1.3 LA LIRA DI NARCISO



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Transcript:

1.3 LA LIRA DI NARCISO 1.3.1 Generi e fini del Life Narrative Come abbiamo più volte sostenuto l avvento della scrittura rivoluzionò le prassi umane e soprattutto le forme di pensiero. La grammatizzazione consentì la codificazione dei sistemi di scrittura, la loro democratizzazione e questo fu il primo grande passo verso la nascita di imponenti tradizioni letterarie. La produzione testuale, nelle sue più svariate forme, fu incrementata e sostenuta proprio dalla possibilità offerta a tutti gli individui di poter usufruire del sistema di scrittura anche a fini personalistici. La scrittura, quindi, dimostrò d avere una funzione riflessiva. A differenza di quanto accadeva in culture ad oralità primaria attraverso la produzione testuale l individuo è ora in grado di identificarsi in quanto io e non più esclusivamente in quanto noi. Il segno scritto consente di affermare con forza questa presenza poiché è la natura del mezzo impiegato a garantirne la durata nel tempo e la fruibilità potenzialmente illimitata. Ma scrittura e lettura sono, specialmente nell epoca delle nuove tecnologie, prassi solitarie che impegnano la psiche in una attività individualistica e riflessiva. A differenza di quanto accade attraverso le interazioni orali sembra che la scrittura, nonostante sia anch essa una prassi nata dalla socialità e per il bene della socialità, accentui l isolamento dell essere umano. Naturalmente non è questa la nostra tesi. Al contrario, dedicarsi a tale prassi significa possedere una specifica competenza riguardo la sua funzione. Chi si dedica alla scrittura, non necessariamente alla scrittura di sé, è consapevole della separazione temporale tra due momenti, il prima ed il dopo la stesura del testo, cioè è consapevole della necessaria presenza dell altro affinché il testo esista in quanto testo, cioè affinché possa essere fruito.

Pensiamo però proprio alla scrittura di sé, in particolare a tutte quelle forme di scrittura personalistica non destinate alla pubblicità (il diario ad una voce ne è un esempio emblematico), nonostante l invenzione della stampa abbia fatto sì che gran parte del patrimonio testuale prodotto dall umanità sia destinato alla pubblicità. In questo caso, almeno apparentemente, l atto di scrivere sembra voler rimanere relegato nella sfera della privatezza ma paradossalmente è il mezzo impiegato a collocare nella sfera della pubblicità tale genere di testi in quanto potenzialmente fruibili da qualsiasi lettore. Come ci fa osservare Paul Valéry in Mauvaise Pensée (1943) «Un homme qui écrit n est jamais seul» 1, (cfr. Battistini, 1990: 185). Dunque se il rapporto pubblicità/ privatezza della scrittura sembra essere tanto conflittuale perché mai scrivere di sé? Quali sono le origini psichiche e sociali di questa pratica? La Grecia, patria del sistema alfabetico, fu anche patria dei testi scritti in cui comparve per la prima volta l uso del pronome personale io. Questo afferma Havelock (1986, trad. it. 1987: 142), secondo cui «L io fu una scoperta socratica o, forse meglio, una invenzione del vocabolario socratico». Pare questa però una affermazione bizzarra dal momento che Socrate non produsse alcun testo scritto. In realtà ciò che Havelock voleva dire è che fu una scoperta socratica quella dell esistenza di un io letterario insieme ad un tu letterario (cfr. anche Sini, 1992: 25). I dialoghi socratici, infatti, si basavano sulla relazione dialettica tra un io ed un tu, gli agenti del discorso. Fu poi Platone (ma anche altri discepoli di Socrate), a mettere per iscritto questa scoperta rendendo il filosofo ateniese protagonista di molti dei suoi dialoghi. Gli agenti del discorso si trasformano così in agenti testuali. Quanto sostenuto da Havelock è semplicemente una premessa non sufficiente a giustificare il sorgere spontaneo in molti soggetti alfabetizzati della necessità di scrivere di sé. Devono sicuramente esserci motivazioni psichiche quanto culturali alle origini di tale pratica. Certamente il consolidarsi dell autocoscienza come realtà altra da conoscere non è sufficiente a spiegare per quale motivo alcuni potenziali scrittori decidano di diventare tali per affidare i propri pensieri alla pagina bianca. Questo perché 1 Un uomo che scrive non è mai solo (t.d.a.).

non è la prassi della scrittura a fare la capacità introspettiva umana ma essa ne è soltanto un altro dei modi possibili. Quali sono allora i vantaggi dell affidarsi alla pagina ed al segno scritto? La fissità della scrittura immobilizza il pensiero così da poterlo donare all altro, laddove l altro il più delle volte coincide con lo stesso soggetto scrivente. Il primo lettore di uno scrittore è, infatti, sé stesso. La scrittura di sé dovrebbe essere una sorta di dono puro, cioè un dono che ricevuto non deve essere ricambiato. È l accettazione del dono a ripagare il donatore. L autobiografo lavora in vista del medesimo tornaconto: non ricevere nulla in cambio poiché la scrittura di sé teoricamente non è destinata ad altri che a sé stessi. In realtà questo dono non è esclusivamente destinato da chi scrive di sé a sé stesso poiché appunto è la pubblicità del mezzo impiegato a collocarlo nella sfera della fruibilità da parte di infiniti potenziali lettori. Il dono allora diventa dono verso chiunque potenzialmente possa fare di un testo privato un testo letterario tra i tanti. Ecco per quale motivo Hugh J. Silverman (1978: 370), afferma che «[ ] autobiography is the textual desire to articulate the otherness of the self. The nature of that otherness is difference, lack, absence.». 2 Pensiamo a mo di esempio ancora alla scrittura diaristica. Si tratta di una forma di scrittura che negli intenti vorrebbe rimanere relegata nella sfera della privatezza ma sono numerosi i casi in cui è la forma testuale impiegata a testimoniare un inganno del soggetto scrivente rispetto a sé stesso. Infatti, molto spesso, nella scrittura diaristica ci si rivolge ad un tu interlocutore. È il caso del Diario di Anna Frank che addirittura dà un nome al suo diario e ad esso si rivolge attribuendogli il ruolo del tu interlocutore. In questo caso la volontaria destinazione ad un altro fittizio di ciò che per convenzione dovrebbe essere noto solo al proprio autore dimostra che la scrittura personalistica ha sempre come scopo finale l individuazione di sé ma non può farlo se non relazionandosi all altro. Questo perché «[ ] la scrittura nasce destinata, l Altro è presente, sotto forma 2 [ ] L autobiografia è il desiderio testuale di articolare l alterità del sé. La natura di questa alterità è la differenza, la mancanza, l assenza. (t.d.a.).

di rappresentazioni diverse, nella mente di chi scrive; presuppone un lettore, fosse anche solo lo stesso «io che scrive» che si riconosce attraverso il prodotto della propria scrittura» (Capello, 2001: 30). In realtà la presenza dell Altro non consiste necessariamente nella presenza di un altro lettore ma, in modo più generico, è la presenza di un altra voce, un altro ruolo che funga da alter rispetto a quello di chi scrive. Michail M. Bachtin (cfr. 1926-30, trad. it. 2003: 124), osserva che anche forme di scrittura come il diario pur se destinate per sempre alla privatezza si costruiscono come se l altro fosse presente. La loro struttura dialogica ne è la conferma. Infatti, nonostante si inizi a scrivere, ad esempio un diario, con la pretesa di scrivere tra sé e sé, si finisce col dare alla scrittura «[ ] la forma di un dibattito fatto di domande e di risposte, di affermazioni e di successive obiezioni, per dirla in breve il nostro discorso si frammenta in repliche distinte, più o meno lunghe, assume la forma di un dialogo.» (ibidem). Ciò che conta non è quindi la presenza o meno di un altro ma la possibilità di immaginare la presenza di una figura che svolga il ruolo dell altro, l altra voce di un dialogo immaginario. La prima motivazione per la quale allora possiamo giustificare il narcisismo letterario 3 è la seguente: la scrittura di sé deriva dalla necessità di individuarsi in quanto soggetto attraverso una prassi comune, quindi dalla necessità di individuarsi attraverso l altro, un generico altro. Ma ancora: perché dedicarsi alla scrittura personalistica se, secondo quanto vuole un diffuso luogo comune, non dovrebbe esserci niente di più noto ad un individuo che sé stesso? Vi è evidentemente una qualche mancanza conoscitiva alla quale l uomo crede di poter sopperire servendosi dell organizzazione e della sistematizzazione della propria vita vissuta attraverso la scrittura. Del resto Narciso proprio a causa di una 3 Con questa espressione ci riferiamo alla manifestazione del narcisismo umano, cioè la tendenza umana a fare di sé i protagonisti della scena reale, nel caso specifico della produzione letteraria. La scrittura personalistica nasce proprio da questa tendenza, più o meno evidente, del comportamento: si scrive di sé perché si può fare del testo la scena di cui solo quell individuo può essere protagonista. Il narcisista si appropria (o meglio, crede di potersi appropriare), di una prassi pubblica, la scrittura in questo caso, per farne la propria prassi, la scrittura di sé come manifestazione della propria individualità, diversità ed unicità rispetto a chiunque altro (cfr. infra 3.2.2).

esagerata sete di conoscere il proprio volto finì per essere ingoiato dalle acque. Affidarsi alla pagina bianca consente però di volgere al proprio vissuto esperienziale e psichico uno sguardo retrospettivo ed oggettivo. Paradossalmente quindi la scrittura personalistica nasce con l intento di mettere ordine in una vita, di ricomporla, ma in realtà l atto di scrivere funge da vero e proprio atto costruttivo attraverso il quale si dà semplicemente una nuova ed altrettanto veritiera lettura della propria esistenza. Un vantaggio materiale però nella scrittura personalistica esiste. La pagina scritta conserva la memoria e preserva dalla dimenticanza il passaggio dell individuo attraverso la sua esistenza. Ogni essere umano è un personaggio storico per il semplice fatto di esistere e il narcisismo al quale sembra sia tanto difficile sfuggire vede nella scrittura l unico modo per lasciare testimonianza della storicità dell uomo. In base a queste motivazioni, relazionalità ed individuazione, autoanalisi, autocoscienza e preservazione della memoria di sé, non le uniche ma le più rilevanti dal nostro punto di vista, possiamo dunque spiegarci perché mai il desiderio di scrivere di sé è stato tanto forte nel corso della storia dell umanità da portare alla nascita di un vero e proprio genere letterario.