzanti radiazioni che hanno energia sufficiente per produrre la ionizzazione.

Radiazione: propagazione di energia senza che vi sia né. Radiazioni ionizzanti radiazioni che hanno energia sufficiente per produrre la ionizzazione. Radiazioni Radiazione: propagazione di energia senza che vi sia né trasporto di quantità macroscopiche di materia, né necessità di un substrato materiale per la propagazione. L energia viene ceduta quando

Dettagli

SECONDA LEZIONE: interazione della radiazione con la materia misure sperimentali e loro statistica. Stati di aggregazione della materia

SECONDA LEZIONE: interazione della radiazione con la materia misure sperimentali e loro statistica. Stati di aggregazione della materia SECONDA LEZIONE: interazione della radiazione con la materia misure sperimentali e loro statistica Stati di aggregazione della materia Stati o fasi della materia: Gas Liquido Solido ------------------------------

Dettagli

La Radioprotezione Radiazioni Ionizzanti rischi e sistemi di protezione

La Radioprotezione Radiazioni Ionizzanti rischi e sistemi di protezione La Radioprotezione Radiazioni Ionizzanti rischi e sistemi di protezione Corso di formazione generale CR-Trisaia, sede di Brindisi Dott. Roberto Falcone GSP4 ION IRP Casaccia Argomenti trattati Cosa sono

Dettagli

L ATOMO SECONDO LA MECCANICA ONDULATORIA IL DUALISMO ONDA-PARTICELLA. (Plank Einstein)

L ATOMO SECONDO LA MECCANICA ONDULATORIA IL DUALISMO ONDA-PARTICELLA. (Plank Einstein) L ATOMO SECONDO LA MECCANICA ONDULATORIA IL DUALISMO ONDA-PARTICELLA POSTULATO DI DE BROGLIÈ Se alla luce, che è un fenomeno ondulatorio, sono associate anche le caratteristiche corpuscolari della materia

Dettagli

di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace

di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace Un piano di trattamento per fasci di ioni carbonio: ottimizzazione della dose efficace 1,2, A.Ansarinejad 1,2, A.Attili 1, F.Bourhaleb 2, R.Cirio 1,2, M.Donetti 3, A.Garella 1, N.Givehchi 1,2, S.Giordanengo

Dettagli

Risultato: ELABORAZIONE della MECCANICA QUANTISTICA e sua applicazione sistematica ai nuovi fenomeni

Risultato: ELABORAZIONE della MECCANICA QUANTISTICA e sua applicazione sistematica ai nuovi fenomeni Tra la fine del XIX e inizio del XX secolo una serie di fenomeni non trovano interpretazione adeguata, basata su fisica classica (meccanica, elettromagnetismo, ottica e termodinamica) Essi risultarono

Dettagli

Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA

Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA Corso di Master Universitario di I livello in VERIFICHE DI QUALITA IN RADIODIAGNOSTICA, MEDICINA NUCLEARE E RADIOTERAPIA Esame relativo al corso Tecnologie e tecniche di imaging radiodiagnostica Nome:

Dettagli

Eziologia: Studia le cause specifiche, iniziali o successive, che determinano un alterazione dei meccanismi omeostatici.

Eziologia: Studia le cause specifiche, iniziali o successive, che determinano un alterazione dei meccanismi omeostatici. La Patologia Generale è la scienza che studia il Perché (eziologia) e il Come (patogenesi) viene alterato lo stato di salute che rappresenta la condizione di normalità dell organismo. Eziologia: Studia

Dettagli

Radiazioni ionizzanti

Radiazioni ionizzanti Dipartimento di Fisica a.a. 2004/2005 Fisica Medica 2 Radiazioni ionizzanti 11/3/2005 Struttura atomica Atomo Nucleo Protone 10 10 m 10 14 m 10 15 m ev MeV GeV 3 3,0 0,3 0 0 0 Atomo Dimensioni lineari

Dettagli

La misura della radioattivita γ lezione 2. Cristiana Peroni Corsi di LS in Scienze Biomolecolari Universita di Torino Anno accademico

La misura della radioattivita γ lezione 2. Cristiana Peroni Corsi di LS in Scienze Biomolecolari Universita di Torino Anno accademico La misura della radioattivita γ lezione 2 Cristiana Peroni Corsi di LS in Scienze Biomolecolari Universita di Torino Anno accademico 2008-2009 1 Misura della radiazione ionizzante Grandezza fondamentale

Dettagli