Avvertenza Le schede seguenti sono contenute nei fascicoli per le classi prime e seconde



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INDICE Avvertenza pag. 2 Gli obiettivi fondamentali dell EF pag. 3 Giochi motori tradizionali pag. 8 I principi generali dell allenamento pag. 17 La mobilità pag. 25 La resistenza pag. 30 L allenamento della forza pag. 37 La coordinazione pag. 48 I processi energetici nel muscolo pag. 55 1

Avvertenza Le schede seguenti sono contenute nei fascicoli per le classi prime e seconde - L apprendimento motorio - Il riscaldamento o messa in moto - La condizione fisica - L allenamento con carico naturale - L espressione corporea - La ginnastica agli attrezzi - L atletica leggera - Il salto in alto - Il salto in lungo - Il lancio - La corsa - La psicomotricità - Ritmo, musica e movimento - La pallacanestro - La pallavolo - Il tchoukball - L unihockey - Il baseball - Il rugby 2

GLI OBIETTIVI FONDAMENTALI DELL EDUCAZIONE FISICA 1. CONOSCENZE 1.1. Introduzione Gli obiettivi dell educazione fisica, differenziati secondo il Sapere (conoscenze), il Saper fare (capacità) e il Saper essere (attitudini), sono finalizzati all apprendimento di abilità motorie che, tenendo conto delle diverse dimensioni (cognitiva, biologica, relazionale, affettivo-emotiva, espressiva e psicomotoria), concorrono allo sviluppo globale dell individuo. Figura 1. Il sapere, il saper fare e il saper essere. 3

1.2. Le dimensioni caratterizzanti l educazione fisica L educazione fisica, proponendo attività corporee fisiche e sportive, non si occupa solo del movimento, ma dell individuo che si muove; non si occupa solo delle tecniche, ma anche della personalità del soggetto che agisce, delle sue motivazioni, delle sue emozioni e della presa di decisioni. Le pratiche corporee sollecitano dunque profondamente l individuo in parecchie dimensioni legate alla sua personalità e alla sua capacità di entrare in relazione con gli altri (compagni, avversari, ecc.). Figura 2. Le dimensioni caratterizzanti gli obiettivi fondamentali dell educazione fisica. 4

1.2.1. La dimensione biologica Gli effetti benefici dell attività fisica non sono oramai più da dimostrare: sono innumerevoli gli studi scientifici che hanno dimostrato, senz ombra di dubbio, come un attività fisica regolare determini un miglioramento del benessere psicofisico: meno gente in sovrappeso, meno malattie cardiovascolari e maggior efficienza nello studio, nel lavoro come pure nelle attività del tempo libero. 1.2.2. La dimensione cognitiva Una delle caratteristiche principali dell attività sportiva è quella di dover prendere, in continuazione, delle decisioni: nel corso di una partita di pallavolo, in uno slalom sulla neve, ecc., è sempre in agguato l'imprevisto dovuto al comportamento degli avversari, all'azione dei compagni e alle influenze dell'ambiente esterno. Di fronte alle situazioni che si determinano, e che variano in continuazione, il giocatore, rispettivamente lo sportivo, deve saper prendere rapidamente le decisioni giuste: egli è obbligato a valutare le probabilità di successo e tra le diverse possibilità scegliere quella che gli sembra la migliore. Prendere delle decisioni, assumersi delle responsabilità, valutare dei rischi, scegliere tra diverse opportunità: sono situazioni che l allievo potrà ritrovare nell attività fisica sperimentando così le proprie possibilità. 1.2.3. La dimensione espressiva La pratica delle attività fisiche può anche stimolare la dimensione espressiva ed estetica: la ginnastica artistica, i tuffi, il pattinaggio artistico sono discipline che, di per se stesse, tendono alla ricerca del gesto bello ed armonioso. Ma esiste un campo in cui si può andare ben oltre: l'espressione corporea, che può diventare linguaggio e comunicazione di stati d animo. Essa è, d'altra parte, ben di più che una disciplina particolare: rappresenta un modo di essere che stimola la creatività. Questo invito alla creatività motoria dovrà potersi ritrovare, a gradi differenti, in tutte le attività sportive. Figura 3. Nuovi manuali e, in parte, obiettivi rinnovati per l educazione fisica (Edizioni del 1927, 1942, 1962, 1985 e 2001). 5

1.2.4. La dimensione psicomotoria La scissione dell'essere umano in due entità di natura diversa, la nobiltà di un anima pensante opposta alla fisicità di un corpo-macchina, è figlia di un pensiero antiquato che per troppo tempo ha creato pregiudizi riguardo allo sport e alla "ginnastica". Da parte nostra rifiutiamo completamente questa forma di dualismo e consideriamo l individuo come una totalità che agisce, come un'unità psicomotoria. Le diverse scuole di psicologia genetica hanno dimostrato come sia proprio per mezzo della motricità che si costruisce la personalità del bambino. E' a partire dalle sue attività sensoriali, dalle sue percezioni costantemente adattate, dai suoi spostamenti, dalle sue manipolazioni, dai giochi, dall'insieme delle sue condotte motorie che il bambino apprende e si sviluppa. Sono le attività fisiche che permettono al bambino di valutare le traiettorie e gli spostamenti, di stimare la velocità e le andature, di percepire dei ritmi, di vivere delle situazioni simultanee e successive, di comprendere dei segnali e trasformare le informazioni ricevute, di essere una causa attiva nell'universo degli oggetti che lo circondano. Si può davvero dire che è il fiorire dell'intelligenza psicomotoria che sta all'origine dell'intelligenza formale dell' adulto. 1.2.5. La dimensione relazionale e sociale Anche la dimensione sociale può essere seriamente stimolata dalla pratica motoria. Per prima cosa, la maggior parte delle attività sportive si realizzano in gruppo: si parla, infatti, di club, di squadre sportive, d'equipaggio velico, di cordata in montagna... La presenza degli altri trasforma la motricità in situazioni di comotricità: l'altro è un compagno determinante per l'azione di ciascuno. Emerge così una dinamica di gruppo che attribuisce un senso nuovo al gesto del lancio di un pallone, ad una corsa nella natura, ad un rampone piantato nel ghiaccio, alla manovra di un timone. Non c'è più solo l'azione: ora c'è interazione. Il comportamento di un individuo acquista un significato nuovo se viene connesso al comportamento dei suoi compagni: si richiede un coordinamento. 1.2.5. La dimensione affettiva Lo spazio motorio è uno spazio sociale ed affettivo. L'affettività è, in effetti, una dimensione che tocca profondamente l'attività fisica. Basti pensare alla necessità di "avere delle motivazioni": scegliere una data attività (il calcio piuttosto che il nuoto) e scegliere un certo ruolo (attaccante o portiere) è già un impegno affettivo. Gli sport di combattimento e di squadra si possono distinguere, ad esempio, sulla base del criterio della distanza di scontro: tanto è grande nella pallavolo o nel tennis, così è intermedia nella pallacanestro o nella scherma, mentre è drasticamente ridotta nelle arti marziali e nel rugby. Le condotte motorie sono permeate da un inconscio motorio che è responsabile del buon esito o meno di un'azione fisica. Possono manifestarsi dei blocchi, delle inibizioni, ma anche la capacità di superare la difficoltà, la padronanza di sé ed il gesto sicuro. I fattori emotivi influenzano profondamente la stessa tecnica motoria ed è indispensabile tenerne conto nel quadro di un processo d'apprendimento. 6

2. VERIFICA LE TUE CONOSCENZE - Qual è l obiettivo principale dell educazione fisica e quale è il ruolo dell apprendimento delle abilità motorie? - Conosci le dimensioni che caratterizzano gli obiettivi dell educazione fisica? Sei in grado di definirle con parole tue? 3. QUANTO È RICHIESTO COME MINIMO Conoscere l obiettivo principale dell educazione fisica. Saper riconoscere nelle differenti attività motorie il ruolo delle diverse dimensioni. Essere disposti ad ampliare il proprio bagaglio di conoscenze. SAPERE SAPER FARE SAPER ESSERE MEGLIO Conoscere le sei dimensioni che caratterizzano gli obiettivi dell educazione fisica. Saper descrivere con parole proprie le sei dimensioni che caratterizzano gli obiettivi dell educazione fisica. Essere disponibili e costanti nell apprendimento. 4. PER SAPERNE DI PIÙ 4.1. Bibliografia Pierre Parlebas, Giochi e sport, Il Capitello, Torino, 1997 7

GIOCHI MOTORI TRADIZIONALI 1. CONOSCENZE 1.1. Introduzione Enrico Ferretti 1, docente di educazione fisica presso l Alta scuola pedagogica di Locarno, nel suo libro Giochi sociomotori, sottolinea la difficoltà nel definire e classificare i giochi che sin dalla prima infanzia caratterizzano l attività dei giovani. Anche per questo motivo propone di seguire la classificazione di Pierre Parlebas 2 : questo autore ci aiuta a definire il campo d azione specifico del gioco, ma più in generale di tutto il settore d azione dell educazione fisica 3. Come spunto di riflessione su tutta l attività di educazione fisica affronteremo quindi questo capitolo sui giochi tradizionali seguendo le teorie di Pierre Parlebas. 1.2. Gioco e condotte motorie Risulta assai difficile definire e classificare le miriadi di giochi che fanno parte delle attività umane. Negli anni, per cercare di dare loro una certa sistemicità, si è cercato di raggrupparli in categorie a dipendenza delle affinità che li caratterizzavano: si sono allora distinti i giochi motori e non motori, oppure i giochi di forza, di resistenza, di velocità, di coordinazione ecc. se ci si riferiva alle qualità biologiche o fisiche, oppure ancora i giochi con palla, con racchette, con materiale di fortuna, con grandi attrezzi ecc. se si considerava il tipo di materiale utilizzato, per terminare con i giochi di gruppo, individuali, di squadra, ecc. se si teneva conto del numero di partecipanti. Queste classificazioni risultano però alquanto labili ed insufficienti per definire in modo specifico un determinato gioco poiché esso può appartenere a più categorie. 1 Enrico Ferretti, diplomato in educazione fisica al Politecnico di Zurigo, ha ottenuto la licenza in scienze dell educazione all Università di Parigi VIII. Insegna presso l Alta scuola pedagogica di Locarno. 2 Pierre Parlebas, già docente di educazione fisica presso l Istituto Superiore di Educazione Fisica di Parigi (INSEP), è oggi Rettore della facoltà di scienze umane e sociali della Sorbona. 3 Vedi riforma degli studi liceali 8

In aiuto ci viene, per fortuna, l approccio sistemico e completo proposto da Pierre Parlebas, una soluzione che ci aiuta a definire il campo d azione specifico del gioco inserito nel complesso generale dell educazione fisica. In questa prospettiva, il gioco motorio viene analizzato prendendo in considerazione la sua totalità, le sue parti e le loro interazioni reciproche. Ne risulta che il giocatore non è essenzialmente una macchina biomeccanica che consuma energia, produce forza, si sposta ad una determinata velocità in modo coordinato o meno, ma è una persona che adotta delle attitudini, sceglie delle strategie, prova piacere e dolore, comunica con i compagni ed avversari, si muove nell illusione e nei simboli ed inventa nuove condotte motorie. Tutti questi elementi sono in stretta relazione tra loro; sul terreno da gioco non è sufficiente prendere una buona decisione come in un gioco di ragionamento puro: la decisione prende corpo nelle condotte motorie, che sono sottomesse alle leggi bioenergetiche e biomeccaniche (dimensione biologica) del soggetto che agisce, ma pure ai fenomeni relazionali ed alle dinamiche di gruppo (dimensione relazionale), alle anticipazioni cognitive (dimensione cognitiva), ma anche alle paure, ansie o gioie (dimensione emotivo-affettiva) dei partecipanti all attività. Si apre allora un orizzonte complesso ma affascinante che ci permette di osservare il gioco motorio in maniera nuova. 1.2.1. Differenziazione dei giochi La prima operazione svolta da Parlebas per definire il gioco è stata quella di differenziare i giochi nei quali la motricità ha un ruolo preponderante dai giochi nei quali essa è secondaria: i giochi motori (che egli chiama anche giochi sportivi 4 ) dai giochi non motori. Nel primo caso la situazione motoria è protagonista e dev essere presente in modo proponderante, mentre che nel secondo caso il movimento non risulta essere decisivo per lo svolgimento dell attività (gioco delle carte, scacchi ecc.). Nel gioco motorio vi sono situazioni di confronto che coinvolgono azione fisica e decisione, interazioni ed emozioni con spiegamento di strategie. La seconda differenzazione fondamentale è quella che distingue i giochi motori codificati in modo competitivo ed istituzionalizzato ossia gli sport, dai giochi motori non istituzionalizzati o tradizionali, molti dei quali provengono da una tradizione del passato. I primi sono universalmente riconosciuti e pubblicizzati, le prescrizioni e le regole sono definite dall istituzione. Per i secondi le regole possono venir modificate dai partecipanti, non c è costrizione e l esperienza motoria risulta più flessibile e tollerante. Sono questi ultimi i giochi di cui ci occuperemo in questa scheda; essi risultano molto attraenti sia per i bambini più piccoli ma possono risultare educativi ed interessanti anche per gli adolescenti e gli adulti. 4 Nella categoria «giochi sportivi» Parlebas include sia gli sport istituzionalizzati che i giochi motori non istituzionalizzati. Noi preferiamo tradurre giochi sportivi con giochi motori poiché ci sembra che il termine motorio si presti meglio per dare all attività fisica un accezione generale e non essere confuso con lo sport istituzionalizzato. 9

GIOCHI SPORTIVI ISTITUZIONALI O SPORT Posti sotto l autorità di istituzioni ufficialmente riconosciute: federazioni, comitati olimpici, associazioni ecc. Presenza di regolamenti molto precisi, depositati e rispettati. Diffusione legata alla loro spettacolarità. GIOCHI TRADIZIONALI Legati ad una tradizione spesso molto antica Presenza di un insieme di regole fluttuanti che ammettono delle variazioni decise dai giocatori. Non dipendenti da istanze ufficiali Profondamente connessi a dei processi socio-economici di produzione e consumo. Profondamente ignorati dai processi socioeconomici. Esempi: atletica, sport di squadra, ginnastica, sport nella natura, sport di combattimento ecc. Esempi: palla cacciatore, bandiera, palla a due campi, i quattro cantoni, nascondino ecc. 1.2.2. La comunicazione motoria Nella scienza dell azione motoria P. Parlebas suddivide le condotte motorie in 2 grandi famiglie. Definisce le condotte psicomotorie quelle dove il soggetto si muove in un azione isolata senza interagire (comunicazione motoria) con nessun altro simile. In opposizione a questa prima categoria definisce le condotte sociomotorie quelle dove il soggetto agisce nel contesto di un azione motoria con più soggetti simili. Questa categoria prevede poi delle ulteriori suddivisioni a seconda del tipo di interazione che i soggetti hanno fra di loro. Nello schema seguente vediamo le varie categorie e sottocategorie delle condotte motorie. LE CONDOTTE MOTORIE Condotte psicomotorie (assenza di comunicazione motoria) Condotte sociomotorie (presenza di comunicazione motoria) Azione isolata (né A né P) Cooperazione Comunicazione motoria con dei compagni (P) Opposizione Controcomunicazione motoria con avversari (A) Cooperazione + opposizione Co-motricità con compagni ed avversari (A e/o P) 10

Per meglio comprendere i criteri di suddivisione dello schema precedente faremo un esempio con il gioco del tennis. - Condotte psicomotorie (azione isolata) Immaginiamo un giocatore di tennis che si allena contro un muro. Non essendoci avversari, egli dovrà confrontarsi unicamente con il mondo degli oggetti (attrezzi) e con le leggi fisiche (pesantezza, inerzia, attrito ecc.); ancor prima che la pallina abbia colpito il muro egli potrà anticipare il suo rimbalzo e spostarsi nel punto più indicato per riprenderla. Gli eventuali errori saranno dovuti unicamente alla propria mancanza di abilità. Nei contesti in cui l individuo agisce da solo e senza interazioni motorie operazionali con gli altri egli mette in gioco delle condotte psicomotorie. In questi casi non si verifica alcuna comunicazione motoria; molte attività sportive e professionali sono di questo genere come ad esempio l atletica leggera, la ginnastica artistica, il nuoto, tutti i lavori individuali ecc. - Condotte sociomotorie di cooperazione Al giocatore precedente aggiungiamo un secondo giocatore che cercherà pure lui di rinviare la pallina contro il muro (dopo un rimbalzo autorizzato) con lo scopo di cercare di effettuare, assieme al suo compagno, la più lunga sequenza ininterrotta possibile di rimbalzi. Gli atteggiamenti del primo giocatore cambieranno radicalmente: ora si preoccuperà di osservare i movimenti del suo compagno e cercherà di anticiparli; tutte le condotte motorie saranno condizionate dalla comunicazione motoria realizzata con il compagno. Tra i due giocatori nascerà una relazione di cooperazione ed una solidarietà affettiva che cementerà questo tipo di attività. Gli esempi abbondano nell ambito sportivo e del lavoro: la cordata nell alpinismo, l equipaggio velico, il pattinaggio a coppie, il gruppo in campeggio, sollevare e trasportare dei pesi in gruppo ecc. - Condotte sociomotorie di opposizione Supponiamo ora che i due giocatori decidano di affrontarsi sul campo regolamentare: in questo caso si parlerà di confronto o duello. I due giocatori cercheranno di rinviare la pallina per ottenere un punto. In questa situazione di comotricità, ci sono nuovamente due centri decisionali ma in antagonismo. Ogni giocatore è attento e tenta di far sbagliare l avversario prendendolo in contropiede; cerca di capire le intenzioni dell altro, di giocare d anticipo intuendo i progetti del suo avversario e facendo continuamente delle ipotesi di ipotesi. Ogni giocatore cercherà di far sbagliare l altro offrendo una falsa immagine dell azione che davvero tenterà: si vuole così provocare delle interpretazioni erronee del proprio comportamento. In questo caso è evidente una relazione d opposizione che connette i due avversari: si parlerà allora di contro-comunicazione motoria. Questa situazione è molto frequente nel mondo dello sport: tennis-tavolo, scherma, sport di combattimento, badminton, ecc. 11

- Condotte sociomotorie di cooperazione opposizione Se aggiungiamo un compagno a ciascuno dei due giocatori precedenti che si affrontano sul campo (come ad esempio nel doppio del tennis), si verificherà un altra trasformazione: il giocatore dovrà tener conto non solo dell azione dei suoi avversari, ma anche degli spostamenti del suo compagno. La collaborazione che si instaura tra compagni di squadra è determinante per la riuscita del gioco. Agire contemporaneamente con e contro qualcuno, determina un intensa attività riflessiva. La capacità di mettersi al posto degli altri è detta empatia. Nel corso di ogni incontro sportivo si determina un reticolo di empatia sociomotoria e la qualità del gioco progredisce in funzione della raffinatezza di questa empatia. È in parte a questo che si fa allusione quando si afferma che un giocatore ha il senso o l intelligenza del gioco. La cooperazione è evidente nei giochi di squadra il cui svolgimento si fonda sul passaggio diretto da un giocatore all altro. Nell ambito di queste situazioni sociomotorie si sviluppa una dinamica di gruppo originale che si fonda sulla motricità e non sulla parola. In questo reticolo di comunicazione originale, l affettività assume un ruolo molto importante. L intenzione del gruppo, il clima di squadra, la dinamica affettiva del gruppo sono determinanti per la coesione del gruppo stesso e per il fine dell incontro. Le situazioni precedenti ci permettono di definire in modo preciso due criteri chiaramente distinti: il criterio della comunicazione motoria (cooperazione con uno o più compagni), indicato con la lettera P dal termine partner ; Il criterio della contro-comunicazione motoria (interazione d opposizione contro uno o più avversari), indicato con la lettera A (avversari) 1.2.3. L incertezza connessa all ambiente esterno Il terzo criterio utilizzato per definire le situazioni motorie si riferisce all incertezza concernente l informazione che deriva dall ambiente fisico: in effetti le attività possono svolgersi in ambienti artificiali (palestre, piste per l atletica, palazzetti sportivi, ecc.) dove tutto è standardizzato e sotto controllo (anche la velocità del vento!), oppure in ambiente naturale (pendio nevoso, parete di roccia, fiume, lago, mare ecc), dove la natura offre una massiccia dose di imprevisti. Questo criterio che oppone la fissità standardizzata alle variazioni incerte dell ambiente fisico, trasforma radicalmente l attività motoria e sportiva. Le situazioni motorie prive d incertezza costituiscono una categoria di attività motorie e sportive molto importanti. In genere si tratta di situazioni seducenti che permettono un controllo ottimale della tecnica sia sul piano teorico che corporeo. La stabilità dell ambiente favorisce e facilita gli apprendimenti, nel corso dei quali si riproducono le stesse azioni fino all acquisizione di un automatismo ben oliato come ad esempio nella ginnastica, nel nuoto, nella pallacanestro o nella pallavolo ecc. Le situazioni che implicano l incertezza dell ambiente determinano un analisi completamente diversa. Lo sciatore che affronta uno slalom o un canoista che naviga su un fiume, cercano di prevedere la situazione che potrebbe presentarsi improvvisamente. Essi valutano gli intervalli, le traiettorie, le velocità, i rallentamenti e tentano di comprendere dei segnali pertinenti: valutano delle probabilità. Devono prendere delle 12

decisioni in base ad informazioni parziali e mutevoli: ogni decisione di questo genere implica un assunzione di rischio. Siamo lontani dalla sicurezza delle attività standardizzate. Di fronte all incertezza, l individuo impegna profondamente la sua affettività, il suo desiderio di affermazione, il suo gusto del rischio: l atleta deve approntare una strategia dinamica che modifica mano a mano che scorre il flusso delle informazioni come ad esempio nella vela (singolo o equipaggio), alpinismo, corsa d orientamento, ecc. 1.2.4. Schema riassuntivo Albero della classificazione delle situazioni sportive tenendo conto dei tre criteri: P = interazione con i compagni (partner). A = interazione con gli avversari (avversari). I = la presenza dell incertezza dell informazione proveniente dell ambiente esterno. Non vi è interazione motoria con un compagno: Non vi è interazione motoria con un avversario Non vi è incertezza Vi è incertezza (P)(A)(I) Atletica (eccetto staffette), ginnastica attrezzistica,nuoto, ecc. (P)(A) I Sci, vela, canoa, alpinismo, sub, ecc. SITUAZIONI PSICOMOTORIE Vi è interazione Non vi è incertezza Vi è incertezza (P) A (I) Tennis (sing.), badminton (sing.), scherma, sport combattimento, ecc. (P) A I Arrampicata, surf, skate, corsa d orientamento, ciclismo, ecc. Vi è interazione motoria con un compagno: SITUAZIONI SOCIOMOTORIE Non vi è interazione motoria con un avversario Vi è interazione Non vi è incertezza Vi è incertezza Non vi è incertezza P(A)(I) Alcune corse a staffetta, danza, acrobazie, ecc. P(A)I Vela, canoa, alpinismo, escursionismo a piedi, in bicicletta, con gli sci, ecc. PA(I) Sport di squadra (pallavolo, pallacanestro, calcio ecc,), giochi in coppia (tennis, badminton, ping-pong ecc.), ginn. attr. e ritmica a squadre, ecc. Vi è incertezza PAI Vela in equipaggio, canoa, kayak, ciclismo, giochi nella natura, gare alpinistiche a squadre, ecc. 13

2. CAPACITÀ 2.1. Introduzione Per quanto riguarda questo capitolo, ci limiteremo ad elencare e descrivere brevemente alcuni giochi molto praticati nelle scuole elementari ticinesi o tratti da esperienze di altre regioni. 2.2. I Giochi 1. L inseguimento semplice Un allievo è designato quale inseguitore; cerca di prendere i suoi compagni. Chi viene preso diventa a sua volta inseguitore. 2. L inseguimento del ferito L inseguitore deve tenere la mano sulla parte del corpo toccata. 3. L inseguimento del mago Uno o parecchi maghi designati sono contrassegnati con un nastro; essi inseguono i compagni. Chi è toccato rimane incantato e deve restare immobile nella posizione in cui è stato sorpreso (oppure sedersi, o essere trasformato in un animale che una fata può liberare). I giocatori ancora liberi possono rompere l incantesimo toccandoli con la mano. È possibile giocare con un limite di tempo o fino a che tutti gli allievi siano presi. 4. L inseguimento colore/materiale L inseguitore dice il nome di un colore o di un dato materiale (ad es.: rosso, legno, pertiche ecc.). Chi riesce a toccare per tempo quanto indicato, non può essere preso. Idem chi è raggomitolato oppure chi è in alto ecc. 5. Esci dalla tana Le lepri attirano la volpe gridando: volpe, esci dalla tana!. La volpe cerca di prendere le lepri saltellando su una gamba; se dovesse spostarsi correndo, deve ritornare nel suo buco. Il primo giocatore toccato diventa volpe. È pure possibile stabilire il modo di spostarsi delle lepri. 6. Scacciare le galline dal giardino La contadina lavora nel giardino delimitato da quattro panchine disposte in quadrato. Le galline sono appollaiate sulle panchine e cercano di attraversare il giardino senza farsi prendere. Quella toccata prende il posto della contadina; se lo fa appositamente viene eliminata. 7. Il gatto e il topo I giocatori formano un cerchio tenendosi per mano. Il topo si mette all interno del cerchio, il gatto all esterno. Al via inizia l inseguimento: il gatto ed il topo possono correre ovunque, anche sotto le braccia dei compagni che però possono rendere più difficile il passaggio del gatto abbassando le mani. 14

8. L uomo grigio La classe si dispone su un lato della palestra mentre l uomo grigio si prepara dall altro lato. Al via (si può anche gridare: chi ha paura dell uomo grigio? ) i giocatori corrono verso il lato opposto della palestra cercando di non farsi prendere (si può correre solo avanti e di fianco). Chi viene toccato aiuta l uomo grigio a prendere i compagni. Chi sarà preso per ultimo? Si possono effettuare delle varianti indicando il modo con il quale ci si deve spostare (su una gamba, a piedi uniti, a quattro zampe ecc.). 9. Pescatori e pesci Come l uomo grigio, ma si inizia in coppia e i compagni presi devono tenersi per mano; se la rete si spezza (i giocatori si staccano), nessun avversario viene pescato. I pesci non possono rompere la rete o passare tra le maglie (sotto le braccia). Il gioco termina quando tutti sono stati presi. 10. Andiamo a spasso nel bosco Il lupo è nella sua tana in un angolo della palestra. I compagni (gli agnelli) sono nell angolo opposto. Il gioco consiste nell avvicinarsi il più possibile alla tana del lupo senza farsi prendere; chi viene preso diventa il lupo. Per rendere più stimolante il gioco si possono aggiungere dei nastri d avanti alla tana del lupo che gli agnelli devono andare a prendere. 11. La caccia alla coda Ogni giocatore infila l estremità di un nastro alla cintola dei pantaloni. Ognuno cerca di impossessarsi del più gran numero di nastri senza trattenere gli avversari. I giocatori inseguiti non possono appoggiarsi alle pareti o trattenere il nastro con le mani. I nastri rubati vengono indossati e non possono venir rubati. Varianti: - se perdo la coda sono eliminato; - se perdo la coda posso continuare a giocare e appena ne ricupero una la rimetto alla cintola dei pantaloni; - solo alcuni giocatori (per esempio 3) possono rubare i nastri: chi ne ruba di più? 12. Inseguire l ombra o calpestare i piedi A coppie: i giocatori cercano, a turno, di camminare sull ombra o di calpestare i piedi del compagno. 13. Uno contro l altro A coppie: i due giocatori si inseguono e quando uno riesce a toccare l altro si invertono i ruoli. Variante: si invertono i ruoli anche ad un segnale del docente (fischio o altro). 14. L inseguimento a coppie Due inseguitori si danno la mano e iniziano l inseguimento dei compagni. Quando riescono a toccarne uno, questi forma con loro una catena a tre. Se un quarto giocatore viene preso, gli inseguitori si separano in due coppie ed il gioco continua finché tutti i giocatori sono presi. 15. Caccia al terzo Variante del gioco precedente: i giocatori sono disposti a coppie (tenendosi per mano, uno di fianco all altro, sdraiati ecc.); il giocatore inseguito potrà salvarsi mettendosi 15

vicino ad una coppia. A questo punto, uno dei due componenti la coppia (quello più lontano, quello a cui giro la schiena ecc.) dovrà a sua volta scappare oppure si cambiano i ruoli ed insegue l inseguitore. 16. Il lardo in cantina Alcuni nastri posti nel cerchio interno rappresentano il lardo in cantina. Tre gatti disposti tra i due cerchi cercano di impedire ai topi (all esterno del cerchio più grande) di impossessarsi dei nastri (lardo). Chi viene preso deve sedersi ma può venir salvato dai propri compagni (topi) se riescono a trascinarlo fuori dal cerchio. Riusciranno i topi a rubare tutto il lardo? Variante: chi riesce a rubare il maggior numero di pezzi di lardo? 2. VERIFICA LE TUE CONOSCENZE - Sapresti spiegare cosa sono le "condotte motorie"? - Cosa sono i "giochi motori"? Da quali altri giochi si differenziano? - Cosa si intende per "giochi tradizionali"? - Sapresti indicare le categorie e sottocategorie delle condotte motorie? (schema) - Sapresti definire brevemente le diverse categorie e sottocategorie? - Spiega cos'è l'"incertezza" rispettivamente l'assenza d'"incertezza" nell'ambito delle attività motorie. - Cos'è il "PAI"? - Sapresti indicare alcuni giochi "tradizionali"? - Sei in grado di analizzare un gioco con i criteri del "PAI"? 3. QUANTO È RICHIESTO COME MINIMO Conoscere il concetto di condotta motoria. Saper modificare e adattare la propria azione motoria in riferimento alle diverse situazioni. Integrare la corporeità nel complesso delle proprie conoscenze. 4. PER SAPERNE DI PIÙ SAPERE SAPER FARE SAPER ESSERE 4.1. Bibliografia Pierre Parlebas, Giochi e sport, Il Capitello, Torino, 1997 16 MEGLIO Essere in grado di analizzare e capire l'attività motoria in generale. Utilizzare le nozioni acquisite in altre materie per una miglior comprensione dell'attività motoria. Essere disponibili all'approfondimento.

I PRINCIPI GENERALI D ALLENAMENTO 1. CONOSCENZE 1.1. Introduzione Sia che si voglia migliorare le proprie prestazioni sportive, sia che si desideri ottenere una migliore forma psicofisica, sia che si voglia perdere peso, la strada per poter raggiungere lo scopo specifico si chiama allenamento. Con tale termine s intende l insieme dei procedimenti che consentono ad un individuo la massima realizzazione del proprio potenziale genetico, attraverso l apprendimento di una corretta gestualità e la ripetizione di esercitazioni mirate a modificare l equilibrio organico individuale per ripristinarlo ad un livello superiore. La comprensione del significato dell ultima parte della definizione summenzionata, che sembra assai complicata, è l obiettivo di questo primo approccio alle problematiche legate all allenamento. 1.2. Definizione Figura 1. Allenarsi vuol anche dire ripetere un gesto tecnico fino alla sua corretta esecuzione. Ogni tipo di attività fisica determina sull organismo effetti di natura fisiologica che, in una ripetizione sistematica e continuativa nel tempo, scatena una reazione di difesa e di adattamento con conseguenti risposte funzionali più economiche e resistenti alfine di un migliore rendimento: questi adattamenti saranno tanto maggiori quanto maggiore sarà l intensità dell attività fisica. L allenamento è un processo pedagogico educativo continuo, che si concretizza nell organizzazione dell esercizio fisico ripetuto in qualità ed intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti che stimolano i processi fisiologici di supercompensazione dell organismo e favoriscono l aumento delle capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell atleta, alfine di esaltarne e consolidarne il rendimento in gara. (prof. Carlo Vittori) Evidentemente la summenzionata definizione vale per qualsiasi tipo di allenamento, sia che esso abbia delle finalità competitive o, più semplicemente, di benessere psicofisico o estetiche. Va comunque precisato sin dall inizio, che i parametri caratterizzanti l allenamento dovranno essere adeguati agli obiettivi, alla disciplina sportiva, allo stato di allenamento, alle qualità fisiche, al sesso, all età, al tempo disponibile, ecc., di chi vuole iniziare una pratica sportiva regolare. 17

1.3. La supercompensazione Non c è che dire: il nostro organismo è furbo! Se non ci muoviamo a sufficienza esso appronta rapidamente delle riserve energetiche, sottoforma di grasso, da utilizzare in caso di tempi grami. D altro canto, esso non si rassegna nemmeno al quieto vivere quando non riesce a soddisfare appieno tutte le esigenze: ad uno sforzo fisico, d una certa intensità, il nostro corpo reagisce, un po offeso, con l affaticamento. Ciò vuol dire che, subito dopo lo sforzo, la sua capacità di prestazione è diminuita rispetto alla situazione iniziale. A questo punto inizia la fase di recupero: l organismo si rigenera, ma non solo! Memore della brutta esperienza (fatica), per non più lasciarsi sorprendere e per essere meglio preparato per sopportare sforzi futuri, il nostro corpo innalza la propria capacità di prestazione sopra il livello iniziale: tale fenomeno è detto supercompensazione. Figura 2. La supercompensazione: fenomeno fondamentale del processo allenante. Quando il nostro organismo è sottoposto ad uno stimolo allenante subentra la fatica e la sua capacità di prestazione diminuisce. Alla fine dell allenamento inizia la fase di recupero: il nostro corpo, per poter far fronte a futuri carichi, si premunisce creando, nell ultima parte del recupero, una capacità di prestazione superiore a quella iniziale. In altre parole. Quando sottoponiamo il nostro organismo ad un allenamento vengono consumate le sue risorse; durante la fase di recupero, quindi riposo e alimentazione, ciò che è stato perso viene ricostruito superando il vecchio limite: in questo modo l organismo non sarà impreparato qualora dovesse ripresentarsi la situazione che lo aveva perturbato. 18

Definizione di Weigert: Gli effetti successivi a grandi carichi non si limitano solo al recupero del potenziale energetico speso, ma portano alla sua maggiorazione, cioè ad un suo recupero che supera quantitativamente il livello iniziale. L'applicazione più interessante della teoria della supercompensazione riguarda la distanza temporale tra un allenamento e l'altro. Infatti è ben dimostrato come sia inutile e dannoso (sovrallenamento) effettuare delle sedute allenanti troppo ravvicinate, cioè prima che sia ultimata la fase di recupero (figura 3c). Anche fasi d allenamento troppo distanziate, ovvero applicate quando gli effetti dell'allenamento precedente sono esauriti, non portano a miglioramenti significativi (figura 3b). Un miglioramento in termini funzionali si realizza nel tempo, solo quando l'allenamento successivo viene applicato al culmine della fase di supercompensazione di quello precedente e così via (figura 3a). Figura 3. Supercompensazione e frequenza degli allenamenti: a) miglioramento della capacità di prestazione; b) nessun miglioramento significativo; c) peggioramento della capacità di prestazione (sovrallenamento.). Da quanto descritto sopra è facilmente intuibile come uno dei problemi fondamentali dell allenamento, di non facile soluzione, sia la determinazione del lasso di tempo ottimale che deve intercorrere tra un allenamento e l altro 19

1.4. I principi generali dell allenamento 1.4.1. Principio della specificità Figura 4. Ogni disciplina sportiva dev essere allenata in modo specifico. Gli adattamenti metabolici e fisiologici dipendono dal tipo di sovraccarico utilizzato: se si vuole migliorare la capacità cardio-respiratoria, non serve a niente fare un lavoro di rafforzamento muscolare delle braccia. Se un ciclista vuole migliorarsi deve pedalare, se si vuole migliorare la corsa bisogna correre e un nuotatore che desidera eccellere deve nuotare! Un atleta che allena la forza muscolare o la resistenza aerobica migliorerà specificatamente una di queste qualità: diversi studi hanno dimostrato che il miglioramento di una qualsiasi capacità fisiologica è altamente specifica. 1.4.2. Principio del sovraccarico Il sovraccarico è la componente principale di un programma d allenamento. Lo sportivo deve praticare l attività fisica al di là della pratica abituale delle sue attività o delle sue attività fisiche quotidiane: il sovraccarico implica il fare qualcosa in più che d a-bitudine. In pratica ciò vuol dire che se si va a correre 2-3 volte alla settimana effettuando sempre lo stesso percorso allo stesso modo non si verificherà nessun miglioramento a livello di prestazione (Attenzione! Ciò non vuol dire che a livello del benessere psicofisico una tale attività sia inutile, anzi!). Questo sovraccarico provocherà degli adattamenti dell organismo che dopo qualche settimana funzionerà in modo più efficiente. Il sovraccarico può essere realizzato sia alzando la frequenza di un esercizio, sia aumentandone l intensità che allungandone la durata. Figura 5. Non c è miglioramento della prestazione senza sovraccarico. 20

1.4.3. Principio del recupero Per poter ottenere degli adattamenti efficaci, il principio del sovraccarico implica necessariamente un certo stress per l orga-nismo: un recupero da uno a due giorni è essenziale alfine di permettere il consoli-damento degli effetti positivi dell allenamento. Figura 6. Anche il recupero è un elemento essenziale dell allenamento! Delle sequenze d allenamento che non tengono conto di un adeguato periodo di recupero possono provocare lesioni (in particolare muscolari), affaticamento cronico e perfino un regresso dei miglioramenti ottenuti: in questo caso, come abbiamo già visto, si parla di sovrallenamento (overtraining). 1.4.4. Principio della progressività e gradualità del carico L aumento del sovraccarico dovrà essere fatto in modo progressivo per evitare dolori e lesioni ai muscoli e alle articolazioni. Durante le prime 4-6 settimane di un programma d allenamento, si dovrà lavorare con un sovraccarico leggero! Dopo questo periodo iniziale si potrà aumentare progressivamente il sovraccarico durante le settimane a seguire fino a raggiungere il livello ragionevole e realistico che è stato prefissato. Non bisogna aumentare troppo, troppo rapidamente, per lasciare il tempo all organismo e ai muscoli di adattarsi al nuovo sovraccarico. Figura 7. Il sovraccarico dev essere scelto in base allo stato d allenamento del soggetto. Un aumento settimanale dell intensità o della durata di un esercizio fino al 10% del carico sembra ragionevole per l organismo: in tutti i casi vale il buon senso e il tenere in considerazione i segnali inviatici dal nostro corpo (dolori, stanchezza, ecc.). 21

1.4.5. Principio dell individualizzazione Figura 8. Ogni persona è diversa: ognuno dovrà quindi allenarsi secondo un proprio programma d allenamento individualizzato. Gli effetti dell allenamento o l ampiezza delle modifiche è individuale perché esse dipendono dal livello della condizione fisica dello sportivo prima dell inizio dell allenamento e da diversi altri fattori quali quelli ereditari e il genotipo (ectomorfo, mesoformo, endomorfo). 1.4.6. Principio della continuità dell allenamento Non dovrebbe essere difficile comprendere che i miglioramenti dovuti all allenamento non durano in eterno. Uno sportivo che ha raggiunto una certa capacità di prestazione dovrà, perlomeno, continuare a seguire un programma d allenamento, detto di mantenimento, onde pre-venire la diminuzione o la perdita di quanto acquisito. Coloro, invece, che praticano un attività fisica per il proprio benessere, dovranno continuare a praticarla regolarmente. Figura 9. Lunghi periodi d inattività incidono negativamente sulla capacità di prestazione. Un inattività da 5 a 10 settimane (a seguito, per esempio, di un infortunio) può già essere sufficiente per annullare tutti i benefici ottenuti con tanti sacrifici! 22

1.4.7. Principio della variabilità Figura 10. Variando le attività sportive si contrasta la noia: scegliendo bene le discipline sportive si potrà comunque, entro certi limiti, migliorare la capacità di prestazione. L allenamento sarà più redditizio e più facilmente gradito quando comprenderà una serie molteplice di attività ed esercizi studiati in forma e successione tale da evitare l insorgere della noia: fattore, questo, che riduce sensibilmente la capacità applicativa e l interesse di chi si sta allenando. Figura 11. Allenarsi in compagnia è più divertente e contrasta la noia! 23

2. CAPACITÀ Per chi pratica un attività fisica per il proprio benessere, e non vuole farlo a casaccio, è difficile concepire un programma d allenamento funzionale in quanto non ha a disposizione un allenatore che lo può consigliare e, di regola, non possiede le conoscenze teoriche necessarie per provvedervi personalmente: si arrischia quindi di seguire ciecamente programmi d allenamento trovati in Internet o pubblicati su riviste, più o meno specializzate, che non rispettano il principio dell individualizzazione. Mediante le semplici nozioni acquisite a proposito dei principi d allenamento è, comunque, possibile per tutti procedere a una verifica sommaria dei suddetti programmi onde evitare gli errori più grossolani. 3. VERIFICA LE TUE CONOSCENZE - Cosa s intende per allenamento? - Sei in grado di spiegare che cos è la supercompensazione e il ruolo che assume nell ambito dei processo allenante? - Qual è la relazione esistente tra la supercompensazione e la frequenza degli allenamenti? - Quali sono i fattori che determinano il sovraccarico? - Conosci i principi generali d allenamento e la loro applicazione principale? 4. PER SAPERNE DI PIÙ 4.1. Bibliografia Martin, Carl, Lehnertz, Manuale di teoria dell allenamento, Società Stampa Sportiva, Roma, 1991 4.2. Internet http://www.sportraining.net http://www.servicevie.com/03forme/condition/prog_cardio.html http://www.mtbbikers.it/allenamento/come_allenarsi/principimetodologici.asp http://sport.supereva.it/preparazionealciclismo/contributi1.html?p Figura 12. Anche allenarsi sfruttando attrezzi inusuali può essere divertente! 24

LA MOBILITÀ 1. CONOSCENZE 1.1. Introduzione Ogni volta che si osserva un ginnasta eseguire degli esercizi a corpo libero o agli attrezzi non si può fare a meno di apprezzare oltre la forza, la grande ampiezza di movimento che questi atleti riescono a dimostrare. Queste doti di grande mobilità articolare sono il frutto di un allenamento costante e specifico che, nel corso degli anni, ha consentito loro di mantenere e sviluppare i livelli di flessibilità che fisiologicamente tutti abbiamo avuto da bambini. La mobilità articolare è una capacità che interviene in modo importante in moltissime attività sportive, determinandone la possibilità di sviluppo tecnico ( blocchi o limitazioni nei movimenti più importanti). 1.2. Definizione La mobilità articolare può essere definita come la capacità delle singole articolazioni di effettuare movimenti al massimo del loro grado di escursione nel limite della dimensione fisiologica. 1.3. Caratteristiche della mobilità articolare Le articolazioni sono le strutture anatomiche che rendono possibile il movimento tra due capi ossei. La mobilità dipende essenzialmente: - dalle lunghezze muscolari - dall elasticità dei legamenti - dalla forma dei capi ossei che compongono l articolazione Spalla Anca Ginocchio Caviglia Polso 25

2. CAPACITÀ 2.1. Tipi di allungamento Gli esercizi possono essere di tipo dinamico (per es. durante la messa in moto) o di tipo statico (lo stretching preferibilmente alla fine dell allenamento) e si suddividono in movimenti attivi (quando un muscolo contraendosi e quindi accorciandosi allunga il suo antagonista) e passivi (quando responsabile dell allungamento è la forza di gravità, un compagno o un oggetto). 2.2. A cosa serve - Riduce la tensione muscolare e favorisce la sensazione di rilassamento del corpo. - Favorisce la coordinazione permettendo maggiore libertà e facilità nell esecuzione dei movimenti. - Previene gli infortuni da strappo muscolare. - Sviluppa la consapevolezza del proprio corpo. 2.3. Quando? - La mattina prima di iniziare la giornata. - Dopo essere stati seduti a lungo. - Quando vi sentite rigidi. - Nei momenti liberi (guardando la televisione, leggendo, ascoltando musica, ecc.). - Soprattutto dopo un attività sportiva. 2.4. Come allungarsi con lo stretching La giusta tecnica passa attraverso una tensione rilassata e prolungata, concentrando l attenzione sui muscoli che vengono allungati. La tecnica sbagliata (purtroppo praticata da molti) consiste nel rimbalzare o nell allungarsi sino alla soglia del dolore: questi metodi causano più danni che benefici. 2.4.1. La respirazione La respirazione dovrà essere lenta, ritmica e sotto controllo. Se vi chinate in avanti nell eseguire una tensione, espirate e quindi respirate lentamente mentre mantenete la posizione. Non trattenete il respiro durante l allungamento. Se la posizione raggiunta inibisce il vostro modo naturale di respirare, allora, ovviamente non siete in una posizione rilassata; diminuite la tensione finché non sarà possibile una respirazione naturale. Inizialmente contate mentalmente i secondi per ogni tensione; in seguito soltanto attraverso la sensazione della tensione. 26

2.4.2. La tensione facile Quando iniziate una tensione, fermatevi una decina di secondi nella fase di tensione facile. Non molleggiate! Arrivate sino al punto in cui avvertite una tensione media e rilassatevi mantenendo la tensione. La sensazione della tensione dovrebbe diminuire durante il mantenimento della posizione. Se questo non accade, alleggerite lievemente la tensione sino a che questa non diventi comoda. La tensione facile riduce l opposizione muscolare allo stiramento e prepara i tessuti alla fase della tensione di sviluppo. 2.4.3. La tensione di sviluppo Dopo la fase di tensione facile, passate lentamente nella fase della tensione di sviluppo. Muovetevi a poco a poco finché non sentirete ancora una tensione discreta e mantenete la posizione per altri 30 secondi. Ancora una volta la tensione diminuirà; se ciò non dovesse accadere, allentate lievemente la tensione. Questa fase sviluppa la sensazione di benessere muscolare ed incrementa la flessibilità. Si è sicuri di fare bene se non si prova dolore (deve essere quasi piacevole) e se si riesce a guadagnare qualche centimetro per seduta di stretching. La tecnica sbagliata (purtroppo praticata da molti) consiste nel rimbalzare o nell allungarsi sino alla soglia del dolore: questi metodi causano più danni che benefici. Tensione facile Tensione di sviluppo 2.5. Esempi di esercizi di allungamento statici Per una questione di praticità indicheremo solo un esercizio per ogni gruppo muscolare (i principali), ricordando però che di esercizi ce ne sono tantissimi, molti simili ma più indicati a dipendenza dell ambito nel quale ci si trova (palestra, bosco, pista ecc.) e delle possibilità o interessi che si hanno (a coppie, con materiali vari, attivi o passivi, finalizzati ad una determinata attività ecc.). 27

PER IL COLLO PER LE SPALLE PER LE BRACCIA PER IL TRONCO PER LE ANCHE PER LE GAMBE 28