Cass. civ. Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 21633



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Primi passi nell interpretazione dei rapporti tra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario secondo il nuovo art.38 delle disposizioni di attuazione del codice civile Cass. civ. Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 21633 La competenza a conoscere della domanda di limitazione o decadenza dalla potestà dei genitori, introdotta prima della modifica del testo dell art. 38 disp. att. cod. civ. disposta dall art. 3 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, rimane radicata presso il tribunale per i minorenni anche se nel corso del giudizio sia stata proposta, innanzi al tribunale ordinario, domanda di separazione personale dei coniugi o di divorzio, in ossequio al principio della perpetuatio jurisdictionis ed a ragioni di economia processuale che trovano fondamento anche nelle disposizioni costituzionali (art. 111 Cost.) e sovranazionali (art. 8 C.E.D.U. e art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea). (Regola competenza) Il nuovo articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile (nel testo riformato dalla legge 219/2012) prevede un meccanismo di riparto di competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni che ha dato luogo, per la sua non limpida stesura, a molti dibattiti dopo la sua entrata in vigore. Disposizioni di attuazione del codice civile Art. 38. - Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni per l ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applica, in quanto compatibile, l articolo 710 del codice di procedura civile. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni. La Corte di cassazione con l ordinanza del 14 ottobre 2014 n. 21633 che qui si presenta interviene per la prima volta sul riparto delle competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni affermando che ove nel corso di un giudizio de potestate si apra di fronte al tribunale ordinario una procedura di separazione, il giudice di quest ultima non ha competenza ad emettere provvedimenti de potestate rimanendo in piedi la competenza del tribunale per i minorenni. Una decisione che appare in linea sul punto con quanto già era emerso nel primo dibattito dopo la riforma. 1

L ordinanza pare prendere anche posizione sull altro tema dibattuto (che non era, però, nell oggetto del ricorso), cioè sul tema della competenza del giudice della separazione anche per i provvedimenti ex art. 330 c.c. e non solo per quelli di cui all art. 333 c.c. (almeno stando a quanto emerge dal passaggio che si occupa di questo aspetto: Risponde a una interpretazione logica, oltre che diretta a salvaguardare la coerenza testuale della norma, ritenere, come ha fatto il P.G. nella requisitoria, che l effetto attrattivo previsto dall art. 38, si riferisce alla ipotesi della proposizione di un ricorso ex art. 333 c.c. e ai casi in cui l esame di tale ricorso renda necessaria la pronuncia dei citati provvedimenti e specificamente della decadenza dalla responsabilità genitoriale ). È in verità proprio questo uno degli aspetti più dibattuti e che solo l unificazione delle competenze in capo ad un unico giudice potrà definitivamente risolvere. L oggetto più ricorrente dei conflitti di competenza tra giudice ordinario e giudice minorile sono stati sempre i provvedimenti de potestate cioè i provvedimenti ablativi (art. 330 c.c.) o limitativi della potestà/responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) diretti alla protezione dei soggetti minori di età rispetto agli abusi genitoriali che l art. 38 disp. att. c.c. ha sempre attribuito alla competenza per materia del tribunale per i minorenni. Il problema è sempre stato costituito dall individuazione del tribunale competente allorché una esigenza di tutela del minore si presenta nel corso della causa di separazione o di divorzio o successivamente in sede di procedimento di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. E opportuno in questi casi lasciare al giudice della separazione e del divorzio l intervento di protezione o è necessario e inevitabile l intervento del tribunale per i minorenni? In passato si è sempre considerato competente il tribunale per i minorenni (individuato, quasi sacralmente, come unico organo legittimato agli interventi de potestate ) anche a modificare i provvedimenti relativi all affidamento dei figli in corso di separazione o dopo la separazione allorché come petitum il ricorrente richiedesse un intervento ablativo o limitativo della potestà/responsabilità genitoriale a norma degli articoli 330 e 333 c.c. In queste ipotesi, pur in pendenza di un procedimento di separazione, quindi, la competenza ad emettere provvedimenti de potestate è stata sempre attribuita al tribunale per i minorenni (Cass. civ. sez. I, 16 febbraio 1982, n. 9619; Cass. civ. Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5137; Cass. civ. Sez. I, 4 giugno 1994, n. 5431; Cass. civ. Sez. I, 11 aprile 1997, n. 3159; App. Napoli, 12 febbraio 1998; App. Bologna 18 gennaio 1992). La delimitazione delle competenze, per quanto in taluni casi potesse creare qualche discussione, era sostanzialmente molto chiara. Nel corso dell ultimo decennio si è andata affermando, invece, gradualmente una prassi giudiziaria tendente a circoscrivere, in pendenza di un procedimento di separazione tra le stesse parti, la competenza del tribunale per i minorenni ai soli provvedimenti di decadenza della potestà/responsabilità (art. 330 c.c.). La prassi si è diffusa in virtù della constatazione che i provvedimenti limitativi cui fa riferimento l art. 333 del codice civile, tesi a contrastare comportamenti dei genitori pregiudizievoli ai minori, sono diventati nella sostanza spesso l oggetto anche di provvedimenti del tutto normali del giudice della separazione (si pensi alla sospensione degli incontri tra il figlio minore e i genitori, all affidamento ai servizi sociali, all affidamento a terzi, agli incontri protetti). L affermarsi di questa prassi è stata facilitata da una rapida evoluzione della giurisprudenza che agli inizi degli anni Duemila cominciò ad esprimere, sul tema della delimitazione di competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, posizioni meno rigide rispetto al passato. Importanti in questo contesto sono state per esempio alcune decisioni con le quali la Corte di cassazione ha dato il via libera alla revisione dell impostazione tradizionale che faceva leva sul discrimine molto netto fra la competenza del tribunale ordinario e la competenza del tribunale per i minorenni. La giurisprudenza prevalente soprattutto negli anni più recenti ha preso quindi atto che in pendenza di separazione o divorzio la competenza del tribunale per i minorenni debba ammettersi in sostanza solo ove venga richiesto e considerato 2

plausibile un provvedimento di decadenza della potestà ex art. 330 c.c. mentre i provvedimenti di protezione atipici cui fa riferimento l art. 333 c.c. restano, sempre in pendenza di separazione, di competenza dello stesso giudice della separazione (Cass. civ. Sez. I, 27 febbraio 2013, n. 4945 in una vicenda in cui è stato applicato l art. 38 disp. att. c.c. nel testo precedente alla riforma del 2012 sulla filiazione; Cass. civ. Sez. I, 24 marzo 2011, n. 6841; Cass. civ. Sez. VI, 5 ottobre 2011, n. 20352). Questa tendenza è stata ampiamente recepita nella riforma sulla filiazione del 2012 la quale ha previsto espressamente che se è in corso tra le stesse parti una causa per la regolamentazione dell affidamento dei figli davanti al tribunale ordinario (separazione, divorzio o altro procedimento relativo all affidamento di un figlio) il giudice di tale causa acquisisce anche il potere di adottare i provvedimenti de potestate che altrimenti sarebbero di competenza del tribunale per i minorenni (art. 38 disp. att. c.c. nel testo modificato dalla riforma sulla filiazione del 2012). Il testo della norma non è purtroppo di scorrevole interpretazione (anzi è una vera e propria tragedia linguistica) e non è ancora stato chiarito tra gli interpreti - se la competenza del tribunale ordinario in questi casi resti confinata ai soli provvedimenti limitativi della potestà/responsabilità (che negli ultimi anni, come detto, la giurisprudenza ha attribuito al giudice della separazione) oppure se si estenda anche all adozione di provvedimenti di decadenza della potestà/responsabilità. Vi sono ragionevole motivi (molti dei quali collegati al principio di necessaria concentrazione del contenzioso e di effettività della tutela) per ritenere che la competenza del giudice della separazione possa estendersi anche alla decadenza. Alla tesi contraria ha aderito, invece, una parte della dottrina e qualche prassi locale (per esempio il protocollo tra i giudici minorili e giudici ordinari di Brescia pubblicato su Famiglia e diritto, 2013, 6, 634) ed è largamente prevedibile che a quest ultima tesi limitativa possa finire per aderire la giurisprudenza. Il dibattito fortunatamente verrà presto troncato dall attribuzione ad un unico giudice (sezioni specializzate presso ogni tribunale) di tutte le funzioni di giudice della famiglia. Con l approvazione della legge di unificazione delle competenze è evidente che non vi sarà più spazio per alcun conflitto di competenza. Alla luce di quanto precede si può provare a formulare qualche soluzione per i diversi casi che oggi si possono presentare nella pratica in relazione al problema del nuovo riparto delle competenze relativamente ai provvedimenti de potestate. La norma prevede una inedita ipotesi di connessione per attrazione che non può essere risolta del tutto con le regole tradizionali previste negli articoli dal 31 al 40 del codice di procedura civile. Si tratta infatti di una competenza per materia che, in presenza di una situazione per molti versi analoga alla litispendenza (ma diversa dalla continenza), è attratta (tecnicamente prorogata) alla competenza di altro giudice. Si tratta in sostanza di una inedita forma di vis actractiva. Sono quindi molti gli aspetti problematici sollevati dalla infelice formulazione tecnica della norma. Limitandoci al tema oggetto dell ordinanza della Cassazione si può ora dare per acquisito nella giurisprudenza della Corte di cassazione dopo l ordinanza qui commentata - che A) se è in corso (ed è iniziato dopo il 1 gennaio 2013) davanti al tribunale ordinario procedimento di separazione (o di divorzio o di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio) e uno dei genitori deposita un ricorso de potestate al tribunale per i minorenni, il giudice minorile evidentemente su istanza di parte e, ove informato, anche d ufficio ed anche oltre i termini indicati nell art. 38, comma 3, c.p.c. se già superati - dichiarerà con ordinanza ai sensi dell art. 38 c.p.c. la propria incompetenza per materia (determinata dall attrazione della competenza al giudice ordinario) indicando alle parti un termine per la riassunzione davanti al giudice della separazione per l eventuale adozione in quella sede del provvedimento de potestate richiesto o per gli altri provvedimenti de potestate ritenuti necessari. Questo meccanismo non scatta se il procedimento viene azionato davanti al tribunale per i minorenni (sempre dopo il 1 gennaio 2013) da un parente o dal pubblico 3

ministero. B) Se è in corso, invece, davanti al tribunale per i minorenni un procedimento de potestate (iniziato dopo il 1 gennaio 2013) ed uno dei genitori deposita in tribunale ordinario un ricorso di separazione (o di divorzio o di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio) il tribunale per i minorenni rimarrà competente. Cass. civ. Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 21633 (omissis) ordinanza sul ricorso per regolamento di competenza proposto da: (omissis) avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Campobasso (cron. N. 953/13) emesso il 10 ottobre 2013 e depositato il 15 ottobre 2013 nel procedimento RGVG N. 39/11. Svolgimento del processo ritenuto che: 1. Il Tribunale per i minorenni di Campobasso ha ritenuto la propria competenza a giudicare sul procedimento per la decadenza o la limitazione della responsabilità genitoriale di Z.A. e P.A., sui figli minori P.G.P. e F., introdotto con ricorso del 16 febbraio 2011 e quindi prima dell entrata in vigore del nuovo testo dell art. 38 disp. att. c.c. come novellato dalla L. n. 219 del 2012, art. 3 e prima della proposizione, con ricorso del 26 luglio 2013, del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio fra Z.A. e P.A.. 2. Propone regolamento di competenza Z.A. ritenendo che il Tribunale per i minorenni perde la sua competenza sui procedimenti de potestate se è pendente davanti al Tribunale ordinario giudizio di separazione o divorzio ovvero giudizio ex art. 316 c.c., relativo al dissidio tra i genitori sull esercizio della responsabilità genitoriale in quanto in tali casi prevale la vis attrattiva del giudizio ordinario. Ad avviso della ricorrente vi è stata violazione e falsa applicazione dell art. 38 disp. att. c.c., come novellato dalla L. n. 219 del 2012 (art. 3) in quanto deve ritenersi che la vis attrattiva del giudizio ordinario operi anche quando il giudizio de potestate sia stato proposto anteriormente davanti al Tribunale per i minorenni. 3. Si difende con memoria il P. e contesta la tesi avversaria ritenendo che, anche in ossequio al principio di perpetuatio iurisdictionis, la competenza del giudice minorile resta radicata se il giudizio è stato iniziato prima dell entrata in vigore della L. n. 219 del 2012, anche quando, successivamente all entrata in vigore della predetta legge, sia stato instaurato davanti al tribunale ordinario un procedimento idoneo a esercitare la vis attrattiva. 4. Con requisitoria del 3 maggio 2014 la Procura generale presso questa Corte ha chiesto respingersi il ricorso e dichiararsi la competenza del Tribunale per i minorenni di Campobasso. Motivi della decisione 5. La riscrittura dell art. 38 disp. att. c.c., da parte del legislatore del 2012 (L. 10 dicembre 2012, n. 219, art. 3), ha lasciato aperta la questione interpretativa relativa alla individuazione del giudice funzionalmente competente a decidere sulla domanda di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale proposta al Tribunale per i minorenni prima della instaurazione del giudizio di separazione o di divorzio. 6. A fronte di una redazione del testo legislativo che la dottrina ha ritenuto oscura sotto vari profili e specificamente per l utilizzazione dell espressione giudizi in corso (nel comma 1 del nuovo art. 38 disp. att. c.c.) in luogo di un inequivoco richiamo al principio della prevenzione non possono trascurarsi, per altro verso, le ragioni ostative a una lettura estensiva dell art. 38, che sono state efficacemente messe in rilievo nella requisitoria del P.G.. 7. In primo luogo va valutata l operatività del principio generale della perpetuatio jurisdictionis di cui all art. 5 c.p.c., che il legislatore del 2012 (L. n. 219 del 2012, art. 4) ha tenuto almeno in parte in considerazione 4

affermando che le disposizioni di cui alla L. n. 219, citato art. 3, si applicano soltanto nei giudizi iniziati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge. Nella specie l entrata in vigore della L. n. 219 del 2012 è successiva alla proposizione delle domande al Tribunale per i minorenni. 8. In secondo luogo va rilevato che il testo legislativo non è univoco nel limitare la applicazione della citata disposizione di cui all art. 38 disp. att. c.c., comma 1, alla sola ipotesi del procedimento di cui all art. 333 c.c., dato che, nella disposizione in esame, lo stesso legislatore richiama i provvedimenti contemplati negli artt. 84, 90, 330, 332, 334, 335 e 371 c.c., affermando che in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. 9. Risponde a una interpretazione logica, oltre che diretta a salvaguardare la coerenza testuale della norma, ritenere, come ha fatto il P.G. nella requisitoria, che l effetto attrattivo previsto dall art. 38, si riferisce alla ipotesi della proposizione di un ricorso ex art. 333 c.c. e ai casi in cui l esame di tale ricorso renda necessaria la pronuncia dei citati provvedimenti e specificamente della decadenza dalla responsabilità genitoriale. 10. In terzo luogo va tenuto in conto il requisito della identità delle parti, richiesto dalla L. n. 219 del 2012, art. 3, come presupposto per l attrazione della competenza da parte del giudice ordinario, requisito che non ricorre nella specie in relazione alla proposizione da parte del P.M. di ricorso autonomo nei confronti di Z.A.. 11. Infine ragioni di economia processuale e di tutela dell interesse superiore del minore che trovano riscontro nelle disposizioni costituzionali (art. 111 Cost.) e sopranazionali (art. 8 C.E.D.U. e art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell Unionè Europea) impediscono una interpretazione della disposizione dell art. 38, che vanifichi il percorso processuale svolto, a seguito di una domanda ex art. 333 c.c., davanti al Tribunale per i minorenni anteriormente alla proposizione del giudizio di separazione o divorzio da parte dei genitori. Così come si dimostrano inconciliabili con una interpretazione della citata norma che renda possibile l uso strumentale del processo al fine di spostare la competenza. 12. La Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere respinto con conseguente dichiarazione della competenza del Tribunale per i minorenni di Campobasso. Sussistono i presupposti di legge per compensare le spese del procedimento in relazione all assenza di precedenti nella giurisprudenza di legittimità. PQM La Corte rigetta il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni di Campobasso. Compensa le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2014. Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2014 5