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11 A P R I L E 2018 La facoltatività dell instaurazione del procedimento di annullamento d ufficio: un fossile vivente nell evoluzione dell ordinamento amministrativo di Miriam Allena Ricercatrice di Diritto amministrativo Università Bocconi di Milano

La facoltatività dell instaurazione del procedimento di annullamento d ufficio: un fossile vivente nell evoluzione dell ordinamento amministrativo * di Miriam Allena Ricercatrice di Diritto amministrativo Università Bocconi di Milano Sommario: 1. Premessa e delimitazione del campo di indagine. 2. La doverosità del procedere nei procedimenti d ufficio: la non necessità, ma non anche irrilevanza, della denuncia di parte. 3. L evoluzione della giurisprudenza nei procedimenti d ufficio: la ricerca di una posizione differenziata meritevole di tutela in capo al denunciante. 4. I limiti tradizionalmente opposti alla ammissibilità dell azione contro il silenzio inadempimento in materia di annullamento d ufficio: considerazioni critiche. 5. Conclusioni: l annullamento d ufficio da misura di autotutela a strumento di tutela. 1. Premessa e delimitazione del campo di indagine Nel presente lavoro si analizzerà un istituto classico del diritto amministrativo, vale a dire l annullamento d ufficio, e ci si concentrerà in particolare sul tema della doverosità della instaurazione del relativo procedimento quando vi sia una richiesta in tal senso da parte di un interessato (cd. doverosità nell an). È noto che l annullamento d ufficio viene considerato da sempre come l esempio per eccellenza di procedimento del tutto facoltativo e incoercibile 1. Addirittura, la giurisprudenza, anche recente, afferma comunemente che si tratterebbe di un potere «di merito», rispetto al quale la richiesta del privato si configurerebbe come «una mera denuncia con funzione sollecitatoria, che non fa sorgere un obbligo di provvedere» 2. Sicché, a fronte di tale denuncia, * Articolo sottoposto a referaggio. Il presente lavoro costituisce una rielaborazione della Relazione tenuta al Convegno Concetti tradizionali del diritto amministrativo e loro evoluzione, tenutosi presso l Università di Roma La Sapienza il 2 febbraio 2017 ed è in corso di pubblicazione, in una versione ridotta dal titolo Annullamento d ufficio e discrezionalità nell an: rilievi critici, nei relativi Atti a cura di A. Carbone ed E. Zampetti. 1 E. CANNADA BARTOLI, Sulla discrezionalità dell annullamento d ufficio, in Rass. dir. pubbl., 1949, 562 ss.; ID., Annullabilità e annullamento (dir. amm.), in Enc. dir., II, Milano, 1959, 485 ss., 487. Per un inquadramento generale e per una sintesi delle varie posizioni cfr. M. IMMORDINO, I provvedimenti di secondo grado, in F.G. SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2017, 336 ss.; nonché, A. CONTIERI, Provvedimenti e procedimenti di secondo grado, in AA. VV., Percorsi di diritto amministrativo, Torino, 2014, 448 ss. 2 Così, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2017, n. 611, che prosegue: «Rispetto all esercizio di tale potere non è configurabile un obbligo di provvedere, essendo l amministrazione titolare di un potere di merito, che si esercita previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse, insindacabile da parte del giudice ( )». In termini analoghi, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 3 ottore 2012, n. 5199, secondo il quale «non sussiste alcun obbligo per l amministrazione di pronunciarsi su un istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall esterno l attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell atto amministrativo mediante l istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto (oggi dall art. 117 c.p.a.); infatti, il potere di autotutela 2 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

l amministrazione ben potrebbe rimanere inerte e il suo comportamento non integrerebbe una ipotesi di silenzio-inadempimento 3. Ovvero, potrebbe legittimamente dichiarare il proprio rifiuto di esercitare il potere in esame emanando un atto cd. meramente confermativo 4, in sé non impugnabile in quanto, in tesi, non espressivo di potere o, come efficacemente si è detto, difettante di una «volizione intorno a una statuizione» 5. In entrambi i casi, la preoccupazione della giurisprudenza è evitare che, attraverso l impugnazione del silenzio o del diniego espresso di autotutela, l interessato ottenga «una sostanziale rimessione in termini quanto alla contestazione dell originario provvedimento» 6 che egli non abbia impugnato per tempo in sede giurisdizionale. Da ciò deriva, secondo quel che viene talora anche espressamente dichiarato, che «Il diniego espresso di autotutela non è ( ) impugnabile per l esposta assorbente ragione che si tratta di atto espressione di un potere di apprezzamento di interessi pubblici nel loro merito (opportunità, convenienza), su cui il giudice amministrativo non ha giurisdizione». Infatti, «Il giudice non può valutare se il diniego di autotutela è stato bene o male esercitato, perché se ciò facesse la conseguenza sarebbe un ordine, rivolto all amministrazione, di riesercizio del potere di autotutela secondo parametri fissati dal si esercita discrezionalmente d ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere». 3 Cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 2016, n. 1012, per la quale «se è vero che alla stregua dell art. 31, comma 1, c.p.a., il rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento della p.a. può essere attivato da chi vi abbia interesse, deve escludersi che versi in tale condizione chi, avendo avuto a suo tempo conoscenza del provvedimento di cui si assume l illegittimità e avendo omesso di impugnarlo tempestivamente, aspiri successivamente a una sorta di impropria rimessione in termini attraverso la sollecitazione alla p.a. dell intervento in autotutela». 4 Su cui cfr. E. CANNADA BARTOLI, Conferma (dir. amm.), in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 857 ss., che lo definiva come «quell atto mediante il quale l amministrazione dichiara di mantenere fermo un precedente provvedimento, del quale venga chiesto il ritiro» ed evidenziava che «La giurisprudenza e la dottrina escludono che si possa impugnare il mero atto di conferma, perché in tal modo si eluderebbe l inoppugnabilità dell atto confermato; si vuole impedire che, mediante la impugnativa del secondo, quello di conferma, risulti impugnato anche il provvedimento confermato ed inoppugnabile». Per una chiara esposizione delle distinzioni tra le varie ipotesi di conferma, è tutt ora attuale il lavoro di L. MAZZAROLLI, Gli atti amministrativi di conferma, vol. I, Le decisioni, 1964, e ID., Gli atti amministrativi di conferma, vol. II, Provvedimenti e meri atti, 1969; dello stesso A. cfr. pure la voce Conferma dell atto amministrativo, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988. Più di recente, cfr. sul tema l ampio saggio di F. SAITTA, Per una nozione di atto confermativo compatibile con le esigenze di tutela giurisdizionale del cittadino, in Foro amm. CdS, 2003, 2423 ss., cui si rinvia anche per ulteriori citazioni bibliografiche. 5 Così P. STELLA RICHTER, L inoppugnabilità, Milano, 1970, 239 ss. Già M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, III ed., Milano, 1993, II, 565 ss., sosteneva che: «la conferma impropria o atto confermativo non è mai provvedimento, ma una semplice dichiarazione di rappresentazione». 6 Così, per es., con riguardo agli atti meramente confermativi, Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548. Che quella degli atti meramente confermativi sia una problematica che attiene essenzialmente al regime della tutela, in quanto «attraverso l istanza di riesame di un determinato provvedimento, e successiva impugnazione del relativo atto confermativo, si potrebbe eludere la norma circa il regime di impugnazione degli atti amministrativi nel termine di decadenza» è opinione condivisa in dottrina: così, per tutti, V. CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo, Torino, 2002, 603. 3 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

giudice, ma è evidente che questo sarebbe uno sconfinamento in un potere di merito riservato esclusivamente all amministrazione e incoercibile» 7. Analogo orientamento è stato da ultimo seguito anche dalla Corte costituzionale che, pronunciandosi in tema di autotutela tributaria, ha statuito che: «Se questa Corte affermasse il dovere dell amministrazione tributaria di pronunciarsi sull istanza di autotutela, aprirebbe la porta (ammettendo l esperibilità dell azione contro il silenzio, con la conseguente affermazione del dovere dell amministrazione di provvedere e l eventuale impugnabilità dell esito del procedimento che ne deriva) alla possibile messa in discussione dell obbligo tributario consolidato a seguito dell atto impositivo definitivo. L autotutela finirebbe quindi per offrire una generalizzata seconda possibilità di tutela, dopo la scadenza dei termini per il ricorso contro lo stesso atto impositivo» 8. Come si cercherà di mostrare nel prosieguo, l impostazione riportata appare non condivisibile sotto molteplici punti di vista e, innanzitutto, perché difficilmente giustificabile alla luce dell ordinamento costituzionale e amministrativo vigente. In effetti, la configurazione attuale della instaurazione del procedimento di annullamento d ufficio come ampiamente facoltativa (e la conseguente non giustiziabilità della relativa inerzia a fronte di sollecitazioni provenienti da terzi) si configura sempre più come una sorta di fossile vivente, specie se raffrontata con l evoluzione positiva che ha interessato i procedimenti d ufficio in altri settori del diritto amministrativo. Peraltro, la recente previsione, nell art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, del termine di diciotto mesi per l annullamento d ufficio di una importante (e potenzialmente molto vasta) categoria di provvedimenti amministrativi, quantomeno mitiga il timore che sta spesso anche dichiaratamente alla base della tesi della facoltatività nell an del potere in esame 9 : vale a dire che i provvedimenti amministrativi possano essere messi in discussione sine die su richiesta dei privati, con conseguente lesione del principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico 10. 7 Così, ancora, Cons. Stato, n. 2548 del 2012, cit. 8 Cfr. Corte cost. 13 luglio 2017, n. 181, punto 4 del Considerato in diritto, ove si legge altresì che: «Affermare il dovere dell amministrazione di rispondere all istanza di autotutela significherebbe, in altri termini, creare una nuova situazione giuridicamente protetta del contribuente, per giunta azionabile sine die dall interessato, il quale potrebbe riattivare in ogni momento il circuito giurisdizionale, superando il principio della definitività del provvedimento amministrativo e della correlata stabilità della regolazione del rapporto che ne costituisce oggetto». Su tale pronuncia cfr. le osservazioni critiche di E. DE MITA, Limitare l autotutela dà spazio all inerzia dell amministrazione, Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2017. 9 Per una chiara sottolineatura di come le recenti modifiche intervenute sul testo dell art. 21-nonies vadano tutte nel senso di contemperare il rispetto del principio di legalità, da un lato, e la tutela dell affidamento che i privati e gli operatori economici in specie abbiano riposte sulla stabilità dei provveidmenti autorizzatori cfr. M.A. SANDULLI, Autotutela, in Libro dell anno del diritto, Roma, 2016. 10 L art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 come modificato a opera dell art. 6 della legge 7 agosto 2015, n. 124, prevede infatti che l annullamento d ufficio dei «provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici» debba intervenire «entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi» dal 4 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

D altro canto, non può non notarsi che sempre l art. 21-nonies non contiene alcuna indicazione che giustifichi una ricostruzione in termini di facoltatività della instaurazione del procedimento di annullamento d ufficio. Sicché, nel silenzio della legge, l inserimento di tale previsione nel contesto delle garanzie della legge n. 241 del 1990, ossia nell ambito di una visione partecipata dell azione amministrativa, il più possibile paritaria e, comunque, informata ai principi costituzionali 11, dovrebbe semmai indurre a ricostruire anche il procedimento in esame alla luce del generale canone di doverosità dell azione amministrativa 12 e di sua necessaria funzionalizzazione all interesse pubblico collettivo 13. Non sfugge, del resto, che la lettura in termini di ampia facoltatività nell an dell annullamento d ufficio incarna una visione dell amministrazione come soggetto privilegiato che può, a suo piacimento, sottrarsi all esercizio di un potere conferitole dalla legge semplicemente invocando la facoltatività dell instaurazione del relativo procedimento. Con il ché, il tema finisce per assorbire quello, legislativamente affrontato, della cd. discrezionalità nel quid del potere in esame (ossia, della discrezionalità dell annullamento in senso proprio) 14. Appare infatti quasi ozioso analizzare quale livello di discrezionalità nel quid il legislatore abbia voluto accordare all amministrazione in sede di annullamento d ufficio quando poi si riconosca a quest ultima il potere di non iniziare neppure il procedimento. Nel presente lavoro si analizzerà dunque anzitutto quale sia il rilievo della denuncia di parte nei procedimenti ufficiosi e si darà conto della tendenza giurisprudenziale a individuare, in questi casi, una momento della loro adozione. Con specifico riferimento al nuovo termine di esercizio dell autotutela cfr., per tutti, M.A. SANDULLI, Gli effetti diretti della legge 7 agosto 2015 n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio assenso e autotutela, in www.federalismi.it. n. 17/2015; M. RAMAJOLI, L annullamento d ufficio alla ricerca di un punto di equilibrio, in Riv. giur. urb., 2016, 99 ss., 104; G. MANFREDI, Annullamento doveroso?, in PA Persona e amministrazione, 2017, 383 ss., e ID., Il tempo è tiranno: l autotutela nella legge Madia, in Urb. app., 2016, 5 ss. 11 Il primo studio del procedimento amministrativo visto come luogo di avvicinamento tra il cittadino e il potere pubblico si deve a G. PASTORI, Introduzione generale, in ID. (a cura di), La procedura amministrativa, Vicenza, 1964, ora in ID., Scritti scelti, I (1962-1991), Napoli, 2010, 81 ss. Tra i numerosi saggi che l A. ha dedicato al tema si vedano, almeno, Il procedimento amministrativo tra vincoli formali e regole sostanziali, in AA. VV., Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza, a cura di U. ALLEGRETTI, A. ORSI BATTAGLINI, D. SORACE, Rimini, 1987, II, 805 ss., ora in ID., Scritti scelti, I, (1962-1991), cit., 361 ss. Tra i lavori più recenti, cfr. Recent Trends in Italian Public Administration, in Italian Journal of Public Law, 2009, 1 ss. 12 Su cui, da ultimo, S. TUCCILLO, Contributo allo studio della funzione amministrativa come dovere, Napoli, 2016, spec. 189 ss.; in precedenza, con un attenzione anche ai profili costituzionali, F. GOGGIAMANI, La doverosità amministrativa, Torino, 2005, 80 ss. 13 Viceversa, quasi consapevole dell incoerenza di fondo esistente tra la diffusa interpretazione dell annullamento d ufficio come potere ampiamente facoltativo e incoercibile e l inserimento dell art. 21-nonies nel contesto della legge n. 241 del 1990, la giurisprudenza si preoccupa talora di precisare che la suddetta previsione, pur disciplinando «i presupposti e le forme dell annullamento d ufficio [ ], non ha modificato la natura del potere, e non lo ha trasformato da discrezionale in obbligatorio, né ha previsto un interesse legittimo dei privati all autotutela»: così, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2549. 14 Non vi è dubbio, infatti, che l art. 21-nonies costruisca come discrezionale il potere se annullare o meno un dato provvedimento, dal momento che non basta la illegittimità di quest ultimo, ma l amministrazione deve altresì valutare la sussistenza di «ragioni di interesse pubblico» e tenere conto degli «interessi dei destinatari e dei controinteressati». 5 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

posizione differenziata in capo ai denuncianti, onde precostituire un dovere di risposta dell amministrazione. Si spiegherà come tale impostazione, che certamente sconta una (impropria) commistione tra il piano sostanziale e quello processuale, rifletta però altresì l idea che il cittadino si possa rivolgere all amministrazione, prima ancora che al giudice, per la tutela della propria posizione soggettiva. Si confronterà infine tale evoluzione con quella che è la visione tutt ora dominante dell annullamento d ufficio come potere ampiamente facoltativo e incoercibile e si analizzeranno criticamente le principali ragioni che tradizionalmente giustificano simile ricostruzione. La tesi del presente lavoro è che la ricostruzione in termini di doverosità dell apertura del procedimento di annullamento d ufficio, a fronte di una denuncia seria e circostanziata, costituisca il presupposto imprescindibile per una rilettura in chiave giustiziale dell istituto in esame. Quest ultimo potrebbe cioè essere rivitalizzato portando a compimento la nota intuizione benvenutiana dell autotutela decisoria come funzione «materialmente giurisdizionale» in quanto diretta, tra l altro, alla restaurazione del diritto obiettivo violato e alla risoluzione dei conflitti tra l amministrazione e gli amministrati. Ciò, del tutto in linea con le sempre più avvertite istanze di una amministrazione moderna, efficiente e davvero attenta alle esigenze dei cittadini. 2. La doverosità del procedere nei procedimenti d ufficio: la non necessità, ma non anche irrilevanza, della denuncia di parte In primo luogo, occorre chiedersi se la circostanza che l annullamento in autotutela sia un procedimento d ufficio costituisca una ragione in sé sufficiente per negare rilievo alla richiesta di esercizio di tale potere che provenga da un cittadino. In altri termini, occorre interrogarsi se tale denuncia/segnalazione, oltre che non necessaria, possa anche dirsi irrilevante sul piano giuridico. Invero, come anche di recente notato da attenta dottrina 15, fin dai primi del Novecento alcuni Autori francesi derivavano dal principio generale di doverosità dell azione amministrativa l «obbligo giuridico» per la pubblica amministrazione, anche rispetto ai procedimenti d ufficio, di fornire una risposta a fronte della denuncia di un cittadino. Così, per es., si evidenziava che, rispetto all azione di un prefetto, il quale «a le devoir juridique d assurer le maintien ( ) de la tranquillité, de la sécurité, de la salubrité publique», ben potesse accadere che «le bon exercise de la function consiste pour l agent à s abstenir de faire l acte qu on le sollicite d accomplir». Difatti, avendo lo stesso «un pouvoir discretionnaire quant au choix de moyens ( ) on ne pourra pas dire qu en s abstenant de prendre telle ou telle mesure positive, le prèfet viole son devoir professionel». 15 Cfr. M. MAZZAMUTO, L amministrazione senza provvedimento: la SCIA, Relazione al Convegno su L amministrazione pubblica nella prospettiva del cambiamento: il codice dei contratti e la riforma Madia, Lecce, 28 e 29 ottobre 2016. 6 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

In altri termini, ragionando sulla base della nota visione attizia del silenzio che ne ha costituito la prima forma di riconduzione a giustiziabilità 16, la dottrina d oltralpe qualificava il mancato esercizio (la «abstension») di un potere tipicamente ufficioso a fronte della sollecitazione da parte di un cittadino, come «une façon ( ) d exercer la foncion» 17 : un silenzio che, dunque, diveniva significativo grazie alla denuncia presentata dal privato. Quest ultima, quindi, era tutt altro che irrilevante, in quanto consentiva di ricostruire l inerzia come provvedimento amministrativo tacito. Un medesimo modo di ragionare si è manifestato anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato italiano che, fin dal 1956, in una nota pronuncia annotata dal Guicciardi, ha riconosciuto la possibilità di rendere coercibile, in sede giurisdizionale, l esercizio di un potere senza dubbio ufficioso. La fattispecie riguardava una denuncia di abuso edilizio (presentata dal conduttore di un appartamento antistante un cortile ove era stato installato un forno industriale) alla quale l amministrazione non aveva dato riscontro: in quel caso, i giudici amministrativi hanno affermato la titolarità, in capo all interessato, di un «interesse occasionalmente protetto» (ossia coincidente con il pubblico interesse perseguito dall amministrazione), di fronte al quale «non è dubbio che l autorità comunale abbia l obbligo di provvedere». In specie, essi hanno rilevato che laddove disponga di un potere discrezionale, «nei limiti segnati dalla norma l autorità amministrativa è ( ) libera di dirigere in un senso o in un altro la sua statuizione, in relazione al pubblico interesse, ma non può essa sottrarsi all esame delle situazioni illegittime e non ancora consolidate che le vengano denunciate da coloro che abbiano interesse alla loro rimozione» 18. Nel commentare la sentenza, Enrico Guicciardi si poneva una questione preliminare, «se cioè in questi casi ( ) l amministrazione abbia o no l obbligo giuridico di intervenire coi suoi poteri repressivi». Risolta tale questione, scriveva, tutto il resto sarebbe stato consequenziale, «Poiché è chiaro che solo se questo dovere c è, vi sarà la possibilità di qualificare l inerzia come rifiuto ( ) e quindi di procurarsi il provvedimento impugnabile avanti il giudice amministrativo». E a tale interrogativo rispondeva nel senso che «quando la legge assegna all amministrazione la tutela di determinati interessi pubblici ( ) il perseguimento di questi interessi non è per l amministrazione una semplice facoltà, è un dovere» 19. 16 Per approfondimenti sulle prime ricostruzioni del silenzio, anche nel nostro ordinamento, come provvedimento tacito, implicito o presunto, cfr., per tutti, F.G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, 1971, 5 ss. 17 G. JÈZE, Essai d une théorie générale de l abstension en droit public, in RDP, 1905, 764 ss., 769-770, il quale precisa ulteriormente: «Ce qui vient confirmer cette manière de voir, c est que si, au lieu de garder le silence, l agent exprime, par une déclaration formelle, les motifs qu il a eus de s abstenir, -ces motifs étant, bien entendu, autres que la volonté de refuser d exercer la function, -nul ne songera à voir là une violation du devoir juridique de remplir la fonction. Ce qu on critiquera peut-être, c est l exercice illégal de la function. Mais c est une question tout autre». 18 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 1956, n. 418, in Giur. it., 1957, III, 21 ss. 19 E. GUICCIARDI, Interesse occasionalmente protetto e inerzia amministrativa, in Giur. it., 1957, III, 21 ss. 22: «Se anche il perseguimento di questi interessi avviene mediante provvedimenti, e questi sono esplicazione di un potere, tuttavia, quando ne siano certi i presupposti (cioè l esigenza del pubblico interesse), l esercizio di questo potere non è ad 7 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

Del resto, l idea che alla funzione amministrativa, anche ove ufficiosa e discrezionale, si accompagni indissolubilmente un elemento di doverosità, essendo la stessa non libera ma vincolata alla cura dell interesse pubblico, è stata centrale in alcuni studi della dottrina italiana degli anni Sessanta-Settanta del Novecento. In particolare, nel volume su Il rifiuto del provvedimento amministrativo Franco Ledda condivisibilmente evidenziava che «la facoltà di scelta discrezionale ( ) non riguarda mai l agere in se stesso (anche l apprezzamento discrezionale è un operazione dovuta)» in quanto, «se così non fosse, lo stesso scopo del riconoscimento di una facoltà di determinazione discrezionale verrebbe ad essere frustrato, poiché, restando l amministrazione inerte, verrebbe a mancare proprio quella valutazione di interessi cui questa facoltà è preordinata» 20. Non solo, ma riferendosi alla disciplina formale della funzione secondo il procedimento, rilevava che «non avrebbe senso garantire al cittadino la osservanza di quella disciplina, se l autorità fosse poi arbitra di svolgere, o non svolgere, l attività che ad essa è sottoposta» 21. Per quel che qui più rileva, poi, la suddetta impostazione ha trovato accoglimento nell art. 2 della legge n. 241 del 1990. Tale norma, nel prevedere che «Ove il procedimento consegua obbligatoriamente a una istanza, ovvero debba essere iniziato d ufficio le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l adozione di un provvedimento espresso», innanzitutto parifica, ai fini della doverosità della conclusione con provvedimento espresso, i procedimenti di parte a quelli d ufficio, nonché quelli discrezionali e quelli vincolati, senza consentire una impropria confusione tra discrezionalità nel quid e, invece, nell an 22. Per altro verso, mediante l utilizzo dell ausiliare «debba», riferito all inizio d ufficio del libitum per l amministrazione. Se consta che una determinata situazione è, per es., nociva alla pubblica salute, l amministrazione non può soltanto, ma deve impedirla o eliminarla». 20 F. LEDDA, Il rifiuto di provvedimento amministrativo, Torino, 1964, 100. 21 Così F. LEDDA, op. ult. cit., 128, il quale evidenziava altresì che: «In presenza di certe condizioni, questa attività è dovuta: ciò che non può garantirsi direttamente al singolo è solo un certo risultato, cioè la realizzazione del potere giuridico nel senso della sua aspettativa». In termini analoghi, qualche anno più tardi, si esprimeva A. MELONCELLI che, nel volume su L iniziativa amministrativa, 1976, 43-44, rilevava: «se è vero che l amministrazione pubblica è chiamata a rispondere non solo di ciò che fa, ma anche di ciò che non fa [ ], si presuppone che la doverosità si estrinsechi per lo meno con riferimento all agere». E proseguiva (48-49): «la necessità di agire deriva alla pubblica amministrazione dal suo interno, se è vero che la sua azione è tesa alla persecuzione dei fini pubblici che la legge predetermina» e per tale ragione «essa non si pone come attività che possa essere svolta o non essere svolta». Di conseguenza, proponeva di risolvere «la questione della compatibilità tra discrezionalità e dovere [ ] dando come oggetto minimo al dovere non l atto, ma l attività». 22 Su tale disposizione, tra i molti, cfr., almeno, A. TRAVI, Art. 2, in AA. VV., Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (a cura di A. Travi), in Le nuove leggi civ. comm., 1995, 8 ss.; A. CIOFFI, Dovere di provvedere e pubblica amministrazione, Milano, 2005, 89-90, il quale rileva: «Ed ecco che il testo dell art. 2 evoca un dovere che esisteva, implicitamente, nell ordinamento: il dovere di provvedere. E rivela che il dovere di iniziare dell art. 2 altro non sia che una versione del dovere di provvedere. Così prefigura una distinzione portante, che accompagnerà tutta l indagine. Se da un lato l ordinamento si occupa di individuare nella legge la fonte esatta del dovere di concludere, non chiarisce, viceversa, quando si dia dovere di provvedere. E fa intuire che il dovere di provvedere non ha bisogno di essere prefissato in un apposita norma legislativa, come quella 8 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

procedimento, indica, laddove ancora residuassero dubbi, che non è doverosa solo la conclusione del procedimento una volta aperto, ma che il procedimento stesso deve essere aperto quando sia certo che sussistono i presupposti per l esercizio del potere 23. Così, se nel caso dei procedimenti a istanza di parte il dovere di iniziare e concludere il procedimento nasce direttamente, ex lege, da un istanza del cittadino (purché qualificabile come tale e, quindi, presentante gli elementi minimi perché si possa parlare di istanza 24 ), lo stesso non accade nei procedimenti d ufficio: ivi, l eventuale denuncia del cittadino serve solo a rendere compiutamente e formalmente nota all amministrazione l esistenza di presupposti di fatto e di diritto in presenza dei quali essa è tenuta a procedere. In altri termini, con la segnalazione o denuncia il cittadino rende edotta l amministrazione del fatto che, per riprendere la formulazione dell art. 2 della legge n. 241 del 1990, «il procedimento debba essere iniziato d ufficio». E, dunque, l istanza ha una funzione informativa e, per così dire, attualizzante del dovere di procedere, ma non è, di per sé, manifestazione di volontà giuridica. Significativamente, con riguardo a denunce o segnalazioni tendenti a stimolare l esercizio di poteri repressivi o di vigilanza da parte delle amministrazioni, la giurisprudenza afferma talora che, «pur non sussistendo alcun procedimento da iniziare per impulso di parte, l esercizio della potestà amministrativa non è meramente discrezionale, ma costituisce piuttosto un atto dovuto, non potendo l amministrazione sottrarsi ai propri doveri d ufficio» 25, e individua un «dovere» di intervento derivante dall essere l amministrazione preposta al perseguimento del pubblico interesse. In quest ottica, ben si comprende che la denuncia o segnalazione, onde attualizzare questo dovere di procedere (e, poi, di provvedere) debba essere circostanziata e verosimile. Ossia, che essa debba rappresentare la realtà con un grado di precisione sufficiente da indurre l amministrazione a ritenere dell art. 2, giacché quel dovere preesiste. Deriva all amministrazione da una sua data capacità o posizione, manifestazione inestinguibile di un autonomia istituzionale, attribuita dall ordinamento»; F. FIGORILLI-A. GIUSTI, Art. 2. Conclusione del procedimento, in N. Paolantonio, A. Police, A. Zito (a cura di), La pubblica amministrazione e la sua azione, Torino, 2005, 137 ss.; A. POLICE, Doverosità dell'azione amministrativa, tempo e garanzie giurisdizionali, in AA.VV., Le riforme della L. 7 agosto 1990, n. 241 tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato (a cura di L. Perfetti), Padova, 2008, 15 ss., e ID., Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell azione amministrativa, Milano, 2011, 226 ss., 234. 23 In tal senso anche A. TRAVI, Art. 2, cit., 9. 24 Su questi profili, da ultimo, cfr. l ampia trattazione di S. VERNILE, Il provvedimento amministrativo in forma semplificata, Napoli, 2017. Il tema è affrontato anche da E. FREDIANI, Il dovere di soccorso procedimentale, Napoli, 2016, 80 ss., sia pure nell ottica particolare del dovere di soccorso in presenza di un atto di iniziativa privata in vario modo viziato. Più in generale, sulla nozione di istanza cfr. G.M. RACCA, Richiesta e istanza alla pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., XIII, Torino, 1997, 368 ss. 25 Tar Campania, Napoli, sez. III, 8 novembre 2012, n. 25, in materia edilizia. 9 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

sussistenti i presupposti per l instaurazione del procedimento 26. Guicciardi rilevava, non a caso, l esigenza di «una attenta ed acconcia formulazione della diffida a provvedere, tale che, se essa non sorte l effetto di indurre l amministrazione a provvedere, l inerzia di quest ultima ne resti inequivocabilmente qualificata come rifiuto a provvedere per motivi illegittimi» 27. Una denuncia generica, infatti, non sarebbe idonea a far sorgere tale dovere in quanto non modificherebbe apprezzabilmente la conoscenza della questione in capo alla pubblica amministrazione 28. Si può dire, per semplicità, che simile denuncia renderebbe manifesto il desiderio del cittadino che il potere venga esercitato, ma non integrerebbe la conoscenza legale, in capo alla pubblica amministrazione, che il potere deve essere esercitato 29. Sicché, in tale ultima vicenda, il dovere di procedere in capo all amministrazione sorgerebbe solo ove essa venisse per altra via a conoscenza dei presupposti che impongono l esercizio doveroso del potere. In definitiva, da tutto ciò deriva che, nei procedimenti d ufficio, la denuncia o segnalazione, purché circostanziata e verosimile, anche se in sé non necessaria, non è però affatto irrilevante, perché utile ad attualizzare il dovere di iniziare (e, qundi, concludere) il procedimento. In altre parole, una denuncia circostanziata e verosimile rende evidente all amministrazione che sussistono i presupposti per l esercizio doveroso del potere. D altra parte, una volta che la situazione dalla quale origina il dovere di procedere sia stata portata a conoscenza dell amministrazione, il fatto che la eventuale denuncia o segnalazione venga ritirata non 26 Cfr., per es., Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592 che, in materia di abusi edilizi, afferma: «( ) l amministrazione in ipotesi di segnalazioni sottoscritte, circostanziate e documentate, ha comunque l obbligo di attivare un procedimento di controllo e verifica dell abuso della cui conclusione deve restare traccia, sia essa nel senso dell esercizio dei poteri sanzionatori, che in quella della motivata archiviazione, e ciò in forza dei principi di cui all art. 2 della legge sul procedimento, dovendosi in particolare escludere che la ritenuta mancanza dei presupposti per l esercizio dei poteri sanzionatori possa giustificare un comportamento meramente silente». 27 E. GUICCIARDI, Interesse occasionalmente protetto e inerzia amministrativa, cit., 24, sicché l amministrazione, per evitare ciò, sarebbe stata «costretta a pronunciare un rifiuto espresso e motivato», per l eventuale impugnativa del quale il titolare dell interesse occasionalmente protetto non avrebbe incontrato ostacoli particolari, potendo agire secondo le regole comuni. 28 In tal senso, cfr. per es., Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2016, n. 653, ove si precisa che «( ) nella specie si chiede genericamente che ENAC ponga in essere una serie di attività e/o iniziative e/o azioni volte a veder assicurato il rispetto della normativa del settore di competenza dell Ente: quella invocata dalla ricorrente è un attività di controllo di vasta latitudine, svolta in via continuativa da ENAC e che implica l esercizio di poteri di contenuto discrezionale, come tale insuscettibile di confluire nell alveo del giudizio avverso il silenzio, in quanto in ordine alla esplicazione della generale ed istituzionale attività di vigilanza non è configurabile, almeno nei termini dedotti dalla ricorrente, la mancata adozione di un provvedimento specifico ( )». 29 Non a caso, si parla di «carattere formalizzato e necessitate dell apertura del procedimento», ove l aggettivo «necessitate» sta proprio a indicare il verificarsi di «una situazione tale da rendere necessario l esercizio del potere»: così V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, 2016, 314. 10 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

impedisce a quest ultima di esercitare ugualmente e doverosamente il potere 30 : ciò appare del tutto in linea con la natura ufficiosa del potere in esame, esercitabile d ufficio, ossia nell interesse innanzitutto dell ordinamento e non del denuciante in quanto tale. 3. L evoluzione della giurisprudenza nei procedimenti d ufficio: la ricerca di una posizione differenziata meritevole di tutela in capo al denunciante Ragionando secondo le categorie dei procedimenti d ufficio, dovrebbe dunque essere irrilevante il fatto che la denuncia sia presentata da un soggetto piuttosto che da un altro e perfino le finalità da questi perseguite. Come si è sopra chiarito, infatti, i procedimenti ufficiosi sono avviati dall amministrazione ogni qual volta si verifichi in concreto un esigenza di cura dell interesse pubblico: la denuncia o segnalazione ha dunque una mera efficacia attualizzante di un dovere che già esiste in capo all amministrazione e non muta i caratteri del potere e la sua intrinseca doverosità nell interesse generale. Eppure, se si analizza la giurisprudenza in tema di avvio dei procedimenti d ufficio, emerge che essa tende per lo più a richiedere come necessario, onde far sorgere sul piano sostanziale il dovere di procedere, anche il presupposto della titolarità, in capo al denunciante, di uno specifico interesse che valga a differenziare la sua posizione rispetto a quella della collettività 31. Per es., in materia urbanistica si afferma comunemente che il vicino sarebbe «sempre titolare di un interesse qualificato alla salvaguardia delle caratteristiche urbanistiche della zona» e, dunque, sarebbe «legittimato ad inoltrare all amministrazione atti di denuncia che, se sufficientemente circostanziati, obbligano l amministrazione ad esercitare i propri poteri di verifica nonché a comunicare l esito di questa al denunciante» (tra l altro, anche quando l intervento sanzionatorio sia ritenuto non necessario, «non potendosi ammettere che la ritenuta mancanza dei presupposti per l esercizio dei poteri sanzionatori possa giustificare un comportamento meramente silente») 32. Pure in presenza di poteri tipicamente ufficiosi, il dovere di provvedere della pubblica amministrazione viene dunque collegato a un presupposto soggettivo, costituito dalla titolarità -in capo al denunciante che solleciti l esercizio di poteri repressivi, inibitori e sanzionatori- di un interesse legittimo 33. E sarebbe tale interesse differenziato (che la giurisprudenza individua, appunto, ricorrendo al criterio della cd. vicinitas, intesa come stabile collegamento del denunciante con l area interessata dal manufatto abusivo) a 30 Cfr. A. SCOGNAMIGLIO, Istanze alla pubblica amministrazione, in Diz. dir. pubbl. (dir. da S. CASSESE), 2006, 3284 ss., 3285. 31 Il punto è ben colto, anche in una prospettiva teoretica più generale, da A. CIOFFI, Dovere di provvedere e pubblica amministrazione, cit., 162 ss. 32 Così, tra le più recenti, Tar Lombardia, sez. II, 26 luglio 2017, n. 1886. 33 Sul punto cfr. L. BERTONAZZI, Il giudizio sul silenzio, in B. Sassani-A. Villata (a cura di), Il codice del processo amministrativo: dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo, Torino, 2012, 905 ss. 11 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

giustificare la pretesa, già sul piano sostanziale, a un provvedimento espresso e motivato sulla denuncia di abuso edilizio 34. Si tratta di una ricostruzione che, per molti versi, appare strettamente connessa al problema di consentire la tutela giurisdizionale avverso il silenzio. Il che viene, spesso, anche esplicitato: per es., quando si afferma che «il silenzio serbato sull istanza-diffida integra gli estremi del rifiuto -rectius, inadempimento 35 -, sindacabile in sede giurisdizionale quanto, almeno, al mancato adempimento dell obbligo di provvedere espressamente» 36. In altri termini, l idea che emerge da queste sentenze è che, se non esistesse un obbligo di riscontrare l istanza proposta dal vicino, il silenzio dell amministrazione non potrebbe configurare un inadempimento 37 ; e, d altro canto, mancando una espressa previsione legislativa in tal senso, lo stesso non potrebbe neppure essere qualificato come diniego (a sua volta impugnabile in sede giudiziale). Un analogo modo di ragionare è alla base della teorica delle cd. denunce qualificate, in base alla quale l amministrazione sarebbe tenuta a dare riscontro alla denuncia o segnalazione quando la legge contempli espressamente la possibilità, per chi vi abbia interesse, di sollecitare l avvio d ufficio di un certo provvedimento 38 ; o, secondo una visione estensiva, quando tali denunce siano proposte da chi è titolare di una situazione soggettiva differenziata «meritevole di tutela» e, dunque, in quanto tale, «protetta dall ordinamento» 39. In questi casi, secondo la giurisprudenza e la dottrina, non saremmo di fronte a denunce semplici, espressive di un interesse di mero fatto, ovvero, come efficacemente è stato detto, di atti che «hanno la 34 Cfr., per es., Tar Campania, Napoli, sez. II, 11 ottobre 2010, n. 18387, cit.; ma si tratta di orientamento consolidato da tempo: tra le pronunce meno recenti cfr., ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. I, 26 gennai 2005, n. 578; Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975. L impostazione giurisprudenziale è sostanzialmente condivisa da N. POSTERARO, Sui rapporti tra dovere di provvedere e annullamento d ufficio come potere doveroso, in Federalismi.it, 8 marzo 2017. 35 Sull uso come sinomi delle due locuzioni silenzio inadempimento/silenzio rifiuto da parte della giurisprudenza cfr. M. OCCHIENA, Diffida e silenzio-rifiuto: il tradimento della teoria di Aldo M. Sandulli, in M.A. Sandulli (a cura di), Aldo M. Sandulli (1915-1984): attualità del pensiero giuridico del Maestro, Milano, 2004, 410 ss. 36 Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 giugno 2015, n. 3177. In termini, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2015, n. 5087, per il quale «( ) il silenzio serbato dalla p.a. ( ) integra gli estremi del silenzio rifiuto ed è sindacabile in sede giurisdizionale, grazie appunto alla combinazione della vicinitas con la funzione non discrezionale della vigilanza edilizia, la qual cosa differenzia la fattispecie in esame dalla vicenda in cui un qualunque altro soggetto, non così legittimato, segnali un abuso edilizio alla p.a. stessa, ma proprio per questo non ha titolo per rendere coercibile l omesso esercizio di tale funzione». 37 Cfr., in tal senso, tra le più recenti, Tar Lazio, sez. 2-quarter, 8 maggio 2017, n. 5542. 38 Cfr., sul punto, L. DE LUCIA, Denunce qualificate e preistruttoria amministrativa, in Dir. amm., 2002, 717 ss.; ID., Provvedimento amministrativo e diritti dei terzi. Saggio sul diritto amministrativo multipolare, Torino, 2005, 141 ss., il quale derivava, da tale ricostruzione, l obbligo dell amministrazione di applicare alla fase di delibazione della denuncia i canoni fondamentali della legge n. 241 del 1990. 39 A. SCOGNAMIGLIO, Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo, Milano, 2004, 12 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

struttura degli atti di iniziativa, ma non ne hanno la natura e dunque non ne hanno gli effetti» 40. Al contrario, il denunciante sarebbe legittimato a presentare una denuncia (e a ricevere risposta dall amministrazione) perché in grado di differenziare la sua posizione da quella che qualsiasi altro soggetto può vantare rispetto alla legalità dell azione amministrativa. Del resto, il tema della rilevanza delle denunce nei procedimenti d ufficio e dunque dell esistenza, anche con riguardo a questi ultimi, di interessati diversi dal destinatario del provvedimento titolari di una posizione differenziata di carattere pretensivo, è divenuto del tutto evidente, anche sul piano quantitativo, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, con la giurisprudenza in tema di denuncia di inizio attività 41. Anzi, in questi casi, l esigenza di garantire tutela a interessi pretensivi rispetto all esercizio di poteri repressivi o inibitori da parte della p.a., è stata probabilmente ancora più sentita, essendo venuto a mancare un provvedimento direttamente impugnabile. Non stupisce, dunque, che proprio in questo ambito abbia oggi trovato espresso riscontro, anche in sede legislativa, la tesi che l inerzia dell amministrazione rispetto alla sollecitazione di intervenire proveniente da un terzo (diverso dall interessato) possa essere contestata in sede giurisdizionale: l art. 19, c. 6-ter, della legge n. 241 del 1990 (come modificato, da ultimo, a opera della legge 7 agosto 2015, n. 124 42 ) prevede infatti che «gli interessati possono sollecitare l esercizio delle verifiche spettanti all amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l azione di cui all art. 31, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104», ossia l azione avverso il silenzio-inadempimento. Con il che, il legislatore ha espressamente ammesso che, successivamente al decorso del termine per l esercizio degli ordinari poteri di controllo (60 giorni o 30 giorni, nel caso di dia edilizia), si configuri un inadempimento e che, dunque, l amministrazione possa essere giudizialmente obbligata a (quanto meno) riscontrare la denuncia del terzo. Ora, è evidente che le tendenze giurisprudenziali e legislative sin qui richiamate scontano una certa commistione tra il piano procedimentale e quello processuale, tanto che in dottrina si è evidenziato come 40 Secondo la nota definizione di G. MORBIDELLI, Il procedimento amministrativo, in AA. VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2005, 604-605. 41 Così G. GRECO, Ancora sulla SCIA: silenzio e tutela del terzo (alla luce del comma 6-ter dell art. 19 l. 241/1990), in Dir. proc. amm., 2014, 645 ss., 651. 42 Cfr. anche i decreti delegati n. 126 del 30 giugno 2016, di «Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (Scia), a norma dell art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124», e n. 222 del 25 novembre 2016, recante «Individuazione dei procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (Scia), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124». Sul punto cfr. M. LIPARI, La scia e l autotutela nella legge n. 124/2015: primi dubbi interpretativi, in Federalismi, 2015, 21 ottobre 2015. 13 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

si finisca, in questi casi, per trasporre sul piano sostanziale la categoria, processuale, della legittimazione a ricorrere 43. Peraltro, la individuazione di una posizione differenziata che varrebbe a fondare un obbligo dell amministrazone di rispondere non giunge sempre a esiti di completa e coerente trasformazione di questi procedimenti d ufficio in procedimenti a iniziativa di parte. Altrimenti non si comprenderebbe perché, nella giurisprudenza in materia edilizia, il denunciante-proprietario limitrofo non acquisisca, per ciò solo, la qualità di controinteressato nel processo 44, essendo necessario, a tal fine, che il suo «diritto di proprietà ( ) risulti direttamente leso da un opera edilizia abusiva» 45. E, d altro canto, sempre in materia edilizia, si ribadisce spesso la non necessità di «una precisa corrispondenza tra il contenuto della denuncia e l atto di avvio del procedimento sanzionatorio» perché, comunque, i fatti esposti dal privato dovrebbero «essere verificati d ufficio, sotto il profilo della loro sussistenza e qualificazione giuridica» 46. Resta il fatto che, a rigore, nei procedimenti d ufficio non vi dovrebbe essere spazio per valutazioni in termini di legittimazione procedimentale del denunciante, in quanto, come si è detto, il potere assume qui i connotati di un dovere e quest ultimo è «situazione irrelata, ossia diretta alla tutela di interessi generali, cui non corrispondono destinatari determinati e, quindi, diritti altrui» 47. Insomma, mentre nei procedimenti a istanza di parte la doverosità dell azione amministrativa si trasforma in una obbligatorietà nei confronti di qualcuno (l istante), nei procedimenti d ufficio il dovere nei confronti dell ordinamento (o dell interesse pubblico) non si trasforma mai in un obbligo verso qualcuno. Questo assetto sembra essere oggi confermato anche dalla lettera dell art. 2 della legge n. 241 del 1990: se la doverosità riguardasse solo le vicende in cui vi è un cittadino istante ovvero un cittadino denunciante legittimato sul piano della titolarità di una posizione soggettiva, allora il legislatore dovrebbe limitare il dovere di procedere e di provvedere a queste vicende; e invece tale dovere riguarda qualunque procedimento che, appunto, «debba essere iniziato d ufficio». Del resto, non mancano nel diritto vivente orientamenti, per così dire, più ortodossi. Per es., in materia di concorrenza, il Consiglio di Stato riconosce dal 2004 che i terzi controinteressati possano impugnare i cd. provvedimenti negativi, ossia quei provvedimenti con i quali l Autorità antitrust archivia o rifiuta di 43 Così M. MONTEDURO, Sul processo come schema di interpretazione del procedimento: l obbligo di provvedere su domande inammissibili o «manifestamente infondate», in Dir. amm., 2010, 103 ss. 44 Così, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 2011, n. 3380. 45 Così, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2017, n. 2416, secondo il quale per l attribuzione della qualifica di controinteressato processuale «non può ritenersi sufficiente la vicinitas, occorrendo invece la sussistenza di una diretta lesione, attuale o potenziale, della proprietà del terzo menzionato nell atto per aver dato impulso con la sua denunzia al procedimento sanzionatorio». 46 Cfr., tra le più recenti, a mero titolo esemplificativo, Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 569; in termini analoghi, Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 28 maggio 2015, n. 829. 47 Cfr. l insegnamento di S. ROMANO, Doveri, obblighi, in Frammenti di un dizionario giuridico, 1947, 104. 14 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018

intervenire a fronte di una denuncia/segnalazione presentata da soggetti in varia misura interessati (quali, per es., imprese concorrenti sullo stesso mercato che si ritengano lese da una presunta concentrazione o intesa, o associazioni dei consumatori che reclamino un intervento dell Autorità per inibire condotte anticompetitive da parte degli operatori del mercato) 48. Significativamente, in queste pronunce i giudici amministrativi precisano che «il denunziante, in quanto tale, non è titolare di un interesse qualificato ad un corretto esame della sua denuncia, ma lo diventa solo quando dimostra di essere portatore di un interesse particolarmente differenziato, leso dalla mancata adozione del provvedimento repressivo». Sicché, la sua legittimazione a ricorrere in sede giurisdizionale deriva «non dalla qualità di denunciante, ma da quella di controinteressato» 49. In altri termini, questa giurisprudenza ha ben chiaro che la legittimazione processuale deriva, secondo le categorie generali, dal pregiudizio sostanziale (ossia, collegato a un bene della vita) che al privato possa derivare dalle concrete scelte di esercizio (o non esercizio) del potere 50 : ossia, che essa è del tutto indipendente dalla denuncia. Allo stesso modo, pure in materia edilizia si ribadisce talora che «l amministrazione, in via tendenziale, non è legittimata a decidere liberamente l an della sua azione, atteso che il riconoscimento di una potestas agendi è direttamente correlato alla funzione strumentale del potere medesimo rispetto alla cura dell'interesse pubblico, la cui rilevanza sul piano dell ordinamento generale rende doverosa l azione amministrativa». Tuttavia, «non ogni atteggiamento omissivo può essere sottoposto al giudizio delibativo del giudice amministrativo, ma solo quelli che, interferendo con posizioni legittimanti dei privati, recano 48 Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 giugno 2004, n. 3865, che ha riconosciuto la legittimazione ad agire in capo a una impresa concorrente avverso un provvedimento di autorizzazione in deroga rilasciato dall Autorità antitrust ai sensi dell art. 4, l. 10 ottobre 1990, n. 287 (caso Motorola). In termini analoghi, Cons. Stato, 3 febbraio 2005, n. 280, in tema di pubblicità ingannevole, che ha riconosciuto alle associazioni dei consumatori un interesse qualificato e differenziato e, dunque, certamente, giustiziabile, alla corretta informazione economica e alla libertà di determinazione nelle scelte di acquisto. Sul revirement segnato da tali pronunce cfr. A. SCOGNAMIGLIO, Interesse a ricorrere e criteri di qualificazione dell interesse legittimo in una recente decisione del Consiglio di Stato, in Annali dell Università del Molise, Campobasso 2005. 49 Così, più di recente, Cons. Stato, sez. VI, 22 giugno 2011, n. 3751. Su questa giurisprudenza, condivisibili osservazioni in R. CHIEPPA, La tutela giurisdizionale dei controinteressati rispetto ai provvedimenti di archiviazione e di autorizzazione dell Autorità Antitrust, in Concorrenza e mercato, 2004, 137 ss. 50 Cfr., per es., Tar Lazio (Roma), sez. I, 23 febbraio 2006, n. 1373: «Il mero status di consumatori non è ( ) sufficiente all emersione di un interesse differenziato da quello della collettività e comunque di un interesse concreto ad agire, per il quale occorre pur sempre che l attore provi la necessità di ricorrere al giudice per evitare una lezione del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica ( ). La funzione giurisdizionale, con assunto costantemente ribadito sia in sede di giurisdizione amministrativa che ordinaria, può in definitive legittimamente dispiegarsi solo qualora si ravvisi una lesione (attuale o potenziale) di una posizione giuridica di vantaggio presente nel patrimonio di chi agisce, e non già per perseguire l interesse generale alla legittimità dell azione amministrativa». Sottolinea la rilevanza della effettività e concretezza della lesione ai fini della individuazione dei legittimati al ricorso A. SCOGNAMIGLIO, Profili della legittimazione a ricorrere avverso gli atti delle Autotirà amministrative indipendenti, in Foro amm. CdS, 2002, 2245 ss. 15 federalismi.it - ISSN 1826-3534 n. 8/2018