Anagrafe delle imprese



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Anagrafe delle imprese

Dossier - Anagrafe delle imprese L imprenditoria italiana si mantiene vitale e nuove forze continuano a entrare nel mercato, ma il battito del sistema rallenta e, per molti, aumentano le difficoltà a restare competitivi. È questo il profilo che emerge dai dati sulle aperture e chiusure di imprese nel terzo trimestre del 2011, diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione condotta da InfoCamere a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di commercio. Grazie al saldo attivo del trimestre da poco concluso, pari a 19.833 unità, alla fine di settembre lo stock complessivo delle imprese ha raggiunto il valore di 6 milioni 134.117 unità, tornando praticamente ai volumi-record del 2007. Il recupero della base imprenditoriale è tuttavia il risultato di dinamiche contrapposte tra natalità e mortalità delle imprese - in rallentamento le prime e in aumento le seconde. Le 77.443 nuove iscrizioni rilevate nel trimestre estivo, infatti, sono state il 9,1% in meno di quelle del corrispondente periodo del 2010 (quando furono 85.220). A fronte di questo rallentamento, tra luglio e settembre le cessazioni hanno invece accelerato il passo, facendo segnare un valore di 57.610 unità, il 3,6% in più del corrispondente trimestre dello scorso anno (55.593). Il riavvicinarsi delle due lame della «forbice anagrafica» dimostra le difficoltà che l economia italiana sta registrando in questi ultimi anni e restituisce un saldo trimestrale di 19.833 imprese, positivo ma inferiore di un terzo (-33,1%) rispetto al corrispondente saldo rilevato nel 2010. Nel terzo trimestre del 2011 il sistema delle imprese si è confermato in leggera espansione, pur con un ritmo di crescita ridotto rispetto alle rilevazioni precedenti (+0,32% contro lo 0,49% del corrispondente trimestre del 2010). Se si guarda all insieme dei primi tre trimestri del 2011 il quadro non muta, confermando - anche se in maniera più attenuata - il rallentamento della vitalità del sistema rispetto al 2010. Tra gennaio e settembre di quest anno, infatti, i registri camerali hanno rilevato 309.323 iscrizioni (nel 2010 erano state 315.620) a fronte di 260.169 cessazioni (254.953 l anno precedente), per un saldo complessivo di 49.154 imprese in più (contro 60.667). In termini percentuali, il saldo dei primi nove mesi di quest anno appare pertanto ridotto del 19% rispetto a quello del 2010, frutto del calo del 2% delle iscrizioni e dell aumento di uguale entità delle cessazioni. In termini assoluti, il risultato dell ultimo trimestre riporta il livello dello stock al dato di settembre del 2007, a testimoniare la sostanziale tenuta del sistema delle imprese in risposta alle perduranti tensioni. Il primo fattore di stabilità della base imprenditoriale è da ricercare nella prolungata crescita delle imprese costituite in forma di società di capitale che, ormai, determinano il 22,5% dello stock complessivo di tutte le imprese registrate. Negli ultimi tre mesi del 2011 il loro saldo è stato pari a 9.478 unità (il 47,8% di tutta la crescita del trimestre), ma se si estende l analisi ai primi nove mesi dell anno, il loro contributo appare ancora più evidente: tra gennaio e settembre le società di capitale in più sono state infatti 34.738, pari al 70,7% di tutto il saldo dei nove mesi. Il secondo elemento di tenuta risiede nel contributo, sempre elevato, che le ditte individuali assicurano al flusso delle nuove iscrizioni. Un fenomeno che, sempre più, dipende dall apporto delle imprese aperte da cittadini immigrati: nell ultimo trimestre il loro contributo al saldo del periodo è stato di 5.108 imprese,

pari al 26% dell incremento totale e al 71% di quello delle sole ditte individuali. Se si considerano i primi nove mesi dell anno, questi stessi valori passano al 30% (il peso sul saldo complessivo) e addirittura a oltre il doppio dell aumento totale delle imprese individuali (14.775 su 6.567): come a dire che, senza le imprese di immigrati, nei primi nove mesi del 2011 questo aggregato sarebbe diminuito di oltre 8 mila unità. Sotto il profilo settoriale, a esclusione dell agricoltura, nel trimestre tutte le tipologie di attività evidenziano saldi positivi, con il commercio (+5.425 imprese), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+4.299) e le costruzioni (+3.345) a fornire i contributi maggiori alla crescita di luglio-settembre. Nell arco più ampio dei nove mesi, tuttavia, in aggiunta all agricoltura il bilancio anagrafico evidenzia una riduzione della base imprenditoriale anche per le attività manifatturiere (-1.712 imprese). Infine, guardando al territorio, la circoscrizione più dinamica si conferma ancora una volta il Centro (+0,4%), trainato dal buon risultato del Lazio, la regione dove la crescita relativa è stata più elevata (+0,5%). In termini assoluti, il maggiore contributo al saldo si deve al Mezzogiorno, dove sono state rilevate 6.074 imprese in più (lo 0,3%) rispetto alla fine di giugno. Tra le regioni, dopo il già citato Lazio, in termini relativi hanno agito bene Campania e Trentino-Alto Adige (entrambi a +0,46%), Liguria e Calabria (+0,39%). In termini assoluti, il miglior risultato spetta invece alla Lombardia (3.276 le imprese in più nel trimestre), seguita da Lazio (+3.012), Campania (+2.521) e Toscana (+1.549). Parzialmente diverso è il quadro nell arco dei primi nove mesi dell anno. Se lo scettro del dinamismo resta alle regioni del Centro (+1,1%), il saldo più consistente in termini assoluti lo fa registrare la circoscrizione del Nord-Ovest, con 14.570 imprese in più. Nella classifica delle regioni in termini assoluti, la Toscana (+4.647 imprese) supera la Campania (+4.444), al terzo posto dopo Lombardia e Lazio, rispettivamente a +11.067 e +8.691. Questi i dati salienti della rilevazione sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel secondo trimestre dell anno fotografati attraverso Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta per Unioncamere da InfoCamere, la società di informatica delle Camere di commercio italiane - e disponibile all indirizzo www.infocamere.it. Nasce l Osservatorio Unioncamere sull imprenditoria giovanile Le imprese «invecchiano» Piccole imprese in ripresa Medie imprese: segnali di crescita dopo la crisi Artigiani: la ripresa è al rallentatore La mappa delle cooperative Movimprese

Nasce l Osservatorio Unioncamere sull imprenditoria giovanile Sono 720 mila le «imprese giovanili», quelle cioè guidate da un under 35, e si concentrano soprattutto nei settori più tradizionali. Al 31 dicembre del 2010, infatti, i settori a più elevata concentrazione di imprese giovanili sono quelli dei servizi alle persone (16,2% del totale delle imprese del settore), delle costruzioni (15,9%) e dell alloggio e ristorazione (15,2%). In media, l universo delle imprese under 35 rappresenta l 11,8% di tutte le imprese, per la precisione 723.531 unità su 6.109.217 complessivamente esistenti in Italia. Per «impresa giovanile» si intende l impresa in cui, alla data della rilevazione, si verifichino le seguenti condizioni: nel caso di imprese individuali, che il titolare abbia meno di 35 anni; nel caso di società di persone, che oltre il 50% dei soci abbia meno di 35 anni; nel caso di società di capitali, che la media delle età dei soci e degli amministratori sia inferiore al limite dei 35 anni. I dati sono stati resi noti dal segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, a Rimini nel corso del convegno sul «Sistema Paese», svoltosi nell ambito del Meeting 2011. «In termini assoluti, però - ha fatto rilevare Gagliardi - il settore che attrae maggiormente i giovani capitani d impresa è quello del commercio, dove si contano quasi 200 mila imprese pari al 27,6% del totale di aziende under 35, subito seguito dalle costruzioni (144 mila unità, 1,19,9%) e, a distanza, dall agricoltura (65 mila imprese, pari al 9% di tutte quelle guidate da giovani)». Dal punto di vista geografico è Roma (con 44.166 imprese) la provincia che fa segnare il maggior numero di iniziative imprenditoriali giovanili, seguita da vicino da Napoli (40.874) e, più da lontano, da Milano (29.753). Oltre al capoluogo partenopeo, nella classifica delle prime 10 province italiane con il maggior numero di imprese giovanili, si scoprono ben 6 province del Mezzogiorno. Dopo Torino, in quarta posizione con le sue 28.307 imprese under 35, infatti, troviamo in successione Bari (22.394 imprese), Salerno (17.766), Catania (15.801), Caserta (15.325) e Palermo (15.234). In decima posizione Brescia, appena sopra quota 15 mila imprese. All estremo opposto, tra le province meno popolate da imprese giovanili spiccano quelle centro-settentrionali: ben 7 su 10. Nell ordine, si tratta di Gorizia, cui va la palma della meno «giovanile» (1.052 imprese), Trieste (1.423), Aosta (1.449), Verbano-Cusio-Ossola (1.558), Belluno (1.613), Sondrio (1.870) e Biella (2.040). Nel gruppo di coda anche Isernia (1.293), Oristano (1.918) e Rieti (2.032). Questo il quadro che emerge dalla prima rilevazione sistematica, realizzata da Unioncamere in collaborazione con InfoCamere, nell ambito del neonato «Osservatorio sull imprenditoria giovanile». A partire dal 2011, i dati di questo particolare universo statistico sono oggetto di un monitoraggio periodico teso a studiare le dinamiche settoriali, territoriali e dimensionali del fenomeno. Fonte: Unioncamere, 22 agosto 2011 Le imprese «invecchiano» In un Italia in crisi demografica oltre che economica, anche il tessuto imprenditoriale «invecchia». Rispetto al 2010, infatti, l incidenza delle imprese giovanili (intendendo con questa espressione le ditte individuali il cui titolare abbia meno di 35 anni, ovvero le società di persone in cui oltre il 50% dei soci abbia meno di 35 anni, oppure le società di capitali in cui la media dell età dei soci e degli amministratori sia inferiore allo stesso limite d età) scende dall 11,8% del 2010 all 11,4% del 2011. Come mostra l Osservatorio di Unioncamere sull imprenditorialità giovanile, elaborando i dati

del Registro delle imprese delle Camere di commercio, le attuali 700 mila imprese di under 35 calano del 3,6% rispetto al 2010 (per complessive 26 mila unità in meno). La riduzione si spiega sia con il superamento della soglia dei 35 anni da parte di un cospicuo numero di imprenditori, usciti, così, dal campo di osservazione, che, parallelamente, con un rallentamento delle iscrizioni di imprese giovanili, accentuatosi soprattutto nella seconda metà dell anno. Il 2011, comunque, si è chiuso con 135 mila giovani che, pur in uno scenario economico non certo favorevole, hanno deciso di avviare una nuova iniziativa imprenditoriale. Più timori con la crisi Certo la crisi ha inciso sulla decisione di «fare impresa» dei giovani. Quasi il 60% delle 135 mila nuove iscrizioni è infatti relativo ai primi due trimestri dell anno, mentre a partire dal terzo trimestre, in coincidenza, quindi, con l esplosione della crisi del debito sovrano dei Paesi europei, si è verificato un brusco rallentamento delle iscrizioni. Sud e Isole sono l area che ha dimostrato nel 2011 la maggiore vivacità: 52.671 le nuove imprese nate nel Mezzogiorno, pari al 39% del totale. Segue il Nord-Ovest (33.151 nuove iscrizioni, il 24% del totale), quindi il Centro con 27.700 nuove imprese, pari al 20% del totale; in coda il Nord-Est (21.812 iscrizioni, pari al 16% del totale). Tradizionalisti per scelta Giovani d età ma «tradizionalisti» per scelta, si potrebbe dire guardando alla diffusione delle imprese guidate da under 35. I settori più tradizionali, quali i servizi alle persone, le costruzioni, l alloggio e la ristorazione, e i servizi alle imprese sono quelli in cui, infatti, si registra l incidenza maggiore di imprese giovanili sul totale, mentre il commercio, le costruzioni e, a distanza, l agricoltura sono quelli sui quali si concentra maggiormente l attenzione dei giovani imprenditori in valore assoluto: ben 193 mila nel commercio (pari al 27,7% del totale delle imprese degli under 35), quasi 135 mila nelle costruzioni (il 9,3% del totale), 61.603 nell agricoltura (quasi il 9% di tutte quelle guidate da giovani). Ed è sempre il commercio che, anche nel 2011, ha attratto l attenzione dei neoimprenditori: quasi 28 mila delle 135 mila nuove iscrizioni (ovvero il 22% del totale) hanno interessato questo settore, mentre altre 21 mila (pari al 15% del totale) le costruzioni. Le giovani imprese hanno in Roma la città d elezione. Sono infatti 43.704 le imprese guidate da under 35 nella capitale. Segue Napoli (39.355), quindi Milano (28.892). Oltre al capoluogo partenopeo, nella classifica delle prime 10 province italiane con il maggior numero di imprese giovanili si incontrano altre 5 province del Mezzogiorno. In quarta posizione si colloca Torino, con le sue 27.290 imprese di under 35, poi Bari (21.325 imprese), Salerno (17.660), Catania (15.784), Palermo (15.094) e Caserta (15.089). All estremo opposto, tra le province meno popolate da imprese giovanili spiccano quelle centro-settentrionali: ben 7 su 10. Nell ordine, si tratta di Gorizia (1.009 imprese), Aosta (1.338), Trieste (1.350), Verbano-Cusio-Ossola (1.502), Belluno (1.538), Sondrio (1.745) e Biella (1.920). Nel gruppo in coda anche Isernia (1.262), Oristano (1.818) e Rieti (1.909). Se si guarda invece all incidenza percentuale sul totale delle imprese delle aziende condotte dagli under 35, ai primi posti si incontrano diverse province del Mezzogiorno, prime tra tutte Enna, Crotone e Vibo Valentia. Consulta i dati dell Osservatorio di Unioncamere. Scarica l identikit del neoimprenditore elaborato dal Centro studi di Unioncamere. Piccole imprese in ripresa Fonte: Uniomcamere, 24 febbraio 2012

Piccole imprese in lieve risalita, medio-grandi in parziale rallentamento; Nord-Est veloce come un treno, Sud sempre più lento; metalmeccanica traino delle esportazioni e sistema moda ancora in affanno: queste alcune delle tendenze evidenziate nell ultimo trimestre 2007 dalle imprese manifatturiere, monitorate come di consueto dal Centro studi di Unioncamere. Secondo l indagine congiunturale, produzione (+0,9%) e fatturato (+1,0%) hanno registrato incrementi positivi tra ottobre e dicembre 2007 rispetto allo stesso periodo del 2006. In crescita risultano anche gli ordinativi (+1,4%, il miglior risultato registrato dal 2006) e le esportazioni (+3,1%). Piccole imprese: fatturato, produzione e ordinativi in recupero; accelera l export Il bilancio del quarto trimestre 2007 della manifattura italiana si deve anche alla lieve ripresa delle piccole imprese (con 1-49 dipendenti) che, pur mettendo a segno un aumento della produzione decisamente contenuto (pari al +0,1%), registrano un deciso miglioramento rispetto al -0,9% del terzo trimestre. Anche l andamento del fatturato torna in positivo (+0,1%), dopo la brusca frenata dei due trimestri precedenti (entrambi -1,1%). È probabile che questi dati possano rappresentare un «effetto ritardato» della ripresa di cui sono state protagoniste soprattutto le imprese di maggiori dimensioni tra 2006 e il 2007. Il dato positivo di produzione e fatturato sembra sostenuto soprattutto dall export (+3,5%). Dati incoraggianti provengono infine dal versante degli ordinativi (+0,2%). A livello settoriale, vanno bene le piccole industrie dei metalli (+3,8% la produzione e +3,0% il fatturato), seguite da quelle chimiche e delle materie plastiche (+2,5% la produzione e +2,6% il fatturato). Bene anche la filiera dell energia (+4,2% la produzione e +1,7% il fatturato). Negativi, invece, i dati delle piccole imprese di tessile, abbigliamento e calzature (-4,0% la produzione e -3,9% il fatturato), alimentare (rispettivamente -3,4% e -1,9%) e per quelle dell aggregato «altre industrie» (che comprende, tra le altre, le industrie dei mobili, dell oreficeria e degli altri beni personali e per la casa), per le quali si registra una flessione del -2,1% per la produzione e del -0,9% per il fatturato. Artigianato: in ripresa, ma la produzione resta ancora sotto i livelli del 2006 In chiaroscuro il consuntivo di ottobre-dicembre 2007 delle imprese manifatturiere artigiane: la produzione registra, infatti un calo del -0,1% rispetto allo stesso trimestre del 2006, mentre il fatturato (+0,3%) segna una ripresa dopo nove mesi con il segno «meno». In aumento le esportazioni (+2,9% rispetto al quarto trimestre 2006). Infine, gli ordinativi nel trimestre in esame hanno registrato, dopo i primi tre trimestri dell anno in negativo, una crescita tendenziale del +0,1%. Medio-grandi imprese: rallentano la produzione e il fatturato; positivi gli ordinativi Restano positivi ma si ridimensionano i risultati delle medio-grandi imprese (con 50-500 dipendenti) manifatturiere: la produzione registra una crescita tendenziale più contenuta (+1,8%) rispetto alle performance dei primi nove mesi del 2007. Analogo l andamento del fatturato (+2,0%). Appare plausibile, al momento, interpretare questi dati più come una fase di assestamento che come un ridimensionamento. Infatti, si mantiene elevata la dinamica di crescita sui mercati esteri (+2,7%) anche se in rallentamento rispetto al periodo luglio-settembre. Anche gli ordinativi registrano un deciso incremento (+2,5%). A livello settoriale, particolarmente brillanti si presentano i risultati delle medio-grandi imprese dei metalli (rispettivamente +3,7% la produzione e +2,4% il fatturato), di quelle della meccanica e dei mezzi di trasporto (+3,4% la produzione e +4,0% il fatturato) e dei produttori di macchine elettriche ed elettroniche (+3,4% la produzione e +3,6% il fatturato).

Negativo, invece, l andamento registrato dalle medio-grandi imprese della chimica e delle materie plastiche (-2,4% per la produzione e -1,9% per il fatturato). Gli andamenti territoriali La doppia velocità registrata già nei primi nove mesi del 2007 sembra essersi ulteriormente accentuata nell ultimo trimestre dell anno. Il Nord, infatti, consolida la crescita iniziata nel 2006. In particolare, nel quarto trimestre è stato il Nord-Est a registrare una crescita del +2,2% per la produzione e del +3,4% per il fatturato. Positivi, sebbene in rallentamento rispetto ai primi nove mesi del 2007, anche i dati del Nord-Ovest (+0,9% per la produzione e +0,1% per il fatturato). Decisamente meno favorevole l andamento per il Centro-Sud. Nel Centro la dinamica negativa di produzione e fatturato (rispettivamente -0,3% e -0,2%) segnala nel quarto trimestre un certo recupero rispetto ai trimestri precedenti. Nel Sud le difficoltà sembrano accentuarsi: negli ultimi tre mesi del 2007, infatti, le regioni meridionali hanno segnato una contrazione pari a -1,4% per la produzione e a -0,8% per il fatturato, determinata anche da una flessione delle esportazioni (-1,5%). Fonte: Unioncamere, 8 febbraio 2008 Medie imprese: segnali di crescita dopo la crisi Le medie imprese sono le prime a risentire della crisi, nonché a riavviare il proprio percorso di crescita e a guardare al 2011 con ragionevole ottimismo. Le 4.030 medie imprese industriali (3.921 considerando quelle che presentano il bilancio in forma consolidata), monitorate da 10 anni da Mediobanca e Unioncamere nella periodica indagine annuale, hanno ripreso fiato nel 2010 e prevedono per quest anno un ulteriore miglioramento di tutti gli indicatori economici, dopo aver subito nel 2009 un forte calo del fatturato (-16,3%), delle esportazioni (-18,4%) e del valore aggiunto (-9,1%). Certo, qualcuna è «caduta sul campo», visto che nel passaggio dal 2007 al 2008, annus horribilis della crisi per le medie imprese, 240 aziende hanno smesso di far parte di questa componente cosi dinamica della nostra economia, uscendo dal campo di osservazione dell indagine perché hanno ridotto la propria dimensione (in termini occupazionali o di fatturato) o perché sono state acquisite oppure, in casi piu rari, perché fallite. Una elaborazione svolta all interno dell indagine del 2011 mostra che, se questi campioni del «made in Italy» avessero pagato gli stessi oneri fiscali delle grandi imprese (32,9% invece del 45,5%), avrebbero «risparmiato» in 10 anni quasi 9 miliardi di euro, pari al 20% dei mezzi propri a fine 2008, al 16% del cumulo degli investimenti eseguiti e al 24% degli utili del decennio. L indagine copre l universo delle medie imprese manifatturiere italiane definite nella classe 50-499 dipendenti e 15-330 mln di fatturato (soglie aggiornate in questa edizione). 2011: sempre più forti sui mercati esteri L indagine su un campione rappresentativo di medie imprese industriali mostra che nel 2011 il 63,7% di questa tipologia aziendale ha previsto un aumento del fatturato (era il 61,7% nel 2010 e solo l 11,4% nel 2009) e il 55,9% un incremento della produzione. Le medie imprese hanno ulteriormente accresciuto la propensione all export, tanto che la quota di aziende esportatrici è passata dall 83% del 2009 al 94% del 2011; per quest anno sono convinte che le vendite all estero continueranno ad aumentare (lo prevede il 57,3%) ma, allo stesso tempo, riprenderà vigore anche il mercato domestico (è quanto si attende il 42%). D altro canto, questi campioni del «made in Italy», che nel tempo hanno allargato la propria

diffusione sui mercati mondiali anche attraverso processi di acquisizione di imprese estere (1.834 le aziende estere controllate, di cui 355 manifatturiere), hanno risposto alla crisi della domanda internazionale ampliando i propri mercati di sbocco: se nel 2008 un terzo delle medie imprese esportava solo nell Unione Europea, nel 2010 questa quota si è ridotta al 3%. Nel 2010, l 88% delle medie aziende operava sia nella UE che sui mercati extraeuropei (13% con gli USA, 11% con Russia ed Est Europa, 9% con Brasile, India e Cina, 7% con i Paesi del Mediterraneo e con quelli arabi). Nel 2011, poi, le medie imprese hanno intravisto migliori prospettive soprattutto negli USA e nei Paesi emergenti, mentre nuvole sono corse sui cieli della Russia e dei Paesi arabi. Si è assistito a una forte ripresa degli investimenti nel 2010 ma con qualche cautela per il 2011. Le imprese investitrici, aumentate dai tre quarti del 2008-2009 al 96% del 2010, nel 2011 sono state il 93,5%. Un po di sano pragmatismo, insomma, pare necessario visto che, pur vedendo migliorare i rapporti con le banche (la percentuale di imprese di media dimensione che ha evidenziato difficoltà di accesso al credito nel 2010 si è ridotta al 22,3%, contro il 27% del 2009), il 40% delle aziende monitorate segnala un peggioramento dei tempi di pagamento dei clienti: solo il 12% vede infatti i propri crediti saldati entro 60 giorni, mentre il 47% riceve quanto gli spetta oltre i 90 giorni. Buone notizie anche sul fronte dell occupazione: il 30,5% delle medie imprese ha ricominciato nel 2010 a espandere la propria base occupazionale, riducendo progressivamente il ricorso agli ammortizzatori sociali. E per dare un ulteriore iniezione di «qualità» alle proprie produzioni, queste imprese hanno puntato principalmente su assunzioni qualificate di professioni tecniche (tecnici dei rapporti con i mercati, dell amministrazione e dell organizzazione, delle scienze ingegneristiche, specialisti in scienze gestionali, commerciali e bancarie, ingegneri) e sugli operai specializzati (montatori di carpenteria metallica, meccanici e manutentori di macchinari, addetti all assemblaggio e al confezionamento di prodotti industriali, conduttori di macchinari per la fabbricazione di articoli di gomma e materie plastiche). Questo processo di innalzamento qualitativo del personale e di riorganizzazione interna ha portato il 27% delle medie aziende a maturare l intenzione di riportare all interno fasi di lavorazione prima affidate all esterno, e un ulteriore 80% ha avuto intenzione di concentrarsi maggiormente su attività strategiche di progettazione e produzione. Alle medie imprese il primato della crescita Nel periodo 1999-2008 le medie imprese hanno mantenuto il primato della crescita, con un incremento del valore aggiunto del 40%, contro il 24,7% delle grandi imprese (la percentuale sale al 30,2% per le imprese medio-grandi, seconda area del cosiddetto «quarto capitalismo»). Il rendimento del capitale (ROI) investito nelle medie imprese nel 2008 è stato pari al 9,5%, contro l 8,5% dei gruppi maggiori italiani. La componente finanziaria consente alle grandi di recuperare lo svantaggio prodotto da margini minori (9,4%, contro il 23,7% delle medie imprese), ma non ne risolve l eccesso di capitale il cui turnover è inferiore di circa 16 punti percentuali rispetto alle medie aziende. Consulta i dati dell Indagine Mediobanca-Unioncamere sulle medie imprese italiane. Fonte: Unioncamere, 29 aprile 2011 Artigiani: la ripresa è al rallentatore

La lieve aria di ripresa soffia con fatica tra le imprese artigiane che, pur prendendo fiato rispetto al 2009, nel terzo trimestre del 2010 hanno messo a segno una crescita a scartamento ridotto (3.547 imprese, +0,25% rispetto a giugno), pari soltanto alla metà della crescita media generale delle imprese nel periodo (+0,5%). Il saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni nasconde, però, un sapore agrodolce. A determinare questa piccola boccata d ossigeno, infatti, non è la ritrovata vitalità del comparto (che con 23.302 nuove imprese fa registrare il numero di iscrizioni più basso degli ultimi 10 anni), quanto una «resistenza» maggiore degli artigiani ad alzare bandiera bianca e abbandonare il campo: le chiusure tra luglio e settembre sono state infatti 19.755, 2 mila in meno rispetto al corrispondente trimestre del 2009. Oltre i due terzi della crescita (per la precisione il 71,2% del saldo) sono dovuti alle costruzioni, in cui si registrano 2.544 imprese artigiane in più rispetto alla fine di giugno. In termini relativi, a crescere maggiormente sono state invece le attività del settore turistico (ristorazione e alloggio), aumentate nel trimestre dell 1,34%. In campo più negativo restano i settori del trasporto e magazzinaggio (-404 imprese) e quello dell industria manifatturiera (-354 unità). Nel Centro (+0,32%) e nel Mezzogiorno (+0,29%) si registrano incrementi superiori alla media, con Lazio e Campania a fare da battistrada (rispettivamente, 766 e 492 imprese in più nel trimestre). Unico segno «meno» quello del Trentino-Alto Adige, peraltro interamente dovuto alla Provincia di Trento. Questi i dati principali relativi alla nati-mortalità delle imprese artigiane nel terzo trimestre dell anno diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione condotta da InfoCamere a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di commercio. Tutti i dati, come di consueto, sono disponibili on line all indirizzo www.infocamere.it «L uscita dalla crisi si conferma un percorso difficile soprattutto per le imprese più piccole, meno aperte ai mercati esteri e più isolate dalle reti e dalle filiere produttive del made in Italy che, invece, anche in questo frangente stanno dando buona prova»: questo il commento del presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ai dati Movimprese. «I segnali incoraggianti che vengono dai settori artigiani più rivolti all innovazione, come i servizi alle imprese o quelli professionali e tecnico-scientifici - ha aggiunto - ci dicono che le opportunità di crescita per l artigianato esistono e sono consistenti. Allo stesso tempo, il continuo restringimento degli spazi per la piccola impresa manifatturiera, spesso a conduzione familiare come quella artigiana, rischia di disarticolare il tessuto produttivo di tanti territori che su queste imprese hanno costruito il benessere di milioni di famiglie. È dunque importante che nelle politiche di rilancio della crescita che il governo sta mettendo in agenda possano trovare spazio iniziative rivolte a facilitare il coinvolgimento di queste imprese nei circuiti più virtuosi, a partire dal disegno di un fisco più a misura di piccola impresa e di un credito più attento al territorio e meno prigioniero di mere logiche contabili». Consulta le tabelle e i dati di Movimprese. Fonte: Unioncamere, 3 novembre 2010 La mappa delle cooperative

Il sistema cooperativo rappresenta un importante volano di sviluppo per l economia italiana. Lo testimonia la sua storia, ma anche un attento esame dei principali indicatori ricavabili dagli archivi amministrativi e statistici. Qui di seguito, alcuni dati tratti dell indagine Imprese, occupazione e valore aggiunto delle cooperative in Italia, a cura di Unioncamere e Istituto Tagliacarne. I dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio A fine 2007 risultano registrate in Italia 111.800 cooperative, al netto di quelle per le quali non è possibile risalire all attività economica svolta, circa 7.200 cooperative sociali (disciplinate dalla legge n. 381 dell 8 novembre 1991), che si distinguono dalla tipologia classica delle cooperative poiché perseguono un fine esterno al gruppo sociale che le costituisce, ossia la promozione umana e l integrazione sociale dei cittadini. Rappresentano il 2% dell insieme delle imprese registrate (pari a oltre 5 milioni 675 mila). Quasi la metà delle cooperative registrate (per l esattezza, il 48,8%) si concentra in tre principali settori di attività: il 23% circa nel settore edile, e quote pari al 13% circa sia nelle attività agricole che nel settore dei servizi operativi alle imprese e alle persone (composte essenzialmente da unità operanti nei servizi di pulizia e nelle attività immobiliari). Dall osservazione della distribuzione settoriale delle cooperative emerge con evidenza il peso sensibilmente superiore delle attività terziarie rispetto a quanto rilevato per l insieme delle imprese italiane, con l unica eccezione rappresentata dal commercio. Risulta infatti che, nei servizi diversi dal commercio, è concentrato ben il 48,4% delle cooperative, a fronte del 27,5% rilevato per il totale delle imprese italiane: più in dettaglio, al settore dei trasporti e delle attività postali fa riferimento il 9,2% delle cooperative registrate (a fronte del 3,3% delle imprese totali); nella sanità e nei servizi sanitari privati opera il 6,9% delle cooperative (a fronte dello 0,4% delle imprese complessive); e un ulteriore 1,7% nell istruzione e nei servizi formativi privati (a fronte dello 0,4% appena delle imprese totali). Invece, nel commercio, che rappresenta il primo settore in Italia per numero di imprese (il 28% circa di quelle registrate), si concentra il 6,4% delle cooperative registrate. Per quanto riguarda la distribuzione delle cooperative a livello territoriale, si riscontra che poco meno della metà di quelle registrate (per l esattezza, il 47,5%) ha sede nelle regioni meridionali, mentre nel Nord-Est si trova il minor numero di cooperative (solo il 13% circa del totale nazionale). Tale distribuzione delle cooperative sul territorio nazionale si discosta da quella relativa all intero tessuto imprenditoriale: nel Sud e nelle Isole, infatti, ha sede solo un terzo circa delle imprese registrate, mentre nel Nord-Est quasi il 21% (8 punti percentuali in più rispetto, quindi, all incidenza delle cooperative). Di conseguenza, per il Sud e le Isole risulta la più alta diffusione di cooperative (2,8 ogni 100 imprese) in Italia, a fronte del valore più basso riferito alle regioni del Nord-Est (1,2 cooperative ogni 100 imprese). Creazione di occupazione L occupazione (dipendente e indipendente) che fa riferimento alle imprese cooperative in Italia è pari a circa 1 milione 56 mila unità, per un incidenza sul totale degli addetti in Italia che raggiunge il 6,2% e si attesta, quindi, ben al di sopra di quella relativa alla numerosità imprenditoriale. Tale incidenza risulta particolarmente elevata in alcuni settori: nella sanità e servizi sanitari privati supera addirittura il 50% (raggiungendo i due terzi nella classe dimensionale più alta); sfiora il 23% circa nell istruzione e nei servizi formativi privati, e il 17% nei trasporti e attività postali (con incidenze alte soprattutto nelle piccole, medie e grandi imprese). A livello territoriale, è nel Nord-Est che gli addetti delle cooperative raggiungono l incidenza maggiore sul totale degli addetti (8,2%); nel Mezzogiorno e nel Centro l incidenza è vicina alla media, mentre nel Nord-Ovest risulta leggermente inferiore (5,1%).

Rispetto all intero tessuto imprenditoriale italiano (composto per il 95% da «microimprese», che non superano i 9 addetti), la realtà cooperativa mostra una maggiore capacità di sviluppare la dimensione occupazionale. Nell insieme delle cooperative, infatti, risultano relativamente più consistenti le unità che superano le «micro» dimensioni, in particolare le cooperative di piccole dimensioni, tra 10 e 49 addetti (il 22,5%, a fronte del 4,4% del totale delle imprese), e quelle di medie dimensioni, tra 50 e 249 addetti (il 5,8%, contro lo 0,5% del totale delle imprese). Per l insieme delle imprese italiane, la «micro» dimensione è una caratteristica che contraddistingue tutti i settori, con poche differenze: le unità fino a 9 addetti rappresentano infatti meno del 90% del totale solo negli altri settori dell industria in senso stretto, dove il 16% circa raggiunge la piccola dimensione (da 10 a 49 addetti) e il 2,1% la media dimensione (da 50 a 249 addetti). La distribuzione delle cooperative per classi di addetti presenta invece maggiori differenziazioni fra settori: nella sanità e servizi sanitari privati e nel credito, assicurazioni e servizi finanziari, le microimprese costituiscono solo meno della metà del totale delle cooperative (rispettivamente, 47,6% e 45,2%). Il primo di questi due settori presenta la più alta percentuale di imprese di piccole dimensioni (il 38% circa, contro una media del 22,5%), mentre nel secondo la distribuzione è ulteriormente spostata verso la dimensione maggiore, dal momento che vi si rileva la più elevata percentuale di unità di medie dimensioni (ben il 22% circa, a fronte di una media di quasi il 6%) e di «grandissime» dimensioni (il 2,4%, contro una media dello 0,3%). In altri settori, invece - come nell informatica, TLC e servizi avanzati alle imprese, nelle mense, ristorazione, alberghi e servizi turistici e nelle costruzioni (in quest ultimo caso soprattutto per la presenza delle cooperative di abitazione) - le «micro» cooperative superano l 80% del totale; nelle prime due classi di addetti ricade oltre il 97% delle cooperative. Le differenze riscontrate nella dimensione delle cooperative a seconda del settore preso in riferimento hanno ovvie ripercussioni anche mettendo a confronto la dimensione media delle cooperative nei diversi settori. Nel complesso, le cooperative hanno occupato in media, nel 2006, 19,2 addetti (a fronte dei 3,8 occupati in media dall insieme delle imprese italiane), in linea quindi con un trend crescente della dimensione media delle cooperative che, come si vedrà nel prosieguo di questo lavoro, continua fin dagli anni Settanta. Inoltre, mentre per l insieme delle imprese italiane la dimensione media varia di poco fra i settori (da un minimo di 2,1 addetti nei servizi operativi alle imprese e alle persone, a un massimo di 9,4 negli altri settori dell industria in senso stretto), per le cooperative le differenze sono più accentuate: nei settori costruzioni e abitativo, nell informatica, TLC e servizi avanzati alle imprese e negli altri servizi alle imprese e alle persone, le cooperative non superano in media i 10 addetti; al contrario, nell industria alimentare, nei trasporti e attività postali, nei servizi operativi alle imprese e alle persone e nella sanità e servizi sanitari privati, superano i 25 addetti, raggiungendo nel credito, assicurazioni e servizi finanziari in media 88,2 addetti, ossia una dimensione oltre 4 volte superiore alla media delle cooperative e oltre 10 volte superiore a quella assunta dall insieme delle imprese nello stesso settore. Pur rappresentando per quantità oltre il 70% delle cooperative, le unità di dimensioni «micro» occupano il 12% circa degli addetti dell intero mondo cooperativo; la percentuale più consistente (il 30%) è impiegata nelle cooperative di medie dimensioni, mentre le «grandissime» cooperative (oltre 499 addetti) occupano circa un quarto degli addetti totali. Nel commercio, nelle mense, ristorazione, alberghi e servizi turistici e nel credito, assicurazioni e servizi finanziari, le «grandissime» cooperative assorbono oltre il 50% degli addetti. Al contrario, considerando l insieme delle imprese italiane, solo in tre settori oltre il 50% degli occupati trova lavoro in imprese che superano la piccola dimensione: nei trasporti e

attività postali, nella sanità e servizi sanitari privati e nel credito, assicurazioni e servizi finanziari; in ben sei dei restanti settori, oltre il 50% degli addetti è invece occupato nelle microimprese. Fonte: Imprese, occupazione e valore aggiunto delle cooperative in Italia, Unioncamere e Istituto Tagliacarne, 2009 Movimprese Movimprese è l analisi statistica trimestrale della nati-mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, per conto di Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di commercio italiane. Realizzata dal 1982, Movimprese rappresenta la fonte più completa e aggiornata sulla demografia economica del Paese. Inizialmente con cadenza trimestrale (1982-1984), poi con cadenza semestrale (1985-1992) e infine nuovamente per trimestri, Movimprese rileva la quantità e la distribuzione sul territorio provinciale, regionale e nazionale di tutti i soggetti economici tenuti all iscrizione presso il Registro delle imprese delle Camere di commercio, analizzando i fenomeni demografici per settore di attività economica e per tipologia di forma giuridica dell impresa (alla fine del 1999 erano iscritte oltre 5,5 milioni di imprese). Per maggiori informazioni o per consultare il database di Movimprese, clicca qui.