Ormeggiate nel porto di Palermo, in quei giorni, vi sono quattro fregate a vapore, un barcone a vela, una corvetta a vapore, tre barche a vela, una pirofregata (9), tre vapori armati e ben dodici bastimenti mercantili. All alba del 28, da Napoli giungono in rada il 1 ed il 2 battaglione esteri inviati da Re Francesco II, a seguito della richiesta dello stesso Lanza e del luogotenente Principe Castelcicala. Le truppe, armate ed equipaggiate, sarebbero già pronte per entrare in azione, ma il Lanza le lascia sui bastimenti fino al giorno 29, quando ordina di farle sbarcare ma solo per trasferirle nelle caserme all interno di Palazzo reale. La flottiglia presente in porto, e di cui sopra abbiamo fornito la consistenza, ha collaborato in modo del tutto inefficace con le forze di terra, limitandosi alla scorta dei convogli ed al trasferimento di truppe da un porto all altro. Gli ufficiali sono ormai quasi tutti pronti al tradimento, mentre i marinai nella stragrande maggioranza sono rimasti fedeli al Re. Nel porto vi sono anche navi piemontesi che impunemente riforniscono i garibaldini di armi e munizioni. Nel frattempo, a tarda sera del 28, è arrivato il grosso delle truppe del Von Meckel in località Villabate, che dista solo tre miglia. Per tutta la giornata del 28, la pirofregata Ercole, comandata dal capitano di fregata Carlo Flores, bombarda la città con i suoi cannoni, provocando però solo inutili danni agli edifici. Il 29 gli abitanti di Biancavilla si ribellano contro i soprusi dei garibaldini che si erano acquartierati nella cittadina. Meno di una settimana dopo, il 4 giugno, al temine di un sommario processo di popolo, i capi della rivolta vengono giustiziati. Garibaldi, praticamente senza incontrare alcuna resistenza, s impossessa del palazzo Pretorio decidendo di istallarvi il suo quartier generale; poi fa liberare circa mille delinquenti comuni dal carcere della Vicaria e dal Bagno dei Condannati per aggregarli alle sue bande che arrivano così a contare così circa cinquemila uomini. Il 1 giugno la nave piemontese Governalo attracca nel porto di Messina e ne discendono altri rinforzi per Garibaldi, con lo specifico compito di organizzare una rivolta antiborbonica sulle due sponde dello stretto. Lo stesso giorno arriva a Marsala il vapore Utile, partito da Genova con un carico munizioni e di circa cinque mila fucili. Questo stesso vapore rientra a Genova e ne riparte il giorno 9, avendo a rimorchio il clipper nordamericano Charles & Jane con a bordo il Medici che ha reclutato altri 930 volontari. Ma la sera del 10 la pirofregata borbonica Fulminante li intercetta e li costringe a dirigersi verso Gaeta, dove attraccano il giorno 11. Occorre il deciso intervento del console U.S.A. a Napoli, Joseph Chandler, per far rilasciare uomini e navi, che possono far ritorno a Genova. La nave Amazon li riporta in Sicilia il 14 luglio. Tutti questi "volontari" sono in realtà soldati piemontesi formalmente congedati in fretta e furia - o disertori dai reparti regolari.
Lo rivelano la circolare n. 40 del Giornale Militare del Piemonte del 12.8.1861 ed altri documenti che prescrivono per volontari e disertori la loro iscrizione a matricola della "Campagna dell Italia meridionale 1860 in Sicilia e nel Napoletano". I "disertori", inoltre, saranno in seguito amnistiati "opportunamente" con decreto reale del 29.11.1860. Ai primi di giugno, Garibaldi che si è opportunamente rifornito di denaro, invia a Marsiglia Paolo Orlando e Giuseppe Finzi con l ordine di acquistare tre vapori che vengono ribattezzati Washington (la nave che poi lo condurrà in esilio a Caprera), Oregon e Franklin e dotati di bandiera americana. Il contratto d acquisto, perfezionato l 8 giugno a Genova presso il console americano W.L. Patterson, reca il nome quale acquirente di un cittadino americano, tale William de Rohan, che paga il prezzo pattuito in buoni del tesoro piemontesi, garantiti con una parte dell oro rapinato in Sicilia e inviato a Torino. E del 2 giugno il decreto emanato da Garibaldi con il quale determina la divisione delle terre demaniali, assegnandone la maggior parte ai combattenti garibaldini, comprendendo fra essi anche i siciliani che decidono di arruolarsi con lui. La tregua concede l opportunità di riorganizzarsi. Ai garibaldini, divisi in Cacciatori delle Alpi (di cui un immagine sotto) e Cacciatori dell Etna (quelli arruolati in Sicilia), si aggiungono così i rinforzi giunti dal continente: circa sette mila uomini che arrivano con armi e munizioni. Tutti insieme costituiscono ora la XV divisione, ideale complemento delle quattordici in cui è diviso l esercito regolare sardo. C è anche il tempo per riposarsi e per scrivere agli amici per invitarli a raggiungerli in Sicilia. per fare la guerra insieme.
All Illustrissimo Signor Don Manfredotto dè Principi Pio di Savoia, Carpi di Modena. Carissimo Don Manfredotto, io penso sempre a te ed la tua amicizia sai bene quanto mi sia cara, così vorrei averti cinto d armi presso di me, in Sicilia. In caso dunque che gli affetti di famiglia e gli affari tuoi lo consentano, ti attendo qui. Questa guerra è una vera epopea, ed è grato al cuore generoso prenderne parte. Persuaso che tu sei sempre dominato dallo stato belligero e che tu non hai cessato lo studio che contribuisce a formare un eccellente ufficiale, ti prego di recarti a Parma, ivi ti dirigerai al signor avvocato Pompeo Spinozzi segretario del Comitato la Nazione, rimpetto alla posta, esso avrà ricevuto una lettera dalla parte di un giovane che faceva parte dello stesso Comitato e che trovasi in Palermo presso di me. Il suddetto Comitato deve avere a sua disposizione diversi uomini volenterosi di recarsi in Sicilia. Così potresti, munito del tuo brevetto di aiutante maggiore, condurre il distaccamento a Genova: ivi trovereste il giovane Macchiavelli e con lui combineresti che nessuno prenda il comando di detti uomini, ma che s imbarcassero arruolati per far parte dei Cacciatori Garibaldini comandati da Bonnet-Cefalto. Il nostro comando è sito a Quattro Venti, vicino al punto dove si sbarca cioè a 500 metri circa. In caso io fossi partito, osserverò che rimanga un incaricato al deposito. Saluta tutta la famiglia. Polidor Cefalto d Ornano. Palermo, 20 luglio 1860
Questa lettera, però, non raggiunge il destinatario, ma viene letta dalla moglie che non prende bene questo invito al marito ad andare a fare la guerra in Sicilia, lasciando a Carpi tutta la famiglia. E la moglie, con cortese fermezza, rimprovera Polidor.
Trovandosi mio marito in campagna ed avendo avuto da lui l ordine di aprire qualunque lettera venisse al suo indirizzo, ieri sera mi fu dato di aprire la sua in data 20 del corrente mese (luglio 1860). Alle prime righe io provai somma contentezza al sentire che continuereste a trovarvi bene in Sicilia; ma, seguitando la lettura, la mia gioia si mutò in profonda tristezza per le replicate sollecitazioni che Ella fa a mio marito di venire a raggiungerlo lusingandone l amore proprio ed il carattere ardente e bellicoso. Non so che io non potevo dar fede ai miei occhi e mi pareva impossibile che lo scrivente fosse il medesimo Uomo che l anno scorso sapeva si bene raffreddare l ardor guerriero di Manfredotto facendogli con gentili modi apprezzare la pace e la tranquillità delle domestiche mura, mostrando persino d invidiargli i dolci ed insuperabili affetti di marito e di padre. Benché io abbia abbastanza prova che Ella al presente non si trova più animata dei sentimenti che fra noi addimostrava, pure io mi faccio ardita di chiedere al Polidor che si compiaceva di chiamarmi sorella, due favori: il primo di tenere presso di me la sua lettera senza farla vedere a mio marito, ed il secondo di scrivergli si sue notizie che queste saranno sempre gradite -, ma mai più per spronarlo a seguirlo. In nome dell affetto che Egli addimostrava ai miei figli, io la prego di esaudirmi e se anch essi potessero farle sentire la tenera loro voce, pregherebbero a mani giunte il caro Polidor a non privarli del loro amato genitore. Nella speranza che Ella vorrà perdonarmi tanta arditezza, resto nella lusinga che le Eroine Siciliane non le abbiano fatto dimenticare i sentimenti patriarcali della Pace.
Il 6 giugno viene firmato un accordo che prevede che l ancora intatto esercito borbonico si ritiri di fronte a quello che rimane degli uomini di Garibaldi, rinforzati da qualche centinaio di picciotti reclutati dopo lo sbarco e dai volontari giunti via mare. Un esercito molto forte, e spesso vittorioso nei pochi scontri con le camicie rosse, si imbarca sulle proprie navi e si ritira, lasciando l isola a poche centinaia di invasori. I picciotti si sono aggiunti alle truppe garibaldine, lusingati dalla promessa di terre e riforme agrarie, ma sono i proprietari terrieri a stringere con Garibaldi quegli accordi che determinano che tutto cambi affinché nulla cambi. Sono proprio gli stessi latifondisti che invocano ed ottengono l intervento delle truppe garibaldine per soffocare (come nel caso del purtroppo famoso massacro di Bronte) le rivolte contadine quando queste degenerano in saccheggi e devastazioni per ottenere le terre che erano state promesse. Intanto Cavour, mentre condanna ufficialmente l azione militare, invia rinforzi; cerca un accordo con il Re di Napoli ma intanto contrabbanda notevoli quantità di armi per fomentare l insurrezione all ombra del Vesuvio; invia l ammiraglio Carlo Pellion di Persano (10) e parte della flotta sarda con l ordine di attaccare Garibaldi se la spedizione dei Mille fallisce o appoggiarla se viceversa si dovesse rendere conto che sta vincendo In uno spregiudicato e crudele gioco su più fronti, complotta per evitare che Garibaldi passi lo Stretto e contemporaneamente corrompe ed induce alla ritirata i generali borbonici che tale sbarco dovrebbero ostacolare.
Garibaldi ignora ancora una volta i voleri e le manovre di Cavour.
Oltrepassata la cittadella di Messina, la cui rischiosa conquista è rimandata agli ultimi giorni della campagna, le truppe rivoltose oltrepassano lo Stretto e sbarcano in Calabria, da dove come sempre l esercito reale si ritira senza combattere. Filatelicamente rilevanti sono le lettere spedite da Messina in questo periodo: su di esse, l uso multiplo di francobolli di piccolo taglio (cioè quelli gialli da 1/2 grano) sopperisce a quello di francobolli di più alto valore facciale che sono stati esauriti e dei quali, come di altre merci ben più importanti, è impossibile il rifornimento. (11) A questo punto, mentre Garibaldi avanza verso nord, la Francia, assai contraria a cambiamenti politici e territoriali nell Italia centro-meridionale ma ancora di più timorosa di un attacco allo Stato Pontifico, è costretta a chiedere al re Vittorio Emanuele II di intervenire a cose fatte per bloccare l avanzata di Garibaldi. Ma, in questo modo, riconosce e sancisce l annessione al Regno di Sardegna dei territori dell ex regno borbonico.