L abuso del diritto nelle imposte indirette: gli strumenti di tutela del contribuente



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Approfondimenti Febbraio 2012 L abuso del diritto nelle imposte indirette: gli strumenti di tutela del contribuente Le prime pronunce della Corte di Giustizia pag. 1 L abuso e l art. 37-bis: la tutela del contribuente pag. 3 Garanzie procedurali pag. 3 Onere della prova pag. 5 Applicabilità delle sanzioni? pag. 6 Se per le imposte dirette nell ordinamento nazionale è prevista una norma antielusiva ricavabile dall art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, attinente anche alle garanzie spettanti al contribuente in caso di contestazione, per le ipotesi di abuso del diritto nelle imposte indirette, il potere del Fisco di disconoscere le operazioni dei privati si fonda solo su pronunce giurisprudenziali. In mancanza di una normativa di riferimento specifica o di una generale regola antielusiva, assumono particolare rilievo gli strumenti di tutela del contribuente sia in sede di contraddittorio procedurale che processuale. Un ulteriore problema attiene all onere della prova che spetta al contribuente per difendersi dalle contestazioni di abuso del diritto. La totale mancanza di uno scopo diverso rispetto al vantaggio fiscale rende infatti il negozio giuridico inopponibile all Amministrazione Le prime pronunce della Corte di Giustizia Le origini del principio dell abuso del diritto in materia di imposizione indiretta si ravvisano nella sentenza della Corte di giustizia CE, 14 dicembre 2000, causa C-110/99, «Emsland- Starke» 1, che limita questo istituto al solo ambito dei diritti doganali. I giudici comunitari stabiliscono la necessità di contrastare le pratiche abusive, ritenendole sussistenti in presenza di condizioni artificiali, di un vantaggio in conflitto con gli obiettivi della normativa comunitaria e della volontà di ottenere un determinato risparmio d imposta: tutti elementi che devono essere provati dall Amministrazione finanziaria 2. La conferma di un divieto di abuso del diritto, volto a contrastare pratiche elusive in materia doganale, è espressa dalla sentenza 21 luglio 2005, causa C-515/03, «Eichsfelder Schlachtbetrieb» 3, dal nome di una società tedesca che esporta in Polonia carne disossata, immessa in libera pratica dietro versamento dei relativi dazi doganali e chiede all Amministrazione finanziaria tedesca una restituzione all esportazione. I giudici comunitari riprendono e puntualizzano il Note: 1 In www.curia.europa.ue. 2 P. Pistone, Il divieto di abuso come principio del diritto tributario e la sua influenza sulla giurisprudenza tributaria nazionale, in Quaderni della Rivista di diritto tributario, 2009, 311. 3 In www.curia.europa.ue. 1

concetto di pratiche abusive espresso nella sentenza «Emsland-Starke», escludendone la ricorrenza in presenza di operazioni effettive e affermando la legittimità della restituzione all esportazione, giacché i prodotti sono realmente sottoposti nel Paese terzo a una lavorazione sostanziale. A seguito di queste due pronunce, come è stato rilevato in dottrina 4, si delinea un concetto di abuso del diritto come principio immanente nell ordinamento comunitario, finalizzato a contrastare pratiche abusive in materia di diritti doganali. È importante sottolineare che, mentre nella causa «Emsland-Starke» l abuso del diritto è inquadrato come principio di carattere interpretativo emergente dalle norme comunitarie 5, nella causa «Eichsfelder Schlachtbetrieb» la Corte lo àncora all art. 4, comma terzo, del Reg. (CEE/Euratom) n. 2988/95, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Tale norma prevede che «gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso». Si tratta di una norma raramente richiamata, che sembra contenere tutti gli elementi essenziali delle pratiche abusive, non solo perché prevede il loro disaccordo rispetto allo spirito delle norme comunitarie, ma anche perché risulta espressamente disconosciuto il vantaggio fiscale eventualmente conseguito, non vincolando l abuso ai soli diritti doganali. La norma sembra esprimere una clausola generale antielusiva, in quanto attiene all intero settore della tutela degli interessi finanziari comunitari e obbliga ciascuno Stato membro, nella sua applicazione, a revocare i vantaggi 4 Ex pluribus, C. Attardi, Il divieto di abuso del diritto nel settore delle imposte dirette, in il fisco, 2008, 6661; P. Pistone, op. loc. cit., 311. 5 Corte di giustizia CE, C-110/99 del 2000, «Emsland- Starke», cit., 51: «l applicazione dei regolamenti comunitari non può estendersi fino alla tutela di pratiche abusive di operatori economici». ottenuti con tale prassi. I lavori preparatori, terminati con la proposta presentata dalla Commissione il 7 luglio 1994, sono utili a comprendere la voluntas legis. All art. 1 è affermato che, ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità, «sono presi adeguati provvedimenti anche nei confronti di qualsiasi abuso della normativa comunitaria» 6. Inoltre, l art. 3 della medesima proposta stabilisce che sono considerati abuso della regolamentazione comunitaria gli atti commessi nell intento di ottenere vantaggi indebiti, ponendo in essere una situazione formalmente conforme alle condizioni legali, attraverso operazioni fittizie o artificiose, sprovviste di una motivazione economica pertinente e contrarie alle finalità della normativa comunitaria di cui trattasi. La norma in questione, pur potenzialmente espressiva di un principio generale antielusivo di matrice comunitaria, non è tuttavia presa in considerazione dalla Corte di giustizia nella nota sentenza «Halifax» (sent. 21 febbraio 2006, causa C-255/02), ove il contrasto all abuso del diritto è fondato sull interpretazione della Sesta direttiva Iva. In tale pronuncia la Corte ha precisato che «perché possa parlarsi di comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della Sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all obiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni. Non solo. Deve altresì risultare da un insieme di elementi obiettivi che le dette operazioni hanno essenzialmente lo scopo di ottenere un vantaggio fiscale». Si delinea, definitivamente, la nozione di abuso del diritto con riferimento a tutte le imposte armonizzate di competenza dell Unione europea. A differenza delle precedenti sentenze, si chiariscono i due presupposti del principio: la contrarietà del comportamento allo spirito intrinseco delle disposizioni comunitarie e il conseguimento di un indebito risparmio 6 F. Rapisarda, Riflessioni a margine dell abuso del diritto in materia di tutela delle risorse proprie, in il fisco, 2008, 6327. 2

d imposta. La Corte, tuttavia, mantiene un atteggiamento self-restraint per la materia concernente le imposte dirette 7. L abuso e l art. 37-bis: la tutela del contribuente Com è noto, in materia di imposte dirette, nell ordinamento nazionale è prevista una norma antielusiva ricavabile dall art. 37-bis, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600. Il primo comma attribuisce all Amministrazione finanziaria il potere di disconoscere gli atti, i fatti e i negozi privi di valide ragioni economiche, posti in essere dal contribuente, volti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall ordinamento, conseguendo, così, un risparmio d imposta altrimenti indebito. Questo potere concesso agli Uffici, a differenza della clausola generale sull abuso del diritto di derivazione comunitaria, è riconducibile non solo a una specifica disposizione, ma è anche limitato a particolari fattispecie. Se la formulazione del primo comma dell art. 37-bis corrisponde a un enunciato positivo potenzialmente idoneo a fungere da norma antielusiva generale, il legislatore, tuttavia, ha prescritto una duplice limitazione, avendola collocata in un corpo normativo relativo all accertamento delle imposte sui redditi e avendo circoscritto il campo di applicazione alle operazioni espressamente indicate al terzo comma 8. Garanzie procedurali La Corte di giustizia europea ha affermato che l Amministrazione finanziaria deve indicare gli elementi a sostegno dell esistenza di pratiche abusive, motivando gli atti di rettifica e di accertamento. Deve dimostrare il percorso negoziale alternativo a quello adottato dal contribuente e la carenza di una ratio economica delle operazioni. Il contribuente è tenuto a evidenziare la presenza di valide ragioni economiche e la loro 7 M. Andriola, Abuso del diritto UE ed elusione fiscale nazionale. Quale rapporto?, in Fiscooggi.it, 2007. 8 G. Zoppini, Fattispecie e disciplina dell elusione nel contesto delle imposte reddituali, in Riv. dir. trib., 2002, 92. prevalenza sul beneficio fiscale, che deve risultare una mera conseguenza del comportamento tenuto. L Amministrazione deve indicare gli elementi a sostegno dell esistenza di pratiche abusive, motivando gli atti di rettifica e di accertamento. Va dimostrato, in particolare, il percorso negoziale alternativo a quello adottato dal contribuente e la carenza di una ratio economica delle operazioni. Il privato è tenuto a evidenziare la presenza di valide ragioni economiche e la loro prevalenza sul beneficio fiscale, che deve risultare una mera conseguenza del comportamento tenuto. È necessario, inoltre, provare la non contrarietà allo spirito delle disposizioni comunitarie delle condizioni contrattuali che regolano il rapporto tra le parti. A differenza del divieto comunitario di abuso del diritto, l elusione dovrebbe trovare applicazione alle sole imposte dirette; tuttavia, le note sentenze delle Sezioni Unite 23 dicembre 2008, nn. 30055, 30056 e 30057 9 estendono l ambito del principio comunitario a tutte le imposte, armonizzate e non, riconducendolo, per la prima volta, ai principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva 10. Se per le imposte dirette l art. 37-bis consente un chiaro riferimento normativo, attinente anche alle garanzie spettanti al contribuente in caso di contestazione (contraddittorio preventivo e obbligo di specifica motivazione dell accertamento), per le imposte indirette e per le ipotesi di abuso è minata la certezza del diritto, perché il potere del Fisco di disconoscere le operazioni dei privati si fonda solo su pronunce giurisprudenziali 11. Per tale ragione, uno dei temi più controversi riguarda la difesa del contribuente in caso di 9 In GT - Riv. giur. trib., 2009, 216. 10 Artt. 3 e 53 Cost. 11 A.M. Rhode, L abuso del diritto nell IVA ed i principi di proporzionalità, neutralità e certezza del diritto, in Riv. dir. trib., 2009, 79. 3

contestazione dell abuso del diritto: in mancanza di una normativa di riferimento specifica o di una generale regola antielusiva, assume particolare rilievo il contraddittorio procedurale e quello processuale. Con riferimento a quest ultimo, a seguito delle pronunce della Corte di Cassazione sulla rilevabilità d ufficio della contestazione 12, a tutela del contribuente, è intervenuto il legislatore con la legge 18 giugno 2009, n. 69, di riforma del processo civile. Gli artt. 101, comma secondo, e 384, terzo comma, c.p.c., ora consentono di ripristinare la tutela del contribuente e i principi del giusto processo. È imposto all autorità giudiziaria, a pena di nullità, di assegnare un termine alle parti per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni in relazione alle nuove questioni sollevate, escludendo che sul punto possano determinarsi «sorprese» o pronunce a seguito di un irregolare contraddittorio. Il secondo problema, concernente il contraddittorio procedurale, sorge, in particolare, confrontando l art. 37-bis con il principio di abuso del diritto di fonte giurisprudenziale. Infatti, nei casi di elusione espressamente previsti dal legislatore, il contribuente ha diritto a una previa richiesta di chiarimenti, mediante la quale l Amministrazione deve indicare i motivi dell accertamento (art. 37-bis, quarto comma) e l avviso di rettifica deve essere specificamente motivato (art. 37-bis, quinto comma), a pena di nullità. Per quanto riguarda l abuso del diritto, in mancanza di una previsione normativa disciplinante la fattispecie che estenda tali garanzie endoprocedimentali al settore delle imposte indirette, il contribuente rischia di vedersi privato degli essenziali diritti di difesa. Questa situazione rischia di determinare un «abuso» dell abuso del diritto da parte degli Uffici 13, i quali, per evitare il contraddittorio, 12 Cass., sez. trib., 24 maggio 2006, nn. 12301 e 12302, la prima in GT - Riv. giur. trib., 2006, 881, la seconda in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Cass., SS.UU., 23 dicembre 2008, nn. 30055, 30056 e 30057, cit. 13 G. Zizzo, L abuso dell abuso del diritto, in GT - Riv. giur. trib., 2008, 465; G. Marongiu, Abuso del diritto o abuso del potere?, in Corr. trib., 2009, 1076. tendono a enfatizzare eccessivamente questo strumento, spesso contestando operazioni elusive come abusive. A ben vedere, tuttavia, l obbligo di una puntuale motivazione della contestazione e del diritto al previo contraddittorio discende anch essa dall ordinamento comunitario, e in particolare dalla sentenza della Corte di giustizia CE, 18 dicembre 2008, causa C- 349/07, «Sopropè» 14, che riconosce, in ambito doganale, il diritto di essere previamente sentiti e di poter presentare proprie osservazioni, prima che gli uffici emettano un qualsivoglia atto lesivo nei confronti del contribuente. Il c.d. right to be heard è espressione del principio del contraddittorio e della corretta collaborazione tra l Amministrazione e i privati, perciò di diretta applicazione, senza bisogno di una sua cristallizzazione in una fonte di diritto scritta. Anche in relazione a tale principio di derivazione comunitaria, la Corte di Cassazione riconosce la diretta applicabilità di tale regola, nella considerazione «che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione (in via preventiva) ogniqualvolta l Amministrazione si proponga di adottare nei confronti del soggetto un atto a esso lesivo» 15. La Cassazione conferma l ineludibilità del diritto del contribuente a contraddire in via preventiva rispetto all emissione dell atto impositivo e la sua applicazione non può essere limitata soltanto a determinate tipologie di verifiche o a specifici tipi di verbale. Il diritto del contribuente al previo contraddittorio e alla specifica motivazione è ricavabile, pertanto, dall ordinamento comunitario e supplisce all assenza di una previsione specifica. La centralità degli strumenti difensivi essenziali, in caso di una contestazione fondata sull abuso del diritto, è riconosciuta anche dalla 14 In GT Riv. giur. trib., 2009, 203. 15 Cass., sez. trib., 11 giugno 2010, n. 14105, in GT - Riv. giur. trib., 2010, 875. 4

giurisprudenza di merito, che, per altra via interpretativa, con la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano 21 febbraio 2011, n. 54 16, ne riconosce l applicabilità all imposta di registro, facendo riferimento all art. 20, d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, che vieta comportamenti abusivi. La tutela del contribuente è assicurata, in tale fattispecie, attraverso il richiamo all art. 53-bis del medesimo decreto, ai sensi del quale i poteri e le attribuzioni degli Uffici di cui agli artt. 31 ss., d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, sono utilizzabili anche in relazione all imposta di registro. Sono così riconosciute, anche in tale settore, le garanzie procedimentali disciplinate espressamente ai commi quarto e quinto dell art. 37-bis e prescritte anche dalla sentenza «Sopropé». La Commissione tributaria impone, dunque, una tutela rafforzata del contribuente e la estende «ad ogni caso di elusione fiscale, anche se contestata sulla base del principio generale dell abuso del diritto ovvero dell art. 53 Cost., o, ancora, delle norme speciali applicabili in funzione antielusiva, come l art. 20 del T.U. dell imposta di registro». Quale conseguenza di tale principio, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha annullato l avviso di accertamento in materia di imposta di registro per violazione della garanzia procedimentale stabilita dal comma quarto dell art. 37-bis, d.p.r. 600 del 1973. Onere della prova Un ulteriore problema attiene all onere della prova che spetta al contribuente per difendersi dalle contestazioni di abuso del diritto. L art. 37-bis, primo comma, nell ambito delle imposte dirette, prevede, a carico di chi ha posto in essere le operazioni contestate, la sola dimostrazione della presenza di una ratio economica, in quanto i negozi giuridici, per essere elusivi, devono essere «privi di valide ragioni economiche». La totale mancanza di uno scopo diverso rispetto al vantaggio fiscale rende il negozio giuridico inopponibile all Amministrazione. La definizione di abuso del diritto in materia di imposte indirette, fornita dalla Corte di giustizia 16 In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. con la sentenza «Halifax» e confermata dalla sentenza «Part Service», evidenza, invece, che l ottenimento di un risparmio d imposta deve essere lo scopo essenziale e non esclusivo (o unico) dell operazione controversa. Il contribuente, di conseguenza, è tenuto a provare tanto la presenza di ragioni economiche, quanto la loro prevalenza sullo scopo fiscale. L Amministrazione, invece, deve dimostrare l assenza di una ratio economica o, comunque, la netta rilevanza dell intenzione a conseguire un vantaggio fiscale. Sul punto, tuttavia, non vi è ancora uniformità di espressioni da parte del giudice comunitario. Due sentenze discordanti pronunciate dalla Corte di giustizia il medesimo giorno (22 dicembre 2010), nelle cause «Weald Leasing» e «RBSD» 17, hanno, infatti, riaperto il problema dell onere della prova nei casi di contestazione dell abuso del diritto. Con la sentenza «RBSD», la Corte definisce l abuso del diritto come un principio volto a impedire il conseguimento di un risparmio indebito, ove «da un insieme di elementi oggettivi deve risultare che lo scopo delle operazioni di cui trattasi consista unicamente nell ottenimento di tale vantaggio fiscale» 18. I giudici, richiamando impropriamente la sentenza «Halifax», ritengono che il risparmio d imposta conseguito debba essere la finalità esclusiva dei negozi giuridici, affinché questi vengano considerati abusivi. Di conseguenza, per il contribuente è sufficiente provare la semplice presenza di valide ragioni economiche per opporre al Fisco la validità e l efficacia degli atti negoziali realizzati. Con la coeva sentenza «Weald Leasing», la Corte di giustizia si pronuncia diversamente, confermando l orientamento espresso nelle sentenze «Halifax» e «Part Service» 19. Il caso 17 Corte di giustizia CE, 22 dicembre 2010, causa C- 103/09, «Weald Leasing»; Id., 22 dicembre 2010, causa C-277/09, «RBSD», entrambe in GT - Riv. giur. trib., 2011, 285. 18 Corte di giustizia CE, causa C-277/09 del 2010, «RBSD», cit., par. 49. 19 M. Bancalari, «Corte giustizia EU, cause 22 dicembre 2010, C-103/09 e C-277/09 - L abuso del diritto comunitario in materia di IVA», in il fisco, 2011, 359. 5

sottoposto al giudice comunitario riguarda una società, appartenente a un gruppo che svolge attività esenti da Iva, la quale acquista e successivamente loca a una società terza attrezzature. Quest ultima, a sua volta, le subloca alle altre società appartenenti al medesimo gruppo. L Iva, così, viene assolta sui singoli canoni di leasing e non sull intera somma. La Corte ribadisce che l esistenza di una pratica abusiva può essere riconosciuta qualora si verifichino due condizioni: il risparmio d imposta conseguito deve essere contrario all obiettivo delle disposizioni comunitarie e lo scopo delle operazioni deve essere essenzialmente l ottenimento di un vantaggio fiscale. Riallineandosi con la sentenza «Halifax», la Corte amplia la portata dell abuso del diritto e riconosce all Amministrazione la possibilità di riqualificare i negozi effettuati dal contribuente, nonostante la presenza di ragioni economiche. L Amministrazione deve indicare gli elementi a sostegno dell esistenza di pratiche abusive, motivando gli atti di rettifica e di accertamento. Inoltre deve dimostrare, in modo puntuale e dettagliato, il percorso negoziale (corretto) alternativo a quello (abusivo) adottato dal contribuente e la carenza di una ratio economica delle operazioni. Il privato, al contrario, è tenuto a evidenziare la presenza di valide ragioni economiche e un quid pluris, vale a dire la loro prevalenza sul beneficio fiscale, che deve risultare una mera conseguenza del comportamento tenuto. È necessario, ancora, provare la non contrarietà allo spirito delle disposizioni comunitarie delle condizioni contrattuali che regolano il rapporto tra le parti, visto che il vantaggio fiscale non può da solo accertare l esistenza di una pratica abusiva. Infatti, come affermato da una recente Cassazione sul tema 20, il contribuente non è tenuto a scegliere la via più onerosa (sotto il profilo fiscale) per realizzare le proprie finalità economiche. Applicabilità delle sanzioni? L orientamento della Corte di giustizia europea è volto a escludere l applicabilità di sanzioni tributarie in caso di contestazione di abuso del diritto; secondo la Corte, spetta al giudice nazionale ridefinire le conseguenze del comportamento abusivo così da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato. Il giudice non deve eccedere quanto necessario per assicurare l esatta riscossione e per evitare le frodi, potendo modificare o disapplicare le relative condizioni contrattuali. La giurisprudenza nazionale, invece, si discosta dalle pronunce della Corte di giustizia, prevedendo non solo il ripristino dello «status quo ante», ma anche la sua compatibilità con l irrogazione delle sanzioni. Circa l applicabilità di sanzioni amministrative tributarie in caso di contestazione di abuso del diritto, la Corte di giustizia mantiene un solido orientamento - in linea con il legislatore italiano - volto a escludere l applicabilità di sanzioni, «per le quali sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e univoco» 21. Spetta al giudice nazionale ridefinire le conseguenze del comportamento abusivo, in maniera tale da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato (il cd. status quo ante). Nel ridefinire l operazione, il giudice nazionale non deve eccedere quanto necessario per assicurare l esatta riscossione delle imposte e per evitare le frodi, potendo, dunque, modificare o disapplicare le relative condizioni contrattuali. Diverso, invece, è l orientamento della giurisprudenza nazionale. Le sentenze della Cassazione nn. 30055, 30056 e 30057 del 2008 confermano integralmente gli avvisi di accertamento e le sanzioni irrogate. Si discosta da questa interpretazione la sentenza della Corte di cassazione 25 maggio 2009, n. 12042 22, sull imposta di registro. In tale pronuncia, la Suprema Corte sostiene che la violazione di un principio generale come l abuso del diritto sia sintomo di oggettive condizioni di incertezza riguardanti la portata della norma 20 Cass., sez. trib., 21 gennaio 2011, n. 1372, in GT - Riv. giur. trib., 2011, 285. 21 Corte di giustizia CE, causa C-255/02 del 2006, «Halifax», cit., pag. 93. 22 In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. 6

sanzionatoria 23 e, quindi, non sanzionabile in ragione della causa di non punibilità di cui all art. 6, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Una posizione simile traspare nella sentenza della Corte di cassazione 19 maggio 2010, n. 12249 24, in cui l Amministrazione ritiene abusivo un contratto di comodato stipulato tra una società e l omonima associazione polisportiva, caratterizzate entrambe dalla presenza dei medesimi soci. La Suprema Corte osserva che l accertamento di un maggiore imponibile IVA, conseguente al disconoscimento del contratto di comodato per il suo carattere abusivo, «non comporta un automatica esclusione delle sanzioni, dovendosi applicare la relativa disciplina». delle sanzioni. Anche la sentenza della Cassazione 18 marzo 2011, n. 26723 25 genera ulteriori incertezze sull applicabilità delle sanzioni. Sebbene il ricorrente affermi che una condotta elusiva non possa essere penalmente rilevante perché non comparabile all evasione fiscale, la Corte ritiene che il risparmio d imposta ottenuto mediante una condotta elusiva o censurabile sotto il profilo dell abuso del diritto non escluda a priori la violazione penale, perché potrebbe comunque integrare la fattispecie delittuosa di dichiarazione infedele. L abuso del diritto non ricadrebbe - secondo tale interpretazione - nelle fattispecie di reato ex artt. 2 e 3 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che disciplinano i casi di dichiarazione fraudolenta, ma nell ipotesi di dichiarazione infedele, ai sensi dell art. 4 del medesimo decreto. Nonostante l abuso del diritto sia un principio (prevalentemente) di matrice comunitaria, la giurisprudenza nazionale si discosta significativamente dalle pronunce della Corte di giustizia, erroneamente prevedendo non solo il (pacifico) ripristino dello status quo ante, ma anche la sua compatibilità con l irrogazione 23 S. Crepanti, Elusione fiscale, abuso del diritto e applicabilità delle sanzioni amministrative, in Rass. trib., 2011, 413. 24 In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. 25 In GT - Riv. giur. trib., 2011, 852. 7

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