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Transcript:

7 Settima Lezione: Distribuzioni I principali riferimenti per questa lezione sono Vladimirov [10] e Barros-Neto [1]. Lo spazio delle funzioni test Sia Ω un aperto di R n. Consideriamo l insieme Cc (Ω). Se Ω = R n, questo insieme è non vuoto perchè contiene la funzione { (7.1) ϕ(x) = e 1 1 x 2 se x 1 0 se x > 1. Modificando questa funzione in maniera opportuna si può vedere che Cc (Ω) è non vuoto purchè l aperto Ω sia non vuoto. Cc (Ω) è un sottospazio vettoriale dello spazio delle funzioni definite su Ω. Inoltre è chiuso rispetto al prodotto con una funzione C (Ω). Notazione: sia α = (α 1, α 2,..., α n ) un multi indice. Allora, dato un insieme aperto Ω e una funzione ϕ in D(Ω), poniamo D α ϕ := α ϕ x α 1 1 xα 2 2... xαn n. Indichiamo con D(Ω) lo spazio Cc dalla definizione seguente. (Ω) con la struttura di convergenza introdotta Definizione 7.1 Una successione (ϕ j ), ϕ j D(Ω) converge a zero in D(Ω) se sono soddisfatte le due condizioni seguenti: 1. esiste un compatto K Ω tale che supp ϕ j K per ogni j N; 2. per ogni multiindice α la successione (D α ϕ j ) converge uniformemente a zero. Data ϕ D(Ω) diremo poi che ϕ j ϕ in D(Ω) se ϕ j ϕ 0 in D(Ω). Osserviamo che la richiesta 1. non è banale perchè l unione numerabile di chiusi può non essere chiusa. In D(Ω) si può definire una topologia (di limite induttivo degli spazi C K (Ω) = {u C (Ω) : supp u K}, con K compatto in Ω) le cui successioni convergenti sono esattamente quelle della definizione precedente. Gli elementi di D(Ω) si dicono funzioni test. Esempio 7.2 Sia ϕ come in (7.1) e sia ϕ ν (x) = 1 ν ϕ(x). Allora ϕ ν(x) 0 in D(Ω). Esempio 7.3 Sia ϕ come in (7.1) e sia ϕ ν = 1 ν ϕ( x ν ). Questa successione non converge in D(Ω) perchè non soddisfa la 1. 38

Non metrizzabilità di D(Ω) La convergenza definita in D(Ω) non è descrivibile da una metrica. Lo proveremo mostrando che in D(Ω) non funziona un procedimento diagonale tipico degli spazi metrici, descritto nel seguente lemma. Lemma 7.4 (Procedimento diagonale standard) Sia (X, d) uno spazio metrico, e sia x 1 1,..., x1 ν,... una successione convergente a x 1 x 2 1,..., x2 ν,... una successione convergente a x 2............. x k 1,..., xk ν,... una successione convergente a x k e supponiamo che (x k ) converga ad x. Allora esiste una successione di interi (ν k ) tale che la successione (x k ν k ) converge a x. Esempio 7.5 Sia ϕ come in (7.1). La famiglia di funzioni ϕ k ν(x) = 1 ν ϕ(x k ) non gode della proprietà descritta dal precedente lemma (nessuna diagonale ϕ k ν k può soddisfare la proprietà 1. della convergenza in D(R n )). Ciò prova che D(R n ) non è metrizzabile. Lo spazio delle distribuzioni Definizione 7.6 Indichiamo con D (Ω) lo spazio duale di D(Ω), cioè lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari e continue da D(Ω) in R. Gli elementi di D (Ω) sono detti distribuzioni. Esempio 7.7 (Distribuzione di Dirac) Sia Ω = R n. Definiamo δ(ϕ) = ϕ(0) per ogni ϕ D(Ω). δ è una distribuzione. Infatti: per ogni µ, λ R e per ogni ϕ 1, ϕ 2 D(Ω) si ha δ(λϕ 1 + µϕ 2 ) = λϕ 1 (0) + µϕ 2 (0) = λδ(ϕ 1 ) + µδ(ϕ 2 ), se ϕ j è una successione di funzioni in D(Ω) che tende alla funzione ϕ in D(Ω) allora δ(ϕ j ) = ϕ j (0) ϕ(0) = δ(ϕ) per la definizione di convergenza in D(Ω). Esempio 7.8 Sia n = 1 e Ω = R. T (ϕ) := ϕ (j) (j) è una distribuzione. j=1 39

Funzioni localmente sommabili Sia Ω un sottoinsieme di R n misurabile secondo Lebesgue. Si definisce L 1 loc (Ω) := {u : Ω R : x 0 Ω V x0 : u Vx0 L 1 (V x0 )} o, equivalentemente (esercizio), L 1 loc (Ω) := {u : Ω R : u K L 1 (K) K compatto, K Ω}. Esercizio 7.9 Sia Ω un sottoinsieme di R n misurabile secondo Lebesgue (non necessariamente di misura finita). Allora si ha 12 L p (Ω) L 1 loc (Ω) p [1, + ] Esempio 7.10 Ogni funzione f L 1 loc (Ω) definisce una distribuzione T f (ϕ) = f(x)ϕ(x)dx, ϕ D(Ω). Ω In questo senso le funzioni di L 1 loc sono distribuzioni. Mostriamo che T f è una distribuzione. Infatti T f è ben definita perchè fϕ L 1 loc (Ω), T f è lineare per linearità dell integrale. Per vedere che è continua (in zero) supponiamo che ϕ j 0 in D(Ω). Allora esiste un insieme compatto K contenuto in Ω tale che supp ϕ j è contenuto in K per n = 1, 2, 3,.... Allora (7.2) T f (ϕ j ) = f(x)ϕ j (x)dx ϕ j,k f(x) Ω e l ultimo membro della disequazione (7.2) tende a 0 perchè ϕ j ϕ uniformemente su K. Proposizione 7.11 L immersione di L 1 loc (Ω) in D definita dall applicazione T : L 1 loc (Ω) D (Ω) f T f ove T f è definita come nell esempio 7.10, è lineare e iniettiva. Dimostrazione Diamo per semplicità la dimostrazione nel caso Ω = R n. Il caso generale si ottiene con semplici opportune modifiche. La linearità è conseguenza della linearità dell integrale. Per dimostrare che è iniettiva basta, per la linearità, dimostrare che T f = 0 in D implica f = 0 in L 1 loc cioè che f(x)ϕ(x)dx = 0 ϕ D f = 0 quasi ovunque. K 12 Ricordiamo che se Ω ha misura finita allora 1 p < q L q (Ω) L p (Ω). 40

Dimostriamo dapprima che f(x)ϕ(x)dx = 0 ϕ D implica che f(x)χ(x)dx = 0 per ogni χ misurabile, limitata, a supporto compatto. Sia j un mollificatore. Definiamo j h = h n j(xh). Poichè χ essendo misurabile, limitata e nulla fuori da un compatto appartiene a L 1, si ha e inoltre χ h = χ j h C supp χ h supp χ + B(0, 1/h) supp χ + B(0, 1) =: K cioè i supporti delle χ h sono tutti contenuti nel medesimo compatto K. In particolare, per l ipotesi, si ha f(x)χ h (x)dx = 0 h N. Inoltre, sempre per un noto teorema sulle convoluzioni con mollificatori si ha, per h, χ h χ in L 1. Dalla (χ h ) si può dunque estrarre una sottosuccessione convergente quasi ovunque, diciamo χ hk. Inoltre, col cambiamento di variabile hy = t si vede che χ h (x) = χ(x y)j h (y)dy sup χ = M h N e per il teorema della convergenza dominata si ha allora 0 = lim f(x)χ hk (x)dx = lim f(x)χ hk (x)dx = lim h h h K f(x)χ(x)dx come volevasi dimostrare. Rimane infine da provare che f(x)χ(x)dx = 0 per ogni χ misurabile, limitata, a supporto compatto implica f = 0 quasi ovunque. A tal scopo osserviamo che, poiché f è misurabile, allora l insieme Ω + = supp f +, dove f + è la parte positiva di f è misurabile. Quindi, fissato a > 0 e detta χ a (x) la funzione caratteristica di Ω + B(0, a) dove B(0, a) è la palla di centro 0 e raggio a, si ha 0 = f(x)χ a (x)dx = f + (x)dx. 41 B(0,a)

Questo implica che f + = 0 quasi ovunque in B(0, a) e, per l arbitrarietà di a, che f + = 0 quasi ovunque in R n. Analogamente si prova che anche la parte negativa f, e dunque anche f, è nulla quasi ovunque. La proposizione ora dimostrata consente di identificare L 1 loc in D mediante T. con la sua immagine Osservazione 7.12 δ x0 L 1 loc. Si tratta di provare che non esiste f L 1 loc tale che δ x0 (ϕ) = fϕ ϕ D. Supponiamo per assurdo che ciò non sia vero, cioè che δ x0 come in (7.1) e ϕ a = ϕ(x/a) si avrebbe δ x0 (ϕ a ) = fϕ a = T f. Allora, presa ϕ cioè ma, per a 0 1 e = x a 1 e = f(x)ϕ a (x)dx x a f(x)ϕ a (x)dx x a f(x) dx 0 che è un evidente contraddizione. Altri esempi di distribuzioni Esempio 7.13 Le misure di Radon su Ω (finite sui compatti) sono distribuzioni, nel senso che l applicazione T µ (ϕ) = ϕ dµ ϕ D(Ω) Ω è una distribuzione. Infatti T µ è lineare e, se ϕ j 0 in D(Ω) e K è un compatto che ne contiene tutti i supporti allora T µ (ϕ j ) = ϕ j dµ µ(k) sup ϕ j 0 per j. Esempio 7.14 La funzione K H(x) = { 1 se x > 0 0 se x 0 42

appartiene a L 1 loc (R) e definisce pertanto una distribuzione detta distribuzione di Heaviside. H(ϕ) = + 0 ϕ(x) dx Esempio 7.15 Sia f L 1 loc e α Nm. L applicazione è una distribuzione. T α (ϕ) = Caratterizzazione delle distribuzioni f(x)d α ϕ(x)dx Teorema 7.16 Sia T : D(Ω) R un applicazione lineare. T D (Ω) se e solo se per ogni compatto K Ω esistono C K > 0 e m K N 0 tali che T (ϕ) C K α m K sup D α ϕ ϕ D K (Ω) ove D K denota l insieme delle funzioni test con supporto in K. Dimostrazione ( ) è facile. Proviamo ( ). Per assurdo, supponiamo che esista K Ω compatto, tale che per ogni scelta di C > 0 ed m N 0 esista una funzione ϕ C,m D K (Ω) tale che T (ϕ) > C α m sup D α ϕ. Prendendo in particolare C = m = j si ha che per ogni j N esiste ϕ j D K (Ω) tale che T (ϕ j ) > j sup D α ϕ j. α j Osservato che il primo membro è strettamente positivo (anche il secondo per la verità) dividiamo ambo i membri per j T (ϕ j ) ottenendo Posto ψ j = 1 j > α j ϕ j T (ϕ j ) si ha ψ j D K (Ω) e 1 j > α j sup D αϕ j T (ϕ j ). sup D α ψ j. 43

Da quest ultima, passando al limite per j +, segue in particolare che ψ j 0 in D(Ω). Per la continuità di T allora T (ψ j ) 0 in R, contro il fatto che T (ψ j ) = 1. Se l m del teorema non dipende dal compatto K allora la distribuzione si dice di ordine finito. In tal caso il più piccolo m per cui vale la disuguaglianza si dice ordine della distribuzione. Esempio 7.17 Le funzioni di L 1 loc e le misure di Radon sono distribuzioni di ordine 0. In effetti, per il teorema di rappresentazione di Riesz per le misure, la classe delle misure di Radon può essere identificata con il sottospazio (vettoriale) di D (Ω) costituito dalle distribuzioni di ordine 0. La distribuzione dell Esempio (7.15) è di ordine α. La distribuzione dell Esempio (7.8) non è di ordine finito. La topologia di D (Ω) Si è già osservato che D (Ω) è uno spazio vettoriale. Come abbiamo fatto per lo spazio delle funzioni test individuiamo in D (Ω) una topologia descrivendo le successioni convergenti. Definizione 7.18 Sia (T j ) una successione di distribuzioni. Diremo che T j 0 in D (Ω) se T j (ϕ) 0 in R per ogni ϕ D(Ω). Si avrà poi che T j T se e solo se T j T 0. Si tratta dunque di convergenza puntuale. Essa caratterizza una topologia (non metrizzabile) usualmente chiamata topologia debole per l analogia con la topologia debole* dei duali degli spazi di Banach. In D (Ω) vale un principio di limitatezza uniforme analogo al teorema di Banach- Steinhaus per gli spazi normati. Una conseguenza è che le successioni convergenti in ogni punto sono convergenti debolmente; vale cioè il seguente teorema. Teorema 7.19 Sia (T j ) una successione di distribuzioni tale che per ogni ϕ D(Ω) esista finito il limite lim j T j(ϕ). Allora esiste T D (Ω) tale che T j T in D (Ω). Dunque ogni successione puntualmente di Cauchy è debolmente convergente. Esempio 7.20 La successione di funzioni { j se x ( 1 f j (x) = 2j, 1 2j ) 0 altrove in ( 1, 1) converge a δ 0 in D ( 1, 1). Essa costituisce quindi un esempio di successione limitata in L 1 ( f j 1 = 1 per ogni j) da cui non è possibile estrarre una sottosuccessione debolmente convergente in L 1, infatti qualunque successione di questo tipo sarebbe costretta a convergere alla δ 0 che non appartiene a L 1. 44

Esempio 7.21 Sia u D(R n ) tale che u = 1 e, per ogni h N u h (x) = h n u(hx). Si ha u h D(R n ), quindi in particolare u h D (R n ) e u h δ 0 in D (R n ). Esercizio 7.22 Sia (x j ) R n. Mostrare che si ha 1. x j x 0 δ xj δ x0. 2. x j + δ xj 0. Derivata di una distribuzione Osservazione 7.23 Se f C 1 (R n ) allora la sua derivata parziale j-esima è continua e quindi L 1 loc e pertanto definisce una distribuzione T Dj f (ϕ) = D j f(x)ϕ(x)dx. Se indichiamo con x = (x, x j ) allora, eventualmente scambiando l ordine di integrazione (usando i teoremi di Tonelli e di Fubini) e poi integrando per parti, si ha T Dj f (ϕ) = R n 1 R D jf(x, x j )ϕ(x, x j ) dx j dx = R f(x, x j )D j ϕ(x, x j ) dx j dx = T f (D j ϕ). R n 1 Definiamo allora, in modo naturale, per f C 1 (R n ), la derivata della distribuzione associata ad f come la distribuzione associata alla derivata di f, cioè D j T f (ϕ) := T f (D j ϕ). Abbiamo già osservato che quella ora definita è una distribuzione (cfr. Esempio (7.15)). Inoltre, non facendo uso della derivata di f, questa definizione si estende immediatamente a tutte le distribuzioni di L 1 loc (Ω). Essa si estende a tutte le altre distribuzioni al modo seguente. Definizione 7.24 Sia T D (Ω). D j T (ϕ) := T (D j ϕ). Poichè ora T non proviene necessariamente da una f L 1 loc (Ω), è necessario verificare che la definizione è ben posta, cioè che D j T è effettivamente una distribuzione. Conseguenze della definizione ora data sono le seguenti ogni distribuzione è derivabile; 45

si possono definire le derivate di ordine superiore e l ordine di derivazione è sempre commutabile; se α N n 0 si ha D α T (ϕ) = ( 1) n T (D α ϕ) e l operatore di derivazione è lineare e continuo; D α : D (Ω) D (Ω) T D α T se f C α (Ω) allora la sue derivate classiche fino all ordine α, che sono continue e quindi L 1 loc (Ω), si identificano con quelle distribuzionali. Esempio 7.25 Derivata della distribuzione di Heaviside: H = δ 0. Esempio 7.26 Derivate della delta: D α δ(ϕ) = ( 1) α D α ϕ(0). Esempio 7.27 Sia f C m (R \ {x 0 }) tale che esistano finiti f (h) (x + 0 ) = lim f (h) (x) e f (h) (x x x + 0 ) = lim f (h) (x) 0 x x 0 per ogni h {0,..., m}, e indichiamo con σ h = f (h) (x + 0 ) f (h) (x 0 ) i salti in x 0 di f e delle sue derivate. Si ha f L 1 loc (R) e e, in generale, T (h) f = σ 0 δ (h 1) x 0 Riferimenti bibliografici T f = σ 0δ x0 + T f, + σ 1 δ (h 2) x 0 + + σ h 1 δ x0 + T f (h). [1] J. Barros-Neto, An introduction to the theory of distributions, Dekker, New York, 1973. [2] H. Brezis, Analyse fonctionnelle. Théorie et applications., Masson, Paris, 1983. [3] G. Buttazzo, Semicontinuity, relaxation and integral representation in the calculus of variations, Pitman Res. Notes Math. Ser., vol. 207, Longman, Harlow, 1989. [4] V. Checcucci, A. Tognoli, and E. Vesentini, Lezioni di topologia generale, Feltrinelli, Milano, 1977. 46

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