«Mettiamo il gioco nelle mani dello Stato»



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INTERVISTA ALL EX COLONNELLO DELLA GDF UMBERTO RAPETTO «Mettiamo il gioco nelle mani dello Stato» Nell'ottava puntata della crowdinchiesta l ex colonnello Rapetto alza il velo sulla difficoltà di controllare l'azzardo. «Il gioco dovrebbe essere gestito dallo Stato, non in concessione. Si potrebbero fissare massimali di gioco e combattere la ludopatia». Controllare slot e videolottery non è un compito facile. Per questo le modalità per truffare sono le più svariate. Che fare per aumentare la "sicurezza" del sistema? «Si potrebbe far gestire il gioco direttamente dallo Stato e non in concessione, come avviene per il tabacco». Lo spiega in un'intervista a ETicaNews l ex colonnello della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, esperto informatico ed ex capo del GAT, il Gruppo Anticrimine Telematico delle Fiamme Gialle, con all attivo 37 anni di onorato servizio e inchieste che hanno lasciato il segno per efficienza e abilità investigativa. Indagini condotte con successo, come l operazione Macchianera che svelò centinaia di frodi a danno dell Inps e l inchiesta che portò all arresto di hacker pronti a entrare nei sistemi del Pentagono o, più recentemente, quella sulla Costa Concordia. Ma Rapetto, 56 anni e oggi alla guida di una società di sicurezza informatica, sarà ricordato soprattutto per una maxi multa (tecnicamente si è trattato di una penale contrattuale) da 98 miliardi di euro recapitata alle dieci maggiori concessionarie del gioco. Quella cifra era il risultato della ricostruzione del flusso delle segnalazioni di mancato collegamento degli apparecchi al sistema di controllo dei Monopoli, gestito dal partner tecnologico Sogei e, dunque, all anagrafe tributaria, dal settembre 2004 al gennaio 2007. Le concessionarie per contratto avrebbero dovuto garantire tale collegamento e si erano impegnate a corrispondere 10 euro per ogni ora di mancato collegamento. Le società erano BPlus, Cogetech, Sisal Slot, Gemenet, Snai, Hbg, GMatica, Cirsa Italia, Codere, Gtech-Lottomatica, ciascuna con un diverso carico sanzionatorio. Tutto documentato da migliaia di pagine di analisi e calcoli dettagliati, confermati dalla Procura generale della Corte dei Conti. Di diverso avviso fu però la sezione giurisdizionale delle stessa Corte (equivalente al

tribunale ordinario), che abbassò la cifra a 2,5 miliardi. Uno sconto astronomico, seguito dalla rimozione di Rapetto, che il 30 maggio 2012 rassegnò le dimissioni. Nell agosto 2013 arrivò poi il condono del Governo, che attraverso il decreto sull Imu consentì di chiudere le vertenze pagando il 30% del dovuto. Otto concessionari aderirono versando 430 milioni, mentre Bplus e Hgb sono state successivamente condannate dalla Terza sezione d appello della Corte dei Conti a pagare, rispettivamente, 335 e 72 milioni. Come si è arrivati a una multa di quelle proporzioni? Vorrei chiarire anzitutto una questione che riguarda i provvedimenti presi nei confronti delle concessionarie. Non si è trattato di una sanzione, né di una multa. Non si è trattato nemmeno di evasione fiscale, ma di una penale contrattuale. Le concessionarie sono state autorizzate dallo Stato a operare in luogo dello stesso Stato all esercizio di attività di intrattenimento, svolte appunto in concessione, come le autostrade. Ebbene, nelle condizioni di esercizio della concessione c era l obbligo di collegamento delle macchine all anagrafe tributaria, in modo da consentire il monitoraggio e garantire la giusta ripartizione delle giocate secondo quanto stabilisce la legge, a tutela del giocatore. In pratica su 100 euro giocati, 75 diventavano montepremi a favore dei fortunati vincitori e 25 confluivano verso i vari soggetti: 12,5 andavano allo Stato sotto forma di imposte e il resto alla filiera del gioco, fatta salva una piccola percentuale di rimborso spese ai Monopoli. La parte più grossa andava alle concessionarie, che mettevano a disposizione la rete di collegamento tra gli apparecchi e l anagrafe tributaria e tutti i sistemi di controllo, una quota finiva ai gestori, cioè i proprietari fisici della macchinette e un altra quota più piccola agli esercenti, bar e locali. È chiaro che se la slot non viene collegata significa che c è qualcuno che potenzialmente può mettersi in tasca tutti i cento euro. Così nel contratto di concessione veniva esplicitato che in questo caso, per ogni ora di mancato collegamento, si doveva corrispondere la somma di 10 euro. E avete fatto i conti Ricostruito il flusso delle segnalazioni di mancato collegamento per il periodo di interesse, abbiamo moltiplicato banalmente tutte le ore per i 10

euro previsti contrattualmente. Dunque si trattava di una somma in denaro, lo ribadisco, sottoscritta contrattualmente tra le parti, Stato e concessionarie. Se i Monopoli avessero avvisato per tempo i concessionari delle segnalazioni di mancato collegamento non si sarebbero raggiunte quelle cifre iperboliche, ma si sarebbero potute riscuotere gradualmente le somme dovute. Eppure l anagrafe tributaria dice di aver avvisato i Monopoli. Il risultato è che è dovuto intervenire lo stesso Governo, insieme alle istituzioni competenti, dichiarando che quell importo era eccessivo. Prima è intervenuta una commissione che ha rilevato l eccessiva onerosità, poi è stato revisionato il calcolo fatto da noi per dire che le ore di mancato collegamento erano in numero inferiore, infine ci sono stati accordi che hanno ridotto notevolmente l importo. La procura generale della Corte dei Conti ha avallato la cifra da noi calcolata, mentre la sezione giurisdizionale della stessa Corte (che equivale al tribunale) ha dato parzialmente torto al sostituto procuratore generale dottor Smiroldo, riducendo drasticamente quella somma. Poi ci si è messa la politica, con interventi di condono e altri sconti, che hanno assottigliato notevolmente quanto dovuto. Ricordo che la Corte dei Conti aveva celebrato il risultato raggiunto durante l inaugurazione dell anno contabile 2012-2013, prima che decidessero la mia rimozione. Vorrei però sottolineare che non si trattava di una cifra impossibile (anche se elevatissima), poiché concordata da soggetti capaci di intendere e volere. Com è avvenuta la sua rimozione dal GAT? Mi hanno detto che ormai stavo a Roma da troppo tempo, così mi hanno trasferito a frequentare un corso per un anno. Tra l altro il corso era presso l Istituto di studi per la difesa di Roma, dove io insegnavo da 16 anni! Così ho deciso di dimettermi. Poi mi hanno promosso a Generale andando via, ma ormai la frittata era fatta. Tra l altro mi hanno congedato con una formula che mi impediva di ripensarci entro un anno, cosa che normalmente caratterizza le dimissioni anticipate.

Ricordo che quando ho presentato le dimissioni, con una decorrenza abbastanza stretta di un mese, il capo della mia segreteria mi disse che ci sarebbero voluti sei mesi prima dell approvazione. Invece stranamente ho fatto richiesta il 29 maggio e il primo giugno è stata approvata, con probabile grande gioia di chi mal sopportava la mia eccessiva autonomia operativa. Da chi è stato messo alla porta? Anzitutto dalla mia organizzazione e dai miei superiori, anche se devo dire che nella Guardia di Finanza nessuno avrebbe avuto il coraggio di una decisione simile. Sicuramente c è stata una pressione esterna, poi la Gdf l ha gestita in modo da dargli legittimità amministrativa. Ci sono state 11 interrogazioni parlamentari da parte di tutto l arco costituzionale. Il Governo ha risposto che non c era più nulla da fare perché ormai avevo dato le dimissioni. C è chi dice che io non avevo fatto carriera perché avevo trascorso quasi tutto il mio tempo a Roma, dimenticando che io non sceglievo i posti dove prestare il mio servizio. E dimenticando tutti i ruoli ricoperti a Roma, tra i quali quattro anni al comando generale, uno a capo di un importante sezione della polizia valutaria, poi un altro nello staff del Segretario Generale al Ministero delle Finanze, sei anni all authority per l informatica e infine a capo del Gruppo Anticrimine Tecnologico, il reparto speciale che faticosamente ero riuscito a far istituire. Nel 2003 sono tornato all Authority (nel frattempo divenuta Centro Nazionale per l Informatica nella Pubblica Amministrazione) e dopo alterne vicende e rapporti difficili con i miei superiori, dal 2004 sono tornato a dirigere il Nucleo speciale GAT fino al 2012, dove per fortuna sono riuscito a concludere le investigazioni tecniche sui dati del naufragio della Costa Concordia per conto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Grosseto. Una delle cose che mi hanno sempre rimproverato è stata anche l eccessiva esposizione mediatica, ma questo avveniva perché ci occupavamo di questioni che riguardavano la collettività, con mezzi moderni ed efficienti. Oggi il reparto esiste quasi solo sulla carta. La cosa curiosa è che oggi ha il doppio del personale, ma privo delle competenze che avevamo noi, dal momento che dopo la mia partenza hanno penalizzato gli specialisti più in gamba e gli ufficiali che collaboravano con me.

Quanto è alto oggi il rischio di truffa? Controllare sistemi tecnologici così sofisticati non è compito agevole. Le macchine sono omologate per prototipo, cioè sono fatte in serie allo stesso modo, e questo rende difficile controllare ogni singolo pezzo. All interno dei cabinet, ossia i contenitori che ospitano i circuiti elettronici, c è la possibilità di alloggiare qualunque tipo di dispositivo aggiuntivo. Potrebbero anche essere comandate a distanza, dunque erogare un servizio di facciata per l utenza normale, mentre per chi voglia provare emozioni maggiori si fa uno switch con un telecomando e appaiono altri giochi illegali. La macchina appare così in stand by come se nessuno ci stesse giocando, funziona solo la parte meccanica ma la scheda che lavora è un altra. Sono solo esempi, ma i sistemi per truffare sono tanti, ognuno applica quello che gli riesce meglio. In alcuni punti l interconnessione avveniva con sistemi di telefonia mobile, con segnali deboli che non davano certezza della connessione. Le macchine dovrebbero essere sempre visibili, ovvero dare immediato e certo riscontro della connessione ad ogni attività di auditing, ma così non è. Dovremmo poi sapere se la macchina è disconnessa perché non funziona oppure perché viene utilizzata in nero. Questo può essere accertato da personale specializzato, capace di verificare alterazioni, modifiche o altre dinamiche fraudolente, con interventi in loco. Parliamo di interventi che devono essere ripetuti e diffusi, vista l attuale diffusione degli apparecchi, poiché al primo controllo si sparge la voce tra gli esercenti e questo vanifica i controlli successivi. Ovviamente chi controlla deve sapere bene cosa cercare, dove e in che modo, con tutte le competenze del caso. I controlli sono sufficienti? I controlli si fanno, ma ho qualche dubbio sulla loro efficacia, soprattutto sul rispetto del payout al giocatore, secondo le percentuali stabilite per legge. Perché se questi apparati modificati ad arte hanno la ipotetica possibilità di dare combinazioni vincenti al padrone del locale o all amico, bisogna poi scoprire chi ha vinto e quanto e se la vincita è stata effettivamente distribuita, anche attraverso questionari. Poi però si dice anche che non bisogna violare la riservatezza dei giocatori, così dietro a presunti obblighi normativi si impedisce il perseguimento di qualunque obiettivo di equità fiscale. Senza contare il gioco online: francamente non

so chi abbia mai fatto ispezioni per verificare la regolarità di quei server e delle procedure di erogazione del gioco. Dunque cosa si potrebbe fare? Anzitutto si potrebbe far gestire il gioco direttamente dallo Stato e non in concessione, come avviene per il tabacco. In questo caso le macchine sarebbero prodotte e installate direttamente dallo Stato, certificate e piombate dai Monopoli, che gestirebbero direttamente il gioco, magari riducendo il numero degli apparati in funzione. Lo Stato potrebbe anche fissare dei massimali di gioco, incassare quello che crede giusto e combattere la ludopatia. Ma ormai si è scelto di imboccare un altra strada, tornare indietro sarebbe difficile anche perché molti operatori si sono rafforzati e hanno assunto perfino miei ex colleghi o i loro figli. Poi c è la pubblicità, con la quale tengono in pugno l informazione. Io l ho sempre detto, se vogliamo far finire questo business e raccontare come stanno veramente le cose non ci vuole nulla, basta vietare la pubblicità. Oggi ci sono diverse proposte di legge in tal senso. Lo so ed è una buona cosa. Certo, ma se è vero (come dice la stampa) che alcuni significativi parlamentari hanno avuto finanziamenti direttamente o indirettamente da società concessionarie dell azzardo, diventa difficile il varo di provvedimenti normativi realmente efficaci. Quanto è infiltrata la criminalità organizzata nel gioco d azzardo? È presente in due livelli. Il primo probabilmente è l azionariato delle società quotate in borsa, dato che nessuno può escludere una loro presenza, attraverso società finanziarie o fiduciarie. Poi è presente nel ruolo di gestore, tra i soggetti che hanno gli apparecchi, poiché su quel fronte serve una buona copertura territoriale e una certa capacità di convincimento. È un mercato dove in diversi casi prevale chi mostra i muscoli. Roberto Cuda Intervista realizzata da ETicaNews il 17 novembre 2015