ESPOSTO AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA AVVERSO L INERZIA DEL GIUDICE DELEGATO NEL DARE IMPULSO ALLA PROCEDURA CONCORSUALE



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Il Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.) è un organo di autogoverno della Magistratura ordinaria (civile e penale) avente rilievo costituzionale, che ha lo scopo di garantire l autonomia e l indipendenza della Magistratura dagli altri poteri dello Stato. Il C.S.M. è costituito da tre membri di diritto, ovvero il Presidente della Repubblica (che lo presiede), il Primo Presidente ed il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, e da 24 consiglieri eletti per i 2/3 dai magistrati ordinari e per 1/3 dal Parlamento. Tra i poteri del C.S.M., vi è anche quello disciplinare. La responsabilità disciplinare che giustifica il ricorso al C.S.M. consegue alla violazione da parte del magistrato dei doveri funzionali che egli assume nei confronti dello Stato al momento della nomina; diversa ed ulteriore è, invece, la responsabilità civile che il magistrato assume nei confronti delle parti processuali o di altri soggetti a causa di eventuali errori o inosservanze compiute nell esercizio delle sue funzioni, che trova fondamento nell art. 28 Cost. ( I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici ). Ferma restando l insindacabilità nel merito dell attività giurisdizionale, può esservi spazio per la responsabilità disciplinare del magistrato, laddove, secondo la costante giurisprudenza della Sezione disciplinare del C.S.M., ci si trovi in presenza di un abnorme o macroscopica violazione di legge ovvero di un uso distorto della funzione giudiziaria. Con specifico riferimento al profilo che qui rileva, osserviamo che spesso il C.S.M. ha inflitto sanzioni disciplinari a magistrati ritenuti colpevoli di reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all esercizio delle funzioni (a titolo esemplificativo, il deposito di sentenze oltre il termine di legge). Come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ai fini della configurabilità 2 Aprile 2013

dell'illecito disciplinare non è sufficiente il compimento, da parte del magistrato, di atti scorretti o contrari alla legge, essendo altresì necessario che tali atti siano idonei ad incidere negativamente sulla fiducia e sulla considerazione di cui deve godere il magistrato, ovvero a compromettere il prestigio dell'ordine giudiziario; in altri termini, la rilevanza disciplinare dei comportamenti ascritti al magistrato incolpato risiede essenzialmente nel discredito che quelle condotte, anche all'infuori di ogni illecita preordinazione, sono idonee a gettare sull'esercizio dell'attività giudiziaria e che il magistrato è comunque tenuto ad evitare. Il relativo accertamento delle suddette condizioni compete alla sezione disciplinare del Csm ed è incensurabile in sede di legittimità se la relativa decisione risulti sorretta da adeguata e logica motivazione. (Nella specie, le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso proposto dal magistrato fallimentare sanzionato con l'ammonimento, rilevando la correttezza e l'adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in relazione ai plurimi addebiti disciplinari ascritti all'incolpato, consistiti nell'indebita pressione esercitata su un curatore con successiva proposta della sua revoca a fini ritorsivi, nell'aver colpevolmente ignorato una serie di segnalazioni di altro curatore relativi al compimento di atti, da parte di una cooperativa poi dichiarata fallita, intesi a sottrarre, nell'imminenza del fallimento, il proprio patrimonio alla soddisfazione dei creditori, e, infine, nell'aver contribuito, con la sua condotta, all'emanazione di un provvedimento collegiale di rigetto dell'istanza di riapertura del fallimento di una società sul presupposto, dimostratosi falso, dell'inesistenza di attivo) (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 27 luglio 2007 n. 16626 in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8; e, in senso sostanzialmente conforme alla prima parte della massima, Cass. Civ., 27 luglio 2007 n. 16618). In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, l'inosservanza della norma di legge deve essere frutto di dolo o colpa grave, e cioè tale da evidenziare un comportamento di scarsa ponderazione, approssimazione, frettolosità o limitata diligenza, suscettibile di incidere negativamente, in concreto, sulla credibilità del magistrato ovvero sul prestigio dell'ordine giudiziario. Occorre tuttavia precisare che in molti casi il C.S.M. ha ritenuto esente da responsabilità disciplinare il magistrato laddove, dalla relazione ispettiva, sia emersa l'esistenza di un carico di lavoro eccedente la capacità operativa dell'ufficio, nonché lo svolgimento di 3 Aprile 2013

plurime funzioni da parte del magistrato, il quale aveva avuto una produttività molto elevata ed aveva anche segnalato al Presidente del Tribunale ed al Consiglio giudiziario la allarmante carenza strutturale dell'ufficio. Proprio con riguardo a plurime condotte omissive da parte di un Giudice delegato, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile hanno sancito che é adeguatamente motivata, e non sindacabile in sede di legittimità, la decisione con la quale il Csm abbia ritenuto esente da responsabilità disciplinare il magistrato che, nella sua veste di giudice delegato, abbia omesso di effettuare controlli adeguati e penetranti sull'operato dei curatori, quando risulti che sia il carico di lavoro, sia le carenze strutturali dell'ufficio, non avrebbero consentito lo svolgimento adeguato dei suddetti controlli (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 18 ottobre 2005 n. 20119 in D&G - Dir. e giust. 2006, 4, 21). * * * Da un punto di vista pratico, si evidenzia che il procedimento disciplinare è regolato dalle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili. Il procedimento disciplinare è promosso dal Ministro della Giustizia e dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Al fine di attivare l esercizio dell azione da parte dei predetti soggetti, la parte può inoltrare un esposto al Ministro della Giustizia, al C.S.M., ai Dirigenti degli uffici, ai Presidenti di sezione, ai Presidenti di collegio e/o al Consiglio Giudiziario (organo elettivo della magistratura ordinaria, costituito presso ogni Corte d Appello, con competenze tassativamente indicate dalla legge, che svolge una importante attività istruttoria ed esprime pareri su materie ed affari di competenza del C.S.M.). Tale esposto non comporta alcun costo e può essere redatto dalla parte senza l ausilio di un avvocato. Una volta ricevuto l esposto o la notizia afferente un fatto avente rilevanza sotto il profilo disciplinare, il Ministro della Giustizia ha la facoltà (il Procuratore Generale presso 4 Aprile 2013

la Corte di Cassazione ha invece l obbligo) di promuovere l azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Di tale iniziativa il Ministro (o il Procuratore Generale, a seconda di chi prenda l iniziativa) deve dare comunicazione al C.S.M. con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. La richiesta di indagini al Procuratore Generale scandisce l inizio del procedimento disciplinare. Dell inizio dell azione disciplinare deve essere data comunicazione, a pena di nullità dei successivi atti di indagine, al magistrato incolpato entro trenta giorni, il quale può farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato. Compiute le indagini, i relativi atti confluiscono nel fascicolo del procedimento da trasmettere al C.S.M. sia nell ipotesi in cui il Procuratore Generale ritenga di provocare il dibattimento, sia nel diverso caso in cui reputi di concludere la vicenda chiedendo la declaratoria di non luogo a procedere o disponendo l archiviazione. In tale ultima ipotesi, il Ministro della Giustizia, entro dieci giorni dalla comunicazione della richiesta di archiviazione da parte del Procuratore Generale, può chiedere copia degli atti e, nei successivi sessanta giorni, può chiedere al Presidente della Sezione disciplinare la fissazione di una udienza di discussione orale, formulando l imputazione. La discussione nel giudizio disciplinare avviene in udienza pubblica con la relazione di uno dei componenti della Sezione disciplinare, l acquisizione d ufficio di ogni prova utile, la lettura di rapporti, ispezioni, atti e prove acquisite in istruttoria, nonché l esibizione di documenti. La Sezione disciplinare, sentite le parti, delibera e la decisione può essere impugnata dinanzi alle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, mentre la sentenza divenuta irrevocabile può essere soggetta comunque a revisione. La legge prevede che l azione disciplinare deve essere promossa entro un anno dalla notizia del fatto e il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, entro due anni 5 Aprile 2013

dall inizio del procedimento, deve formulare le richieste conclusive. Infine, entro due anni da tali richieste, la Sezione disciplinare del C.S.M. si pronuncia. L accoglimento dell esposto può comportare l ammonimento (richiamo all osservanza dei doveri del magistrato), la censura (dichiarazione formale di biasimo), la perdita dell anzianità, l incapacità temporanea ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo, la sospensione dalle funzioni (allontanamento dalle funzioni con la sospensione dello stipendio ed il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura) o, nell ipotesi più grave, la rimozione del magistrato (intesa come cessazione del rapporto di servizio), ma senza alcun intervento diretto volto a dare impulso alla procedura o causa a monte della segnalazione. Secondo la normativa, non può essere promossa azione disciplinare decorsi dieci anni dal fatto. 6 Aprile 2013