L identificazione in radiofrequenza



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Identificazione automatica Stimolare l adozione della tecnologia Aldo Cavalcoli Filiera del farmaco La sfida dell RFID Tracciabilità del farmaco: una sperimentazione rigorosa, prima in laboratorio e poi sul campo, ha permesso di ottenere risultanze di grande valenza, ma soprattutto una più articolata visione delle problematiche che ha attivato nuovi e inesplorati percorsi di indagine. La sperimentazione ha visto come protagonisti il consorzio Dafne, l RFID Solution Center e Comifar. L identificazione in radiofrequenza è una tecnologia che attira, promettendo molto ma ancora senza precise garanzie. Difficile trovare atteggiamenti meditati: o si è assolutamente entusiasti o totalmente contrari e, nel migliore dei casi, attendisti. Non resta che toccare con mano, sperimentando sul campo. Ma in che modo? Quale il significato e la valenza dei risultati? Occorre rigore tecnologico, ma anche intuizione e capacità di analisi. La sperimentazione che ha visto come protagonisti il consorzio Dafne, l RFID Solution Center di cui fanno parte Politecnico di Milano, HP e Intel, e Comifar, nel cui magazzino di Novate Milanese si sono effettuati i test, è un esempio emblematico di come affrontare la sfida dell RFID. Su questa esperienza abbiamo intervistato Stefano Novaresi, direttore Centrale Operations Comifar e vice presidente Consorzio Dafne che ci ha fatto partecipi di un approccio assolutamente non convenzionale alla tematica RFID. Perchè avete realizzato questa sperimentazione? L iniziativa rientra nei progetti che il Consorzio Dafne attiva nell ambito della filiera farmaceutica. Parliamo di un mercato rilevante, non solo dal punto di vista sociale, ma anche economico, nel quale l Italia si posiziona al sesto posto nel mondo con il 3,8% di market share e al quarto in Europa. La tematica della tracciabilità del farmaco è sempre più attuale e cresce l attenzione a tecnologie di identificazione rapida: nella distribuzione vi sono flussi talmente Dal magazzino di Novate, in cui è stato realizzato il test, escono quotidianamente circa 200.000 pezzi, da reintegrarsi in modo costante con un inbound performante. 64

L intervistato Stefano Novaresi, 44 anni, è laureato in Ingegneria delle Tecnologie Industriali a Indirizzo economico e organizzativo al Politecnico di Milano; nel suo curriculum, corsi di aggiornamento post laurea, corso di specializzazione in General Management presso l Ashridge Business School di Londra e di progettazione strutture organizzative presso la SDA Bocconi di Milano. Nelle sue esperienze professionali: settore siderurgico, area organizzazione e sistemi informativi; settore tessile, produzione e distribuzione tessuti di alta moda, responsabile di logistica e lavorazioni esterne e direzione di unità produttive all estero (Tunisia). Dal 1991 in Comifar Distribuzione Spa, inizialmente con incarichi in ambito direzione commerciale/marketing e successivamente nell area logistica-operations. Dal 1998 è Direttore Centrale Operations e membro del Management Board del Gruppo Comifar Phoenix, con responsabilità a livello nazionale di Operations, Logistica, Approvvigionamenti, Servizi Generali, Acquisti Tecnici e Innovazione Tecnologica. Dal 1996 al 2002 membro del Consiglio Direttivo AILOG, di cui è stato Vice-Presidente (2000-2002); dal 2001 al 2004 membro del Comitato Tecnico del GIRP (Groupement International de la Répartition Pharmaceutique - Brussels); membro del Consiglio Direttivo di ADF, Associazione Distributori Farmaceutici; membro del Comitato Scientifico della rivista Wireless; Vice Presidente Consorzio Dafne. elevati che le tecnologie tradizionali, per esempio barcode, non sono sufficienti, rallentando troppo i processi, soprattutto per il distributore intermedio. Di qui nasce l esigenza di approfondire con un applicazione pratica, non solo di laboratorio, l identificazione con tag RFID, in particolare nel processo di inbound, all ingresso delle merci in magazzino. Ma occorre una premessa più ampia. In ambito Comitato Tecnico dell associazione europea dei distributori intermedi GIRP (Groupement International de la Répartition Pharmaceutique), abbiamo analizzato la tematica della tracciabilità e delle tecnologie di identificazione, partendo da una survey a livello europeo per verificare la presenza di standard di codifica delle informazioni rilevanti sulle confezioni dei farmaci. Non abbiamo trovato, a livello di confezione finale di vendita, armonizzazione alcuna e non solo per l identificazione del prodotto, ma anche per data di scadenza piuttosto che numero di lotto, fondamentali per esempio per individuare velocemente lungo la filiera prodotti in quel momento ritenuti a rischio e soggetti a ritiro dal mercato; inoltre, nessuno standard nelle tecnologie adottate per etichettare e stampare il package. Analogo discorso a livello collo, con uso di barcode, di caratteri alfanumerici, sempre con standard diversi, e ancor più disomogeneità a livello pallet. In queste condizioni è impossibile un processo di data capture automatico, mancando i prerequisiti. Passiamo ora a Comifar, azienda del gruppo Phoenix, uno dei tre maggiori player europei della distribuzione del farmaco: con 33 magazzini, una quota di mercato superiore al 21% e 3 miliardi di euro di fatturato, Comifar è la maggiore realtà italiana. Dal nostro magazzino di Novate, in cui poi abbiamo realizzato il test, escono quotidianamente circa 200.000 pezzi, da reintegrarsi in modo costante con un inbound performante. Se il processo di preparazione delle unità di prodotto secondo le richieste delle farmacie e le successive fasi di dispatching si avvalgono di collegamenti telematici, strumenti di picking e tecnologie RF, il ricevimento merci, anche per la mancanza di prerequisiti prima sottolineata, resta la fase meno sviluppata, ma un miglioramento in produttività potrebbe arrivare da tecnologie di identificazione automatica quali l RFID, posto che le performance siano completamente garantite. Questa, alla fine, la motivazione per cui abbiamo fatto il test con tag RFID a livello di collo nel processo di inbound. Come si è svolta la sperimentazione? Ci sono state due fasi. La prima, con test di laboratorio su pallet e articoli da noi forniti, e la seconda, con prove sul campo nel nostro ricevimento merci di Novate, con pallet ovviamente da noi taggati, non essendolo in origine dal produttore. Il nostro obiettivo era quello di determinare un modello in grado di fornire una stima dei benefici in produttività che questa modalità di processo poteva dare rispetto alla modalità tradizionale. Sono stati considerati tutti i processi: ricezione e scarico, apertura BEM, cioè bolla di entrata merce, spunta, chiusura BEM e gestione anomalie. Dato che all inbound l eterogeneità è veramente grande, per tener conto di tutte le possibilità sono state considerate tipologie diverse di pallet: monoarticolo, multiarticolo con diversi colli originali, e multiarticolo con colli misti. Il pallet monoarticolo è meno frequente, ma può verificarsi e l abbiamo testato. Più articolato il caso dei colli misti, in cui ciascun collo contiene più di un articolo perché le quantità ordinate non corrispondono al minimo di collo originale confezionato dal produttore. La scelta di prodotti e pallet è stata fatta in modo da enfatizzare le condizioni di criticità note, quali numero 65

Identificazione automatica Stimolare l adozione della tecnologia di package da leggere piuttosto che presenza di liquidi o metalli. Cosa avete usato come tag e lettori? E quanti tag per pallet? Abbiamo utilizzato tag passivi UHF Gen2: tag Alien Squiggle, Alien Omnisquiggle, e tag Rafsec Dogbone. Come lettori, i modelli CAEN A948 EU, Feig LRU 2000 e Alien ALR-8800. A ogni tag corrisponde un collo, e siamo arrivati a 252 colli complessivi. Le prove sono state effettuate partendo da un solo strato di cartoni, quindi 36, e via via aumentando gli strati, fino a 7, con 252 colli. I pallet sono stati fatti transitare attraverso un varco in cui sono state approntate quattro antenne di lettura, con tre modalità di test: un passaggio, cioè traslazione a velocità standard, una rotazione, e due rotazioni. Per rotazione si intende che il pallet è stato posizionato su una piattaforma girevole, sottoposto a una o due rotazioni prima di uscire dal varco, per sottoporre i tag ad angoli diversi di incidenza del segnale RF. Cosa si può maggiormente apprezzare dei test fatti in laboratorio? I pallet sono stati fatti transitare attraverso un varco in cui sono state approntate quattro antenne di lettura, con tre modalità di test: un passaggio, cioè traslazione a velocità standard, una rotazione, e due rotazioni. Per rotazione si intende che il pallet è stato posizionato su una piattaforma girevole, sottoposto a una o due rotazioni prima di uscire dal varco, per sottoporre i tag ad angoli diversi di incidenza del segnale RF. Con un solo strato, quindi con molteplicità di confezioni 36, e con 2 strati, con molteplicità 72, sono stati letti tutti i tag sia con singolo passaggio che con una o due rotazioni, ma già a 3 strati un unico passaggio non garantiva la totale lettura: si va da un minimo di 97 tag letti sui 108 totali dei 3 strati, a un massimo di 103. Le performance migliorano con la rotazione: tutti i tag dei 3 strati sono stati letti già con una sola rotazione. Aumentando gli strati, il tasso di lettura, pur non raggiungendo mai la totalità, migliorava con più rotazioni. Tra gli elementi portati a spiegazione di questi risultati invero non particolarmente incoraggianti, gli algoritmi di anticollisione: lo si sta ancora verificando, ma algoritmi più sofisticati potrebbero portare a risultati migliori. Le rotazioni multiple comportano tempo, e con l RFID ci si aspetta un tempo di lettura tendente a zero; ma gli uomini di azienda si aspettano benefici rispetto ai tempi attuali, per cui il confronto è da farsi tra la tempistica dei processi in essere e quella ottenibile con l RFID. Dopo i risultati dei test di laboratorio, poi sul campo come è andata? Con pallet di composizione il più possibile vicina alla nostra realtà di inbound, abbiamo eseguito dei test con tag non adiacenti, quindi in una configurazione probabilmente difficile da trovare nella pratica, richiedendo accortezze nella preparazione del pallet da parte del produttore per avere la maggior parte dei tag sul lato esterno, evitando così l adiacenza, rivelatasi come fonte di criticità. Con scorrimento e rotazioni, e con disposizioni diverse, non abbiamo comunque ottenuto la lettura di tutti i tag, per cui ci siamo focalizzati sull influenza che poteva derivare, per confezione o contenuto, da specifici articoli. Emblematico il caso di un prodotto con confezione simile a quella del caffè, una pellicola metallica che fa da schermo. Altrettanto emblematico l olio di ricino che, in quanto liquido, avrebbe dovuto 66

Sono stati fatti anche test per verificare se l altezza di un pallet potesse costituire una problematica, ma anche con altezze fino a 190 cm non vi sono state criticità particolari rispetto a quelle dei pallet più bassi. re impacchettate all interno delle unità di carico. Prodotti con imballo primario metallico, tipo spray o blister, non sembrano problematici anche in caso di piccoli colli, ma solo se sono presenti delle intercapedini, quindi, se in qualche modo il pallet respira ; diversamente, con eccessiva vicinanza, il tasso di lettura cala notevolmente. creare problemi, ma non ne ha dati. La problematica della lettura si manteneva anche eliminando prodotti critici (liquidi e metalli), tant è che le criticità maggiori andavano individuate nella numerosità dei colli e nell adiacenza dei tag. Questo ha portato a verificare se la movimentazione di un pallet con dei vuoti anche fisicamente non visibili, quindi con contenitori leggermente più grandi non pieni di prodotto, potesse dare margini di miglioramento. La necessità di evitare eccessivo accostamento e sovrapposizione dei tag enfatizza l importanza di un adeguato schema di pallettizzazione e porta a delle considerazioni di processo non banali. Un pallet può essere realizzato anche automaticamente, e in tal caso si potrebbe intervenire, ma nel caso di colli misti realizzati dal personale, potrebbe non essere facile guidare gli operatori a creare pallet RFID-compliant : chiaro esempio non tanto di criticità della tecnologia quanto dell applicazione, con l emergere di processi che, finora poco considerati, diventano rilevanti. Abbiamo anche fatto dei test per verificare se l altezza di un pallet potesse costituire una problematica, ma anche con altezze fino a 190 cm non vi sono state criticità particolari rispetto a quelle dei pallet più bassi. Si sono confermate difficoltà di lettura soprattutto in presenza di prodotti liquidi che di confezioni piccole che potevano esse- Il messaggio è chiaro: per introdurre l RFID in azienda si devono modificare i processi; ma qui andiamo ben oltre l impatto sull organizzazione, sul flusso di informazioni, per incidere più in profondità, su come deve essere pensata una confezione affinchè sia RFID-compliant; c è del nuovo in questo approccio? Ho fortemente voluto questo test, e proprio nella mia azienda, perchè non ritengo più accettabile che l RFID continui a essere vista con i paraocchi. Il punto essenziale è che occorre essere RFID-compliant rispetto a tutti i processi. Un packaging RFID-compliant è diverso da quello barcode-compliant, perché, e l evidenza lo mostra, ci sono dei particolari, anche minimi e banali, che incidono pesantemente. E sarebbe sbagliato non considerare gli impatti su processi che oggi hanno rilevanza praticamente nulla: tipico il caso delle modalità con cui si compone un pallet, poco importante nel caso barcode. Per assumere delle posizioni realistiche, oltre alla tecnologia, occorre ben analizzare l insieme dei dettagli, con una visione di processo. Quindi, se qualcosa non funziona, la colpa non è solo del tag; ma normalmente si pensa che la colpa sia sempre della tecnologia Finchè a decidere sarà il tecnologo, con focus sul tag, non penso che l RFID possa avere un 67

Identificazione automatica Stimolare l adozione della tecnologia Il consorzio DAFNE DAFNE è un Consorzio di Aziende Farmaceutiche e Aziende di Distribuzione Intermedia (Grossisti) al quale partecipano Aziende di Distribuzione Primaria (Depositari), la cui missione è creare e sviluppare una partnership all interno della filiera farmaceutica per l ottimizzazione del processo di distribuzione del farmaco. L integrazione tra i partner si realizza sviluppando progetti comuni alla filiera per l ottimizzazione gestionale (flussi informativi dei documenti) e logistica (flussi fisici delle merci) della stessa, utilizzando il supporto dei collegamenti telematici basati su standard EDI (Electronic Data Interchange) e Internet. A questa mission originale si sono aggiunti altri obiettivi, e oggi Dafne è una vera e propria comunità operativa B2B dove, al di là della condivisione di standard consolidati, si svolgono, con collaborazioni qualificate, progetti di ricerca con applicazioni da testare poi sul campo. L operatività di Dafne è garantita da gruppi di lavoro per progetto, tra cui quello della logistica collaborativa, che si pone come obiettivo, oltre alla standardizzazione dei canali informativi attraverso i canali di Dafne, anche quello delle codifiche fisiche di colli e item movimentati lungo la filiera: proprio in questo ambito si colloca il progetto di test dell RFID. Dalla composizione di Dafne, una conferma della sua rilevanza: 45 aziende farmaceutiche (95% di market share), 28 distributori intermedi (99% di market share), 21 depositari (la totalità dei partner di distribuzione primaria). Da aggiungere che Dafne, da una ricerca del Politecnico di Milano, si configura come secondo operatore B2B in ambito italiano: come percentuale di ordini transati online rispetto al totale degli ordini emessi, quindi una valutazione volumetrica degli scambi, oltre il 70% di questi volumi transita su Dafne. futuro. Occorre enfatizzare gli effetti collaterali, perchè se i limiti del tag sono quelli della fisica, è importante capire che lavorandoci attorno si possono creare i prerequisiti per una corretta operatività, valutando quanto costa un dato prerequisito rispetto ai vantaggi di una lettura veloce e affidabile. Un tecnologo, se con un passaggio nel varco i tag di un pallet non sono tutti letti, afferma che la tecnologia non è affidabile, e ha ragione; ma un uomo di business deve avere un approccio diverso: se con 5 passaggi con rotazione ho lettura certa, e occorrono 15 secondi, mentre il processo in modalità tradizionale dura 15 minuti, il vantaggio è apprezzabilissimo e diventa elemento di business. Cioè, non si dice che un solo passaggio nel varco annulla l affidabilità, ma che occorre fare più passaggi. Lasciare spazi vuoti nei pallet spreca dei volumi, ma avere un pallet in più rispetto ai vantaggi su altre attività di processo, a livello di filiera si è ripagati o è solo un costo? \Il posizionamento dei tag all esterno dei pallet migliora le prestazioni, ma per esempio il personale di cooperativa potrebbe avere un costo a pallet, e una maggiore attenzione si traduce in maggiori costi per l azienda, che però sarebbero scaricabili sulla successiva fase di spunta dei prodotti, automatizzata da una completa lettura dei tag. In sostanza, la tecnologia è importante, ma occorre una visione più ampia. I risultati dei test ci hanno dato spunti su cui meditare per individuare innovazioni non necessariamente complesse ma risolutive. Emblematico il rapporto tra package e tag. La numerosità e l adiacenza dei tag sono criticità evidenti, ma cosa è prevalente? Ad esempio per pallet da 7 strati e 252 colli la criticità maggiore è nella numerosità oppure nell adiacenza? In quanto utilizzando package con un minimo di aria questa adiacenza di fatto si elimina. Occorre verificare se i tag che non restituiscono il segnale sono sempre gli stessi, per capire se il problema arriva da un pallet denso o da un interferenza random, e investigare quali soluzioni di composizione del pallet consentono un miglior rapporto tra reader e tag: qui la fantasia deve veramente aiutare. Per esempio, realizzando un pallet attorno a un supporto di cartone vuoto si darebbe maggior accessibilità ai tag da parte del segnale RF; si perdono spazi, ma la lettura totale comporta vantaggi enormi. Si deve provare, come per il package oggi concepito per non lasciare spazi vuoti, ma un po di vuoto migliorerebbe le prestazioni di lettura. Dai test abbiamo visto che si hanno miglioramenti nella lettura quando una dimensione del package prevale sulle altre (confezioni snelle ). L ipotetica definizione di package RFID-compliant si scontra però con l assenza di standard dimensionali, in quanto tutto dipende dagli impianti di confezionamento dei produttori. Finora abbiamo parlato del fronte tag, ma per la parte di lettura, per le antenne, quali risultati avete ottenuto dai vostri test? Nei varchi usati per i test le antenne sono orientate ma fisse; abbiamo visto che sottoponendole a dei movimenti casuali si ottengono risultati migliori. Il fenomeno non è ancora stato ben esplorato, non è ancora individuato il movimento per cui si ha il risultato massimo. Questa evidenza potrebbe aprire un nuovo filone di studio. Al posto di varchi fissi attraverso cui passa la merce, nessuno vieta di concepire una specie di tunnel che si adatta al pallet. Viene da pensare che un trucco risolutivo potrebbe essere l abbinamento tra tecnologie avanzate, l RFID appunto, e la vecchia e classica cinematica. 68

Prodotti con imballo primario metallico, tipo spray o blister, non sembrano problematici anche in caso di piccoli colli, ma solo se sono presenti delle intercapedini, quindi, se in qualche modo il pallet respira ; diversamente, con eccessiva vicinanza, il tasso di lettura cala notevolmente. Indubbiamente una notevole intuizione, e si torna al principio di fondo: tecnologia ma anche fantasia e creatività Ritengo che sia proprio dal confronto tra chi opera nei laboratori e chi ne è fuori, e per questo meno attento al rigore formale e più propenso ad affermazioni anche banali, che si può ottenere la combinazione vincente. Anche in questo sta l importanza dei test, perchè nei laboratori certi percorsi vengono spesso trascurati. Noi vogliamo una valutazione il più possibile oggettiva, non fideistica del tipo: con l RFID cambiamo il mondo, oppure, l RFID non vale nulla. Oggi siamo qui, ma possiamo migliorare. Per esempio, è possibile che i varchi vadano bene solo per certe tipologie di prodotti; allora: questi articoli quanto rappresentano nel totale dei flussi? I miglioramenti possibili su questo stream quanto danno in termini di ricavi? Si può anche investire solo in un ambito più circoscritto, secondo una logica di adozione che si basa sulla consapevolezza che bisogna segmentare, che siamo in un mondo digitale per certe cose, con degli 0 e 1 netti, ma analogico per altre, da cui un continuo di soluzioni. Credo che questo valga anche per l RFID. Come conclusione, che valutazioni numeriche può darci dei vostri test sul campo? I dati statistici ci danno una lettura percentuale di tutti i colli testati, che si avvicina al 95%, ma considerando proprio tutti i colli, anche quelli più sfortunati, perchè in altri casi le percentuali sono più alte. Per alcune categorie addirittura si raggiunge il 100%. A livello pallet, siamo su percentuali del 75% considerando come non letti quelli in cui non sono stati letti il 100% dei colli. Non siamo vicinissimi alla lettura totale, ma ritengo che siano ben più importanti delle risultanze numeriche i sentieri di indagine che, pur avendo poco a che fare con il lato tecnologico, possono dare contributi decisivi. Solo coniugando teoria e specializzazione con un approccio molto pratico, il tutto in una visione d insieme dei processi, possiamo facilitare la comprensione dei fenomeni e stimolare le imprese a muoversi verso l adozione della tecnologia. Ringraziamenti Si ringrazia per la parte Comifar Alberto Cucciati, responsabile Stock Management, e Davide Masciandaro, responsabile Servizi Centrali Logistica; per il Politecnico di Milano Alessandro Perego, direttore RFID Solution Center, Giovanni Miragliotta, responsabile Progetti, e i ricercatori Laura Franchi e Daniele Piazza. Q 69