La depressione: sintomi e cura



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La depressione: sintomi e cura a cura di Cinzia Gatti La fine di un amore, la morte di una persona cara, la perdita del lavoro possono suscitare sentimenti di tristezza e desolazione, far nascere sensi di colpa e rimpianto, far diminuire l'interesse per la vita. Nella depressione questi sentimenti assumono estrema intensità ed il mondo stesso appare radicalmente mutare, sino a far sperimentare una alterazione della percezione del tempo e dello spazio. Il presente cessa di esistere, eroso da un futuro già determinato e da un passato incombente, poichè il rimpianto e il senso di colpa giungono a invadere tutto il campo psichico; lo spazio è ridotto al solo spazio che si occupa e il desiderio di muoversi altrove è totalmente smarrito, sino a non riuscire ad uscire dal proprio stesso letto La vita appare come gelata, priva di parole che possano raccontare quanto sta accadendo.

I sintomi della depressione Nel DSM IV la depressione rientra tra i disturbi dell'umore. Il singolo episodio depressivo è considerato diagnosticabile in presenza di 5 o più dei seguenti sintomi presenti per un periodo di tempo non inferiore a 2 settimane: Umore depresso, osservabile sia da se stessi che dagli altri, che dura per tutto il giorno o quasi. Marcata perdita di interesse o di piacere in tutte o quasi tutte le attività, per la maggior parte del giorno. Attività che generalmente susciterebbero piacere o interesse, come il gioco o la sessualità, non riescono ad attivare la persona. Significativa perdita di peso o aumento di peso. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno Agitazione o rallentamento psicomotorio ben osservabile da altri. Questo criterio non è soddisfatto quando il rallentamento motorio è avvertito solo soggettivamente. Perdita di energia o stanchezza, in assenza di compiti che giustifichino tale stato. Sentimenti di mancanza di valore o di colpa eccessiva. Diminuita capacità di riflettere e concentrarsi. Pensieri ricorrenti di morte: non solo paura di morire, bensì ricorrenti ideazioni di suicidio senza un piano specifico o tentativi di suicidio o piani specifici di suicidio. Questi sintomi devono giungere a compromettere in maniera significativa la vita sociale, lavorativa e le relazioni interpersonali. Le teorie psicoanalitiche sulla depressione Gli psicoanalisti ritengono che per guarire dalla depressione sia necessario comprendere cosa la provoca, piuttosto che limitarsi a considerare i sintomi.

Bibring per esempio ritiene che la depressione sia causata dalla discrepanza tra ideali straordinariamente elevati ed esigenti, solitamente mutuati dalla famiglia, e la realtà della propria situazione. Mahler rintraccia nella storia delle persone depresse una forte colpevolizzazione, in particolare da parte della madre, di ogni tentativo di autonomia. Diventare un individuo separato sembrava infatti in qualche modo implicare l'uccisione del genitore stesso. Silvano Areti ha osservato come molte persone depresse abbiano trascorso la loro esistenza per qualcun altro invece che per loro stessi. Questo altro può essere anche un principio o un ideale, non necessariamente una persona. Secondo Areti la depressione inizia quando i pazienti si rendono conto che la persona o l'ideale per cui hanno vissuto non risponderà mai in modo tale da soddisfare le loro attese. Kohut ritiene che all'individuo depresso sia mancata la possibilità di essere ammirato, idealizzato, visto o supportato dalle figure genitoriali, dando così origine ad una perdita di autostima. Fare una psicoterapia del profondo con la depressione significa quindi elaborare i punti più critici della personalità depressa. Ascoltare la depressione: onnipotenza e dipendenza. Carl Gustav Jung era solito dire che la depressione è una signora vestita di nero che bisogna far sedere alla propria tavola ed ascoltare. Onnipotenza e dipendenza sembrano in particolare giocare un ruolo essenziale nella genesi della depressione. L'onnipotenza è il rovescio della medaglia dei pesantissimi sensi di colpa che torturano il depresso, come se questi fosse responsabile anche di eventi che sfuggono totalmente al suo controllo La persona cara è morta perchè non si è fatto abbastanza per salvarla o la ditta ha fallito perchè non si è lavorato quanto era necessario, indipendentemente dalla fatalità e dalla ineluttabilità della morte o da meccanismi economici che eccedono di gran lunga gli sforzi del singolo lavoratore. La dipendenza è anch'essa parte integrante della personalità depressa.

Le perdite non vengono superate, non solo per l'onnipotenza e il conseguente senso di colpa, ma anche perché non si riesce ad andare oltre. Il punto è che ci si può autenticamente separare solo nel momento in cui si viene riconosciuti come soggetto, e spesso le relazioni della persona dipendente sono caratterizzate proprio dalla noncuranza emotiva dell altro. La cura della depressione Come uscire da una tale situazione? Jung ritiene che il sogno esprima, con il suo linguaggio immaginale e metaforico, un suo punto di vista sulla situazione psichica del sognatore. La prospettiva che manifesta il sogno è compensatoria rispetto alla coscienza: il sogno allarga lo sguardo e restituisce al sognatore un'altra immagine di sé, lo pone dinanzi ai suoi limiti, alle sue illusioni, ai suoi istinti rimossi, a ciò che generalmente viene trascurato di sé e degli altri. Il sogno ci mostra la nostra Ombra, quanto non sappiamo e vogliamo vedere in noi.

Nel caso della persona depressa, i sogni aiutano a vedere la rabbia latente, l'aggressività sepolta verso tutte quelle persone e situazioni che non hanno fornito il calore emotivo necessario per crescere, che non si sono prese cura. A tal proposito è interessante notare come nelle persone depresse, accanto ai paesaggi gelati e desertificati che descrivono la loro situazione psichica, compaiono con una certa ricorrenza sogni di animali che lottano per il territorio e che rispondono istintivamente ad una situazione di difficoltà. I sogni consentono di riprendere il contatto con emozioni che, per quanto disturbanti, aiutano ai lottare per la propria autonomia: la rabbia può trasformarsi nella assertività necessaria a prendersi spazi psichici dove poter affermare se stessi. A cura della dott.ssa Cinzia Gatti, psicologa Piazza Vittorio Veneto, 14 10123 Torino www.cinziagattipsicologatorino.it