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Transcript:

Siamo tutti cultural prosumers! La partecipazione del visitatore dal laboratorio all User-Generated Content di Irene Popoli La tecnologia, nei vari settori in cui si è sviluppata, ed i prodotti di consumo che essa ha generato nel tempo, sono entrati poco a poco nella nostra quotidianità fino a diventare un elemento familiare e, spesso, imprescindibile per la maggior parte delle persone. Tuttavia, negli ultimi anni, e soprattutto nell ultimo quinquennio, il rapporto con gli strumenti tecnologici si è andato modificando in modo sostanziale. Da un approccio passivo, in cui la persona utilizzava, per quanto gli consentissero le sue nozioni, il servizio offerto dall oggetto tecnologico e da esso si aspettava null altro che essere uguale a tutti gli altri oggetti (in questo senso la spinta consumistica ed omologante della società è stata determinante non solo dal punto di vista delle scelte produttive industriali ma anche nella definizione di gusti e costumi sociali), ad un approccio, quello cosiddetto 2.0, in cui ogni individuo oggi si aspetta che il prodotto tecnologico venga incontro alle sue esigenze e possa essere modificato, costumizzato, adattato per diventare unico e speciale. Questo ha portato ad un aumento della richiesta di affermazione personale e di partecipazione degli individui non solo nell ambito reale quotidiano ma anche nella sua versione virtuale, ovvero, su blog, forum e ultimamente, siti di social network. Il fenomeno dei social media, infatti, è nato dall esigenza di entrare in contatto con altri utenti ma, soprattutto, di comunicare in prima persona i propri gusti, preferenze, attività, desideri, conoscenze, il tutto con meno filtri ed intermediari possibili. Questa nuova condizione di utilizzo di internet ha avuto immediate ripercussioni sul marketing e sui consumi: molte persone hanno iniziato a basare le proprie scelte di acquisto e fruizione sulla base delle opinioni di altri utenti piuttosto che sulla comunicazione mediata

dalle aziende. Questo ha portato ad un livello di democratizzazione e consapevolezza del consumatore del tutto inedito nel mondo occidentale 1. Il fulcro del fenomeno del web 2.0 quindi è questo: la partecipazione in prima persona e la rete di conoscenze e relazioni che si creano restando attivi su internet sta progressivamente modificando il modo in cui le persone ripensano non soltanto gli oggetti ed i servizi offerti, ma soprattutto le aziende e le istituzioni che li forniscono 2. È facile intuire, quindi, come il mondo culturale e il settore dei musei non si possano dire esclusi da questo progressivo cambiamento, ma che anzi, forse più di altri, abbiano la possibilità di trarne vantaggi e minimizzarne gli effetti negativi. Il tutto a patto che, all interno delle istituzioni stesse, ci sia la disponibilità a comprendere e sfruttare l occasione offerta dal web 2.0. In particolare, tra i vari elementi che caratterizzano questo fenomeno, uno di quelli che risulta più interessante ed appetibile per i musei è la nascita e la crescita dei cosiddetti prosumers. Si tratta, secondo Wikipedia, di utenti che, svincolandosi dal classico ruolo passivo, assumono un ruolo più attivo nel processo che coinvolge le fasi di creazione, produzione, distribuzione, consumo 3. In sostanza, quindi, si tratta di produttori-consumatori che, stimolati alla partecipazione dall usabilità ed accessibilità offerte dalla rete, hanno iniziato ad affiancare al loro ruolo di costumers anche quello di autori e creatori di prodotti. Questo progressivo interesse per una partecipazione attiva anche nella fase produttiva dei beni e servizi generalmente offerti dalle aziende si è sviluppato, in forma più complessa e significativa, nel cosiddetto crowdsourcing, ovvero nell assegnazione, da parte di un azienda, di un ruolo all interno del processo produttivo non più a partner esterni (outsourcing) ma a un gruppo di persone facenti parte del pubblico di consumatori (crowd) 4. Questo è avvenuto soprattutto da parte di quelle imprese che hanno compreso come il coinvolgimento dei propri consumatori anche nelle fasi a monte del processo di vendita, permettesse di ottenere il doppio beneficio di migliorare ed adattare un prodotto in base alle esigenze degli acquirenti (garantendosi, in questo modo, un aumento dei volumi di vendita) e, nel contempo, di fidelizzare i consumatori esistenti ed attrarre nuovi costumers inclini ad acquistare un prodotto testato e sviluppato dal basso. Tuttavia, i social media e l utilizzo del web 2.0 hanno sviluppato ulteriori forme di partecipazione. Una particolarmente interessante per le istituzioni culturali è quella legata alla produzione di User-Generated Content. 1 2 3 4 Se interessati ad approfondire l argomento secondo cui i mercati sono conversazioni, si veda tra l altro Levine R., Locke C., Searls D., Weinberger D., Cluetrain Manifesto e le sue 95 tesi, varie edizioni reperibili su amazon.com o direttamente su www.cluetrain.com. Su questo si veda nello specifico l articolo di Alessandro Bollo Surfing and walking. I musei e le sfide del 2.0, Fizz, settembre 2010 http://it.wikipedia.org/wiki/prosumer Per studiare meglio il fenomeno si legga l articolo di Annalisa Baiocco, Crowdsourcing, Quando è la folla a generare valore per l impresa, Fizz, gennaio 2011

Il termine inglese vuole indicare l enorme varietà di prodotti e contenuti che vengono generati non dalle aziende e dai fornitori di servizi ma dagli user, dai consumatori, dai fruitori dei beni stessi. Per quanto riguarda il settore culturale e museale, le iniziative legate all utilizzo dell UGC come strumento di coinvolgimento e partecipazione del visitatore sono a tutt oggi molto frammentarie e legate perlopiù alla lungimiranza dei development managers e dei responsabili servizi educativi dei musei e dei centri culturali. Esistono, infatti, alcuni esempi significativi che meritano di venire segnalati per il loro valore non solo in termini di comunicazione tout court ma anche di ottimizzazione di investimenti di risorse limitate a fronte di ottimi riscontri tra i frequentatori abituali (la comunità locale) e, viceversa, tra gli utenti distanti geograficamente ma interessati a partecipare tramite gli strumenti online. Un caso interessante è quello del sito internet di Tate dedicato ai bambini (www.kids.tate.org.uk) 5 ed, in particolare, del Tate Movie Project (www.tatemovie.co.uk). Si tratta di un iniziativa promossa dal museo per avvicinare, in modo concreto e ludico, le fasce di visitatori più piccoli attraverso il loro coinvolgimento nella realizzazione di un film di animazione: con l organizzazione di workshops in tutta la Gran Bretagna è stato possibile raccogliere disegni ed idee da oltre 5.000 bambini tra i 5 ed i 13 anni, oltre a lasciare la possibilità di caricare le proprie proposte anche per via digitale tramite il sito dedicato, vero e proprio studio cinematografico virtuale e piattaforma unica dell intero progetto (il software di creazione immagini è veramente facile ed intuitivo). È importante, infatti, precisare che il progetto rappresenta un ottimo esempio di come web ed esperienze reali sul campo si possano integrare e supportare a vicenda in modo proficuo. Il sito, inoltre, previa registrazione, funge da base per una community molto attiva dove messaggi e commenti vengono mandati in tempo reale sulla pagina dedicata. L intera struttura del sito è accattivante e di facile fruizione, ma, nel contempo, non manca di contenuti, dimostrando così che, al di là dell iniziativa promozionale, i risultati in termini di partecipazione da parte della fascia di utenti più giovani (oggi chiamati anche nativi digitali 6 per la loro familiarità con le tecnologie) sono stati molto positivi in quanto lo strumento scelto si è dimostrato vincente. Sotto il profilo strategico, infatti, l iniziativa ha avuto risultati positivi per quanto riguarda la scelta del target di pubblico da coinvolgere e, nello stesso tempo, per la capacità di sfruttare gli strumenti social per perseguire le finalità divulgative ed educative del museo: una vera e propria win-win strategy! Restando sempre a Londra, è possibile trovare un altro esempio di come un museo possa sfruttare i contenuti prodotti direttamente dagli utenti o, in ogni caso, messi a disposizione 5 6 Il sito, oltre all iniziativa qui descritta, permette di caricare le immagini d arte degli utenti, mantenendo alto il livello di attenzione verso la partecipazione diretta dei bambini e cercando di sfruttare la relazione istaurata con gli stessi anche nel lungo periodo, attraverso la proposta di iniziative in loco e proposte di visita tradizionali. Si veda Daily Wired, 16 novembre 2010, http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-inativi-digitali.html

dagli stessi: si tratta dell iniziativa promossa dal Victoria & Albert Museum chiamata Wedding fashion 7. In questo caso il Museo ha deciso di chiedere un aiuto sostanziale agli utenti, invitandoli a contribuire alla realizzazione di una database di immagini di matrimoni, nella prospettiva di una mostra temporanea dedicata ai vestiti da sposa e prevista per il 2013. In questo caso, la partecipazione da parte dell utente non riguarda la realizzazione pratica di nuovi contenuti creati ad hoc per l iniziativa, quanto piuttosto il contributo individuale attraverso la donazione di un proprio bene ricordo personale attraverso l upload delle immagini sul sito. A giudicare dalla quantità di immagini finora caricate (oltre 1000 foto), a due anni dall apertura effettiva della mostra, è possibile intuire come gli utenti del sito e/o del museo abbiano trovato la proposta interessante, aderendo in massa con entusiasmo. Da parte del visitatore/prosumer, quindi, l iniziativa rappresenta un occasione per musealizzare un ricordo personale e, nel contempo, per sentirsi parte di un iniziativa collettiva sotto l egida istituzionale di un museo amato e famoso come il V&A. Per quanto riguarda il museo, invece, l esperienza Wedding Fashion rappresenta nel contempo, uno strumento comunicativo-promozionale non convenzionale per la futura mostra temporanea e un modo di fare crowdsourcing nella definizione del percorso di visita a corredo degli oggetti da esporre. Il V&A Museum ha avviato già da qualche anno un programma di iniziative destinate alla condivisione ed alla partecipazione del pubblico, in alcuni casi legate a mostre temporanee (Westwood: Viviane & you, Kylie: your say, Your Che), in altri destinati alla realizzazione di databases tematici (My East End Childhood, Share Your Pockets, Your Sixties Memories, Your Elegant Dress), o ancora come stimolo diretto alla condivisione ed alla partecipazione da parte dei visitatori effettivi del museo (Every object tells a story, Visitors choices, Your first visit at V&A). Dai due esempi riportati è quindi evidente come le opportunità intrinseche all utilizzo dell User-Generated Content siano molte e, se utilizzate in modo strategico ed integrato, di impatto non solo immediato in termini di brand awareness e di fidelizzazione dei visitatori. Indipendentemente dal soggetto trattato o dal livello di partecipazione richiesta agli utenti, tuttavia, è importante sottolineare l importanza di una buona gestione dell iniziativa stessa. Il visitatore/consumatore, infatti, è sempre più incline a partecipare alle attività proposte (soprattutto se prevedono una componente virtuale e social), ma sarà molto attento a verificare il valore delle stesse. Sempre meno utenti si fanno abbindolare da mini-websites ed attività meramente promozionali ed, anzi, restano negativamente impressionati da un atteggiamento superficiale da parte dell istituzione culturale. Questo significa che, in fase di project management, è importante mettere in conto un attività di follow-up costante e prolungata, che faccia percepire davvero al prosumer (ma anche a chi non ha partecipato ma è informato dell iniziativa) che il suo contributo è stato apprezzato. Nel momento il cui viene richiesta una partecipazione personale e, almeno in parte, un atto di fiducia dato dal contributo offerto, è quindi importante che questo sia riconosciuto e meritato da parte del museo. Si tratta, tra le altre cose, in modo anche solo marginale, di 7 http://www.vam.ac.uk/things-to-do/wedding-fashion/home

una forma non convenzionale di fidelizzazione che, se utilizzata con metodo, può avere ripercussioni positive anche nelle attività di fundraising e membership. Le istituzioni culturali, grazie anche agli strumenti del web 2.0 e dei social media, possono quindi allargare e diversificare le proprie attività, affiancando alle forme partecipative tradizionali (laboratori, visite guidate, workshops, convegni) anche altre soluzioni meno statiche ed estemporanee per il coinvolgimento di un pubblico qualificato, già interessato al museo, entusiasta nell essere soggetto attivo, co-costruttore di contenuti e che per questo deve diventare un target primario per l istituzione. I musei e le organizzazioni culturali, quindi, dispongono di nuove opportunità che si sono affacciate già da qualche anno nel panorama della strategia e del marketing e il cui utilizzo integrato, intelligente e organizzato potrà anche fare la differenza in un mercato competitivo come sta diventando quello della cultura.