TRIBUNALE DI TORINO Proprietà industriale Tribunali nazionali dei marchi comunitari - Decisione Efficacia Estensione - Limiti



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TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 9 novembre 2007; Pres. Donato, Est. Grosso; Soc. Il Mondo e altro (AVV. TAGLIETTI) c. Soc. Louis Vuitton Malletier (AVV. MUSY, RONCAGLIA, LAZZARETTI, BOLETTO, GAVAZZI) Proprietà industriale Tribunali nazionali dei marchi comunitari - Decisione Efficacia Estensione- Limiti (Reg. Ce n. 40 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario artt. 92, 93, 94; D.leg. 10 febbraio 2005 n. 30, codice della proprietà industriale, a norma dell art. 15 l. 12 dicembre 2002 n. 273, art. 120) Proprietà industriale marchio comunitario celebre Louis Vuitton - marchio nazionale successivo contraffazione elementi costitutivi rischio confusione tra segni irrilevanza (Reg. Ce n. 40 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario artt. 9) Le decisioni del tribunali nazionali dei marchi comunitari, aditi secondo il criterio dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o una stabile organizzazione, hanno efficacia in tutto il territorio dell Unione Europea, essendo tali tribunali competenti per gli atti di contraffazione commessi nel territorio di qualsiasi Stato membro, mentre le decisioni dei medesimi tribunali aditi secondo il criterio del forum commissi delicti hanno efficacia limitata al territorio dello Stato membro in cui la contraffazione è stata commessa o minacciata. (1) Il giudizio di contraffazione dei marchi comunitari notori, che godono di tutela rafforzata, va condotto sulla base dei parametri della somiglianza dei segni in comparazione, e, in via alternativa, dell indebito vantaggio del contraffattore e del pregiudizio del titolare, prescindendo dal rischio di confusione tra i segni (nella specie il Tribunale, in applicazione di tale principio, ha ritenuto che il marchio nazionale registrato costituito da una serie di linee intersecantesi costituisce contraffazione del marchio anteriore LV costituito dall intreccio delle due lettere, iniziali della celebre maison francese Louis Vuitton, e ne ha altresì dichiarato la nullità per difetto di novità). (2) I - La sentenza in rassegna è la prima in cu i una sezione specializzata in materia di proprietà inndustriale ed intellettuale, nel giudicare la contraffazione di un marchio comunitario, si è qualificato, sin dalla intestazione, come Tribunale Comunitario (ma già precedentemente si era espresso in termini analoghi, in sede cautelare, Trib. Napoli 1 giugno 2007, Foro it., 2007, I, 3313; successivamente cfr Trib. Torino 14 marzo 2008, id., 2008, I,???, sempre pronunciata in sede cautelare). Tale qualifica trova la propria fonte normativa nell art. 120 comma 5 del codice della proprietà industriale - nel quale il legislatore italiano, dando definitivamente attuazione all art. 91 regolamento CE 40/94, ha designato le Sezioni Specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale come tribunali dei marchi (e dei modelli) comunitari. Cfr ampiamente CASABURI, Codice di proprietà industriale e sezioni specializzate: una relazione virtuosa, Dir. ind., 2008, p. 131. II Il Tribunale di Torino (massima 1) ha enunciato il principio, evincibile dal combinato disposto degli artt. 93 e 94 Reg. cit., secondo cui i tribunali dei marchi comunitari aditi secondo il criterio dello Stato membro ove il convenuto ha il domicilio o una stabile organizzazione, essendo competenti per gli atti di contraffazione commessi nel territorio di qualsiasi Stato membro, pronunciano decisioni che hanno effetto in tutto il territorio comunitario e ciò in forza del carattere unitario ed autonomo del marchio comunitario. L efficacia delle decisione è invece limitata al territorio dello Stato membro in cui è situato il Tribunale Comunitario ove lo stesso sia stato adito in forza del criterio del forum commissi delicti (criterio peraltro non invocabile per le cause di accertamento negativo del marchio comunitario in virtù dell art. 93 comma 5 Reg. cit.). Nella sentenza in rassegna il Tribunale di Torino è stato adito quale Tribunale Comunitario secondo il criterio del domicilio del convenuto e conseguentemente, una volta accertata la contraffazione perpetrata ai danni del marchio celebre, è stato inibito l uso del marchio contraffattore in tutto il territorio comunitario. 1

Infine, degno di rilievo è che il tribunale torinese ha evidenziato che avrebbe fondato la propria decisione esclusivamente sulle disposizioni contenute nel predetto regolamento comunitario e non sul diritto interno (art. 97 Reg. cit.). III- Nel merito la sentenza in rassegna, ponendosi in linea con la più recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, ha riconosciuto tutela al marchio celebre a prescindere da ogni valutazione in termini di confusione tra segni (massima 2), Il tribunale di Torino ha, in primis, riscontrato la somiglianza tra il celebre monogramma LV, che nel caso di specie contraddistingueva gioielli, e l altro marchio, registrato per articoli della stessa tipologia, costituito da una serie di linee intersecantesi, che asseritamente (ma senza che risultasse dal certificato di registrazione del marchio) evocavano le iniziali dell espressione I love You. E stato quindi ritenuto l indebito vantaggio che il titolare di questo segno traeva dal suo agganciamento alla fama del marchio della maison francese nonché il pregiudizio che il marchio LV subiva per effetto della diluizione del suo carattere distintivo a seguito dell associazione con prodotti di classe e profilo di livello più basso. Suggestive le argomentazioni utilizzate dal contraffattore per contestare la pretesa della Louis Vuitton: essendo il monogramma LV stato usato a lungo solo per borse e pelletterie mentre i gioielli costituivano, invece, fenomeno assai più recente, non avrebbe potuto affermarsi la celebrità del marchio della società francese anche nel settore dei gioielli. Il tribunale torinese ha superato tale obiezione evidenziando che il monogramma LV non si limita a richiamare le specifiche caratteristiche di un determinato prodotto (marchio speciale), ma contraddistingue diverse tipologie di prodotti (marchio generale) e contiene in sé un messaggio che valorizza presso il pubblico dei consumatori la fonte nonchè la tradizione produttiva della maison francese, costituente la miglior garanzia della qualità del prodotto. IV In ambito comunitario, a seguito dell emanazione della direttiva 89/104/CEE e del successivo Reg. CE n. 40/94, la tutela rafforzata, che prescinde da ogni rischio di confusione, è stata estesa dal marchio celebre a quello dotato di notorietà o rinomanza, la cui nozione è indubbiamente molto più ampia.. Marchio che gode di notorietà è quello conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi da essi contraddistinti - non coincide, quindi, con la generalità dei consumatori se non in caso di prodotti di larghissimo consumo e in tale prospettiva si devono prendere in considerazione quali elementi rilevanti la quota di mercato posseduta dal marchio, l'intensità, l'ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l'entità degli investimenti realizzati dall'impresa per promuoverlo. Nell individuare la parte di pubblico a conoscenza del marchio che può ritenersi "significativa" non deve essere fatto riferimento a percentuali determinate del pubblico di riferimento. Cfr in termini Corte Giust. 14 settembre 1999, causa C-375/97, Foro it.., Rep. 2000, voce cit. n. 1111; sul punto cfr SCHRICKER-BASTIAN-KNAAK, richiamato in UBERTAZZI, (a cura di) Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Padova, 2007, sub art.8 reg. 40/94, in cui si evidenzia che l irrilevanza del raggiungimento di determinate percentuali di conoscenza rende molto più relativo il significato dei risultati di eventuali indagini demoscopiche sul grado di conoscenza del marchio. V La tutela del marchio di rinomanza anche in mancanza di rischio di confusione è stata affermata, in termini con la sentenza in rassegna, da Corte Giust. 23 ottobre 2003, id., 2004, IV, 395 con osservazioni di CASABURI. Il Giudice comunitario pur sostenendo che la tutela del marchio che gode di rinomanza prescinde dal rischio di confusione tra segni, ha, tuttavia, ritenuto necessario che tra i medesimi sia ravvisabile quantomeno un nesso, inteso come un certo grado di somiglianza intercorrente tra l uno e l altro globalmente considerati. In precedenza la giurisprudenza comunitaria aveva affermato la piena operatività del rischio di confusione anche per i marchi notori, cfr. ad es. Corte Giust. 29 settembre 1998, causa C-39/97, id., Rep. 1998, voce Unione europea e consiglio d Europa, n. 833; 28 gennaio 1999, causa C- 303/97, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1249. 2

VI Nel diritto interno, in termini analoghi alla sentenza in rassegna cfr Trib. Venezia 19 luglio 2006 id., 2006, I, 3518; di rilievo per una limitazione alla tutela dei marchi di rinomanza - cfr Trib Napoli 2 febbraio 2006 ibid., I, 1571, secondo cui la tutela del marchio di rinomanza non è illimitata: in particolare essa opera pur sempre a fronte di una somiglianza tra i marchi in contestazione. Tale somiglianza, anche se non cagiona, di per sé, il rischio di confusione/associazione, non può consistere in qualsiasi interferenza tra i marchi ma solo in quelle che, incidono, in primo luogo, sui profili distintivi, caratterizzanti i marchi stessi. In dottrina, vedi VANZETTI, in VANZETTI- DI CATALDO, Manuale di Diritto Industriale, Milano, 2007, P. 196, che ha svincolato la questione della rinomanza del marchio da dati di tipo quantitativo, ed ha concentrato la sua indagine, ai fini della concessione della tutela allargata, sul suo carattere distintivo (da intendersi come particolare attitudine del segno ad imprimersi nella mente del consumatore) e sulla sua rinomanza, intesa come l'accreditamento del marchio sul mercato, come "buona fama" del segno medesimo. Sulla distinzione tra marchio notoriamente conosciuto quale disciplinato dall art. 16 comma 3 TRIPs e marchio di rinomanza cui fa riferimento il regolamento comunitario n. 40/94 e sulla maggiore tutela nei confronti dei terzi apprestata dalla prima normativa cfr. GIà SANDRI, Marchio comunitario e marchio di rinomanza Dir. Ind. 1997, 120. 3

SENTENZA N Fasc. N Cron. N Rep. N REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORINO SEZIONE SPECIALIZZATA PER LA PROPRIETA INDUSTRIALE ANCHE QUALE TRIBUNALE DEI MARCHI E DEI DISEGNI E MODELLI COMUNITARI Composto da: dott. Francesco DONATO dott. Alfredo GROSSO dott. Maria Cristina CONTINI PRESIDENTE GIUDICE REL. GIUDICE Ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 18349\05 R.G.C. promossa da: IL MONDO S.r.l. e BUZZEGOLI Maurizio, elett.te dom. in Torino, c.so V. Emanuele II 83 presso lo studio dell avv. L. Saglietti da cui sono rappr. e dif. per delega in atti. PARTE ATTRICE CONTRO LOUIS VUITTON MALLETIER S.A., elett.te dom. in To-rino, v. Mercantini 5 presso lo studio dell avv. A. Musy da cui oltre che dagli avv. P.L. Roncaglia, G. Lazzaretti, M. Boletto ed E. Gavuzzi- è rappr. e dif. per delega in atti. PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI PRECISATE IL 16.5.2007 CONCLUSIONI DI PARTE ATTRICE: 1. accertare e dichiarare che la produzione, com-mercializzazione e pubblicizzazione dei prodotti di oreficeria identificati con il marchio emblematico I LOVE YOU non violano alcun diritto di marchio, nè altro diritto appartenente alla Louis Vuitton Mal-letier 2. accertare e dichiarare che le attività predette non integrano alcuna fattispecie di concorrenza sleale ai danni della convenuta 3. dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in relazione all istanza di cui al punto 4 della comparsa avversaria. 4. con vittoria di spese, onorari e diritti e rimborso forfettario ai sensi della legge profes-sionale. CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA: In via preliminare: 1) Respingere le domande proposte dagli attori, as-solvendone nel miglior modo la convenuta; In via riconvenzionale: 2) accertare e dichiarare la nullità della regi-strazione n. 997319 di cui è titolare l attore si-gnor Maurizio Buzzegoli per difetto di novità ai sensi degli artt. 25 e 12 c.p.i. inibendone l uso ai sensi dell art. 21.2 e 21.3 c.p.i., ordinando la trasmissione della sentenza all Ufficio Italiano Brevetti e Marchi per i conseguenti adempimenti 3) accertare e dichiarare che con la produzione e commercializzazione degli articoli di cui è causa la Il Mondo S.r.l. si rende responsabile della con-traffazione del marchio internazionale n. 530434 e della registrazione comunitaria n. 1176007 di cui la Louis Vuitton Malletier è titolare, nonchè del compimento di atti di concorrenza sleale ai danni della stessa; 4) inibire, con estensione a tutta l Unione Europe-a, alla società attrice la prosecuzione degli ille-citi di cui al precedente punto 3), dando gli op-portuni provvedimenti affinchè ne vengano eliminati gli effetti; 5) ordinare il ritiro dal commercio e la distruzio-ne dei prodotti di cui al pre cedente punto 3); 6) fissare in una somma non inferiore ad Euro 1.000,00= la somma dovuta dalla società attrice al-

la convenuta per ogni violazione ed inosservanza constatate successivamente all emananda sentenza e per ogni giorno di ritardo nell esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza stessa; 7) condannare la società attrice a risarcire alla convenuta i danni ad essa derivati dagli illeciti di cui al precedente punto 3), da liquidarsi nella somma emergente dalle risultanze di causa e dalle presunzioni che da esse derivano, e comunque anche in via equitativa; 8) ordinare la pubblicazione dell emanda sentenza, a cura della convenuta ed a spese della società attrice, per una volta, a caratteri doppi del nor-male e con i nomi delle parti in grassetto, sui quotidiani La Repubblica La Stampa e sul settimanale Gente ; 9) condannare gli attori a rifondere alla convenuta spese, diritti ed onorari di causa; In via istruttoria: (omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 13.6.2005 la S.r.l. Il Mondo e Maurizio Buzzegoli evocavano in giudizio, per l udienza del 26.4.2006, la S.A. Louis Vuitton Malletier esponendo di operare da tempo nel settore della gioielleria d alta classe; di avere il secondo, con domanda 18.7.20 02, chiesto la registrazione di marchio costituito da una serie di linee intersecantesi rappresentanti le iniziali dell espressione I Love You ; di essere i gioielli della relativa linea (costituiti da stelle, cuori, simboli della donna, dell infinito o del sole) sem-pre stati presentati come Collection the sign of love. Ciò premesso, lamentavano di aver ricevuto dai le-gali della convenuta diffida nella quale la società sosteneva che l adozione di detto segno costituiva contraffazione dei propri marchi nonchè atto di concorrenza sleale e diffidava gli attori a cessare ogni ulteriore produzione, commercializzazione e pubblicizzazione dei gioielli contraddistinti dal suddetto monogramma. Assumendo, invece, l insussistenza della contraffa-zione e della concorrenza sleale prospettate dalla Louis Vuitton, chiedevano al Tribunale di accertare che la produzione, commercializzazione e pubbliciz-zazione dei prodotti di oreficeria identificati con il suddetto marchio non violavano alcun diritto di marchio nè altro diritto appartenente alla conve-nuta e che il suo utilizzo non integrava alcuna fattispecie di concorrenza sleale. La convenuta si costituiva in giudizio contestando il fondamento dell avversaria domanda di accerta-mento negativo, di cui chiedeva il rigetto. In via riconvenzionale chiedeva, anzi, che il Tri-bunale dichiarasse la nullità della registrazione n. 997319 per difetto di novità ex artt. 25 e 12 C.P.I. e ne inibisse l uso ex art. 21, 2 e 3 c. C.P.I.; accertasse che con la produzione e commer-cializzazione dei suddetti articoli di gioielleria la S.r.l. Il Mondo si era resa responsabile della contraffazione del marchio internazionale n. 530434 e del marchio comunitario n. 1176007 di cui essa convenuta era titolare, nonchè del compimento di atti di concorrenza sleale; inibisse alla società attrice, con estensione a tutta l Unione Europea, la prosecuzione dei relativi illeciti, con gli op-portuni provvedimenti per eliminarne gli effetti; ordinasse il ritiro dal commercio e la distruzione dei suddetti prodotti; fissasse somma non inferiore ad 1.000,00= quale penale per ogni violazione delle disposizioni dell emananda sentenza e per o-gni giorno di ritardo nella sua esecuzione; con-dannasse l attrice al risarcimento del danno, da liquidarsi comunque in via equitativa; ordinasse la pubblicazione dell emanda sentenza a propria cura ed a spese dell attrice. Venivano prodotti vari documenti. Depositate le memorie di rito, all udienza del 16.5.2007 le parti precisavano le conclusioni più sopra trascritte ed il G.I. si riservava di riferi-re al Collegio. MOTIVI DELLA DECISIONE Come si è accennato in narrativa, la convenuta è titolare di marchio (oltre che internazionale) comunitario e la materia del contendere attiene tra l altro- all avvenuta contraffazione od alla non contraffazione di tale marchio da parte del marchio nazionale di cui l attore ha ottenuto la registrazione. Ora, il Regolamento (CE) 40/94 del 20.12.1993 sul marchio comunitario (RMC) stabilisce che le funzio-ni di cui infra vengano svolte da Tribunali dei Marchi Comunitari (TMC) designati dagli Stati mem-bri (art. 91) e l Italia ha designato come tali i Tribunali istituiti dal D.Lgs. 27.6.2003, n. 168, tra

cui quello di Torino (v. art. 120, 5 comma, C.P.I.). I TMC hanno competenza esclusiva per tutte le azioni in materia di contraffazione, minaccia di contraffazione e di accertamento di non contraffa -zione di un marchio comunitario (v. art. 92 lett. a) e b) RMC) che vanno proposte tra l altro- avanti ai Tribunali: (a) dello Stato membro ove il convenuto ha il domicilio od una stabile organiz-zazione (v. art. 93, paragrafo 1, RMC) oppure (b) ove l atto di contraffazione è stato commesso (v. art. 93, paragrafo 5, RMC), con la differenza che nel caso sub (a) il TMC ha competenza relativamente agli atti di contraffazione commessi nel territorio di qualsiasi stato membro mentre nel caso sub (b) soltanto per quelli commessi (o minacciati) nel territorio dello Stato membro in cui è situato (v. art. 94 RMC). Ne consegue che i provvedimenti pronunciati da un TMC adito in forza del criterio sub (a) hanno effetto per l intero territorio comunitario mentre quelli pronunciati da un TMC adito in forza del criterio sub (b) solo per il territorio dello Stato in cui la contraffazione è stata commessa. L efficacia territoriale di un provvedimento emesso da un TMC dipende, quindi, non da una domanda della parte o dall opinione del Tribunale medesimo in merito a tale questione, ma dalla sussistenza dei suddetti presupposti. La disciplina appena sintetizzata discende, in-fatti, dal carattere unitario ed autonomo del Mar-chio Comunitario (MC), la quale rende indispen-sabile che le decisioni sulla contraffazione dei MC abbiano effetto e si estendano all insieme del-l Unione Europea. Nel caso di specie, Louis Vuitton ha proposto (tra l altro) l azione di contraffazione a tutela (oltre che di quello internazionale) del proprio marchio comunitario n. 1176007 e l ha proposta in Italia, ove entrambi gli attori (convenuti a fronte di tale domanda) sono domiciliati: quindi, secondo il criterio sub (a). Il Tribunale di Torino, relativamente a tale mar-chio, è dunque Tribunale dei Marchi Comunitari, con le conseguenze che si sono appena viste e con la conseguenza che la decisione dovrà fondarsi non sul diritto interno, ma sulle disposizioni contenute nel RMC (v. art. 97, paragrafo 1 RMC). Naturalmente per tutte le altre questioni (che investono, tra l altro, la frazione italiana del marchio internazionale di cui la convenuta è titolare, la nullità del marchio nazionale attoreo ed i profili concorrenziali) il Tribunale adito è giudice nazionale e non comunitario. Fatta tale premessa, come si è accennato il Buzzegoli è titolare del marchio nazionale (v. doc-c. 4 e 6 att.), pacificamente utilizzato dalla S.r.l. Il Mondo nella sua attività, consistente nella raffigurazione di un tratto verticale che si unisce in basso a un tratto orizzontale a formare un angolo retto. Il tratto verticale, di maggior lunghezza rispetto al tratto orizzontale, è attra-versato (in corrispondenza di metà circa della pro -pria lunghezza) da un tratto in posizione obliqua, inclinato sulla destra. Il segno che, secondo gli attori, rappresenterebbe le iniziali dell espressione I Love You - è costituito da linee semplici di un certo spessore le cui estremità sono arrotondate. Il marchio ha formato oggetto della domanda depositata il 18.7.2002 ed ha ottenuto la registrazione in data 7.3.2006 al numero 997319 per la classe 14 di cui alla classificazione di Nizza (metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali ma-terie o placcati (eccetto coltelleria, forchette e cucchiai, contatti elettrici), gioelleria, pietre preziose, orologeria e strumenti cronometrici). La convenuta è, invece, titolare dei seguenti mar-chi: marchio comunitario n. 1176007, registrato il 13.6.2000 a seguito di domanda depositata l 11.5.1999, anche per la classe 14 (v. doc. 3). Esso è costituito dalle lettere L e V incrociate tra di loro. In particolare, il tratto verticale della L, inclinato sulla destra, è attraversato (a circa metà della sua lunghezza) dal ramo sinistro della V, il cui vertice avvicina, senza toccarlo, il tratto orizzontale della L ed il cui ramo destro è parallelo a quello verticale della L ; marchio internazionale n. 530434 registrato a seguito di domanda del 19.12.1988 e designante anche l Italia, corrispondente a quello di cui alla suddetta registrazione (v. doc. 2). Il segno di cui si è appena detto è, dunque, compo-sto dalle lettere L e V, ma non può innanzitutto- revocarsi in dubbio (e, peraltro, neppure l attrice si spinge a tanto: v. la sua memoria 20.12.2006 a p. 2) che i marchi alfabetici siano validamente re -gistrabili poiché ex art. 4 RMC possono costituire marchi comunitari tutti i segni suscettibili di riproduzione grafica, comprese le lettere, a con-dizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un impresa da

quelli di al-tre imprese. Quanto, poi, alla forza ed alla distintività dei marchi composti da lettere, di recente la Corte di Cassazione (v. Cass. 25.6.2007, n. 14684) ha opera-to una rivisitazione del tradizionale orientamento della giurisprudenza nazionale italiana secondo il quale la rappresentazione grafica di lettere del-l alfabeto potrebbe formare oggetto di valida registrazione solo in quanto si presenti carat-terizzata in modo originale e sempre nei limiti del c.d. marchio debole, enunciando principi che ben possono trovare applicazione anche con riferimento all ordinamento comunitario, basandosi essi sostan-zialmente sulla logica e non su peculiarità del-l ordinamento nazionale. La Corte ha, in particolare, sottolineato come oc-corra non confondere tra lettere dell alfabeto in sé e per sé considerate, come segni normalmente de-stinati ad una funzione comunicativa quali strumen-ti di linguaggio e le lettere dell alfabeto utiliz-zate (a prescindere dalla eventuale caratterizza-zione grafica che sia stata loro conferita) come segni identificativi di prodotti od attività e, cioè, per una funzione distintiva- diversa da quella loro propria e che non preclude a chiunque lo voglia di continuare ad usare quelle stesse let-tere secondo la loro naturale destinazione di strumento del linguaggio. La generalizzazione rilevante per escludere la no-vità del segno non è, cioè, quella connessa alla sua destinazione convenzionale e, proprio per que -sto, necessariamente e naturalmente diffusa, ma la generalizzazione collegata alla funzione distin-tiva. Allo stesso modo, la forza o debolezza del mar-chio alfabetico, a prescindere dalla sua concreta caratterizzazione grafica e stilizzazione, va dun-que- affermata o negata non già in ragione dell appartenenza delle lettere alfabetiche ai segni del linguaggio, ma in funzione della capacità distintiva di cui lo specifico segno sia dotato una volta che esso, al di fuori della sua destinazione normale e convenzionale, sia riuscito a creare un collegamento con i prodotti dell impresa che ha fatto uso di quella determinata lettera e l ha re -gistrata come marchio proprio in funzione di-stintiva e non come mero tramite di comunicazione. Come è stato detto, il carattere debole o forte dei marchi alfabetici deve, insomma, essere valuta-to caso per caso e non in via generale (ed in virtù della mera appartenenza di un determinato marchio alla categoria), a posteriori e non a priori. In applicazione di tali condivisibili principi le suddette lettere L e V ed il relativo monogramma non possono, dunque, essere di per sé considerate di uso comune ed il fatto che il monogramma LV sia stato utilizzato in passato e fosse già in uso, in forme grafiche poco dissimili, fin dai tempi antichi (v. la memoria 20.12.2006 di parte attrice, p. 2) non è rilevante ai fini che ora interessano proprio perché nel presente giudizio si discute non dell uso del monogramma nel linguaggio comune, ma del suo uso nel commercio quale segno distintivo. Per valutare la capacità distintiva anche dei mar-chi alfabetici -così come degli altri marchi- occorre, quindi, fare applicazione dei criteri elabo -rati dalla giurisprudenza comunitaria e prendere in considerazione sia le qualità intrinseche del marchio (avendo, in particolare, riguardo all atti-nenza concettuale con il prodotto, alla relativa quota di mercato, all intensità, estensione geogra-fica e durata dell uso del marchio, all entità de-gli investimenti promozionali, alla percentuale degli ambienti interessati che identifica il pro-dotto come proveniente da un impresa determinata grazie al marchio) sia l impressione complessiva da esso suscitata, il tutto con una valutazione globa-le dei predetti fattori (v. i principi sintetizzati nella sentenza della Corte di Giustizia 22.6.1999 in causa C-342/97 Lloyd Schuhfabrik Meyer & C0. GmbH c. Klijsen Handel BV e nelle altre pronunzie nella sentenza stessa richiamate). Va, poi, ulteriormente sottolineato come la capaci-tà distintiva possa discendere non solo da caratteristiche intrinseche, ma anche dalla notorietà del segno sul mercato ed, altresì, come i marchi dotati di un elevato grado di distintivià godano di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cu i carattere distintivo è inferiore (v. la sentenza più sopra citata, paragrafo 20). Va, infine, richiamato anche il principio secondo il quale la distinzione tra c.d. marchi forti e marchi deboli non si specifica ulteriormente, quan-to ai primi, a seconda che la loro natura sia ori-ginaria oppure acquisita con l uso di mercato (in materia, v. la sentenza della Corte di Cassazione 19.4.2000, n. 5091). Passando al caso di specie, si deve in primo luogo sottolineare come il monogramma LV non presenti al-cuna attinenza concettuale con alcun genere di pro-dotto ed, altresì, come questa sia una delle tipi-che caratteristiche dei marchi forti. Inoltre, le lettere L e V corrispondono pacifica-mente alle iniziali del fondatore della maison, ap-

punto Louis Vuitton (nome che, tra l altro, rappre-senta anche il cuore della denominazione della so-cietà convenuta), e nessuno dubiterebbe della natu-ra di marchio forte di un segno costituito dal suo nome scritto per esteso. Tale conclusione vale, però, anche quanto al mono-gramma poichè in relazione all origine ed alla storia della società e per gli elementi di cui in-fra si darà conto- il pubblico è immediatamente portato a ricollegarlo al nome Louis Vuitton, sia per la sua notorietà (ed anche su tale profilo v. infra) ed anche perchè non risulta (non essendo stata fornita alcuna prova di tale circostanza) che altri imprenditori usino nel commercio tale mono-gramma. La convenuta ha, inoltre, prodotto in causa (v. il doc. 14) stampata del sito Internet Answers.com, che rappresenta enciclopedia-dizionario-almanacco on line, secondo la definizione contenuta nella prima pagina. A p. 6, sotto il capitolo Louis Vuitton today (che inizia con la riproduzione del marchio oggetto di causa) viene, innanzitutto, ricordato che detto marchio, icona e simbolo della società francese, venne creato nel 1896, tra l altro proprio con l intento di prevenire la contraffazione. Dal sito in questione si desume poi che: l attuale società Louis Vuitton ha accura -tamente coltivato la celebrità che ne è segui-ta, avvalendosi di famose modelle ed attrici nelle sue campagne di marketing; la collezione Vuitton di borse e borsette è divenuta oggetto di culto tra i consumatori, che spesso si riferiscono a detti prodotti co-me il loro Louis e tale culto ha elevato il marchio Louis Vuitton ad una delle posizioni più avanzate nel campo del design degli acces-sori, a fianco di case di moda quali Gucci, Prada ed Hermes; il fatturato era di 70 milioni di FF nel 1977 e nel 1988 gli utili crebbero del 49% rispetto all anno precedente; nel 1914 vennero aperti a Parigi il Louis Vuitton Building e negozi in New York, Bombay, Washington, Londra, Alessandria e Buenos Ai-res; successivamente vennero aperti ulteriori punti vendita ed, in particolare, nel 1978 in Giappone, nel 1984 in Corea, nel 1992 in Cina, nel 2006 il nono nel Regno Unito ed i negozi erano 130 in tutto il mondo nel 1989; nel 1983 Louis Vuitton iniziò la sponsoriz-zazione della Louis Vuitton Cup, regata eliminatoria nell ambito della Coppa America, la più prestigiosa regata velistica mondiale. Analogamente, dalla voce Louis Vuitton del Dizio-nario della Moda di cui al sito Internet dellamoda.it (v. doc. 13 conv.) si evince che: nel 2003 Louis Vuitton era presente in 50 paesi del mondo e vendeva esclusivamente attraverso oltre 300 negozi di proprietà; nel 2001 ha conseguito un fatturato di 3.612 milioni di euro ed un risultato operativo di 1.270; nel 2002 ha registrato un giro d affari di 4.194 milioni di euro e un risultato opera-tivo di 1.297, con una crescita su tutti i mercati, in particolare dell 8% in Europa, del 12% negli USA, del 15% in Giappone; E dall enciclopedia on line Wikipedia (v. doc. 10 conv:) che: Oggi l azienda si è fatta un nome prestigioso nel mercato dei beni di lusso e viene ricordata assieme a marchi come Rolex, Hermès o Cartier. E celebre la texture Monogram Canvas nella quale l elemento principale sono le iniziali dell imprenditore fran-cese. Da sempre status simbol, Louis Vuitton firma borse, borsoni, e molto altro. I più celebri mo-delli di borse femminili, disegnati decenni fa ed apprezzati ancor oggi, sono la speedy e la petit bucket (anni 30 e 60). E possibile acquistare un prodotto LV originale soltanto nelle circa 300 filiali monomarca in tutto il mondo. Nel 2003 ha fatturato un volume d affari di 14,3 miliardi di dollari, la metà solo in Giappone. Infine, la convenuta dispone di un proprio sito In-ternet ove vengono illustrati i suoi prodotti (v. docc. 4 ed 8 conv.). Ora, le circostanze appena evidenziate (che non hanno formato oggetto, quali fatti storici, di spe - cifica contestazione) dimostrano che del marchio in questione è stato fatto un uso ultrasecolare, con riferimento a prodotti pubblicizzati anche tramite personaggi famosi, commercializzati in tutto il pianeta e che hanno consentito di realizzare altis-simi fatturati: alla luce dei criteri più sopra sintetizzati non può dunque- negarsi che si tratti di marchio da qualificarsi senz altro come forte e dotato di elevatissima capacità distintiva. La natura stessa delle fonti cui si è fatto riferi-mento induce, anzi, a compiere un passo ulteriore. Come si è visto, infatti, Louis Vuitton ed il rela-tivo marchio sono presi in considerazione anche da pubblicazioni informatiche di tipo enciclopedico, sono considerati addirittura parte della storia della

moda ed accostati ad altri marchi considerati come storici quali Gucci, Prada, Hermès, Rolex e Cartier. Ora, ex art. 9, paragrafo 1, lett. c) RMC il tito-lare di un marchio comunitario ha diritto di vieta -re ai terzi di usare in commercio un segno identico o simile per prodotti o servizi che non sono simili se il marchio comunitario gode di notorietà nella Comunità e se l uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal ca-rattere distintivo o dalla notorietà del marchio ovvero vi reca pregiudizio. La norma non spiega che cosa debba intendersi per marchio che gode di notorietà, ma si ritiene ge-neralmente che tale requisito sussista quando lo stesso è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai relativi prodotti o servizi in una parte sostanziale del territorio comunitario, ove si tratti di marchio comunitario (v. tra le altre pronunzie la sentenza della Corte di Giu - stizia 14.9.1999 resa in causa C-375/97, General Motors Corporation c. Yplon S.A.). Nel caso in esame, da quanto si è detto più sopra -ed, in particolare, dal fatto che il marchio in questione è trattato a livello enciclopedico (e nel sito Internet Answers.com è contenuta una nutrita bibliografia di titoli relativi a Louis Vuitton)- può dunque desumersi che il monogramma LV è certamente conosciuto da una gran parte del pubblico di riferimento nell ambito del territorio della Co - munità ed è anzi- non solo noto o rinomato, ma addirittura celebre, con la conseguenza che la soluzione della presente controversia deve fondarsi sull applicazione delle regole di cui all art. 9, paragrafo 1, lett. c) RMC. A tale conclusione non osta, poi, il fatto che si verta in tema di prodotti identici dal punto di vi-sta merceologico. Infatti, con riferimento alle analoghe previsioni di cui agli artt. 4, nn. 1, lett. b) e 4, lett. a) e 5, nn. 1 e 2 della Direttiva del Consiglio 89/104/CEE, la Corte di Giustizia ha escluso l ac-cettabilità di un interpretazione che possa com-portare una tutela dei marchi notori minore in caso di uso di un segno per prodotti o servizi identici o simili rispetto al caso di uso di un segno per prodotti o servizi non simili. L applicazione dell art. 5, n. 1, lett. b) della Direttiva dipende, infatti, dall esistenza di un rischio di confusione ed in circostanze che esclu-derebbero tale rischio la norma non potrebbe essere invocata dal titolare di un marchio notorio per proteggersi contro un pregiudizio al suo carattere distintivo od alla sua notorietà, con la conse -guenza che la regola di cui all art. 5, n. 2 della Direttiva deve essere ritenuta applicabile anche ove tale pregiudizio avvenga ad opera di prodotti identici o simili (v. la sentenza 9.1.2003 resa in causa C.292/00 Davidoff & Cie AS e Zino Davidoff SA c. Gofkid Ltd nonchè le altre pronunzie ivi richiamate). Infine, gli attori hanno eccepito (nelle note di replica ex art. 190 c.p.c.) che il monogramma LV sarebbe a tutto concedere- stato usato a lungo per borse e pelletterie mentre i gioielli sarebbero, invece, fenomeno assai più recente, per cui non si potrebbe, comunque, affermare una notorietà di Louis Vuitton nel settore dei gioielli. Essendo il marchio stato usato per decenni solo per un prodotto (la pelletteria) si potrebbe, dunque, discutere di notorietà solamente in relazione a ta-le prodotto ed essendo il monogramma LV pressochè sconosciuto per i gioielli difficilmente il pub -blico potrebbe confondersi riconducendo, invece, il marchio a pelletteria ed a borse. In sostanza, quando un marchio è stato per mol-tissimo tempo monoprodotto, difficilmente il consumatore può essere indotto a pensare, vedendolo apposto su altri beni, che essi provengano dalla medesima impresa ed ove il marchio non sia noto per prodotti molto distanti da quelli per cui è noto, non sarebbe neppure ipotizzabile una situazione di agganciamento parassitario. Sul punto va però- osservato che il monogramma LV non è un marchio speciale, destinato a contraddi-stinguere solo gioielli, ma viene pacificamente utilizzato dalla convenuta per tutta una serie di prodotti di tipo diverso (tra cui borse ed articoli di pelletteria) ed, oltretutto, richiama la deno-minazione della società, essendo composto dalle re-lative iniziali. Ora, come è stato evidenziato anche dalla dottrina, mentre il messaggio trasmesso dai marchi speciali attiene essenzialmente alle specifiche caratteri-stiche del singolo prodotto, i marchi generali co -municano, invece, soprattutto un messaggio sul-l origine del prodotto stesso, inducendo il consu-matore a confidare ragionevolmente che tutti i pro-dotti provenienti da quell impresa presentino le qualità soddisfacenti che egli ha già sperimentato. Appare, poi, del tutto condivisibile quella nozione di affinità secondo la quale avuto riguardo allo specifico contesto socio-culturale, alle prassi di mercato nel relativo settore ed ai convincimenti

maturati dal pubblico- due prodotti possono rite-nersi affini ogniqualvolta essi si trovino in un rapporto tale da rendere possibile che il pubblico istituisca fra loro un collegamento quanto all origine, per lo meno nella forma dell associazione. Come è stato notato, ciò accade proprio in relazio-ne ai marchi definiti dei creatori del gusto e della moda, settore nel quale si è giunti a rite-nere affini abbigliamento e gioielli, che pure non sarebbero tali da un punto di vista strettamente merceologico, ma che nell ambito della moda- il pubblico è abituato a veder prodotti dalla stessa impresa e marcati con lo stesso marchio: non certo a caso, come si è visto più sopra, il marchio Louis Vuitton è accostato ad altri marchi del settore della moda e del lusso quali Gucci, Prada, Hermès, Rolex e Cartier, che producono abbigliamento, gio-ielli, accessori di pelletteria ed anche orologi. In definitiva, se anche il marchio LV nel caso di specie è stato registrato per i gioielli, le considerazioni che precedono (ed, in particolare, il fatto che si tratti di marchio generale e che borse e pelletteria di lusso -quali indubbiamente sono quelle prodotte dalla convenuta- debbano essere considerate affini ai gioielli) portano a ritenere che quest ultima possa comunque far valere anche ai fini che ora interessano il valore suggestivo ed attrattivo nonchè la notorietà del proprio marchio. Occorre, quindi, verificare se sussistano gli ulteriori requisiti richiesti dall art. 9, para -grafo 1, lett. c) RMC ed, in particolare: se i due segni siano simili; se l uso del segno senza giusto motivo consen-te alla S.r.l. Il Mondo di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario; ovvero (e si tratta di requisito richiesto non congiuntamente, ma in alternativa) reca loro pregiudizio. Il tutto, quanto al primo profilo, sia con una va -lutazione analitica delle singole componenti (ed, in particolare, degli elementi grafico, fonetico e concettuale-semantico) che con un apprezzamento più complessivo e globale, avendo riguardo alle carat-teristiche dominanti del segno imitante ed imitato nonchè all interdipendenza tra segni e prodotti ed al fatto che il consumatore solo raramente ha la possibilità di procedere ad un confronto diretto dei vari marchi ma deve fare affidamento sull im-magine non perfetta che ne ha mantenuto nella me -moria, per cui la comparazione avviene in realtà tra un segno ed il ricordo di una altro segno, se-condo i principi espressi nella citata sentenza della Corte di Giustizia 22.6.1999 in causa C-342/97 Lloyd Schuhfabrik Meyer & C0. GmbH c. Klijsen Handel BV. Come si è accennato, non è invece elemento costitutivo della fattispecie il rischio di confusione. Ciò premesso, i segni da comparare sono i seguenti: Per la loro natura intrinseca sostanzialmente irrilevanti sono, in primo luogo, i profili fone-tico e concettuale-semantico, non avendo essi carattere espressivo nè particolari peculiarità fonetiche o di pronuncia. Quanto all aspetto grafico, secondo gli attori il marchio sarebbe composto da una serie di linee in - tersecantesi che vorrebbero essere le iniziali di I Love You (v. l atto di citazione a p. 2) e, quindi, dovrebbe essere composto da tre lettere (I, L, Y) mentre il monogramma LV è, invece, composto da sole due lettere. In realtà nell ambito del segno attoreo le lettere che si percepiscono sono due e non tre: la L (ed i tratti verticale ed orizzontale non possono essere letti altrimenti) ed una Y ovvero, alternativamen - te, la L ed una I. In particolare, il tratto obliquo inclinato sulla destra viene ad essere assorbito nell ambito della lettera Y e per identificarvi anche la lettera I occorre attribuirvi una doppia valenza che non è affatto evidente e percepibile, così come non può essere interpretato quale I il tratto verticale della L, che non ha una sua autonomia. In entrambi i segni, poi, i caratteri grafici non sono particolarmente caratteristici e, quindi, l a-spetto più significativo è dato dall intreccio delle lettere.

Infatti, nel marchio Vuitton il tratto verticale (anzi, leggermente inclinato sulla destra) della L si incrocia con il ramo sinistro della V dando vita ad un segno che ricorda una Y e che ne rappresenta una caratteristica ottica dominante in quanto com-posto dai tratti della L e della V di maggior spes-sore. Tale effetto viene ripreso in modo evidente anche dal marchio attoreo che tra l altro- comprende la medesima lettera L. I due segni sono, quindi, senz altro simili ed -in particolare- se si tiene conto del principio di interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quel-la dei prodotti espresso dalla C.G. nella suddetta sentenza Lloyd, che ben può essere richiamato anche ai fini che ora interessano e secondo il quale un tenue grado di somiglianza tra i prodotti può es-sere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e, viceversa, un elevato grado di so -miglianza tra i prodotti può essere anzi, va- com-pensato da un tenue grado di somiglianza tra i mar-chi. Trattandosi, nel caso di specie, di prodotti iden-tici, il segno di cui è titolare il Buzzegoli a-vrebbe, dunque, dovuto differenziarsi ben di più rispetto a quello della convenuta, di cui anzi- richiama proprio l aspetto caratterizzante. Quanto al secondo requisito, la similitudine dei segni e l identità dei prodotti sono certamente idonee a creare un effetto di agganciamento alla fama del marchio LV e non vi è dubbio che l uso del segno da parte della S.r.l. Il Mondo le consente di trarre indebito vantaggio dalla notorietà del mar-chio comunitario della convenuta e di approfittare della notorietà stessa. Era, poi, onere della prima di allegare e dimostra -re la sussistenza di un giusto motivo che potesse legittimare il suo comportamento, ma ciò non è avvenuto ed il fatto che il segno de quo possa corrispondere alle iniziali dell espressione I Love You è di per sè irrilevante perchè si tratta della giustificazione a posteriori di una circo-stanza di cui non vi è, comunque, traccia nell at-testato di registrazione, nel quale il marchio stesso non è neppure descritto come composto da lettere (doc. 9 conv.). Infine, l uso del segno è altresì tale da causare pregiudizio al marchio LV per effetto della diluizione del suo carattere distintivo che l uso stesso comporta e dell associazione con prodotti di classe e profilo ben più bassi di quelli commercializzati da Louis Vuitton. Analoghe considerazioni valgono quanto alla frazio-ne italiana del marchio internazionale di cui la società è titolare, stante l dentità dei segni e l analogia della normativa di riferimento. In conclusione, l azione di accertamento negativo proposta dagli attori deve essere respinta e si deve, al contrario, accertare che l uso, da parte della S.r.l. Il Mondo, del marchio nazionale oggetto della domanda depositata il 18.7.2002 e registrato in data 7.3.2006 al numero 997319 costituisce contraffazione del marchio internazio-nale n. 530434 e del marchio comunitario n. 1176007 di cui la Louis Vuitton Malletier è titolare. Va, poi, conseguentemente dichiarata la nullità del suddetto marchio nazionale per difetto di novità ai sensi degli artt. 25 e 12, comma 1, lett. f) C.P.I. e ne va inibito l uso nel territorio comunitario od in quello nazionale in relazione alla contraffa -zione del marchio comunitario o di quello internazionale. Da altro punto di vista, sostiene la convenuta che la S.r.l. Il Mondo con la produzione e commercia - lizzazione degli articoli di gioielleria oggetto di causa si sarebbe, altresì, resa responsabile del compimento di atti di concorrenza sleale ai suoi danni e la questione è stata dedotta essenzialmente sotto due profili. Innanzitutto, la contraffazione del marchio concre-terebbe di per sè atto di concorrenza sleale, ma da tale punto di vista è di fatto assorbente la già riconosciuta tutela dei segni distintivi, tra l al-tro espressamente fatta in generale salva dal primo comma dell art. 2598 C.C.. In secondo luogo, l attrice avrebbe pedissequamente imitato i prodotti di Louis Vuitton, in particolare in quanto i gioielli della prima costituiti dal monogramma LI (v. i suoi docc. 2 e 4) sarebbero confondibilmente simili a quelli della maison fran-cese anch essi costituiti dal monogramma (v. la comparsa di costituzione a p. 7 ed il doc. 4 di parte convenuta ivi richiamato) e, più in genera-le, il comportamento della convenuta sarebbe ani-mato dal desiderio di porsi al traino della notorietà della Louis Vuitton. Relativamente a tale ultimo profilo non sono, però, state dedotte ulteriori, autonome e specifiche circostanze di fatto. La convenuta, inoltre, non ha depositato memorie ex art. 183 c.p.c. e non ha precisato, dal punto di vista della prospettazione, le proprie domande, co-sa che non ha fatto neppure con la memoria

ex art. 180 c.p.c.. In sostanza, la concorrenza sleale consisterebbe dunque- nell aver immesso in commercio i suddetti prodotti confondibili per la loro forma con gli a-naloghi gioielli della convenuta ed, in partico-lare, quelli realizzati come monogramma, il che costituirebbe comportamento rilevante ex art. 2598, n. 1, C.C. ed integrante imitazione servile nonchè atto idoneo a creare confusione con i prodotti e l attività di un concorrente. Ciò premesso, secondo quanto si evince dalla prodotta documentazione, la S.r.l. Il Mondo commer-cializza, tra gli altri, un gioiello che presenta una forma corrispondente al marchio di cui si è già detto: esso è realizzato in oro bianco o giallo ed è tempestato da pietre preziose di vario genere (v. doc. 3 att.). Anche nella produzione Louis Vuitton vi è, poi, un gioiello monogrammatico caratterizzato dagli stessi elementi ed, in particolare, dalla forma corrispondente al marchio LV tempestato di pietre preziose. Per quanto riguarda la forma è, dunque, sufficiente richiamare, anche relativamente ai prodotti, ciò che si è detto circa la similitudine dei segni di-stintivi. Tale similitudine è, peraltro, ancora maggiore ove riferita ai prodotti, sia con riferimento alla forma (ad esempio, nel gioiello Il Mondo il tratto ha una maggior larghezza rispetto al corrispondente marchio) ed anche in relazione all aspetto dei materiali utilizzati. L impressione generale che suscita il gioiello com-mercializzato dall attrice è, quindi, certamente i- donea a creare confusione in merito alla sua ori-gine imprenditoriale e comporta, inoltre, un evidente agganciamento ed approfittamento della celebrità di Louis Vuitton nonchè dell investimento da questa realizzato per conseguire tale risultato, per cui ne va inibita (ed in relazione a tale statuizione il Tribunale è giudice nazionale e non comunitario) la commercializzazione. Non è, invece, necessaria l adozione di ulteriori e specifici provvedimenti finalizzati all eliminazione degli effetti di tale comportamento, essendo sufficienti le statuizioni di cui infra. Deve, poi, essere ordinato (ex art. 124, 1 comma, C.P.I.) il definitivo ritiro dal commercio dei pro - dotti caratterizzati dal suddetto marchio mentre va, invece, respinta la domanda volta ad ottenerne la distruzione. Essa, infatti, è da ritenersi misura di tipo facoltativo e non obbligatorio, nonchè provve-dimento da adottarsi quale extrema ratio e nel-l ipotesi in cui non siano sufficienti le altre misure previste dalla legge. Nel caso in esame, essa non è necessaria in con-siderazione dei provvedimenti già contenuti nella presente sentenza e del fatto che non state in-dicate specifiche ragioni perchè la si debba adottare, essendosi la convenuta limitata a conside-rare la distruzione quale conseguenza automatica dell accertamento della contraffazione. Va, del pari, fissata in 1.000,00= la somma debenda dalla società attrice per ogni violazione ed inosservanza constatate successivamente all ema-nanda sentenza e per ogni giorno di ritardo nell esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza stessa. Sul punto, va soltanto precisato che si tratta di misura distinta dal risarcimento del danno e pre - suppone semplicemente la pronuncia dell inibitoria (in materia v. Cass. 24.3.2006, n. 6685). Quanto alla domanda risarcitoria, deve in primo luogo- trovare applicazione la normativa nazionale (ed, in particolare, l art. 125 C.P.I.) in quanto l art. 98 RMC rinvia per l accertamento dell an e del quantum del danno alla legge dello stato in cui sono stati compiuti atti di contraffazione. La convenuta non ha, però, allegato alcuna concreta e specifica circostanza neppure in merito all an del danno subito, per cui detta domanda deve essere respinta, posto che le regole di cui alla norma appena citata attengono essenzialmente alla li-quidazione del danno e non esonerano il creditore dalla prova relativamente all essenziale presup-posto del suo diritto. Inoltre, la domanda della società è finalizzata ad ottenere il risarcimento in misura corrispondente all entità della royalty che l autore della vio-lazione avrebbe dovuto pagare: peraltro, essa stessa afferma (v. il suo doc. 7) di non aver mai concesso licenze, per cui il mancato incasso di ro-yalties può rappresentare comunque un mero para -metro per la quantificazione e non già il danno subito, per cui è sufficiente richiamare quanto si è appena detto. Infine, va ordinata la pubblicazione della presente sentenza, a cura della convenuta ed a spese della società attrice, per una volta, a caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, sui quotidiani La Repubblica e La Stampa, pagine nazionali, nonchè sul settimanale

Gente. Essa appare, infatti, giustificata dalla pubblicità data dall attrice ai prodotti in questione ed è finalizzata a paralizzare gli effetti dell illecito nonchè ad impedirne l ulteriore propagazione. Oggetto di pubblicazione dovrà essere un estratto comprendente l intestazione, il nome delle parti ed il dispositivo della presente sentenza. Restano le spese. In considerazione della pressochè totale soccom-benza degli attori le stesse, liquidate in dispositivo, vengono poste a loro carico ex art. 91 c.p.c.. P.Q.M. Il Collegio, definitivamente pronunciando anche quale Tribunale dei Marchi e dei Disegni e Modelli Conunitari; Ogni diversa domanda, eccezione o deduzione respinta; a) RIGETTA le domande di accertamento negativo proposte dagli attori e la domanda risarci-toria della convenuta; b) ACCERTA che l uso, da parte della S.r.l. Il Mondo, del marchio nazionale oggetto della domanda depositata il 18.7.2002 e registrato in data 7.3.2006 al numero 997319 costituisce contraffazione del marchio interna-zionale n. 530434 e del marchio comunitario n. 1176007 di cui la Louis Vuitton Malletier è titolare; c) DICHIARA la nullità del suddetto marchio na-zionale numero 997319 per difetto di novità ai sensi degli artt. 25 e 12, comma 1, lett. f) C.P.I. e ne INIBISCE l uso in tutto il territorio comunitario in quanto costituente contraffazione del marchio comunitario n. 1176007 e nel territorio nazionale in quanto costituente contraffazione del ma rchio internazionale n. 530434; d) ACCERTA che la commercializzazione, da parte della S.r.l. Il Mondo, del gioiello monogrammatico di cui in motivazione costituisce atto di concorrenza sleale e ne INIBISCE l ulteriore prosecuzione; e) ORDINA, in via definitiva, alla S.r.l. Il Mondo il ritiro dal commercio dei prodotti caratterizzati dal suddetto marchio nazio-nale registrato in data 7.3.2006 al numero 997319; f) FISSA in 1.000,00= la somma debenda dalla società attrice per ogni violazione ed inos-servanza constatate successivamente alla presente sentenza e per ogni giorno di ritardo nell esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza medesima; g) DISPONE la pubblicazione di un estratto del-la presente sentenza, a cura della convenuta ed a spese della società attrice, per una volta, a caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, sui quotidiani La Repubblica e La Stampa, pagine nazionali, nonchè sul settimanale Gente. h) CONDANNA gli attori a rifondere alla con-venuta le spese di lite, liquidate in com-plessivi 13.236,66=, di cui 7.500,00= per onorari, 5.108,00= per diritti, 600,00= per spese imponibili ed 28,66= per spese non imponibili, oltre a rimborso forfettario, IVA e CPA; i) MANDA al Cancelliere di trasmettere copia della presente sentenza all Ufficio Italiano Brevetti e Marchi per i conseguenti adempimenti. Così deciso in Torino, in Camera di Consiglio il giorno 9 novembre 2007 IL GIUDICE ESTENSORE Alfredo GROSSO IL PRESIDENTE