disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita )



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CONVEGNO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO DI DIRITTO TRIBUTARIO-FISCALE VIII EDIZIONE LE NOVITÀ FISCALI 2014: Delega Fiscale Legge 11.03.2014 n 23 INTERVENTO sulla RIFORMA DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVO-TRIBUTARIE NELLA LEGGE 11 MARZO 2014 N. 23 ( Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita ) SOMMARIO : 1. La legge delega e il sistema sanzionatorio amministrativo: formulazione dei criteri direttivi e relative implicazioni. 2. La riforma del sistema sanzionatorio amministrativo nel prisma del principio di proporzionalità: ricadute sul quadro normativo vigente. 2.1. Il principio di proporzionalità nel sistema sanzionatorio amministrativo vigente. 2.2. Gravità dei comportamenti e violazioni ascrivibili alla persona giuridica. 2.3 Il principio di specialità ex art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000 nell applicazione di sanzioni amministrative e sanzioni penali: esigenze di chiarezza alla luce di recenti arresti giurisprudenziali della Corte Europea dei Diritti dell Uomo. 1. La legge delega e il sistema sanzionatorio amministrativo: formulazione dei criteri direttivi e relative implicazioni. L art. 8 della legge delega, in tema di revisione del sistema sanzionatorio, contiene indicazioni di riforma sia del sistema sanzionatorio penale sia del sistema sanzionatorio amministrativo. Sebbene poco venga esplicitamente statuito in tema di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, tuttavia, dalla formulazione del comma 1 dell art. 8 della legge delega emergono distintamente tre direttrici di riforma a cui il legislatore delegato dovrà ottemperare: 1

a) la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all effettiva gravità dei comportamenti ; b) la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi ; c) la possibilità di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità. Invero, estendendo lo sguardo anche ad altri articoli della legge delega, si può notare che sul sistema sanzionatorio amministrativo sono destinati ad impattare anche i decreti delegati da emanare ai sensi dell art. 6 della legge delega, mediante i quali dovranno essere introdotte forme di comunicazione e cooperazione rafforzata tra le imprese e l amministrazione finanziaria con previsione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale con una chiara attribuzione di responsabilità ( ) : con l introduzione di tali disposizioni, si dice infatti al comma 2 dell art. 6, dovranno essere previsti non solo incentivi sotto forma di eventuali adempimenti per i contribuenti, ma anche, riduzioni delle eventuali sanzioni, anche in relazione alla disciplina da introdurre ai sensi dell art. 8. Delineato l ambito di intervento del legislatore delegato, appare opportuno svolgere qualche considerazione di ordine esegetico in ordine alla portata dei criteri direttivi sopra indicati. In primo luogo, con riferimento al criterio sub a), la disposizione secondo cui occorre procedere alla revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all effettiva gravità dei comportamenti desta qualche perplessità per il fatto che della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo il legislatore abbia trattato nel medesimo inciso, e quindi in accostamento, con la revisione del regime della dichiarazione infedele. Infatti, il sintagma dichiarazione infedele è espressione propria e tipica della disciplina penalistica che mal si concilia quindi con le sanzioni amministrative: anche per questo, quindi, è plausibile ritenere che l espressione riforma del sistema sanzionatorio amministrativo possa essere intesa in senso non restrittivo, e quindi riferita non solo all ambito delle violazioni in tema di dichiarazione, ma anche ad altre 2

violazioni, oltre che all impianto strutturale del sistema, con particolare riguardo alle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie di cui al d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Il secondo criterio direttivo (quello sub b), riguarda la possibilità di riduzione delle sanzioni per le fattispecie meno gravi ; l ultimo criterio, quello sub c), ovvero la possibilità di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità, pare evocare una particolare declinazione del principio di proporzionalità, ovvero il principio di sussidiarietà della sanzione penale in luogo di quella amministrativa: la prima dovrebbe quindi essere applicata in via di extrema ratio, soltanto laddove necessario per reprimere efficacemente violazioni particolarmente gravi. Non può tuttavia sottacersi che anche la formulazione di detti criteri direttivi non brilla per perspicuità. Come e a chi devono intendersi riferite le espressioni possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi e di applicare sanzioni amministrative anziché penali? Detta possibilità ha come destinatario diretto il Governo che sarebbe delegato a rivedere l assetto delle sanzioni penali ed amministrative vigenti sotto un profilo qualitativo e quantitativo - ovvero l amministrazione finanziaria, alla quale il legislatore delegato sarebbe tenuto ad attribuire la facoltà di esercitare un potere riduttivo della sanzione amministrativa in fase di irrogazione e di un potere di applicazione della sanzione amministrativa in luogo di quella penale? In effetti, sotto un profilo letterale, secondo la formulazione del comma 1 dell art. 8, sono proprio i decreti delegati a dover prevedere la possibilità di ridurre le sanzioni e la possibilità della sostituzione delle sanzioni penali con sanzioni amministrative, con la conseguenza che sono proprio dette possibilità ad apparire oggetto di disciplina da parte dei decreti delegati (diversamente il legislatore avrebbe omesso il riferimento alla possibilità, richiamando soltanto la previsione della riduzione o la sostituzione delle sanzioni). In questo senso potrebbe altresì rilevarsi che quando il legislatore ha inteso delegare il Governo a provvedere direttamente, in via normativa, alla riduzione delle sanzioni lo ha espressamente fatto (come all art. 6 della medesima legge delega, in cui 3

con riferimento ai decreti legislativi relativi alle forme di comunicazione e cooperazione rafforzata, il legislatore ha espressamente previsto che il Governo è delegato a prevedere riduzioni delle eventuali sanzioni, senza alcun riferimento alla possibilità). Tale soluzione non appare però convincente per una serie di motivi. In primo luogo, perché, proprio dal punto di vista letterale, nell ambito della stessa disposizione, laddove il legislatore ha inteso delegare il Governo ad introdurre nuove facoltà in capo ad altri poteri dello Stato lo ha espressamente fatto, come dimostra il prosieguo della disposizione, in cui è prevista la possibilità, per l autorità giudiziaria, di affidare in custodia giudiziale i beni sequestrati nell ambito di procedimenti penali ( ) agli organi dell'amministrazione finanziaria. Inoltre, sotto un profilo logico sistematico, poiché la stessa disposizione riguarda, ponendole sullo stesso piano, la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi e quella di applicare sanzioni amministrative in luogo di quelle penali, sarebbe alquanto arduo, in ottemperanza ai principi di legalità e di predeterminazione della norma penale, immaginare che l amministrazione, in relazione alla gravità della fattispecie riscontrata, possa escludere la configurazione dell illecito penale con conseguente applicazione della sanzione amministrativa; allo stesso modo, il puntuale richiamo alle adeguate soglie di punibilità parrebbe configurare un criterio direttivo rivolto al legislatore delegato per procedere a depenalizzare, in via ponderata, determinate fattispecie in relazione alla loro gravità. Pertanto, la legge n. 23 del 2014 pare aver delegato il Governo - oltre che a riformare il sistema delle disposizioni generali delle sanzioni amministrative in attuazione del principio di proporzionalità anche ad intervenire sulle specifiche misure sanzionatorie, da un lato, riducendo l entità di quelle amministrative per fattispecie di minore gravità e, dall altro, introducendo, pur nella previsione di adeguate soglie di punibilità, sanzioni amministrative in luogo di quelle penali. Sotto il primo profilo, non può negarsi, infatti, che tra le sanzioni amministrative attualmente vigenti, si possano talora riscontrare fattispecie che, se raffrontate tra loro ed alla gravità della violazione commessa, potrebbero apparire potenzialmente in contrasto con il principio di proporzionalità. Si pensi ad esempio, alla sanzione comminata per un lieve ritardo nella registrazione delle fatture, senza pregiudizio sulle liquidazioni e sui versamenti 4

periodici e a quella irrogabile al contribuente che, pur avendo registrato regolarmente e tempestivamente una fattura, ometta poi di versare la relativa imposta a debito entro i termini: nel primo caso, l art. 6 del d. lgs. n. 471 del 1997 prevede la sanzione dal 100% al 200% dell imposta non correttamente documentata, mentre l art. 13 della medesima normativa, in tema di ritardati od omessi versamenti diretti, prevede una sanzione pari al 30% per ogni importo dell imposta non versata entro le prescritte scadenze. E evidente, che in un caso siffatto, potrebbe profilarsi un irragionevole disparità di trattamento, essendo sanzionato più gravemente un comportamento di ben minore gravità dalla prospettiva del danno erariale cagionato. Sotto il secondo profilo, quello della sostituzione della sanzione penale con una sanzione ammnistrativa, si rammenta che anche il Governo, in risposta ad una recente interrogazione parlamentare nel marzo scorso, ha segnalato di essere intenzionato ad escludere la configurazione del reato per omesso versamento dell IVA in caso di oggettiva mancanza di liquidità causata da conclamata e comprovata crisi economica, provvedendo in tal senso nell ambito dei decreti legislativi attuativi della legge delega. In ogni caso, è comunque evidente che la ridefinizione dell ambito applicativo di sanzioni di natura penale è destinato a riflettersi su quello delle sanzioni amministrative, mediante la degradazione di ciò che era penale e che potrebbe divenire di natura amministrativa. 2. La riforma del sistema sanzionatorio amministrativo nel prisma del principio di proporzionalità: ricadute sul quadro normativo vigente. L intervento di riforma del sistema sanzionatorio, come disposto dal legislatore, deve procedere con il fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, la sanzione all effettiva gravità dei comportamenti. Ma cosa significa effettivamente proporzionalità della sanzione? In generale, si può ritenere che il principio di proporzionalità, da tempo ritenuto principio generale anche dell ordinamento italiano 1 e dell azione amministrativa, 1 Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 aprile 2006 n. 2087, in Giornale di dir. amm., 2006, pp. 1106 e ss,, secondo cui il canone della proporzionalità è principio generale dell ordinamento ed implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti ; tale principio costituisce un grande principio costituzionale di carattere generale (VASSALLI G., 5

significhi che la pubblica amministrazione deve adottare la misura più idonea ed adeguata ma nello stesso tempo comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi del destinatario e degli interessi compresenti 2. Il canone della proporzionalità è caratterizzato quindi da tre elementi costitutivi ovvero l idoneità, la necessarietà e l adeguatezza, i quali, letti in prospettiva sanzionatoria, comportano che la sanzione in concreto adottata debba essere non solo effettivamente idonea a conseguire l obiettivo della deterrenza posto dal legislatore ma anche adeguata alla gravità del comportamento e della violazione. In altri termini, la sanzione da irrogare nel caso di specie deve essere in grado di reprimere efficacemente l illecito (e di prevenirlo) con il minor sacrificio possibile. Anche con riferimento al sistema penale (sui cui principi sono stati forgiati quelli dettati dal d. lgs. n. 472 del 1997) la Corte costituzionale ha avuto occasione di precisare che il principio costituzionale di uguaglianza esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso 3. Con specifico riferimento alla previsione della proporzionalità nell ambito della legge delega, non può passare inosservata la circostanza che il legislatore abbia inteso correlare il principio di proporzionalità alla gravità non della violazione, bensì del comportamento del trasgressore: se le parole devono avere un senso, non può che ritenersi che con l espressione comportamento si sia inteso fare riferimento alla condotta ovvero al fatto materiale concretamente posto in essere nell ambito della specifica fattispecie. La sanzione, dunque, dovrebbe rivelarsi proporzionata non tanto alla violazione astrattamente intesa, ma piuttosto allo specifico comportamento posto in essere dal trasgressore o dei trasgressori in concorso tra loro, valutato, ad esempio, secondo l intensità della colpevolezza, il disvalore della condotta antigiuridica realizzata avuto anche riguardo all entità del danno erariale cagionato ovvero all entità del ritardo nel compimento degli adempimenti previsti dalle disposizioni tributarie. Ebbene, il rilievo assunto dalla gravità del comportamento nella prospettiva della riforma delle sanzioni amministrative induce inevitabilmente alcune suggestioni su Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006, XII). In argomento, si veda COGNETTI S., Principio di proporzionalità: profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2011. 2 Con specifico riferimento al principio di proporzionalità in ambito tributario, si veda, in particolare, MONDINI A., Contributo allo studio del principio di proporzionalità nel sistema dell'iva europea, Pisa, 2012. 3 Corte cost. 18 luglio 1989, n. 409, in Cass. Pen., 1990, I, pp. 781 ss.. 6

possibili criticità dell attuale sistema sanzionatorio in rapporto ai postulati del principio di proporzionalità e alle difficoltà applicative che talora sono emerse. 2.1. Il principio di proporzionalità nel sistema sanzionatorio amministrativo vigente. Anzitutto: esiste una valvola di sicurezza all interno del sistema sanzionatorio amministrativo in grado di consentire all amministrazione di ridurre la sanzione nel caso concreto adattandola alla gravità del comportamento dell agente allorquando anche la misura minima (o determinata in misura proporzionale o fissa) si riveli comunque sproporzionata? In generale, può preliminarmente osservarsi che, sebbene non venga espressamente evocato, il principio di proporzionalità non può ritenersi comunque estraneo alla disciplina sanzionatoria amministrativa prevista nel sistema attualmente delineato dal d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Si pensi, infatti, al comma 1 dell art. 7 della predetta normativa, nel quale vengono enucleati i criteri di determinazione della sanzione, laddove, in particolare, viene fatto riferimento alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell agente, all opera da lui svolta per l eliminazione o l attenuazione delle conseguenze e alle condizioni economiche e sociali (anche se, invero, relativamente a tali ultime condizioni, rileva piuttosto il principio di equità). Tuttavia, come è evidente, allorquando, come sovente accade nel sistema sanzionatorio tributario, la sanzione è costituita da una entità variabile compresa tra un limite minimo ed un limite massimo, il principio di proporzionalità, nell esercizio della funzione sanzionatoria, può trovare applicazione soltanto all interno della forbice prevista dall ordinamento, non potendo certo trovare vigore al di fuori dei minimi edittali normativamente previsti. Qualsivoglia valutazione dell amministrazione alla stregua del canone di proporzionalità risulta poi del tutto inibita con riferimento alle ipotesi nelle quali, come pure talvolta accade nelle leggi fiscali, la sanzione debba essere applicata in misura proporzionale o addirittura in misura fissa. È evidente, pertanto, che al di fuori dell individuazione della sanzione tra un minimo ed un massimo previsti dalla legge, il vaglio di proporzionalità della sanzione 7

da irrogare in concreto non può trovare cittadinanza, essendo inibita ogni valutazione in merito alla personalizzazione della sanzione. Di conseguenza, all esercizio della funzione sanzionatoria, fuori dal ventaglio della cornice edittale lasciato dal legislatore, è preclusa qualsiasi valutazione di quegli aspetti strettamente connessi alla gravità del comportamento in concreto posto in essere dal trasgressore, che, laddove potessero essere oggetto di considerazione, sarebbero di certo in grado di adattare la sanzione all agente. L unica attenuante prevista in via generale dal legislatore tributario in grado di consentire la riduzione della sanzione oltre il minimo edittale è contemplata nel comma 4 dell art. 7, laddove si prevede che qualora concorrano eccezionali circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo. Tuttavia, tale fattispecie risulta, per un verso, ancorata al riscontrato presupposto del ricorrere di eccezionali circostanze, e, per altro verso, condizionata dal raffronto tra entità della sanzione ed entità del tributo cui essa si riferisce. È pur vero che le eccezionali circostanze devono essere individuate caso per caso tramite apposite valutazioni di fatto che potrebbero essere in grado di determinare la riduzione dell entità della sanzione nel caso concreto, ma è anche vero che la genericità della formulazione normativa e lo scarso apporto chiarificatore giurisprudenziale al riguardo ne hanno reso difficile l applicazione nella prassi. Si potrebbe, dunque, prefigurare un intervento del legislatore delegato diretto a puntualizzare i presupposti applicativi della disposizione in questione, con un espresso riferimento, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge delega, non solo alle ipotesi di manifesta sproporzione tra entità della sanzione ed ammontare del tributo, ma anche alle ipotesi in cui il difetto di proporzionalità si manifesti nel raffronto tra ammontare della sanzione ed effettivo disvalore del comportamento del contribuente. Potrebbero altresì prefigurarsi vere e proprie circostanze attenuanti di applicazione generale all interno del sistema sanzionatorio amministrativo sul modello di quelle previste nell ordinamento penale con riferimento alle violazioni di minore gravità (anche, eventualmente, con riferimento all ammontare dell imposta evasa o non riscossa) al fine di addivenire ad un attenuazione della sanzione amministrativa da irrogare nella fattispecie concreta (il pensiero corre, ad esempio, alla circostanza 8

attenuate prevista dall art. 62 del cod. pen. relativa alle condotte che hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità ). Del resto, il legislatore, di recente 4, ha già avvertito l opportunità di intervenire ortopedicamente su specifiche violazioni al fine di evitare una manifesta sproporzione tra la sanzione irrogata e la gravità del comportamento anche in relazione alle sanzioni previste per ben più gravi condotte, come avvenuto nel caso della riforma dell art. 13 del d. lgs. n. 471 del 1997 mediante il temperamento della sanzione da irrogare nel caso di particolare lievità del ritardo del versamento: nel caso in cui il ritardo non sia superiore a quindici giorni, la sanzione è stata ridotta ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo 5. L introduzione di una circostanza attenuante nel sistema sanzionatorio amministrativo di generale applicazione al fine di assicurare l efficace applicazione del principio di proporzionalità nella graduazione della sanzione in relazione alla gravità dei comportamenti risulterebbe tanto più opportuna in relazione al fatto che, per i tributi armonizzati, il sistema sanzionatorio rientra nell area di operatività del diritto dell Unione europea, nell ambito del quale il principio di proporzionalità costituisce un principio generale operante anche come criterio di legittimità di atti che prevedano l irrogazione di sanzioni (le quali devono comunque risultare idonee ed adeguate rispetto agli obiettivi da perseguire). A questo proposito, infatti, la Corte di Giustizia ha avuto sovente occasione di precisare che gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che ritengono più appropriate ma tale scelta deve essere esercitata nel rispetto dei principi del diritto comunitario, tra cui, primariamente, quello di proporzionalità: in particolare, come è stato affermato, l afflittività della misura sanzionatoria da parte del legislatore nazionale deve essere graduata alla gravità del danno erariale cagionato 6. È evidente, quindi, che disposizioni sanzionatorie relative a tributi armonizzati in grado di ledere il principio di proporzionalità, ovvero di non assicurarne l attuazione, potrebbero rischiare di essere disapplicate da parte degli organi della giurisdizione domestica. 4 Il riferimento è all art. 23, comma 31, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 conv. con mod. dalla l. 15 luglio 2011, n. 111 ed all art. 11, comma 3 bis del d.l. 2 marzo 2012, n. 16 conv. con mod. dalla l. 26 aprile 2012, n. 44. 5 Si veda al riguardo SALVATI A., Principio di proporzionalità e sanzioni da ritardo nell adempimento dell obbligazione tributaria, in Rass. Trib., 2013, pp. 572 ss.. 6 Corte di giust. UE, 29 settembre 2007, Collèe, C-146/05. 9

2.2. Gravità dei comportamenti e violazioni ascrivibili alla persona giuridica. Sotto altro profilo, la circostanza che il legislatore abbia inteso informare la riforma del sistema sanzionatorio amministrativo al principio di proporzionalità tra entità della sanzione e gravità dei comportamenti può indurre poi a riflettere sulle implicazioni di tale disposizione nel sistema sanzionatorio amministrativo attualmente vigente nelle ipotesi in cui la sanzione amministrativa debba essere applicata ad un soggetto diverso da quello che ha materialmente posto in essere il comportamento illecito. Non può non balzare alla mente, a questo proposito, l istituto della riferibilità esclusiva delle sanzioni amministrative tributarie alla società o ente dotato di personalità giuridica: come noto, in questi casi, secondo quanto previsto dall art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv. dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, a rispondere della sanzione amministrativa è soltanto la persona giuridica, essendo stato abbandonato, limitatamente a tali fattispecie, il principio della personalità della sanzione, che aveva fino ad allora determinato la punibilità di amministratori, manager, dipendenti, in qualità di "autori" della violazione fiscale, seppur non beneficiari della medesima. La formulazione della predetta disposizione, tuttavia, non prende esplicita posizione in merito all applicabilità, nel caso di responsabilità diretta dell ente per le violazioni relative al proprio rapporto di imposta, delle disposizioni generali previste dal d. lgs. n. 472 del 1997, limitandosi a prevedere che esse si applicano in quanto compatibili. Nell ambito di una riforma dell assetto sanzionatorio amministrativo ispirata alla proporzionalità della sanzione alla gravità del comportamento dell autore materiale dell illecito, la disciplina sanzionatoria degli enti con personalità giuridica potrebbe dunque essere destinata ad assumere più chiari e precisi profili sistematici, non solo con riferimento alle ipotesi in cui a configurare l illecito sia stato un soggetto interno all ente (amministratore o dipendenti), ma soprattutto allorquando, nella sua realizzazione, sia stata determinante la condotta di un soggetto esterno all ente, ovvero un consulente o di un professionista. 10

Non possono infatti trascurarsi le difficoltà applicative, e soprattutto interpretative, che negli anni successivi all emanazione dell art. 7 del d.l. 269 del 2003 si sono avvicendate in ordine all individuazione delle disposizioni generali effettivamente compatibili con esso. In particolare, accanto ad orientamenti che tendono ad escludere, sebbene con diverse sfumature, la compatibilità dei corollari del principio di personalità con l art. 7 del d.l. 269 del 2003, non sono mancati altri orientamenti secondo i quali la struttura soggettiva della responsabilità di cui al d. lgs. 472 del 1997 permarrebbe anche con riferimento alle persone giuridiche. A questo riguardo, soverchie incertezze ha suscitato l applicabilità dell art. 9 del d. lgs. n. 472 del 1997 in materia di concorso di persone, attesa la formulazione dell art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 secondo il quale la sanzione esclusivamente a carico della persona giuridica. Infatti, sovente è stata avanzata un interpretazione della predetta disposizione tale per cui occorrerebbe assegnare un accezione molto ampia all espressione esclusivamente, talché essa dovrebbe essere riferita non solo ai rapporti interni alla società ma anche ai rapporti non interni, ovvero riguardanti il concorso esterno di una terza persona con la società: in questo senso, si dovrebbe pensare quindi che l art. 7 del d. l. n. 269 del 2003 abbia comportato un abrogazione complessiva dell istituto del concorso di persone (nonché di quello dell autore mediato) nelle fattispecie in cui a rispondere della sanzione deve essere soltanto la persona giuridica. A tale proposito è stato talora rilevato che l art. 7 del d. l. n. 269 del 2003 derogando al principio di personalità della sanzione di cui all art. 2 del d. lgs. n. 472 del 1997, ai sensi del quale la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o ha concorso a commettere la violazione, avrebbe, di conseguenza, derogato altresì anche alla disposizione in tema di concorso ex art. 9 della medesima disciplina secondo la quale quando più persone concorrono in una violazione ciascuna di esse soggiace alla sanzione. Per gli stessi motivi, secondo tali orientamenti, attesa l incapacità di qualsivoglia atteggiamento volitivo da parte dell ente, dovrebbe anche escludersi che quest ultimo possa essere indotto in errore incolpevole da parte di un consulente o di un 11

professionista con conseguente inapplicabilità della disposizione di cui all art. 10 del d.lgs. n. 472 in tema di autore mediato. Invero, anche nell attuale quadro sanzionatorio, l applicabilità delle disposizioni in tema di concorso e di autore mediato nelle ipotesi di riferibilità esclusiva delle sanzioni alla persona giuridica potrebbe ritenersi del tutto compatibile, ove si abbia riguardo alla ratio dell art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, che è quella di porre la sanzione a carico del soggetto che ha tratto vantaggio dalla violazione, così come precisato dalla Relazione illustrativa del decreto. In questo senso, allora, se il radicamento della sanzione in capo all ente discende dal beneficio effettivo tratto da quest ultimo dalla violazione posta in essere da un soggetto che per esso ha materialmente operato, se ne può inferire che obiettivo dell art. 7 in questione è quello di regolare i rapporti tra soggetto in rapporto organico ed ente di appartenenza, con la conseguenza che non può escludersi che un terzo professionista o consulente estraneo a detto rapporto organico possa concorre nell illecito con la società. In ogni caso, l impostazione che tende ad escludere la configurabilità del concorso (o dell autore mediato) in relazione alle persone giuridiche lascerebbe del tutto indenni da conseguenze sanzionatorie comportamenti posti in essere da consulenti o professionisti che, nell ambito della pianificazione dell attività sotto il profilo fiscale propongano, traendone magari cospicui vantaggi economici, operazioni illecite agli enti dotati di personalità giuridica in grado di provocare pregiudizio all erario anche di rilevante gravità (avuto particolare riguardo ai casi in cui il professionista abbia indicato e progettato le modalità per adottare l espediente illecito). Come è evidente, le perplessità in merito alla compatibilità delle disposizioni in tema di concorso e di autore mediato con l art. 7 del d. l. n. 269 del 2003 derivano dalla circostanza che, nel sistema sanzionatorio attualmente vigente, il parametro di riferimento per la responsabilità sanzionatoria della persona giuridica è costituito, non dal comportamento dei soggetti che hanno agito o concorso nell illecito, bensì dal rapporto fiscale proprio delle persone giuridiche (cfr. comma 1, del d. l. n. 269 del 2003). Del resto, non può sfuggire che, proprio sotto il profilo della proporzionalità, l attuale sistema sanzionatorio amministrativo delle società con personalità giuridica, 12

laddove si ritenga incompatibile con le fattispecie di concorso ex art. 9 e di autore mediato ex art. 10 del d. lgs. n. 472 del 1997, presenterebbe, in ogni caso, macroscopiche aporie. In primo luogo, si consideri, infatti che qualora una violazione ascrivibile al rapporto fiscale di una società sia direttamente imputabile ad un professionista che l ha indotta in errore incolpevole, non potrebbe essere irrogata alcuna sanzione: non al professionista, che non ne risponderebbe per l inapplicabilità dell art. 10 alle violazioni ascrivibili ad una persona giuridica; ma nemmeno a quest ultima, dato che, ai sensi dell art. 10, dovrebbe essere l autore mediato a rispondere della violazione in luogo dell autore materiale. Inoltre, sotto un profilo logico sistematico, l esclusione a priori della responsabilità del consulente con riferimento alle violazioni commesse da società dotate di personalità giuridica comporterebbe una grave sperequazione, priva di ragionevole giustificazione e quindi manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità, tra la posizione del consulente che agisce nell interesse di un ente dotato di personalità giuridica e quella del consulente che agisce nell interesse di un ente privo di personalità giuridica, il quale continuerebbe a rispondere, secondo quanto disposto dal d. lgs. n. 472 del 1997, per responsabilità diretta ex art. 5, per responsabilità esclusiva in luogo dell autore della violazione ex art. 10, per responsabilità in concorso con altri ex art. 9 oltre che per responsabilità diretta ex art. 11 nel caso in cui il consulente assuma la veste di rappresentante negoziale o di dipendente dell ente. A tale riguardo, si consideri inoltre che a destare ulteriori dubbi di proporzionalità del sistema sanzionatorio, nell ipotesi di concorso ex art. 9 tra un consulente ed un ente privo di personalità giuridica, le sanzioni complessivamente irrogate per una medesima violazione potrebbero essere notevolmente superiori rispetto a quelle irrogate, in una medesima fattispecie, all ente dotato di personalità giuridica: nel primo caso, infatti, a fronte della stessa violazione e soprattutto del medesimo pregiudizio erariale da essa cagionato, potrebbero essere applicate tante sanzioni quanti sono i soggetti (compresi i consulenti) che hanno concorso a commettere la violazione. * 13

Ponendo mente alla circostanza che il principio di proporzionalità implica non solo l adeguatezza e la necessità della sanzione, ma anche e soprattutto la sua idoneità ed effettività nel conseguimento dell obiettivo di deterrenza, potrebbero poi svolgersi ulteriori considerazioni in merito alla portata effettivamente dissuasiva del sistema sanzionatorio fondato sulla riferibilità esclusiva della sanzione amministrativa all ente dotato di personalità giuridica, avuto specifico riguardo all assoluta assenza, nel sistema sanzionatorio amministrativo vigente, di sanzioni in capo agli amministratori di quest ultimo, o, comunque, dei soggetti incardinati in rapporto organico con esso. Si pensi ai casi, in particolare, nei quali nell ambito della pianificazione fiscale possa addirittura ritenersi conveniente porre in essere l operazione fiscalmente illecita pur con la previsione dell eventuale irrogazione della conseguente sanzione, nella prospettiva, ad esempio, di un successivo svuotamento patrimoniale dell ente (o del suo trasferimento di residenza in paradisi fiscali), tale per cui risulterebbe comunque impossibile per l amministrazione riscuotere effettivamente la sanzione. E non è un caso, infatti, che, proprio al fine di incrementare l efficacia deterrente del sistema sanzionatorio attualmente vigente nei confronti degli enti (anche) con personalità giuridica, in data 15 marzo 2013 sia stato presentato un disegno di legge con la finalità di estendere la responsabilità da reato degli enti ai reati tributari, riconducendo nell ambito applicativo del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 anche detti reati 7 (tenuto conto peraltro, che, come precisato nel ddl, i reati tributari si atteggiano spesso come strumentali alla consumazione del reato di corruzione, al fine di costituire provvista extracontabile destinata ad integrare possibili tangenti ). In questa prospettiva, nell ipotesi in cui detto ddl venisse approvato, potrebbero, pertanto, porsi, proprio in attuazione del principio di proporzionalità, delicate questioni di coordinamento con il sistema extrapenale vigente, al fine di prevenire il cumulo di sanzioni dai connotati palesemente vessatori nel caso di rilevanza penale della violazione commessa (sanzione penale per la persona fisica + sanzione tributaria per la persona giuridica ex art. 19, comma 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 + sanzione amministrativa da reato per la persona giuridica). In questo senso, al fine di scoraggiare la convenienza del compimento delle violazioni, in una logica di riassetto del sistema sanzionatorio amministrativo sulla base 7 Il riferimento è al ddl Atto Senato n. 19. 14

della correlazione della sanzione all effettiva gravità dei comportamenti, si potrebbe valutare l opportunità di introdurre, come proposto recentemente anche da parte di qualche dottrina 8, forme sanzionatorie in grado di generare una radicale contrapposizione tra interesse dell organo ed interesse dell ente, mediante la previsione di sanzioni distinte e parallele per l ente e per l organo agente. Quest ultimo potrebbe essere passibile di sanzioni in grado di limitare l esplicazione della funzione amministrativa, o comunque di sanzioni coercitive delle libertà individuali, costruite sul modello delle sanzioni accessorie di cui all art. 21 del d. lgs. n. 472 del 1997 (da applicarsi, a quel punto, per evidenti ragioni di tenuta del sistema sotto il profilo costituzionale, anche alle persone fisiche titolari di reddito d impresa in presenza delle medesime violazioni definitivamente accertate). 2.3. Il principio di specialità ex art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000 nell applicazione di sanzioni amministrative e sanzioni penali: esigenze di chiarezza alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali della Corte Europea dei Diritti dell Uomo. A seguito di alcune recenti pronunce della Corte Europea dei Diritti dell Uomo che hanno ribadito e specificato la portata del principio del ne bis in idem, in sede di riforma del sistema sanzionatorio tributario potrebbero prefigurarsi interventi anche in ordine al rapporto tra sanzione penale e sanzione amministrativa nelle ipotesi in cui, al compimento di medesimi fatti, possano astrattamente ricollegarsi entrambe le misure sanzionatorie. L attuale sistema sanzionatorio tributario è ancorato, come noto, al principio di specialità di cui all art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000, ai sensi del quale, nell ipotesi in cui uno specifico fatto sia punito da una sanzione di natura penale e da una sanzione di natura amministrativa, deve applicarsi la disposizione che presenti tratti di specialità rispetto all altra 9. In questo modo, il sistema dovrebbe scongiurare l applicazione di un duplice carico sanzionatorio sia penale sia amministrativo in capo allo stesso soggetto 8 Il riferimento è a GIOVANNINI A., Persona giuridica e sanzione tributaria: idee per una riforma, in Rass. Trib., pp. 509 e ss.. 9 In tali circostanze, tuttavia, con riferimento a sanzioni irrogate a persone fisiche, ai sensi dell art. 21 del d. lgs. n. 74 del 2000, la sanzione amministrativa viene comunque irrogata, ma la riscossione non è eseguibile fino alla definizione del processo penale. 15

(allorquando si tratti di persona fisica) nei confronti del quale, tuttavia, per un verso, possono svolgersi, contestualmente e parallelamente, i relativi processi secondo il modello del c.d. doppio binario 10 e, per altro verso, la sanzione amministrativa viene soltanto irrogata ma non riscossa fino all esito definitivo del processo penale. Ebbene, secondo i più recenti orientamenti della Corte Europea dei Diritti dell Uomo, deve ritenersi vietato non solo irrogare una duplice sanzione sotto un profilo sostanziale, ma anche perseguire o giudicare una persona per un secondo illecito nella misura in cui alla base di quest ultimo vi sono fatti che sono sostanzialmente gli stessi di un altro illecito già definitivamente accertato, così come previsto dall art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione EDU. In una recente sentenza 11, è stato infatti affermato che l avvio di un processo penale in relazione agli stessi fatti per i quali era già stata definitivamente comminata una sanzione pur qualificata come amministrativa dall ordinamento italiano viola il fondamentale principio del ne bis in idem, secondo cui non si può essere giudicati, e quindi nemmeno perseguiti, due volte per lo stesso fatto, come disposto dal predetto art. 4 del Protocollo n. 7 12. Il punto nodale della questione è che, sebbene la predetta disposizione della Convenzione EDU riguardi le sanzioni di natura penale, tuttavia secondo il consolidato orientamento della Corte EDU, al fine di stabilire la sussistenza di una accusa in materia penale occorre prescindere dalla qualificazione nominalistica attribuita dal legislatore nazionale, dovendosi avere riguardo ad una interpretazione sostanzialistica della natura delle norme di diritto interno, talché la natura penale della sanzione deve essere desunta in relazione al tono di afflittività della sanzione stessa, evinta anche dal grado di severità e dal livello di gravità della medesima. A tale riguardo, nella prospettiva fatta propria dalla Corte EDU, potrebbe quindi dubitarsi fortemente che per le sanzioni tributarie amministrative previste dall ordinamento italiano possa essere esclusa la natura sostanzialmente penale, attesi non solo i tratti di spiccata afflittività desumibili dalla determinazione in percentuali 10 In relazione a quanto disposto dall art. 20 del d. lgs. n. 74 del 2000 e dal combinato disposto degli artt. 3 e 479 c.p.p., secondo cui il processo penale non può essere sospeso nelle more di quello tributario, attese, principalmente, le limitazioni probatorie esistenti in quest ultimo. 11 Corte EDU, sent. 4 marzo 2014, n. 18640/10, Grande Stevens e altri contro Italia. 12 Ai sensi del quale, Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato. 16

significative dell imposta evasa (sovente dal 100% al 200% o dal 120% al 240%), ma anche la struttura stessa del sistema sanzionatorio amministrativo, delineato sui principi che la legge n. 689 del 1981 mutuò dal sistema penale. Ed, infatti, con un altra recentissima sentenza 13, la Corte EDU ha ritenuto di natura penale la sovrattassa prevista dalla legislazione finlandese pari all importo della tassa evasa. Al cospetto di quello che potrebbe definirsi processo di liquefazione 14 dei criteri distintivi formali tra sanzione di natura penale e sanzione amministrativa, anche le sanzioni amministrative tributarie previste nel nostro ordinamento rischiano quindi di entrare nell orbita gravitazionale dell art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione EDU, con ogni conseguente implicazione, non ultima quella dei possibili rischi di condanne per duplicazione di processi in materia penale, pur a prescindere dalla circostanza che ad essere portata ad esecuzione sia poi una sola delle sanzioni irrogate. Ne consegue, pertanto, che, sotto questi profili, non possono escludersi dubbi in ordine alla tenuta del raccordo del sistema sanzionatorio penale con quello amministrativo delineato dall ordinamento tributario italiano, nella parte in cui non è idoneo a garantire che nei confronti di un medesimo soggetto possa essere celebrato un nuovo processo - o non interrompersi uno già avviato - allorquando sia già intervenuta l irrogazione in via definitiva di una sanzione da ritenersi relativa ad un accusa in materia penale secondo i criteri indicati dalla Corte EDU. Come, infatti, è stato precisato nella sentenza n. 18640 del 2014, l art. 4 del Protocollo n. 7, enuncia una garanzia contro nuove azioni penali o contro il rischio di tali azioni, e non il divieto di una seconda condanna o di una seconda assoluzione. Il divieto di ne bis in idem delineato dalla predetta disposizione non può quindi essere ricondotto o comunque implicitamente incluso nel principio di specialità vigente nel sistema sanzionatorio tributario italiano, operando su un piano diverso: il divieto di ne bis in idem non attribuisce, infatti, alcun rilievo ai profili di specialità delle disposizioni sanzionatorie, limitandosi a precludere che, in relazione ai medesimi fatti, dopo una prima pena definitivamente accertata da ritenersi di natura penale, possa aprirsi un ulteriore procedimento a carico della stessa persona diretto a verificare la 13 Corte EDU, sent. 20 maggio 2014, n. 11828/11, Nykanen contro Finlandia. 14 Secondo l efficace espressione di BAUMAN Z., Modernità liquida, Roma - Bari, 2003. 17

sussistenza dei presupposti per l irrogazione di una seconda sanzione, anche eventualmente dinanzi ad una diversa autorità. E, al fine di valutare la violazione o meno di tale principio, la Corte EDU pone attenzione alla circostanza che i fatti perseguiti siano sostanzialmente gli stessi, ovvero che i fatti ascritti nel giudizio successivo siano da ricondurre alla medesima condotta, e non al fatto che gli elementi costitutivi dell illecito siano o meno i medesimi. Peraltro, su posizioni analoghe è attestata anche la Corte di giustizia dell Unione europea, come evidenziato dalla sentenza della Grande Sezione, 26 febbraio 2013, causa C-617/10, in cui è stato puntualizzato che il principio del ne bis in idem all art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea non osta a che uno Stato membro imponga, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di IVA, una sanzione tributaria e successivamente una sanzione penale, qualora la prima non sia di natura penale, circostanza che dev essere verificata dal giudice nazionale (valutazione da effettuarsi alla stregua di criteri sostanzialmente corrispondenti a quelli affermati dalla Corte EDU, c.d. criteri di Engel). Astrattamente, è pur vero, non pare rinvenirsi una espressa frizione tra regime del doppio binario di cui all art. 20 del d. lgs. n. 74 del 2000 e il divieto di ne bis in idem contemplato nell art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione EDU e nell art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea: in questo senso, correttamente, con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha chiarito che a fronte del processo penale per i reati tributari, è pacifico che lo stesso viaggi in parallelo con l esistenza di un debito tributario da adempiersi 15. Tuttavia, come precisato dalla sentenza n. 18640 della CEDU, l articolo 4 del Protocollo n. 7 entra in gioco quando viene avviato un nuovo procedimento e la precedente decisione di assoluzione o di condanna è già passata in giudicato : infatti, ciò che è stato oggetto di censura nel caso esaminato dalla Corte è il fatto che, nonostante le condanne inflitte in via definitiva dall autorità amministrativa italiana nelle more del giudizio penale già in corso, quest ultimo non sia stato interrotto dopo il passaggio in giudicato delle prime. Pertanto, il regime del doppio binario tra processo penale e processo tributario potrebbe quindi entrare potenzialmente in collisione con il principio di ne bis in idem 15 Cass. Pen., 15 maggio 2014, n. 20266. 18

nelle fattispecie in cui, in presenza di un processo penale parallelo a quello tributario, dopo il passaggio in giudicato della sentenza relativa al processo che per primo definitivamente si conclude, l altro processo non venga immediatamente interrotto. Invero, non può omettersi di rilevare che il principio del ne bis in idem, così come interpretato dalla Corte EDU, potrebbe però porsi in contrasto con il principio di specialità di cui all art. 19 del d. lgs. n. 74 del 2000, atteso che la sanzione che di volta in volta sarebbe in concreto irrogata - nell eventualità in cui siano stati avviati i due processi, quello tributario e quello penale - verrebbe a dipendere dal caso, dipendendo dalla mera velocità con cui si conclude il primo processo tra i due 16! Con la conseguenza che potrebbe quindi essere irrogata la sanzione non speciale, con possibili gravi ricadute anche sotto il profilo della proporzionalità e della parità di trattamento. Si ponga mente, in particolare, al fatto che per violazioni di maggiore gravità, la sanzione applicata potrebbe risultare quella amministrativa, nel caso di specie in cui per prima passi in giudicato una sentenza del processo tributario (paradossalmente, peraltro, nell ipotesi di pronuncia favorevole all amministrazione finanziaria in primo grado, il contribuente/trasgressore potrebbe avere interesse a non impugnare, al fine di inibire la prosecuzione del processo penale). Ad aggravare poi i timori di effettiva tenuta del sistema di raccordo tra sanzioni penali e amministrative alla luce degli arresti giurisprudenziali delle Corti europee, contribuisce poi la circostanza che il principio di specialità non ha precluso, talora, alla nostra Corte di Cassazione di ritenere applicabile nei confronti del medesimo soggetto, sia la sanzione di natura penale sia quella di natura amministrativa in ragione del fatto che esse, in particolari fattispecie, esse non sarebbero valutabili alla stregua del principio di specialità, quanto piuttosto di progressione : ciò, in particolare, allorquando le fattispecie sanzionatorie astratte, pur presentando comunanza di una parte dei presupposti e della condotta, divergano, invero, in alcune componenti essenziali degli elementi costitutivi, tali da impedire che un illecito possa ritenersi speciale rispetto all altro 17. 16 Su tali aspetti, si veda In proposito si veda GIOVANNINI A. MURCIANO L. P., Il principio del ne bis in idem sostanziale impedisce la doppia sanzione per la medesima condotta, in Corr. Trib., 2014, pp. 1548 ss. 17 Cass., ss.uu, 12 settembre 2013, n. 37424 e 37425 nelle quali sono stati ritenuti in rapporto di progressione, e quindi applicabili entrambe le sanzioni per essi previste, l illecito penale di cui all art. 10 ter del d. lgs. n. 74 del 2000 e l illecito amministrativo di cui all art. 13 comma 1 del d. lgs. n. 471 del 1997 in tema di omesso versamento Iva. 19

In tema di tributi armonizzati, si pensi poi al pericolo dell eventuale disapplicazione da parte dei giudici nazionali delle disposizioni normative in contrasto con il principio del ne bis in idem di cui all art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea (oltre che di condanna da parte della CEDU con riferimento non solo ai tributi armonizzati). Per ovviare a tali criticità potrebbero, però, al momento, delinearsi soltanto mere ipotesi ed è bene perciò fermarsi qui. Vi ringrazio dell attenzione. Francesco Nicoletti 20