Osservazioni al DDL S 957 in tema di affidamento condiviso



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Brescia 20 settembre 2011 Osservazioni al DDL S 957 in tema di affidamento condiviso - Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia - Nel ringraziare la Commissione Giustizia del Senato per la possibilità che mi ha concesso di esprimere le mie considerazioni sul disegno di legge n. 957 sulle Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso, mi soffermo ad esaminare, per punti, alcune proposte contenute nel testo in discussione. Sulla base della mia esperienza professionale maturata quale giudice minorile e, poi, della sezione famiglia del tribunale ordinario, quale consigliere presso la sezione minori e famiglia della Corte d Appello di Milano e, ora, quale presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia, rilevo come alcune integrazioni e precisazioni del testo originario siano estremamente utili per meglio realizzare la tutela del minore, e spesso formalizzino gli orientamenti interpretativi seguiti dalla giurisprudenza in sede di applicazione della normativa introdotta dalla legge n. 54 del 2006 (modalità di esercizio della potestà nell affido condiviso ed esclusivo; obbligo di motivare la scelta dell affido esclusivo, possibilità di collocare il minore presso terzi, ascolto del minore, parificazione fiscale tra i genitori), mentre altre modifiche mi appaiano di possibile pregiudizio per il minore medesimo. Proposte utili a meglio realizzare l interesse del minore L esplicita affermazione del principio di bigenitorialità contenuta nella legge n. 54 del 2006 come espressione del diritto del figlio a conservare la presenza dei due genitori anche nella fase patologica della crisi dell unione di coppia, ha, a mio avviso, svolto un importante funzione promozionale ed ha contribuito a favorire la consapevolezza da parte del padre e 1

della madre di dovere insieme decidere nonostante la loro separazione - dell istruzione, educazione e cura del figlio, della sua vita quotidiana e del suo futuro. Non bisogna però dimenticare che la potestà non è più strutturata come un insieme di poteri che sono riconosciuti ai genitori per realizzare la funzione formativa di educazione ed istruzione dei figli, rispetto ai quali questi ultimi erano considerati in posizione di soggezione, bensì si concretizza definitivamente come un munus volto a realizzare gli interessi dei minori. Il passo successivo deve essere quindi quello di rendere effettiva la relazione del figlio con entrambi i genitori laddove questi ultimi, non rispettando le statuizioni, ostacolino invece nei fatti la serenità della relazione con l altro genitore. E ovvio che la preferenza deve essere accordata al genitore corretto e leale, mentre vanno visti con sfavore i comportamenti e gli atteggiamenti rivendicativi e denigratori, di disistima e di scarso rispetto dell altro. Ecco perché mi paiono opportune le modifiche contenute nel disegno di legge volte a censurare il comportamento di quel genitore che ostacola o preclude l accesso del minore all altro genitore ovvero di quel genitore che intenzionalmente si rifiuta di condividere la gestione del figlio. Mi riferisco, in particolare, alle previsioni contenute nell art. 9 lett. a) che impediscono il consolidarsi degli effetti delle scelte che incidono sulla vita del figlio compiute unilateralmente da un genitore senza il preventivo necessario accordo con l altro, quali potrebbero essere il cambio di residenza o l iscrizione ad un determinato istituto scolastico. Altra precisazione importante mi pare quella contenuta nell art. 1 lett. c) e nell art. 2 lett. b) che sottolinea come il cambiamento di residenza dei figli rientra tra le decisioni di maggiore interesse e pertanto deve essere oggetto di un accordo tra i genitori, con l ulteriore opportuna previsione, nel caso di affido esclusivo, del ricorso al giudice qualora si ritenga che le decisioni assunte dall affidatario siano pregiudizievoli all interesse del minore. Proposte di possibile pregiudizio per il minore 2

Passo ora ad esaminare quei punti che, a mio avviso rischiano di pregiudicare la realizzazione dell interesse del minore e sembrano, invece, privilegiare una visione concentrata sulla prospettiva dei genitori. Pariteticità del ruolo genitoriale e doppia domiciliazione (artt. 1 e 6)): in materia di affidamento dei minori la visione del giudice deve ispirarsi all unico criterio guida rivolto all individuazione delle migliori condizioni di crescita concretamente possibili per quel minore nella situazione data. Ciò vuol dire che occorre individuare, caso per caso e senza pregiudizi, quale sia l assetto più adeguato, valutando, da un lato, i bisogni di quel minore, le sue esigenze e le sue precedenti abitudini di vita e, dall altro, le caratteristiche dei genitori, le rispettive risorse e potenzialità, l organizzazione familiare di quella specifica famiglia. Da questi elementi emerge come non vi possono essere schemi precostituiti, né rigide soluzioni preconfezionate, occorrendo piuttosto individuare la collocazione più idonea a garantire la formazione della corretta personalità di quel minore nel cui interesse si provvede. In quest ottica appare allora chiaro che affidamento condiviso non significa 50% del tempo con ciascun genitore, ma mantenimento per entrambi i genitori di effettiva responsabilità in modo da assicurare il benessere del figlio. Pertanto i tempi di permanenza del minore devono essere stabiliti tenendo conto in via prioritaria delle esigenze di vita dello stesso, sotto il profilo materiale e psicologico, nonché delle sue tappe evolutive. Infatti i tempi di vita dei minori e le loro esigenze mutano con il mutare dell età: sono diverse nel bambino di pochi mesi rispetto a quelle di un minore in età preadolescente ovvero a quelle di un adolescente. Anche la doppia domiciliazione sembra rispondere più alle aspettative dell adulto che realizzare una modifica favorevole agli interessi del minore, bisognoso di un ambiente di riferimento stabile e rassicurante sia sul piano psicologico, che organizzativo e relazionale. Obblighi di mantenimento (art. 1, lett. d, e, f) : l esperienza ci induce a rilevare che il 3

contenzioso all interno della coppia genitoriale si è negli anni sempre più incentrato sul profilo economico e che prioritario deve essere pertanto l impegno a risolvere tali problematiche in considerazione del fatto che, nella maggior parte dei casi, si risolvono contestualmente anche le questioni di natura personale. Tale premessa mi sembra importante perché ritengo che, in questo contesto, la previsione della contribuzione del genitore attraverso la forma del mantenimento diretto e per capitoli di spesa contribuirà ad alimentare il conflitto, anzichè ridurlo, ed inoltre non darà sufficienti garanzie di assicurare al minore risposte adeguate alle sue esigenze di crescita. Da un lato infatti preclude ogni verifica sull apporto che ciascun genitore gli offre, dall altro non consente di garantire l osservanza del principio della necessaria proporzionalità del contributo rispetto alle risorse economiche di ciascun genitore previsto dall art. 148 c.c., ed infine, in caso di inadempimento di uno dei genitori, lascia il minore privo di tutela rispetto ai suoi bisogni più immediati e pressanti, mancando il titolo per esigere una prestazione non determinata nel suo ammontare pecuniario, con l ulteriore aggravio che una tutela incerta sul piano esecutivo può determinare effetti devastanti sull intera controversia. Se si considera poi che la crisi economica che contraddistingue questo momento storico ed il tema irrisolto dell evasione fiscale contribuiscono a rendere più accesa la conflittualità dei genitori sui profili economici e consigliano accertamenti approfonditi per conoscere a fondo la realtà economica interna ai singoli nuclei familiari (unica garanzia per assicurare provvedimenti aderenti ai bisogni dei figli minori), non si comprende come si possa ipotizzare l eliminazione del parametro costituito dal tenore di vita del figlio anteriormente alla separazione, né l eliminazione della possibilità di disporre indagini per individuare la capacità reddituale dei genitori e quindi contrastare le operazioni di occultamento di redditi e patrimoni da parte di genitori che vogliono sottrarsi agli obblighi contributivi. Assegnazione del godimento della casa familiare (art. 3): la nuova formulazione dell art. 155 quater c.c. laddove prevede l automatica perdita dell efficacia del provvedimento di assegnazione del godimento della casa familiare in caso di instaurazione da parte 4

dell assegnatario di convivenza more uxorio o in caso di nuove nozze non consente di valutare caso per caso - come invece il giudice è tenuto a fare - l interesse del minore a mantenere quel determinato contesto abitativo in cui è cresciuto, inteso come centro di affetti, interessi e consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità della prole e quindi, nella parte in cui prevede questa effetto automatico al verificarsi degli eventi di cui si tratta, non appare coerente con i fini di tutela della prole per i quali l istituto è sorto (Corte Cost. sentenza n. 308 del 30 luglio 2008) Legittimazione ad agire degli ascendenti (art. 1 lett. c): La previsione di una legittimazione di soggetti estranei al nucleo familiare strettamente inteso appare poco rispondente all obiettivo di tutela del minore da situazioni di conflitto proprio perché può contribuire ad alimentare i contrasti all interno della sua famiglia o tra i nuclei familiari di origine dei genitori. D altronde l attuale formulazione del primo comma dell art. 155 c.c. tutela in maniera adeguata il minore, al quale viene riconosciuto il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti, nel quadro del mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con i propri genitori e con la medesima finalità di evitare, per quanto possibile, che la separazione produca traumi nello sviluppo della personalità del minore stesso (Cass, 11 agosto 2011, n. 17191). Il giudice sarà quindi tenuto a valutare i comportamenti e gli atteggiamenti dei genitori anche con specifico riferimento al rispetto di tale diritto dei propri figli. Né si può dire che l interesse dei parenti a mantenere relazioni con il minore resti privo di tutela in quanto è ben possibile per tali soggetti adire il Tribunale per i Minorenni ex art. 333-336 c.c.. Procedimenti ex art. 317 bis (art. 6): la nuova formulazione del secondo comma dell art. 317 bis c.c. non consente di chiarire i dubbi interpretativi che si sono posti in merito 5

all individuazione di quale genitore esercita la potestà sul figlio laddove, in assenza di intervento giudiziale, non vi è convivenza della coppia genitoriale. Nella pratica il problema si presenta nei numerosi casi di figli che, pur riconosciuti dal padre, hanno convissuto solo con la madre. Al riguardo, finora, si è ritenuto possibile che, in questi casi, la potestà sia esercitata esclusivamente dal genitore con cui il figlio convive fin quando non intervenga un provvedimento dell autorità giudiziaria minorile, adita da uno dei due genitori. Infatti una scelta che imponga il ricorso all autorità giudiziaria non pare opportuna, né sotto il profilo dei costi che dei risultati, visto che non è necessario per i genitori non coniugati adire il giudice per la loro separazione Reclamabilità delle ordinanze istruttorie (art. 7): l introduzione del reclamo avverso le ordinanze istruttorie nei procedimenti di separazione e divorzio rischia di appesantire ingiustificatamente l iter dei procedimenti, allungandone i tempi di definizione ed alimentando la conflittualità. La piena revisionabilità della decisione anche a prescindere da sopravvenute e non considerate circostanze, sottese alla sua originaria adozione, può ben costituire uno strumento di garanzia che non deve necessariamente coincidere con un rimedio strettamente impugnatorio, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nell ordinanza 11 novembre 2010, n. 322. Tale forma di garanzia insita nella libera modificabilità del provvedimento da parte del medesimo giudice che l ha emesso appare rispettosa anche delle esigenze della parte di poter far valere le proprie ragioni in piena aderenza a quanto imposto dalla Convenzione EDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, in tema di rispetto dei diritti ad un giusto processo che salvaguardi la tutela della vita privata e familiare. Competenza (art. 10): la giustificazione dell attribuzione della competenza sulle controversie per l affidamento dei figli di genitori non coniugati al Tribunale Ordinario viene 6

individuata nella necessità di assicurare alle parti più ampie garanzie, ma poiché le garanzie dipendono dalla scelta legislativa in tema di procedura applicabile, non si comprende come il problema possa essere risolto sulla base del semplice spostamento della competenza da un giudice all altro, peraltro rinunciando alla specializzazione del giudice minorile a favore di un giudice ordinario che, il più delle volte, deve gestire anche un ruolo contenzioso multidisciplinare che mal si concilia con l attenzione da assicurare alle delicate questioni che coinvolgono minori. Peraltro il previsto spostamento di competenza va in direzione diametralmente opposta rispetto a quanto prevede il progetto di legge in materia di riconoscimento di figli naturali (proposte di legge nn. 2519, 3184, 3247, 3516, 4007 e 4054, approvate dalla Camera in testo unificato il 30 giugno 2011, ora in discussione al Senato DDL n. 2805), che all art. 3 dispone l introduzione dell art. 711 bis c.p.c., secondo cui per i procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, in caso di cessazione della convivenza o di non convivenza tra i genitori, è competente il tribunale per i minorenni del luogo di residenza abituale del minore. Ecco che allora appare chiaro come solo l unificazione delle controversie su tutte le tematiche inerenti la famiglia ed i minori davanti ad un unico giudice specializzato, con una armonizzazione dei relativi procedimenti, potrà assicurare una risposta giudiziaria efficace, data in tempi ragionevoli, evitando che la frammentazione delle competenze consenta di riproporre le medesime questioni su più tavoli con il rischio di pregiudicare la qualità e la tempestività del necessario intervento di tutela e con la conseguenza che il minore, spesso vittima del conflitto tra adulti, rimanga pure vittima del processo che lo deve invece proteggere. Maria Carla Gatto Presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia 7