Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura Asti Immigrazione e sviluppo dell imprenditorialità Provincia di Asti, 1 dicembre 2007, ore 9 Intervento del Presidente Mario Sacco Dall Osservatorio della Camera di Commercio emerge un dato significativo: sono ben 1.337 le persone di provenienza extracomunitaria che gestiscono un impresa. In questo contesto emergono i titolari di imprese edili (441) e gli esercenti attività commerciali (359), ma si possono ritenere significativi anche i 125 extracomunitari che gestiscono aziende agricole ed i 127 individui che svolgono attività artigianali. Si contano inoltre 86 ristoratori e 30 imprese di trasporto. Nell ambito dei restanti servizi, gli extracomunitari gestiscono 108 imprese. Con riferimento ai servizi alle persone, risultano 28 attività a conduzione extracomunitaria. La propensione all imprenditorialità è molto elevata nell astigiano: dagli ultimi dati risulta un rapporto di 12,4 imprese ogni 100 residenti a fronte di una media nazionale del 10,6%. Anche il tasso di imprenditorialità extracomunitaria è notevole: ogni 100 residenti extracomunitari si rilevano 8,1 imprese. Le iscrizioni di imprese extracomunitarie hanno messo in evidenza un forte aumento fino a fine dicembre 2006, con un tasso di aumento del 15% nell ultimo anno e del 150% rispetto al 2000. Nel 2007, dal confronto dei dati al 30 settembre 2007 rispetto alla stessa data del 2006, si rileva invece una flessione del 2,2% solo apparente. In realtà tale dinamica è da addebitare all ingresso nell Unione Europea, dal 1 gennaio 2007, di Romania e Bulgaria ed al conseguente passaggio, soprattutto dell imprenditorialità rumena ammontante a 208 unità, da extracomunitaria a comunitaria. Le nazionalità extracomunitarie attualmente più rappresentative nell universo imprenditoriale locale sono quelle albanese (342 imprenditori), marocchina (267), macedone (84), tunisina (49) e cinese (35). Pur prevalendo, tra le forme giuridiche di impresa adottate dagli extracomunitari, la ditta individuale, con una quota del 63,5%, risulta particolarmente frequente la costituzione di società, infatti il 28% degli extracomunitari sono soci di società di persone ed il 4,9% fa parte di società di capitale. Sono in maggioranza giovani imprenditori : il 15% ha meno di 30 anni ed il 65% ha un età compresa tra i 30 ed i 49 anni.
Le donne rappresentano circa il 25% dell imprenditoria extracomunitaria e sono particolarmente numerose nelle funzioni di titolari di aziende agricole (61 unità), di attività di commercio al dettaglio (60) e nei servizi alle persone (21). In quest ultimo ruolo è ben noto il sommerso generato dalla diffusione del ricorso a badanti extracomunitari nell ambito dell assistenza agli anziani, estremamente necessario a causa dell elevato indice di vecchiaia che contraddistingue la popolazione astigiana. Su questo punto sono opportune norme legislative e previdenziali che favoriscano la regolarizzazione di tali posizioni, anche tramite forme cooperative, dando nel contempo la possibilità, a chi fa ricorso a questa forza lavoro, di poter regolarizzare a costi sostenibili. Sul fronte del lavoro dipendente, dall Indagine Excelsior, sistema informativo permanente sull occupazione condotto dal sistema camerale, emerge un rilevante ricorso all occupazione extracomunitaria da parte di imprese sia del settore industriale che del commercio e dei servizi. Sono infatti state previste, per il 2007, quasi mille assunzioni di extracomunitari, pari al 36,5% del totale assunzioni. Tale percentuale sale al 59,5% nel settore delle costruzioni che notoriamente impiega manodopera extracomunitaria soprattutto per i lavori più usuranti. L impiego di lavoratori extracomunitari in provincia di Asti risulta sensibilmente superiore alla media regionale e nazionale che si attesta al 27%. Unioncamere, attraverso un indagine effettuata a livello nazionale su un campione di oltre mille imprenditori extracomunitari, ha realizzato uno studio sui Comportamenti finanziari e creditizi della società multietnica. L indagine evidenzia che il 70% delle imprese costituite da cittadini immigrati ha rapporti con le banche italiane. Il 50% giudica buona la qualità dei servizi offerti anche se lamenta la crescita del debito, il 40% ha chiesto un prestito per l avvio o l ampliamento della propria attività pur se nella maggioranza dei casi gli imprenditori immigrati utilizzato risorse proprie o concesse da parenti e amici. L'impiego dei profitti è prevalentemente destinato ad un incremento dei consumi, mentre, sempre dalle risultanze della rilevazione, solo una piccola quota è destinata ad aumentare le rimesse verso il Paese di provenienza (poco più del 2%). Circa un quarto degli imprenditori intervistati ritiene di dover investire i maggiori guadagni nel rafforzamento della propria attività. Le etnie maggiormente interessate ad incrementare gli investimenti sono quelle dell'est-europa, mentre una minore propensione si rileva negli imprenditori africani, che sono peraltro anche quelli che destinano maggiori risorse al trasferimento verso il Paese d'origine. La dimensione media dell'investimento previsto è decisamente modesta (soli 10.170 euro). Per gli imprenditori immigrati l autofinanziamento è la modalità prevalente per sostenere le spese di avvio dell attività e di investimento successivo. Ad esso si affianca il supporto di amici e parenti (per il 16%), delle banche (per il 15%) e, in misura minore, di altri istituti finanziari (5%). Il finanziamento da parte delle istituzioni
pubbliche non supera il 2,3%, indice di una difficoltà di accesso di questo tipo di imprese al sostegno delle politiche pubbliche ad esse dedicate. Il ricorso al finanziamento bancario è particolarmente elevato per le imprese dei servizi e delle attività manifatturiere. Viceversa l'autofinanziamento è nettamente prevalente nelle costruzioni e nell'agricoltura. Sono gli imprenditori dell'est-europa e quelli africani coloro che fanno maggiore ricorso al finanziamento bancario. I cinesi, invece, sono più propensi al finanziamento da parte della comunità (amici o parenti). Gli imprenditori cinesi e, in misura minore, gli africani evidenziano le remore maggiori a dichiarare la fonte dei finanziamenti. Tra il 70% degli imprenditori che ha dichiarato rapporti con le banche, il 6% ha rapporti con più di un istituto di credito, mentre il 64% con un solo istituto bancario. Nel settore dei servizi e in quello delle costruzioni il rapporto con le banche è molto più frequente di quanto non avvenga nel commercio. I servizi bancari più utilizzati sono quelli del conto corrente (il 95%) e della gestione degli incassi e pagamenti (il 24%). Il servizio di money transfer coinvolge circa l'11% degli imprenditori e riguarda prevalentemente quelli di origine asiatica e in misura minore gli africani. I servizi cui accedono gli imprenditori sono molti, ma è solo del il 40% la quota di chi ha chiesto direttamente un prestito alla banca. Questa richiesta è stata accolta dalla banca nei due terzi dei casi, mentre un terzo delle richieste è stato rifiutato. Gli imprenditori che hanno registrato un più elevato tasso di rifiuto sono quelli africani, mentre i più accettati sono gli imprenditori dell'europa orientale. Le attività nei settori agricolo, delle costruzioni e dei servizi sono quelle meno apprezzate dal settore bancario. I prestiti sono stati richiesti per investimenti le cui finalità sono principalmente l'avvio o l'acquisto dell'attività e la gestione della stessa (40% complessivo); tuttavia una quota significativa di prestiti (26%) è stata richiesta per l'acquisto o la ristrutturazione della casa. Le diverse etnie si comportano in modo differenziato rispetto alle finalità di richiesta del prestito. Infatti, se la quota prevalente degli acquisti e avviamenti è realizzata da imprenditori di origine asiatica, la quota prevalente di acquisto di beni strumentali (macchinari, furgoni e camion) è realizzata da imprenditori dell'europa orientale. I finanziamenti accordati sono soprattutto rateali a scadenza ravvicinata e mutui a lunga scadenza. Una quota abbastanza significativa è rappresentata dai fidi di conto corrente. Le garanzie richieste sono di tipo economico (dichiarazioni dei redditi, buste paga) e relazionali (garanzie di associazioni e confidi, nonché garanti esterni). Non c'è dubbio, quindi, che le imprese che hanno ottenuto i prestiti richiesti siano imprese ad elevata affidabilità. L'analisi della dimensione di finanziamento rispetto alla finalità indica che gli imprenditori dispongono già di alcune somme importanti per l'acquisto e ricorrono al finanziamento bancario prevalentemente come integrazione. Il modello adottato dagli istituti finanziari nel rapporto con le imprese extracomunitarie
percorre sistemi leggermente diversi rispetto a quanto avviene per le imprese italiane. Gli istituti finanziari tendono a far svolgere una pre-selezione alle associazioni di categoria e ai consorzi di garanzia. Complessivamente il tasso di rifiuto, che si colloca attorno al 15%, appare solo leggermente più elevato di quello medio nazionale, non tale comunque da rappresentare un fenomeno di selezione avversa. Il tasso di insolvenza grave e leggera dei Piccoli operatori immigrati (POI) è sostanzialmente stabile nel corso dell'intero periodo di osservazione. E invece in aumento il tasso di sofferenza (quasi l'8% a giugno 2006). L analisi sui comportamenti finanziari delle imprese immigrate effettuata in questo Rapporto evidenzia la solidità del fenomeno delle aziende extracomunitarie in Italia. Non solo la presenza di tali imprese risulta in crescita accelerata sin dalla prima metà di questo decennio, ma costituisce il segnale di una significativa integrazione economica degli immigrati nel nostro paese. Infatti, l attività di impresa è pensata come strumento per la stabilizzazione del reddito e della capacità di permanenza in Italia, tanto che le risorse economiche estratte dall attività imprenditoriale vengono in massima parte reinvestite per il consolidamento dell attività stessa. Un elemento cruciale riguarda la dimensione delle rimesse, che nel caso degli imprenditori immigrati, rappresentano una quota molto modesta delle intenzioni di impiego dei profitti di impresa. Anche per questo motivo l attività imprenditoriale rappresenta lo strumento più diretto di reimpiego dei risparmi in attività produttive nel sistema economico italiano, aumentando l efficacia del contributo economico dell immigrazione alla crescita economica nazionale. In questo contesto, il rapporto con il sistema finanziario appare decisivo. L analisi ha mostrato che le imprese sviluppano una dimensione media di investimento modesta, tuttavia il percorso di finanziamento procede in massima parte attraverso risorse finanziarie proprie, come l autofinanziamento o il ricorso a reti personali di prestatori. Nella fase di start up gli imprenditori immigrati dimostrano delle difficoltà ad accedere al credito in quanto, non avendo una storia creditizia consolidata alle spalle, non sono facilmente valutabili. Sarebbe pertanto opportuno pensare di costruire anche in Italia sistemi di informazioni alternativi o complementari a quelli tradizionali (modello del debit bureau ), che consentono di valutare l affidabilità creditizia attraverso la ritualità di altri pagamenti come bollette, canoni, ecc. e che, entrando nei modelli di valutazione degli operatori finanziari, favoriscono l accesso al credito soprattutto delle iniziative imprenditoriali start-up riducendo la rischiosità media delle operazioni. Il sistema bancario e finanziario sta approcciando positivamente questo nuovo segmento di mercato: si moltiplicano, infatti, le iniziative di servizi e prodotti dedicati, con l idea di cogliere l opportunità di un mercato in espansione.
Ciò che va valutato con attenzione, tuttavia, è il profilo di rischio creditizio delle imprese immigrate. La ricerca ha evidenziato che gli indicatori di rischio creditizio di sistema sono in crescita con lo sviluppo dell imprenditoria immigrata e che si rende necessaria un attenzione specifica nella concessione di prestiti e nelle metodologie di valutazione. Su questo delicato tema sarebbe auspicabile che il sistema pubblico offrisse un adeguato supporto allo sviluppo dell imprenditorialità immigrata; le risorse dedicate alla nascita delle imprese da parte delle politiche pubbliche sia centrali che locali sono sporadiche e non specialistiche, e in ogni caso prevalentemente gestite con un approccio caritatevole e non di investimento, e il loro utilizzo da parte delle aziende extracomunitarie risulta difficoltoso e pertanto poco sfruttato. Asti, 1 dicembre 2007