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ANACI LOMBARDIA Primo Convegno Regionale Lombardia Pavia Palazzo Borromeo venerdì 20 giugno 2014 Il contratto d appalto nel Condominio L organizzazione dello studio dell amministratore dopo la Riforma del Condominio O o O Il franchising, la distinzione dei diversi settori di attività e la cessione del ramo di azienda, con riferimento all incarico di amministrare condominii (Marina Figini) 1) Il franchising : origini e finalità 2) La disciplina comunitaria europea 3) Il contratto di franchising secondo il codice civile 4) La disciplina attuale del franchising (Legge 129/2004) 5) L attività di amministratore, persona fisica e persona giuridica, e il franchising 6) La cessione del ramo di azienda 1) Il Franchising : origini e finalità Il termine inglese franchise significa letteralmente franchigia, ed è utilizzato secondo una vasta e variegata accezione; in origine significava la concessione di un privilegio da parte del sovrano, e ancor oggi può in generale riferire alla concessione di un diritto e/o di

una facoltà, o, ancora, di un privilegio, da parte di un soggetto a favore di un altro. Il contratto denominato franchising trova le proprie origini in una prassi, creatasi nel Nord America ai tempi della Guerra di Secessione, diretta alla realizzazione di una rete di distribuzione basata su attività di aziende del Sud a favore di imprenditori del Nord; lo schema di base è il seguente. Il franchisor (produttore o grande rivenditore) concede al franchisee di entrare a far parte del proprio sistema di vendita e si assicura così i benefici di una distribuzione più vasta e veloce. Il franchisee corrisponde una somma di danaro e in cambio ottiene il diritto di avvalersi, alle condizioni pattuite in contratto, del nome, della ditta, di un marchio o di un brevetto appartenenti al franchisor, dal quale riceve anche una certa assistenza tecnica, commerciale, promozionale. Il franchisee ha l obbligo di organizzarsi opportunamente per l erogazione dei beni contemplati dal contratto, nel rispetto delle condizioni (prezzi, acquisti minimi di prodotti) pattuiti in contratto. Mantenendo la propria autonomia e indipendenza economica e giuridica, il franchisee si avvantaggia del privilegio di commercializzare prodotti o servizi dell impresa principale (ossia del franchisor) sfruttando l affidamento acquisito da quest ultima presso i consumatori, e il suo patrimonio di cognizioni tecniche. Non è uno scambio di prestazioni bensì un insieme particolare di rapporti, con una specifica rete di reciproci vincoli. 2) La disciplina comunitaria europea Il diffondersi del fenomeno anche in Europa, ha fatto sì che la l Unione Europea considerasse il franchising sia sotto l aspetto normativo sia sotto l aspetto del divieto di intese restrittive della libera concorrenza dettato dal Trattato di Roma del 25 marzo 1957 (in vigore dal 1 gennaio 1958) con il quale è stata istituita la Comunità Economica Europea. Nel Regolamento 30 novembre 1988 n. 4087/88/Ce, all art. 1 si leggono le seguenti definizioni di franchising Art. 1 comma 3 lett.b) per accordo di franchising si intende un accordo col quale un impresa, l affiliante, concede ad un altra, l affiliato, dietro corrispettivo finanziario diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni o servizi; esso comprende almeno gli obblighi connessi: all uso di una denominazione o di un insegna commerciale comune e di una presentazione uniforme della sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione da parte dell affiliante all affiliato di un know-how; alla prestazione permanente, da parte dell affiliante all affiliato, di 2

un assistenza in campo commerciale o tecnico per la durata dell accordo. Art. 1 comma 3 lett. a) Per franchising s intende un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d autore, know-how o brevetti da utilizzare per la rivendita di beni o per la prestazione di servizi ad utilizzatori finali. La Giurisprudenza della Corte di Giustizia ha individuato le seguenti diverse tipologie di franchising: 1. il franchising di servizi, quando all impresa satellite viene consentito di inserirsi in una catena dell impresa principale avvalendosi dei segni distintivi di quest ultima; 2. il franchising di produzione, quando all impresa satellite viene concessa la fabbricazione dei prodotti seguendo le indicazioni dell impresa concedente e la successiva vendita con il marchio proprio dell impresa principale; 3. il franchising di distribuzione, nell ipotesi in cui il rapporto di affiliazione si limiti all attribuzione del c.d. punto vendita, la concessione, cioè, della commercializzazione dei prodotti sotto l insegna dell impresa principale. L intreccio di rapporti e vincoli che lega tra loro le parti del franchising pone limiti alla libertà di iniziativa economica e al divieto della libera concorrenza? L Art. 85 1 comma Trattato CEE sanziona con nullità tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza. Determinante, ai fini della risposta di cui sopra, è stata la sentenza 28 giugno 1986 emessa dalla Corte di Giustizia nel caso Pronuptia, società di Parigi leader mondiale nel settore degli abiti da sposa che controllava una larga fetta del mercato tedesco grazie ad un diffusa rete commerciale basata su una pluralità di contratti di franchising. La Corte di Giustizia europea ha affermato i seguenti principi, che sono stati poi costantemente applicati sia in ambito europeo sia nelle pronunzie dei giudici nazionali: i contratti di franchising di distribuzione sono compatibili con l art. 85, n. 1 che impone una valutazione delle clausole contrattuali alla luce dell intero contesto economico in cui trovano operatività (punto 14); 3

le clausole a tutela del know-how, così come dell assistenza garantita dal franchisor, non costituiscono violazione della libertà di concorrenza prevista dall art. 85, n. 1 del Trattato; le clausole che mirano ad assicurare il controllo indispensabile per la tutela dell identità e dell immagine del franchisor non costituiscono violazione della libertà di concorrenza prevista dall art. 85, n. 1 del Trattato (punto 16); le clausole che importano una suddivisione dei mercati tra il franchisor e il franchisee o fra più franchisees, integrano ipotesi di violazione dell art. 85, n. 1 pregiudicando il commercio tra stati membri (punto 26); la comunicazione da parte del franchisor al franchisee di prezzi indicativi non costituisce una restrizione della concorrenza, a condizione che tra il franchisor e il franchisee o fra franchisees non vi sia un preordinato accordo per l imposizione dei prezzi (punto 25); il regolamento 67/67 Cee non è applicabile ai contratti di franchising di distribuzione in quanto è utilizzabile solo in relazione alla mere concessione di vendita. Questa sentenza, che ha condizionato tutte le successive statuizioni in materia (sia a livello comunitario che nazionale), ha chiarito che la violazione dell art. 85 non discende dalla semplice esistenza di una restrizione della concorrenza, ma da una restrizione che non persegua un obiettivo meritevole di tutela legale. In ambito nazionale italiano, la Cassazione si è espressa sul punto affermando che il contratto di franchising o di affiliazione commerciale tra due società costituisce espressione del principio di libertà di iniziativa economica privata garantito dall art. 1322 cod. civ. e prima ancora dall art. 41 costituzione, il quale consente e tutela l aggregazione e l affiliazione e comunque la collaborazione di imprese. Da ciò discende che detto contratto attiene a materia disponibile in quanto espressione della libertà di scelta nello svolgimento delle attività economiche riconosciuta al soggetto privato in quanto tale. (Cass. civ., sez. I, 20 giugno 2000, n. 8376). Si ricordano i seguenti testi delle norme sopra richiamate Art. 41 Costituzione L iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Art. 1322 codice civile 4

Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l ordinamento giuridico. 3) Il contratto di franchising secondo il codice civile Ogni contratto ha uno scopo al quale è destinato: la vendita, per esempio, ha per scopo lo scambio di una cosa contro il pagamento di un prezzo; tale scopo si definisce causa, e rappresenta uno degli elementi essenziali del contratto, richiesti per la sua validità. Il codice civile disciplina espressamente un gran numero di contratti aventi specifiche cause ; per il fatto di essere disciplinati dal codice civile tali contratti sono detti tipici. Vi sono però anche contratti cosiddetti atipici, perché la loro causa non è disciplinata espressamente dalla legge, ma hanno comunque uno scopo cioè una causa, diretta a soddisfare esigenze socialmente degne di protezione. Si ricorda che a norma dell art. 1322, 2 comma c.c. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l ordinamento giuridico. E il caso del franchising che, pur non essendo nominato né in alcun modo disciplinato dal codice civile, è diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela. Il franchising si presenta come un contratto misto, che si avvicina per alcuni aspetti a contratti diversi quali la somministrazione, la licenza di marchio e insegna, e, in particolar modo, alla concessione di vendita. La concessione di vendita prevede l obbligo di stipulare singoli contratti di compravendita di prodotti forniti dal produttore. Il concessionario, a differenza degli intermediari commerciali, vende in nome e per conto proprio prodotti acquistati precedentemente. Le principali differenze tra franchising e concessione di vendita si possono così riassumere: 1. il concessionario, salvo una diversa pattuizione, non è tenuto ad avvalersi dei segni distintivi del concedente, potendo addirittura usare marchi propri ed esporre la propria insegna (nel franchising l esistenza di un tale obbligo in capo al franchisee costituisce un elemento essenziale alla sua stessa configurazione). 2. il concessionario opera generalmente nel campo della vendita dei beni, l attività del franchisee si rivolge anche alla prestazione di servizi. 3. nel franchising si assiste ad un trasferimento, dietro corrispettivo, del know-how commerciale o industriale e all osservanza da parte del franchisee di tutta una serie di regole di comportamento (circostanza del tutto assente nella concessione di vendita). 5

4) La disciplina attuale del franchising (Legge 129/2004) La Legge 6 maggio 2004 n. 129 Norme per la disciplina dell affiliazione commerciale ha compiutamente definito il rapporto di franchising, iniziando col definirlo, mediante una espressione italiana, affiliazione commerciale. Definizione del contratto (art. 1) La definizione contenuta nella legge all art. 1, n.1 è la seguente: L affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Lo stesso art. 1, n.2 prosegue specificando che Il contratto di affiliazione commerciale può essere utilizzato in ogni settore di attività economica. Si ricorda brevemente che i segni istintivi dell impresa sono : la ditta che individua l imprenditore, l insegna che individua il luogo di svolgimento dell attività, il marchio che individua i prodotti, il marchio di servizio che individua i servizi resi dall imprenditore, il marchio di fabbrica art. 2572 apposto dal produttore, il marchio di commercio apposto dal rivenditore (che non può sopprimere il marchio del produttore) Per quanto riguarda il know how può dirsi che rappresenta l essenza stessa dell impresa, è un patrimonio individuato, sostanziale e segreto. Secondo quanto recita l art. 1 Legge 129/2004 per know-how deve intendersi un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall affiliante. Il know-how può essere considerato: in senso lato, cioè come le conoscenze, segrete o non segrete, che si sfruttano in segreto pur potendo costituire invenzioni brevettabili, oppure che costituiscono invenzioni minori, non brevettabili, ovvero che rappresentano semplici esperienze e frutto di capacità individuali; e, in senso stretto, come l insieme delle conoscenze tecniche come tali trasmissibili a terzi che hanno il carattere della segretezza. Quanto al corrispettivo esso consiste in una parte fissa (c.d. diritto di ingresso o di entrata, front money, entry fee) e in una parte normalmente variabile (c.d. canoni o royalties). 6

Per diritto di ingresso si deve intendere una cifra fissa determinata in base non solo al valore economico della rete commerciale ma anche alla capacità di sviluppo della stessa. L adempimento di tale prestazione economica deve avvenire al momento della stipula del contratto di affiliazione commerciale. Le royalties, invece, costituiscono canoni che l affiliato deve corrispondere all affiliante o in quote fisse periodiche o in un unica quota fissa. La loro determinazione avviene percentualmente ed è commisurata al giro d affari dell affiliato. Forma e contenuto del contratto (art. 3) In primo luogo è richiesta la forma scritta a pena di nullità. E poi previsto che in caso di contratto a tempo indeterminato, l affiliante deve garantire una durata minima sufficiente all ammortamento dell investimento e comunque non inferiore a 3 anni (fatta salva la risoluzione anticipata per inadempimento di una delle parti). Quanto al contenuto del contratto la legge indica il contenuto minimo, imprescindibile a tutela dei principi di trasparenza, garanzia e uguaglianza sostanziale delle parti e prevede che art. 3.4. Il contratto deve inoltre espressamente indicare: a. l ammontare degli investimenti e delle eventuali spese di ingresso che l affiliato deve sostenere prima dell inizio dell attività; b. le modalità di calcolo e di pagamento delle royalties, e l eventuale indicazione di un incasso minimo da realizzare da parte dell affiliato; c. l ambito di eventuale esclusiva territoriale sia in relazione ad altri affiliati, sia in relazione a canali ed unità di vendita direttamente gestiti dall affiliante; d. la specifica del know-how fornito dall affiliante all affiliato; e. le eventuali modalità di riconoscimento dell apporto di know-how da parte dell affiliato; f. le caratteristiche dei servizi offerti dall affiliante in termini di assistenza tecnica e commerciale, progettazione ed allestimento, formazione; g. le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto stesso. L esclusiva non è elemento naturale del franchising ma solo eventuale e deve risultare da apposita clausola con il franchisor. L esclusiva è un patto, normalmente inserito all interno di un contratto, concluso tra due imprenditori, mediante il quale un imprenditore si obbliga a non concludere contratti, e quindi a non intrattenere rapporti commerciali con i concorrenti dell altro. 7

Normalmente è reciproca in quanto: da un lato vincola il franchisor a non servirsi nell ambito di una zona determinata di altri franchisee; dall altro vincola il franchisee a non commercializzare prodotti o servizi in concorrenza con quelli del franchisor. Funzione primaria del patto di esclusiva è quella di assicurare alle parti una fetta di mercato: l affiliante avrà così la possibilità di poter contare su un sicuro sbocco per i propri beni; l affiliato, a sua volta, avrà la possibilità di disporre di una zona protetta, entro la quale non dover subire la concorrenza di altri distributori dello stesso bene. Come si è visto, il legislatore richiede che facciano necessariamente parte del contenuto del contratto di affiliazione commerciale le condizioni di rinnovo del contratto (sia le previsioni espresse che quelle tacite) di risoluzione del contratto (comprese le c.d. condizioni risolutive espresse) e di eventuale cessione del contratto. Tale ultima indicazione è particolarmente importante in quanto con essa il legislatore implicitamente ammette la possibilità di cessione del contratto di franchising e, di converso, la possibilità che le parti si accordino in senso contrario. In caso di cessione troverà applicazione la disciplina dettata dall art. art. 1406 e ss. cod. civ. L art. 1406 cod. civ. così dispone: Ciascuna parte può sostituire a sè un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se questo non sono state ancora eseguite, purchè l altra parte vi consenta. Obblighi dell affiliante (Art. 4) L art. 4 prevede che almeno trenta giorni prima della sottoscrizione di un contratto di affiliazione commerciale l affiliante deve consegnare all aspirante affiliato copia del contratto da sottoscrivere, corredato dei seguenti allegati, ad eccezione di quelli per i quali sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza, che comunque dovranno essere citati nel contratto: a. principali dati relativi all affiliante, tra cui ragione e capitale sociale e, previa richiesta dell aspirante affiliato, copia del suo bilancio degli ultimi tre anni o dalla data di inizio della sua attività, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni; b. l indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, con gli estremi della relativa registrazione o del deposito, o della licenza concessa all affiliante dal terzo, che abbia eventualmente la proprietà degli stessi, o la documentazione comprovante l uso concreto del marchio; c. una sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l attività oggetto dell affiliazione commerciale; d. una lista degli affiliati al momento operanti nel sistema e dei punti vendita diretti dell affiliante; 8

e. l indicazione della variazione, anno per anno, del numero degli affiliati con relativa ubicazione negli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell attività dell affiliante, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni; f. la descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali, promossi nei confronti dell affiliante e che si siano conclusi negli ultimi tre anni, relativamente al sistema di affiliazione commerciale in esame, sia da affiliati sia da terzi privati o da pubbliche autorità, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy. Obblighi dell affiliato (Art. 5) Gli obblighi dell affiliato sono i seguenti 1. L affiliato non può trasferire la sede, qualora sia indicata nel contratto, senza il preventivo consenso dell affiliante, se non per causa di forza maggiore. 2. L affiliato si impegna ad osservare e a far osservare ai propri collaboratori e dipendenti, anche dopo lo scioglimento del contratto, la massima riservatezza in ordine al contenuto dell attività oggetto dell affiliazione commerciale. La legge 129/2004 prevede anche specifici obblighi precontrattuali, ed infatti, ai sensi dell art 6 : 1. L affiliante deve tenere, in qualsiasi momento, nei confronti dell aspirante affiliato, un comportamento ispirato a lealtà, correttezza e buona fede e deve tempestivamente fornire, all aspirante affiliato, ogni dato e informazione che lo stesso ritenga necessari o utili ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale, a meno che non si tratti di informazioni oggettivamente riservate o la cui divulgazione costituirebbe violazione di diritti di terzi. 2. L affiliante deve motivare all aspirante affiliato l eventuale mancata comunicazione delle informazioni e dei dati dallo stesso richiesti. 3. L aspirante affiliato deve tenere in qualsiasi momento, nei confronti dell affiliante, un comportamento improntato a lealtà, correttezza e buona fede e deve fornire, tempestivamente ed in modo esatto e completo, all affiliante ogni informazione e dato la cui conoscenza risulti necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale, anche se non espressamente richiesti dall affiliante. Annullamento (art. 8) La legge 129/2004 disciplina espressamente anche l ipotesi dell annullamento ed infatti, ai sensi dell art. 8, se una parte ha fornito false informazioni, l altra parte può chiedere l annullamento del contratto si sensi dell articolo 1439 del codice civile (dolo nel contratto) nonchè il risarcimento del danno, se dovuto. 9

5) L attività di amministratore di condominio e il franchising 5.a) La Legge 17 dicembre 2012 n. 220 Riforma del Condominio L art. 71 bis, introdotto ex novo dalla Legge 220/2012, elenca i requisiti necessari per svolgere l incarico di amministratore di condominio, la nomina del quale è richiesta dalla legge quando i condomini sono più di otto (art. 1129, 1 comma). Lo stesso art. 71 bis, al 3 comma, espressamente così dispone. Possono svolgere l incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi. Sulla possibilità di conferire l incarico ad una persona giuridica la Cassazione si era inizialmente espressa in senso negativo, mutando poi l orientamento e affermando che anche una persona giuridica può essere nominata amministratore del condominio negli edifici, posto che il mandato, pur essendo un contratto caratterizzato dall elemento della fiducia, non è tuttavia basato necessariamente sull intuitus personae, per cui al mandatario non è vietato avvalersi dell opera di un sostituto (art. 1717 c.c.), a meno che il divieto non sia stato espressamente stabilito, oppure si tratti di attività rientrante nei limiti di un incarico fiduciario affidato intuitu personae. Ed ancora la Suprema Corte ha rilevato che, avuto riguardo all evoluzione della figura dell amministratore e al progressivo incremento dei suoi compiti, questi possano venire assolti in modo più soddisfacente da società di servizi che nel loro ambito annoverano operatori specialisti nei diversi aspetti della gestione. Il libro V del codice civile è intitolato Del lavoro e le società del titolo V menzionate dall art. 71 bis 3 comma sono le seguenti: società di persone: società semplici (s.s.), società in nome collettivo (s.n.c.),, società in accomandita semplice (s.a.s.), e società di capitali: società per azioni (S.p.A.), società a responsabilità limitata (s.r.l.), società in accomandita per azioni (s.a.p.a.). Come si è visto, nel caso di incarico affidato a società, i requisiti di cui all art. 71 bis devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi. Si ricorda che nella società semplice la gestione e la rappresentanza spettano disgiuntamente a tutti i soci (art. 2251 c.c.) 10

5. b La legge 14 gennaio 2013 n. 4 Disposizioni in materia di professioni non organizzate La legge definisce la professione non organizzata in ordini o collegi precisando (art. 1 punto 1) che si tratta della attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. La legge prosegue (art. 1, punto 3) disponendo che chiunque svolga una professione come sopra individuata contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l espresso riferimento, quando alla disciplina applicabile, agli estremi della stessa legge 4/2013. L inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed è sanzionato ai sensi del medesimo codice. La norma specifica ancora (art. 1 punto 1) che l esercizio della professione è libero e fondato sull autonomia, sulle competenze e sull indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell ampliamento e della specializzazione dell offerta dei servizi, della responsabilità del professionista. La norma conclude precisando (art. 1 punto 5) che la professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente. La legge specifica altresì (artt 1, 2 e 7 ) che coloro i quali esercitano una professione ai sensi della L. 4/2013, anche se iscritti ad una associazione professionale costituita ai sensi della stessa legge, non possono esercitare attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l iscrizione al relativo albo professionale. Così come alle associazioni professionali, istituite a norma della legge 4/2013, sono vietati l adozione e l uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi (art. 2 n. 5). Qui di seguito vengono brevemente esaminate alcune norme della Legge 4/2013 in materia di associazioni professionali. 11

(art. 2 ) Le associazioni professionali disciplinate dalla legge 4/2013 possono essere costituite dai soggetti che esercitano la professione non organizzata in ordini o collegi. Si tratta di associazioni con carattere professionale di natura privatistica, sono fondate su base volontaria, e non esiste alcun vincolo di rappresentanza esclusiva. Esse hanno il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, nonché agevolare la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza. (artt.2 e 4) Le associazioni promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti. Le associazioni adottano un codice di condotta ai sensi dell art. 27 bis codice del consumo (D.Lgs. 206/2005). Le associazioni vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice. Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell utente tra cui l attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale a) i committenti delle prestazioni professionali possono rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti b) i committenti delle prestazioni professionali possono rivolgersi per ottenere informazioni relative all attività professionale in generale ed agli standard qualitativi dalle associazioni medesime richiesti agli iscritti. (art. 7 n.1) Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, attestazione relativa a: regolare iscrizione del professionista e relativi necessari requisiti standard qualitativi e di qualificazione professionale che costituiscono presupposti per il mantenimento della iscrizione - garanzie fornite agli utenti, compreso lo sportello - eventuale polizza assicurativa stipulata dal professionista eventuale possesso da parte del professionista di certificazione di conformità alla norma tecnica UNI. Le attestazioni che l associazione può rilasciare ai sensi dell art. 7 non rappresentano requisito necessario per l esercizio della attività professionale (art. 7 n. 2). L attestazione ha validità pari al periodo per il quale il professionista è iscritto all associazione, ed è rinnovata ad ogni rinnovo della iscrizione 12

stessa per un corrispondente periodo; l attestazione deve recare l indicazione della propria scadenza. L associato che utilizza l attestazione ha l obbligo di informare l utenza del proprio numero di iscrizione alla associazione. (Art. 8). (artt. 4 e 5 ) Le associazioni pubblicano nel proprio sito web gli elementi informativi che rappresentano utilità per il consumatore secondo criteri di trasparenza, correttezza, veridicità. Se autorizzano gli associati all utilizzo del riferimento alla iscrizione alla associazione quale marchio o attestato di qualità e di qualificazione professionale dei propri servizi, osservano le prescrizioni di cui all art. 81 D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59. Le associazioni assicurano la piena conoscibilità degli elementi che vengono elencati dalla legge (art. 5): tra questi, oltre a dati relativi alla struttura associativa, si trovano i requisiti per la partecipazione all associazione, con particolare riferimento ai titoli di studio relativi alle attività professionali oggetto dell associazione ed al loro obbligo di procedere all aggiornamento professionale costante. Inoltre, nei casi in cui gli associati siano autorizzati ad utilizzare il riferimento alla iscrizione all associazione quale marchio o attestato di qualità e qualificazione professionale dei propri servizi, l associazione ha l obbligo di garantire la conoscibilità della struttura tecnicoscientifica dedicata alla formazione permanente degli associati, in forma diretta o indiretta. (artt. 6 e 9 ) La legge 4/2013 promuove l autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell attività dei soggetti che esercitano le professioni di cui alla legge stessa, anche indipendentemente dall adesione degli stessi ad una associazione professionale disciplinata dalla legge medesima. La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN IS, UNI EN e UNI, denominate normativa tecnica UNI di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento Europeo e dl Consiglio, del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN 14 del 2010. Le associazioni collaborano all elaborazione della normativa tecnica UNI relativa alle singole attività professionali, attraverso la partecipazione ai lavori degli specifici organi tecnici o inviando all ente di formazione i propri contributi nella fase dell inchiesta pubblica. Le associazioni possono altresì promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformità per i settori di competenza, nel rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e professionalità previsti per tali organismi dalla normativa vigente e garantiti 13

dall accreditamento (accreditamento ai sensi del regolamento CE n. 765/2008 del parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008). Gli organismi di certificazione accreditati possono rilasciare il certificato di conformità alla norma tecnica UNI al singolo professionista anche se non iscritto ad alcuna associazione. O o O Da tutto quanto sopra esposto discende la conclusione che l iscrizione ad una associazione professionale non è requisito necessario ed obbligatorio per esercitare l attività di amministratore di condominio. Ed infatti, da un lato, il codice civile riformato individua i requisiti necessari per assumere l incarico di amministratore di condominio e pone precisi obblighi attinenti al patrimonio culturale dello stesso; ma nessuna iscrizione o partecipazione ad associazioni è in alcun modo richiesta. Dall altro lato, la legge 4/2013, pone a carico del professionista l unico obbligo di contraddistinguere la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della L.4/2013, ma null altro; il professionista è libero di iscriversi alla associazione nella quale rientra la propria attività, oppure, anche senza iscriversi, può ottenere dall organismo accreditato la certificazione di conformità alla norma tecnica UNI definita per ogni professione. A fronte di tale regime di libertà e di assenza di imposizioni relativamente alla partecipazione/iscrizione ad associazioni di categoria, dalla necessità del professionista di offrire la miglior prestazione a favore di una utenza/committenza sempre più esigente ed informata deriva l interesse, per certi aspetti essenziale, del professionista amministratore a far parte di una seria e primaria associazione che da un lato garantisca all amministratore stesso, tra l altro, la possibilità di ottenere quella formazione costante che costituisce uno dei requisiti posti dall art. 71 bis cod. civ., e dall altro lato fornisca agli utenti le informazioni, indicate dalla L. 4/2013, utili ad individuare, tra i tanti, il professionista al quale conferire l incarico. Si tratta, come si è visto, di informazioni su dati oggettivi, che prescindono ovviamente da consigli o apprezzamenti di carattere personale anche con riferimento al buon esito dell incarico che sarà svolto dal proprio associato: ma proprio tale carattere di oggettività conferisce valenza significativa e sostanziale alla funzione dell associazione la quale è chiamata a garantire il rispetto da parte dei propri associati delle regole e dei presupposti, liberamente accettati, per iscriversi e per continuare a far parte della associazione medesima: regole e requisiti tutti diretti a valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle norme deontologiche. 14

Formazione e aggiornamento professionale costante da un lato, e vigilanza, all occorrenza sanzionatoria, sul comportamento deontologico dei propri associati dall altro, sono gli aspetti essenziali che rendono la associazione sede ideale per esercitare al meglio la professione, nel rispetto della normativa vigente. 5.c.) L amministratore di condominio e il franchising Il settore immobiliare conosce da tempo l esperienza del franchising attuata, sia nel settore della intermediazione immobiliare e finanziaria sia in quello della gestione immobiliare, da importanti e rinomati gruppi immobiliari attraverso una fitta rete di affiliati diffusa sul territorio nazionale. La trasformazione e l evoluzione della figura dell amministratore di condominio, così come deriva dalle sopra menzionate leggi (n. 4/2013 disciplina delle professioni non organizzate e n. 220/2012 riforma della legge condominiale) favorisce oggi la realizzazione, da parte degli stessi citati gruppi e/o da altri, di specifiche reti di franchising dedicate al settore della amministrazione degli stabili condominiali. Va in ogni caso evidenziato che l amministratore incaricato della amministrazione del condominio secondo le norme del codice civile, è figura sostanzialmente diversa dal property manager ; si ricorda che property management è l area di attività delle società immobiliari che si occupa della gestione dell immobile in tutti i suoi aspetti: amministrativi, fiscali, legali e di manutenzione (c.d. gestione immobiliare ). Dunque, richiamato tutto quanto sopra esposto si possono trarre le seguenti sintetiche considerazioni conclusive - l attività di amministratore è disciplinata, in quanto professione non organizzata in ordine o collegio, dalla Legge 4/2013 - a norma di tale legge la professione è esercitata oltre che in forma individuale anche in forma associata e/o societaria - l art. 71 bis n. 3 prevede che l incarico di amministratore di condominio possa essere svolto anche da società (di persone e/o di capitali) - in tal caso i requisiti richiesti dallo stesso art. 71 bis devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi - tra i requisiti di cui all art. 71 bis figura quello di avere frequentato un corso di formazione iniziale e di svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale - l associazione professionale di cui alla legge 4/2013 è, per sua natura e suoi scopi, l ente idoneo a garantire il suindicato requisito di cui all art. 71 bis c.c. nonché ad attestare il rispetto da parte 15

dell associato dei principi che la legge 4/2013 pone quali basi della professione dalla stessa disciplinata - il contratto di franchising disciplinato dalla legge n. 129/2004 comporta, tra l altro, a carico dell affiliato l assunzione di investimenti e di spese di ingresso oltre al pagamento successivo delle royalties nel corso del contratto, oltre alla soddisfazione di eventuali altre richieste (anche di norme comportamentali) formulate dall affiliante a tutela della propria immagine e del proprio patrimonio - l amministratore che ritenesse di orientarsi alla stipula di un contratto di franchising dovrà pertanto attentamente valutare l onere di tali investimenti, sulla base della propria struttura organizzativa esistente e/o da realizzare allo scopo - allo stesso modo dovrà valutare la sostenibilità, e la relativa convenienza economica, delle diverse e concorrenti posizioni: quella del rapporto con l affiliante e quelle con i vari condominii amministrati; si ricorda infatti che elemento essenziale del franchising è l indipendenza economica e giuridica dei due soggetti (affiliante e affiliato) - da ultimo, va evidenziato che l attestazione della sussistenza dei requisiti di cui all art. 71 bis, 1 comma lettera g) codice civile nonché di quelli indicati dalla legge 4/2013 può provenire solo dalla associazione professionale ex lege 4/2013 non avendo l affiliante tra i suoi scopi sociali né tra le sue competenze diversamente riconosciute (almeno allo stato) abilitazione allo scopo. 6) La cessione dell azienda e/o di suo ramo Al titolo VIII del Libro V viene disciplinata l azienda definita come il complesso dei beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa. L azienda è dunque un complesso di beni che si distingue dall impresa, costituita invece dall attività esercitata dall imprenditore. L azienda comprende non solo i beni materiali e immateriali ma anche tutti i rapporti giuridici inerenti all esercizio dell impresa e dunque i contratti, i crediti e i debiti. Elemento coagulante del complesso dei beni che compongono l azienda è la loro organizzazione ossia il collegamento funzionale tra i medesimi in vista della loro utilizzazione unitaria. I beni costituenti l azienda possono essere alienati separatamente; oppure, in caso di alienazione dell azienda, le parti possono escludere dal trasferimento uno o più beni facenti parte del complesso purchè non si tratti di beni essenziali per la sua esistenza. Non è necessario che il titolare dell azienda sia anche proprietario dei beni che la compongono: basta che abbia un titolo giuridico che gli permetta l utilizzo. 16

L avviamento non è un elemento costitutivo dell azienda bensì una sua qualità: è l attitudine dell azienda a creare nuova ricchezza, a produrre beni o servizi. Avviamento e clientela sono concetti diversi: il primo sta ad indicare la potenzialità economica dell azienda, il secondo si riferisce al complesso dei clienti attirati. L azienda può essere venduta, oppure concessa in affitto, e può anche essere oggetto di usufrutto. In caso di vendita, chi aliena l azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall iniziare una nuova impresa che per l oggetto, l ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell azienda ceduta. In caso di usufrutto o di affitto il divieto vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell usufrutto o dell affitto (art. 2557 c.c.). Se non è pattuito diversamente, l acquirente dell azienda subentra nei contratti stipulati per l esercizio dell azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell usufruttuario e del affittuario per ala durata dell usufrutto e dell affitto (art. 2558 c.c.). La giurisprudenza e la dottrina hanno chiarito che la norma si applica solo ai contratti a prestazioni corrispettive ancora non completamente eseguiti da nessuna delle due parti; diversamente, si applicheranno gli articoli 2559 e 2660 c.c. Quanto ai contratti aventi carattere personale, si tratta di quelli nei quali rilevano per il terzo contraente le qualità personali del soggetto alienante l azienda, e cioè quei contratti che prevedono a carico di quest ultimo una prestazione infungibile. La Cassazione ha ritenuto che non hanno carattere personale e dunque i contratti si trasferiscono con la cessione dell azienda nei seguenti casi: il contratto d agenzia si trasferisce con la cessione dell azienda (Cass. n.6351/2000, n. 1975/1994), come pure il contratto di somministrazione con patto di esclusiva a favore del somministrante (Cass. n. 3723/1978). La cessione dei crediti relativi all azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto dell azienda se esso si estende ai crediti relativi alla medesima (art. 2559 c.c.) L alienante non è liberato dai debiti inerenti all esercizio della azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di una azienda commerciale, risponde 17

dei debiti suddetti anche l acquirente dell azienda se essi risultano dai libri contabili obbligatori (art. 2560 c.c.) Da ultimo si specifica che il concetto di ramo di azienda (non definito dal codice) è stato così identificato dalla Cassazione (sent. n. 5932 del 5/3/2008) Per ramo d azienda, ai sensi dell art. 2112 c.c. (così come modificato dalla L. 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva CE n. 98/50), come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica autonoma e organizzata in maniera stabile, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, senza che sia necessaria anche la competenza materiale e l autosufficienza del gruppo. Si precisa che l art. 2112 c.c. disciplina il mantenimento dei diritti del lavoratore in caso di trasferimento d azienda. Milano, 20 giugno 2014 Avv. Marina Figini 18