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Si fa seguito alla circolare n. 16 del 27 gennaio 2003 e si forniscono ulteriori precisazioni in merito a particolari problematiche.

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ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 17/2016 Napoli 16 Maggio 2016 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI APRILE 2016 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Aprile 2016. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Aprile 2016 è pari a 0,5000 e l indice Istat è 99,60. L'ACCESSO ALLA CASELLA DI POSTA ELETTRONICA DEL DIPENDENTE PROTETTA DA PASSWORD PERSONALIZZATA COSTITUISCE REATO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 13057 DEL 31 MARZO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 13057 del 31 marzo 2016, ha statuito che l'accesso alla casella di posta elettronica del dipendente, protetta da una password personalizzata, costituisce reato anche se la stessa mail è di tipo aziendale. Nel caso in disamina, un dipendente, responsabile dell'ufficio di Polizia Provinciale di Bologna, accedeva, senza autorizzazione, alla casella di posta elettronica di un suo sottoposto, scaricando (anche) alcuni file. 1

La Magistratura, adita dal lavoratore che aveva patito l'accesso abusivo alla propria mail, condannava, sia in I grado che in Appello, seppur con differenti modalità, il superiore gerarchico, autore di tale violazione. Il responsabile dell'ufficio Provinciale proponeva ricorso per Cassazione. Orbene, gli Ermellini, nel confermare integralmente il deliberato dei gradi di merito, hanno evidenziato che l'accesso non autorizzato alla casella di posta elettronica, dotata di password personalizzata, costituisce lesione della riservatezza individuale in quanto, tale casella, rappresenta uno spazio virtuale a disposizione del titolare, non avendo, a tal fine, alcuna rilevanza che la stessa mail sia di tipo aziendale. Pertanto, atteso che nel caso de quo il superiore aveva effettuato l'accesso alla casella di posta del proprio sottoposto, violandone la riservatezza, garantita da apposita password personalizzata, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso confermandone la condanna per accesso abusivo ai sistemi informatici. INTEGRA IL REATO DI ESTORSIONE IMPORRE AI DIPENDENTI LA FIRMA DI UN CONTRATTO PART TIME SE LA PRESTAZIONE REALE PREVEDE UNA DURATA MAGGIORE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 18727 DEL 5 MAGGIO 2016 La Corte di Cassazione - II Sezione Penale - sentenza n 18727 del 5 maggio 2016, ha statuito che le condizioni unilateralmente decise dal datore di lavoro, sotto minaccia di licenziamento, integrano il reato di estorsione ex art. 629 c.p.. Nella vicenda in esame, il G.U.P. del Tribunale di Trapani e la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma, dichiaravano colpevole del reato di estorsione continuata il rappresentante legale di una società esercente l'attività di bar che, nella sua qualità di datore di lavoro, mediante minaccia di licenziamento aveva costretto alcuni dipendenti, prima ad accettare le condizioni lavorative loro imposte e a firmare una lettera di dimissioni in bianco, poi, a svolgere di fatto attività lavorativa quotidiana e a tempo pieno, pur risultando assunti part-time. Al datore di lavoro si addebitava anche il reato di violenza privata 2

perché, mediante l'ulteriore minaccia del licenziamento, costringeva i lavoratori a dichiarare falsamente dinanzi agli ufficiali dell'ispettorato del Lavoro la genuinità del contratto a tempo parziale. Nei confronti della sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il datore di lavoro deducendo l'inesistenza del reato di estorsione in quanto, ancor prima dell'instaurazione del rapporto di lavoro, tutti i dipendenti erano stati resi edotti delle condizioni, degli orari, delle retribuzioni e dei turni di lavoro. Orbene, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso ritenendo la fattispecie perfettamente integrata nel paradigma dell'art. 629 c.p.. La nota pregnante del delitto di estorsione, hanno specificato gli Ermellini, consiste nel mettere la persona minacciata in condizioni di tale soggezione e dipendenza da non consentirle, senza un apprezzabile sacrificio della sua autonomia decisionale, alternative meno drastiche di quelle alle quali la stessa si considera costretta. Ciò che rileva è, infatti, il proposito voluto dal soggetto agente, inteso a perseguire un ingiusto profitto con altrui danno. Invero, hanno concluso gli Ermellini, nella sentenza impugnata viene tracciato un quadro globale di timore dei dipendenti, in ragione della particolare situazione del mercato del lavoro e in presenza di comportamenti prevaricatori del datore di lavoro. RISPONDE DEL REATO DI OMESSA PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI IL CONTRIBUENTE E NON IL COMMERCIALISTA CUI ERA STATO AFFIDATO L INCARICO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 18845 DEL 5 MAGGIO 2016 La Corte di Cassazione Sezione Penale -, sentenza n. 18845 del 5 maggio 2016, ha statuito che l affidamento ad un professionista, nella fattispecie un commercialista, dell incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione. IL FATTO Un contribuente veniva indagato per omessa presentazione della dichiarazione, ai sensi dell art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 ed a suo carico veniva disposto il 3

sequestro preventivo, finalizzato alla successiva confisca, di somme nella disponibilità dell indagato. Il suddetto provvedimento veniva prontamente impugnato dinanzi al Tribunale del riesame che rigettava l istanza confermando la legittimità della misura cautelare. Da qui, il ricorso in Cassazione da parte del contribuente sostenendo di essere stato una vittima del comportamento illecito del commercialista; e a questa circostanza il Tribunale avrebbe dovuto attribuire rilevanza in sede di verifica sulla sussistenza dell elemento soggettivo del reato in contestazione ed escludere il dolo specifico richiesto dall art. 5 del D.Lgs. n. 74/00. Si ricorda brevemente che il suddetto art. 5, così come modificato dal D.Lgs. n. 158/2015, punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta essendovi obbligato una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila. I Supremi Giudici, respingendo il ricorso, hanno sottolineato che l obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente per cui l affidamento a un professionista dell incarico di presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera l obbligato dalla responsabilità per l omessa dichiarazione, in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera personale e non delegabile il relativo dovere. Tuttavia, hanno rilevato gli Ermellini, la prova del dolo specifico di evasione non può derivare dalla semplice violazione dell obbligo dichiarativo, né dalla culpa in vigilando sull operato del professionista. Occorre, infatti, dimostrare che vi siano elementi fattuali dimostrativi della condotta dolosa del contribuente che abbia consapevolmente preordinato l omessa dichiarazione all evasione dell imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (cfr. Cass. Sez. 3^ n. 37856/2015); il Tribunale, sul punto, aveva riscontrato ripetute irregolarità fiscali da parte del contribuente e, pertanto, non poteva escludersi il dolo. 4

In nuce, i Giudici del Palazzaccio, hanno dichiarato che gli obblighi fiscali sono strettamente personali e non ammettono sostituti ed equipollenti, pertanto tali adempimenti non si possono ritenere compiuti dal contribuente con il semplice conferimento dell incarico a uno studio professionale, dato che ciò comporterebbe una estrema facilità di evasione (Cass. Sez. 3^ n. 116/1984). Per i motivi suddetti il ricorso è stato rigettato con conferma del sequestro a carico dell indagato. RISARCIMENTO DANNI A CARICO DELL INPS SE IL DIPENDENTE SBAGLIA LA DATA DI USCITA DAL LAVORO A CAUSA DI UN ESTRATTO CONTRIBUTIVO ERRATO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 8604 DEL 2 MAGGIO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 8604 del 2 maggio 2016, ha statuito che il lavoratore indotto alle dimissioni, da un colpevole comportamento dell'inps, ha diritto al risarcimento del danno per un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quella dell'effettivo conseguimento della pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario, ottenuto col versamento di contributi volontari, da sommarsi a quelli obbligatori anteriormente accreditati. Nel caso di specie, i Giudici di Piazza Cavour, ribaltando in toto la sentenza dei Giudici territoriali, hanno condannato l INPS, per la mancata percezione della pensione da parte di un lavoratore per un determinato periodo, in conseguenza di un erronea comunicazione della sua situazione contributiva, ancorché tale estratto contributivo, sul quale il lavoratore si era basato per vedere maturati i requisiti contributivi necessari per il conseguimento della pensione, non aveva valore certificativo, ex art. 54 Legge n. 88/1989. Con la sentenza de qua, la Suprema Corte ha ritenuto che, in caso dell erronea comunicazione al lavoratore dell estratto conto contributivo, l INPS risponde del danno derivatone per inadempimento contrattuale, salvo che provi che l inesattezza non è imputabile all Istituto stesso. L affidamento di un iscritto all INPS merita infatti tutela, perché la Pubblica Amministrazione ha un dovere di correttezza e buona fede, non dovendo mai tradire la 5

fiducia di terzi fornendo loro informazioni errate. Inoltre, l assenza di valore certificativo dell estratto conto contributivo non rappresenta una valida causa di esonero dalla responsabilità gravante sull INPS. In nuce, non vale ad escludere la responsabilità dell Istituto neanche la circostanza dell assenza di sottoscrizione dell'estratto conto in parola da parte di un funzionario, perché gli estratti contributivi su moduli a stampa rilasciati sono la riproduzione di un documento elettronico e come tali non abbisognano, per spiegare i loro effetti, di alcuna sottoscrizione. LA SCELTA DELL INDENNITA SOSTITUTIVA DELLA REINTEGRAZIONE DETERMINA LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 9068 DEL 5 MAGGIO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 9068 del 5 maggio 2016, ha (ri)confermato che il tardivo pagamento dell indennità sostitutiva alla reintegra nel posto di lavoro configura una mera inadempienza delle obbligazioni pecuniarie. Nel caso in commento, la Corte d'appello di Roma, in conferma della sentenza del Tribunale di primo grado, respingeva il decreto ingiuntivo volto ad ottenere la corresponsione di tutte le retribuzioni maturate dal giorno dell esercizio dell opzione a quello di effettivo pagamento dell indennità sostitutiva. La pronuncia si basa sull art. 18, quinto comma, delle Legge 300/1970, ritenendo la dichiarazione di volontà di esercizio dell opzione, volta a cessare il rapporto di lavoro, un aspetto dirimente in termini risarcitori. Nel caso de quo, gli Ermellini, in linea con i Giudici di merito, hanno ribadito che il periodo antecedente all esercizio del diritto di opzione trova la sua regolamentazione nell art. 18, comma 4 della Legge c.d. Giugni, mentre il periodo successivo all esercizio del diritto di opzione, momento in cui il rapporto può dirsi definitivamente cessato, il pagamento tardivo dell indennità sostitutiva si qualifica come mora debendi ossia quale mero inadempimento o tardivo adempimento delle obbligazioni pecuniarie (art. 429 c.c., 3 comma). In conclusione, il momento in cui si esercita il diritto di opzione, con conseguente interruzione del rapporto di lavoro, è anche il momento in cui non è più persistente l obbligo retributivo. 6

Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro 7