Le elezioni nel Regno Unito

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Opinion Le elezioni nel Regno Unito Una questione di Leadership Paolo Gentili Action Institute 27 Giugno 2017

Action Institute è un Action Tank indipendente ed apolitico che vuole catalizzare le migliori energie intellettuali del Paese in un impegno civico a beneficio delle Istituzioni e della Società. Action Institute è costituito da un gruppo di professionisti che si sono distinti nel proprio campo di appartenenza e che lavorano a titolo puramente personale e pro bono per fare proposte attuali, pratiche e d'impatto che permettano di rilanciare la competitività del Sistema Italia. Action Institute vuole aggregare persone di massima integrità e motivate da una forte passione civica provenienti dal mondo delle professioni, dell'industria, della finanza, dell'imprenditoria, della consulenza, dell'accademia, della pubblica amministrazione, della magistratura, della cultura, della scienza e dei media. 2 www.actioninstitute.org

Le elezioni nel Regno Unito: una questione di leadership Le elezioni nel Regno Unito dello scorso 8 giugno possono essere considerate la terza grande sorpresa alle urne negli ultimi dodici mesi, accanto al referendum sulla Brexit e all elezione di Donald Trump. La sorpresa è ancora una volta dovuta al consenso quasi totale che si era consolidato fra i sondaggisti, poi dimostratosi infondato. In questo caso, sul fatto che i Conservatori avrebbero aumentato di almeno una ventina i loro seggi in parlamento, dai 331 nelle elezioni del 2015. Non a caso, proprio tale certezza di una grande vittoria aveva suggerito al primo ministro Theresa May di cercare elezioni anticipate, con la finalità di garantirsi maggior sostegno parlamentare durante le negoziazioni sull uscita del Regno Unito dall Unione Europea. Al contrario, sebbene i Conservatori mantengano un numero di seggi superiore a qualsiasi altro partito, 318 su 650, essi si trovano in mancanza di una maggioranza assoluta, pur tenendo conto del fatto che i sette deputati del Sinn Féin non partecipano mai alle sessioni parlamentari, abbassando la soglia della maggioranza da 326 a 322 seggi; ciò ha costretto il primo ministro a forgiare un accordo con gli unionisti nordirlandesi del DUP, che sono ora rappresentati da dieci deputati. I Laburisti, i quali all inizio della campagna elettorale venivano dati in svantaggio di oltre venti punti percentuali, hanno ottenuto appena il 2% dei voti in meno dei Conservatori (40% contro 42%) e hanno guadagnato trenta deputati (per complessivi 262). Questo esito almeno apparentemente si mostra molto diverso dagli altri due menzionati in precedenza, in cui si è detto da più parti le cause sovraniste, isolazioniste, populiste, sposate da partiti di destra (Trump e la sua scalata al partito repubblicano in America e il sostegno alla Brexit di una parte rilevante del partito conservatore nel Regno Unito), hanno conquistato il voto di elettori tradizionalmente di sinistra esasperati dai cambiamenti sociali in atto e da certi impatti di globalizzazione e immigrazione. Tale considerazione però può essere accolta solo in parte. Da un lato sembra vero che i temi caldi della Brexit, in particolare l immigrazione, non siano stati i protagonisti assoluti in questa campagna elettorale, la quale ha visto piuttosto in risalto 3 www.actioninstitute.org

aspetti di politica interna quali sanità, istruzione, welfare state; dall altro va rilevato che, nelle aree in cui l anno scorso si ebbe un più rilevante voto Leave da parte di elettori laburisti, i Conservatori hanno effettivamente guadagnato voti (tuttavia, essi ne hanno persi laddove il voto Remain prevalse). Inoltre, secondo gli exit polls, il voto ottenuto dallo UKIP nel 2015 (oltre il 12%), svuotato oggi dal raggiungimento dell unico vero obiettivo di quel partito, ossia il referendum sulla Brexit, si è spostato in larga parte verso i Conservatori (57%) e solo in misura ridotta verso i Laburisti (18%), proprio come era prevedibile accadesse. La verità su queste elezioni quindi non va probabilmente ricercata in un cambiamento negli umori profondi del Paese, o in uno sgonfiamento dell onda lunga iniziata dal referendum dello scorso anno. Piuttosto, si è osservata l inaspettata capacità di Jeremy Corbyn, il leader laburista, di coinvolgere l elettorato e sempre secondo gli exit polls di attrarre votanti in simile misura da un ampia varietà di fonti (Conservatori, LibDem, UKIP, Verdi). In Corbyn si ritrovano quel complesso di carisma, empatia e spontaneità che negli Stati Uniti hanno favorito il grande seguito di Donald Trump e di Bernie Sanders; con quest ultimo Corbyn è affine non solo nel messaggio radicale di un socialismo senza compromessi con l esperienza degli anni Ottanta, ma anche nell abilità a mobilitare gli elettori giovani, la cui affluenza alle urne è stata alta (al 57%, il 14% in più rispetto al 2015). Molto significativi a questo proposito sono i dati che rivelano come, mentre gli anziani di oltre 65 anni hanno favorito i Conservatori del 35% rispetto alla media dell elettorato, i giovani da 18 a 24 anni hanno favorito i Laburisti del 51% rispetto alla media. Anche grazie al voto dei giovani, che sono numerosi nella capitale britannica, oltre al fattore Brexit, i Laburisti hanno ottenuto un risultato eccelso a Londra, conquistando perfino bastioni conservatori come il seggio di Kensington, ove partivano con lo svantaggio di oltre il 20% delle elezioni del 2015. Sull altro fronte, Theresa May, senz altro priva delle capacità relazionali del suo avversario, ha in un certo modo ripetuto diversi degli errori di Hillary Clinton, non da ultimo nella inadeguatezza a generare entusiasmo e coinvolgimento nei propri elettori; ha condotto una campagna elettorale supponente, anzitutto per avere richiesto sondaggi alla mano un elezione anticipata che aveva precedentemente indicato di non volere, poi per aver evitato unica tra i leader dei vari partiti il dibattito televisivo, infine per non avere comunicato un messaggio ottimistico al Paese, concentrandosi piuttosto sulla stabilità e sull affidabilità della propria azione politica. 4 www.actioninstitute.org

In tale senso, dunque, il trend che favorisce candidati anti-establishment può dirsi riaffermato in una fase storica dove gli homines novi (estranei cioè ai circoli consolidati del potere politico) ottengono grandi consensi, quasi a prescindere dall orientamento ideologico: Trump (e Sanders) in America, Macron (e Marine Le Pen) in Francia, Corbyn nel Regno Unito. Non è chiaro, invece, quale sia il peso da attribuire ai contenuti della campagna elettorale. Il buon risultato ottenuto da Corbyn ha sconvolto in primis il suo stesso partito, giacché egli era inviso alla gran parte dei propri deputati, i quali ritenevano il suo manifesto il più di sinistra dal 1983 (anno della debacle di Michael Foot) anacronistico e atto a fare sprofondare i Laburisti nell insignificanza parlamentare. Nel manifesto si prevedeva un massiccio aumento della spesa pubblica, finanziato da un altrettanto rilevante incremento della tassazione, sia individuale che aziendale, nuove regolamentazioni e rigidità sul lavoro, persino la rinazionalizzazione di poste, ferrovie e aziende che gestiscono l acqua. Poiché è arduo pensare che il Regno Unito si sia all improvviso scoperto Paese socialista, si reputa probabile che almeno una porzione dei voti laburisti siano stati ottenuti nonostante la radicalità del manifesto e grazie alla comunicatività e alla trasparenza del leader. Non si può nemmeno negare però la capacità di tale programma di attrarre persone di basso reddito abitualmente disinteressate alla politica; emblematico è ancora il caso di Kensington, già precedentemente citato, seggio londinese conquistato dai Laburisti, ma tradizionalmente feudo conservatore, in cui vi è una forte eterogeneità economico-sociale: il reddito medio è di 123.000 sterline, mentre quello mediano è di appena 32.700 sterline, con aree quali North Kensington caratterizzate da tassi di povertà infantile superiori al 30%, in cui certamente l entusiasmo redistributivo di Corbyn ha suscitato un nuovo interesse a recarsi alle urne. D altra parte ci si domanda se le azioni politiche promesse dal programma dei Conservatori ne abbiano causato un emorragia di voti, come sostenuto da diversi commentatori. Ci si riferisce in particolare a due proposte: l abolizione, per i pensionati più abbienti, del contributo esentasse di 300 sterline alle spese di riscaldamento e la cd. dementia tax, secondo cui si prevedeva che il supporto pubblico alle cure degli anziani avesse luogo soltanto qualora il patrimonio dell anziano, inclusa la sua prima casa, fosse inferiore alle 100.000 sterline, mentre al momento la soglia è 23.250 sterline ma, se l anziano riceve le cure nella propria abitazione, da tale ammontare si esclude il valore dell immobile. Come abbiamo visto, tuttavia, il sostegno 5 www.actioninstitute.org

dell elettorato anziano ai Conservatori è stato molto incisivo e anche l affluenza alle urne di tale categoria è paragonabile a quella del 2015 (intorno all 80%). Le critiche al programma conservatore dovrebbero piuttosto riferirsi al fatto che non si tratta di un vero programma conservatore, ma di un manifesto tiepido (al contrario di quello laburista), difficilmente in grado di mobilitare la base, volto a rincorrere come abbiamo visto senza successo il voto degli elettori laburisti da terza via, date la scarsa attenzione posta verso il deficit di bilancio e proposte quali l aumento del salario minimo, la costruzione di una nuova generazione di case popolari (con incerte fonti di finanziamento) e la definizione di un tetto ai prezzi dell energia; non si fa menzione di riduzioni delle aliquote fiscali (nonostante quella massima sui redditi delle persone fisiche rimanga superiore rispetto a quanto ottenuto nell era Thatcher), ma, al contrario, non si promette nemmeno di non aumentare tali aliquote. Ciò ha spinto l Economist a scrivere che gli istinti economici di Theresa May sono più interventisti di ogni predecessore da Edward Heath nel 1965-75. Infine, l enfasi data al controllo dell immigrazione e ad una hard Brexit, come già accennato, non è stata eccessivamente utile in una campagna elettorale nel cui dibattito altre tematiche sono state più centrali. Si è sinora cercato di spiegare, in sintesi, le possibili ragioni dell esito elettorale inaspettato, riconducendole in buona parte al diverso carisma di Theresa May e Jeremy Corbyn. E opportuno però anche sottolineare che, come nel caso delle ultime presidenziali statunitensi, il risultato verificatosi maschera il fatto che altri scenari sarebbero stati facilmente realizzabili. Infatti, nel contesto del sistema maggioritario britannico, il margine con cui i Conservatori hanno perso i seggi più combattuti in cui sono stati sconfitti è stato inferiore rispetto all analogo margine per i Laburisti: a Kensington, i Conservatori hanno perso per ventuno voti e non molto dissimili sono i differenziali a Perth e Perthshire North, Dudley North, Newcastle-under-Lyme e Crewe e Nantwich. In definitiva, con soli 401 voti in più, opportunamente distribuiti nei seggi chiave, Theresa May avrebbe potuto contare sul supporto di otto deputati aggiuntivi, sufficienti per godere della maggioranza parlamentare assoluta, un risultato che certo non sarebbe stato accolto con giubilo, ma senz altro con sollievo rispetto alla situazione attuale; al contrario, i Laburisti avrebbero dovuto ottenere almeno ben 51.775 voti in più, nei seggi rilevanti, per raggiungere quota 526 deputati (guadagnandone 64). A questo proposito, vale anche la pena osservare come il recupero dei consensi da parte di Corbyn nelle ultime settimane di campagna 6 www.actioninstitute.org

elettorale sia stato accompagnato da una buona efficienza geografica, manifestandosi in particolare in circoscrizioni incerte (e quindi più utili ), piuttosto che in quelle sicure. Infine, è forse prematuro pensare alle conseguenze di questo voto, ma alcuni elementi sembrano delineati. Gli unionisti nordirlandesi del DUP, che sosterranno il governo, mostrano non poche affinità con i Conservatori, ma la maggioranza parlamentare rimane assai risicata: difficilmente si potranno portare a compimento riforme significative e più probabilmente Theresa May cercherà di navigare a vista. In politica estera incerta è la posizione che il governo assumerà nel corso delle negoziazioni con l Unione Europea, con diverse voci all interno del partito conservatore a suggerire un approccio più morbido. Infine, l immagine del primo ministro è forse irrimediabilmente danneggiata e appare assai improbabile sarà ancora lei a guidare il proprio partito alle prossime elezioni, quasi certamente anticipate: i Conservatori hanno sempre avuto molto poca tolleranza con i propri leader, anche quelli venerabili, come ci ricordano le lacrime di Margaret Thatcher allorché, il 28 novembre 1990, fu costretta ad abbandonare Downing Street. 7 www.actioninstitute.org