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Appunti di Analisi Funzionale a cura di Stefano Meda Dipartimento di Matematica e Applicazioni Università di Milano-Bicocca c 2006 Stefano Meda

ii

Chapter 1 Spazi localmente convessi 1.1 Spazi vettoriali topologici Definizione 1.1.1 Chiamiamo spazio vettoriale topologico uno spazio vettoriale X munito di una topologia τ rispetto alla quale le operazioni di somma e di prodotto per uno scalare sono continue. Esplicitamente: (x, y) x + y e (α, x) α x sono continue da X X in X e da F X in X, dove F indica il campo degli scalari (R o C nel seguito). Esempio 1.1.2 Uno spazio normato è uno spazio vettoriale topologico. Sia X uno spazio vettoriale topologico. A ogni x in V e a ogni α in F \ {0} associamo l operatore di traslazione T v e l operatore di moltiplicazione M α, definiti da T v w = v + w e M α w = α w w X. Osservazione 1.1.3 Gli operatori T v e M α sono omeomorfismi di X in sè (esercizio). Conseguentemente la topologia τ è invariante per traslazioni, cioè A è aperto se e solo se A + v è aperto per ogni v in X. Ne consegue che per assegnare τ è sufficiente assegnare un sistema fondamentale di intorni di 0. Esempio 1.1.4 Uno spazio metrico, che è anche uno spazio vettoriale, non è necessariamente uno spazio vettoriale topologico. 1

2 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Per ogni x, y in R poniamo d(x, y) = 0 se x = y e x y se x, y (, 0] d(x, y) = d(y, x) = x + 1 se x (, 0] e y (0, ) 1 se x, y (0, ) e x y. Si verifica facilmente che d è una metrica su R. Notiamo che se x è in R +, allora {x} è un intorno aperto di x nella topologia indotta da d. Tuttavia {x} 2x non è un intorno di x. Quindi la topologia indotta da d non è invariante per traslazioni; ne deduciamo che essa non può essere una topologia di spazio vettoriale topologico. Si può dimostrare questa affermazione per via più diretta mostrando che la moltiplicazione per uno scalare non è un operazione continua. In particolare, siano {α n } una successione in R +, che tende a 0, e y R +. Se la moltiplicazione per uno scalare fosse continua, allora si avrebbe α n y 0; d altra parte d(α n y, 0) = 1 per ogni n. Definizione 1.1.5 Siano X uno spazio vettoriale e C un sottoinsieme di X: (i) C si dice bilanciato se α C : α 1 α C C; (ii) C si dice assorbente se per ogni x in X esiste t in R + tale che x appartiene a α C per ogni α tale che α t. Osservazione 1.1.6 Un sottoinsieme bilanciato C di X è stellato rispetto a 0. Un sottoinsieme C di X è bilanciato se e solo se C = α: α 1 M α(c). Un sottoinsieme C di X è assorbente se e solo se α C è assorbente per ogni α in F \ {0}. L intersezione di insiemi bilanciati e l unione di insiemi bilanciati sono bilanciati. Se A e B sono insiemi bilanciati, allora A + B è bilanciato. Osservazione 1.1.7 Notiamo che se B è bilanciato e β è un numero complesso con β = 1, allora βb = B. Infatti, da un lato βb B poiché B è bilanciato. Dall altro B = ββ 1 B βb (perché β 1 = 1 e B è bilanciato). Lemma 1.1.8 Sia X uno spazio vettoriale topologico. Valgono le affermazioni seguenti: (i) ogni intorno di 0 è assorbente;

1.1. SPAZI VETTORIALI TOPOLOGICI 3 (ii) ogni intorno di 0 contiene un intorno bilanciato; (iii) la famiglia U(0) degli intorni bilanciati di 0 ha le proprietà seguenti: (a) è una base in 0; (b) per ogni U in U(0) esiste V in U(0) tale che V + V è contenuto in U; (c) per ogni U 1, U 2 in U(0) esiste U 3 in U(0) tale che U 3 U 1 U 2. Dimostrazione. Dimostriamo (i). Siano U un intorno di 0 X e x in X. L applicazione α α x è continua per definizione di spazio vettoriale topologico; in particolare è continua in 0. Quindi all intorno U di 0 X corrisponde un intorno ( δ, δ) di 0 F tale che β x appartiene a U, cioè x appartiene a β 1 U, per ogni β in ( δ, δ), come richiesto. Dimostriamo (ii). Sia U un intorno di 0. Per la continuità in (0, 0) dell applicazione (α, x) α x, esistono δ in R + e un intorno V di 0 X tali che α V è contenuto in U per ogni α tale che α < δ. Consideriamo l insieme W definito da W = α V. α: α <δ Evidentemente W è un intorno bilanciato di {0} contenuto in U. Ora dimostriamo (iii). Indichiamo con U(0) la famiglia degli intorni bilanciati di 0. La parte (a) è conseguenza diretta di (i) e (ii). Dimostriamo (b). Sia U un intorno di 0 X. Per la continuità della mappa (x, y) x + y nel punto (0, 0) esistono due intorni V 1 e V 2 di 0 X tali che V 1 + V 2 è contenuto in U. Per (ii) possiamo supporre che V 1 e V 2 siano bilanciati. Sia ora V = V 1 V 2. È immediato verificare che V è un intorno bilanciato di 0 tale che V + V è contenuto in U. Infine (c) è ovvia perché l intersezione di insiemi bilanciati è bilanciata. Viceversa, abbiamo il seguente importante risultato. Teorema 1.1.9 Sia X uno spazio vettoriale su F. Sia U una collezione di sottoinsiemi non vuoti di X che soddisfa le proprietà seguenti: (i) ogni elemento di U è bilanciato e assorbente; (ii) per ogni U in U esiste V in U(0) tale che V + V è contenuto in U; (iii) per ogni U 1, U 2 in U(0) esiste U 3 in U(0) tale che U 3 U 1 U 2.

4 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Allora esiste un unica topologia di spazio vettoriale topologico su X rispetto alla quale U è un sistema fondamentale di intorni di 0. Dimostrazione. [TL, p. 96]. Esempio 1.1.10 Per ogni a > 0 consideriamo Σ a := {(x, y) R 2 : y < a}. La famiglia {Σ a } a>0 è un sistema fondamentale di intorni di 0 per un unica topologia τ di spazio vettoriale topologico su R 2. Notiamo che τ non è di Hausdorff (non è nemmeno T 1 : i punti (0, 0) e (0, 1) non hanno intorni distinti). In particolare τ non proviene da una norma. Esercizi 1. Sia X lo spazio vettoriale delle funzioni continue su (0, 1). Per ogni f in X e per ogni ε in R + indichiamo con U(f; ε) l insieme delle funzioni g in X tali che sup f(x) g(x) < ε. x (0,1) Sia τ la topologia generata dagli insiemi U(f; ε), al variare di f in X e di ε in R +. Mostrare che la somma in X è τ-continua, ma la moltiplicazione per uno scalare (non nullo) non lo è. 2. Sia B = {(z 1, z 2 ) C 2 : z 1 z 2 }. Mostrare che B è bilanciato, ma il suo interno non lo è. 3. Sia τ la topologia discreta di R, indotta dalla metrica discreta d, definita da { 0 se x = y d(x, y) = 1 se x y. La topologia τ è una topologia di spazio vettoriale topologico? 1.2 Spazi localmente convessi 1.2.1 Definizione e prime proprietà Definizione 1.2.1 convesso se Siano X uno spazio vettoriale e C un sottoinsieme di X; C si dice x, y C, t [0, 1] (1 t)x + ty C.

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 5 Definizione 1.2.2 Diciamo che uno spazio vettoriale topologico di Hausdorff X è localmente convesso se e solo se ammette un sistema fondamentale di intorni di 0 convessi. Caveat. Molti autori non includono nella definizione di spazio localmente convesso la richiesta che la topologia sia di Hausdorff. Osservazione 1.2.3 In particolare, una topologia localmente convessa è invariante per traslazioni, e, per assegnarla, è sufficiente assegnare un sistema fondamentale di intorni di 0. Teorema 1.2.4 Ogni spazio localmente convesso ammette una base in 0 di intorni convessi e bilanciati. Dimostrazione. [TL, Theorem 10.5, p. 102]. Osservazione 1.2.5 Osserviamo che esistono spazi vettoriali topologici di Hausdorff non localmente convessi. Ad esempio, si può dimostrare che se (M, µ) è uno spazio di misura, e p è in (0, 1), allora L p (µ) non è localmente convesso [Ru1, p. 36]. Si può anche dimostrare che L p (µ) è privo di funzionali lineari continui non nulli. Una delle ragioni dell importanza degli spazio localmente convesso tra gli spazio vettoriale topologico è l abbondanza dei funzionali lineari continui. 1.2.2 Seminorme e funzionale di Minkowski Il modo più frequente di assegnare una topologia localmente convessa è mediante una famiglia di seminorme. Definizione 1.2.6 Sia X uno spazio vettoriale. Chiameremo seminorma su X una funzione ρ : X [0, ) con le proprietà seguenti: (i) ρ(x + y) ρ(x) + ρ(y) x, y X; (ii) ρ(αx) = α ρ(x) α C x X. Esempio 1.2.7 Una norma ρ su X è una seminorma su X con in più la proprietà ρ(x) = 0 x = 0.

6 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Esempio 1.2.8 Ad ogni f in C(R) associamo ρ(f) := sup f(x) ; x [0,1] ρ è una seminorma, ma non una norma. Osserviamo che Ker(ρ) = {f C(R) : f [0,1] 0}. Esempio 1.2.9 Ad ogni f in C c (R n ) ad ogni compatto K di R n e a ogni multiindice I associamo ρ K,I è una seminorma su C c ρ K,I (f) := sup D I f(x) ; x K (R n ), ma non una norma. Esempio 1.2.10 Se ρ è una seminorma su X, l insieme N ρ := {x X : ρ(x) = 0} è un sottospazio vettoriale di X. La funzione ρ : X/N ρ [0, ), definita da è una norma sullo spazio quoziente. ρ(x) := inf{ρ(y) : y x + N ρ }, Ad esempio, siano p in [1, ] e L p (µ) lo spazio delle funzioni misurabili sullo spazio di misura (X, M, µ) tali che ( ) 1/p ρ p (f) = X f p dµ < se p [1, ) sup f < se p =. Allora ρ p è una seminorma su L p (µ), N p è il sottospazio delle funzioni nulle q.o. (µ). Lo spazio quoziente L p (µ)/n p è L p (µ) e ρ p (f) = f p. Proposizione 1.2.11 Sia ρ una seminorma sullo spazio vettoriale X. Valgono le affermazioni seguenti: (i) ρ(x) ρ(y) ρ(x y) x, y X; (ii) ρ(0) = 0; (iii) B ρ (1) := {x X : ρ(x) < 1} è un insieme convesso, bilanciato, assorbente.

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 7 Dimostrazione. Esercizio: la dimostrazione è identica a quella per le norme. Mostriamo ora che un insieme convesso, bilanciato e assorbente in uno spazio vettoriale individua una seminorma. Definizione 1.2.12 Siano X uno spazio vettoriale e B X convesso, bilanciato e assorbente. Chiamiamo funzionale di Minkowski l applicazione ρ B : X [0, ), definita da ρ B (x) = inf{t > 0 : x tb}. Proposizione 1.2.13 Siano X uno spazio vettoriale e B X convesso, bilanciato e assorbente. Allora ρ B è una seminorma e {x X : ρ B (x) < 1} B {x X : ρ B (x) 1}. (1.2.1) Dimostrazione. come richiesto. Dimostriamo che ρ B è omogenea. Siano x in X e α in C \ {0}. Allora ρ B (α x) = inf { t > 0 : α x t B } = inf { t > 0 : x t α e i arg α B } (per l Osservazione 1.1.7) = inf { t > 0 : x t α B} = α ρ B (x), Dimostriamo che ρ B soddisfa la disuguaglianza triangolare. Siano x e y in X e ε in R +. In conseguenza della definizione di funzionale di Minkowski e del fatto che B è bilanciato, i punti x/ ( ρ B (x) + ε ) e y/ ( ρ B (y) + ε ) sono in B. Infatti, sia t > ρ B (x) e mostriamo che x appartiene a tb (un argomento simile si applica a ρ B (y)). Per definizione di ρ B (x) esiste t 0 in (ρ B (x), t) tale che x appartiene a t 0 B. Allora perché B è bilanciato e t 0 /t < 1. x t = x t 0 t 0 t t 0 t B B, Poiché B è convesso, il punto z t, definito da z t = (1 t) x ρ B (x) + ε + t y ρ B (y) + ε (1.2.2)

8 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI è in B per ogni t in [0, 1]. Osserviamo che α z t = x + y in particolare se α = ρ B (x) + ρ B (y) + 2ε e t = ρ B (y) + ε ρ B (x) + ρ B (y) + 2ε. Per ottenere questi valori è sufficiente imporre che i coefficienti di x e y nell espressione di α z t che si ottiene da (1.2.2) siano entrambi uguali a 1. In particolare, per questi valori di t e di α il punto x + y appartiene a α B. Per definizione di funzionale di Minkowski ρ B (x + y) α = ρ B (x) + ρ B (y) + 2ε. La disuguaglianza triangolare cercata segue per l arbitrarietà di ε. Infine, dimostriamo la disuguaglianza (1.2.1). Se x appartiene a B, allora ρ B (x) 1 per definizione di funzionale di Minkowki, da cui segue la disuguaglianza di destra. Sia ora x in X tale che ρ B (x) < 1. Per definizione di funzionale di Minkowski, esiste t in (ρ B (x), 1) tale che x appartiene a tb. Ma tb B, perché B è bilanciato, e anche la disuguaglianza di sinistra è provata. Esercizi 4. Calcolare il funzionale di Minkowski associato ai sottoinsiemi R, S e Q di R 2 definiti da R = {(x, y) R 2 : x + y < 1} S = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 < 1} Q = {(x, y) R 2 : max( x, y ) < 1}. 5. Siano X uno spazio vettoriale finito-dimensionale e B un sottoinsieme di X convesso bilanciato e assorbente. La seminorma ρ B (funzionale di Minkowski associato a B) è necessariamente una norma? 6. Mostrare che le inclusioni nella formula (1.2.1) possono essere proprie. 1.2.3 Topologia seminormata Definizione 1.2.14 Siano X uno spazio vettoriale e F una famiglia di seminorme su X. Diciamo che la famiglia F separa i punti di X se ρ(x) = 0 ρ F x = 0.

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 9 Esempio 1.2.15 Il duale topologico di uno spazio di Banach X separa i punti di X. Definizione 1.2.16 Sia X spazio vettoriale (su R o su C) munito di una famiglia F di seminorme che separano i punti di X. La topologia seminormata τ F generata da F su X è la topologia di spazio vettoriale topologico meno fine rispetto alla quale tutte le seminorme di F sono continue. (N.B.: τ F è invariante per traslazioni) Notazione. Sia ρ una seminorma. Per ogni ε in R + indichiamo con B ρ (ε) l insieme ρ 1( [0, ε) ), cioè l insieme {x X : ρ(x) < ε}. Siano F una famiglia di seminorme e F un sottoinsieme finito di F. Per ogni ε in R + poniamo U(F ; ε) = B ρ (ε). (1.2.3) ρ F Osservazione 1.2.17 Siano F una famiglia di seminorme e F un sottoinsieme finito di F. Per ogni ε in R + l insieme U(F ; ε) appartiene a τ F, perché è intersezione finita di insiemi del tipo B ρ (ε), che sono aperti, essendo ρ una funzione continua per definizione di topologia seminormata. Proposizione 1.2.18 Siano X uno spazio vettoriale, F una famiglia di seminorme che separa i punti di X. Allora la topologia seminormata τ F generata da F è di Hausdorff. Dimostrazione. Poiché F separa i punti di X, dati x, y in X, con x y, esiste ρ in F tale che ρ(x y) 0. Sia 0 < ε < ρ(x y)/2 e consideriamo l intorno B ρ (ε) = {z X : ρ(z) < ε}. Evidentemente x y / B ρ (ε) e y x / B ρ (ε). Perciò x / y + B ρ (ε) e y / x + B ρ (ε). Notiamo che y + B ρ (ε) è un intorno di y e che x + B ρ (ε) è un intorno di x. Inoltre ( y + Bρ (ε) ) ( x + B ρ (ε) ) =. Infatti, se z è in ( y + Bρ (ε) ) ( x + B ρ (ε) ), allora ρ(z y) < ε e ρ(z x) < ε. Ma allora, per la disuguaglianza triangolare ρ(x y) ρ(x z) + ρ(z y) < 2ε, contro l ipotesi che ε < ρ(x y)/2.

10 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Lemma 1.2.19 Siano X uno spazio vettoriale, F una famiglia di seminorme che separa i punti di X e τ F la topologia seminormata generata da F. Allora τ F è una topologia di spazio localmente convesso. Inoltre, una base di intorni di 0 nella topologia τ F è costituita dalla famiglia U di tutti gli insiemi della forma U(F ; ε) al variare di F tra i sottoinsiemi finiti di F e di ε in R +. Dimostrazione. Verifichiamo che U soddisfa le condizioni (i)-(iii) del Teorema 1.1.9. Per la Proposizione 1.2.11 B ρ (ε) è convesso bilanciato e assorbente. Poiché l intersezione di un numero finito di insiemi convesso, bilanciati e assorbenti è un insieme convesso, bilanciato e assorbente, tali sono gli elementi di U. Dato U in U, indichiamo con V l insieme (1/2) U. È semplice verificare che V è in U e che V + V U: quindi la condizione (ii) del Teorema 1.1.9 è soddisfatta. La condizione (iii) di tale teorema è soddisfatta in modo ovvio, perché se U 1 e U 2 sono in U, anche U 1 U 2 lo è. Possiamo concludere che U è una base in 0 per un unica topologia τ di spazio vettoriale topologico. Inoltre gli elementi di U sono anche convessi. Per dimostrare che τ è una topologia di spazio localmente convesso rimane da dimostrare che è di Hausdorff, cosa che faremo nel prosieguo della dimostrazione. Mostriamo che τ = τ F. Da un lato U è contenuta in τ F (vd. l osservazione che precede il lemma), ergo la topologia generata da U e dai suoi traslati, cioè τ, è contenuta in τ F. Dall altro, mostriamo che ogni ρ in F è continua rispetto a τ. Poiché ρ(x) ρ(y) ρ(x y), e τ è invariante per traslazioni, è sufficiente dimostrare che ρ è continua in 0. Ma questo è ovvio, perché ρ 1( [0, ε) ) è in U. Poiché τ F è la topologia meno fine rispetto alla quale ogni seminorma in F è continua, τ F τ. Osservazione 1.2.20 Poiché la topologia naturale di spazio localmente convesso è invariante per traslazioni, {x + U(F ; ε) : F sottoinsieme finito di F, ε > 0} è un sistema fondamentale di intorni di x.

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 11 Proposizione 1.2.21 Siano τ una topologia di spazio localmente convesso sullo spazio vettoriale X, U una base di intorni convessi e bilanciati di 0 e F la famiglia di seminorme F = {ρ U : U U}, dove ρ U indica il funzionale di Minkowski di U. Allora la topologia seminormata τ F generata da F coincide con τ. Dimostrazione. Osserviamo che F separa i punti di X. Infatti, supponiamo che ρ U (x) = 0 per ogni U in U. Sia x 0: poiché τ è di Hausdorff, esistono due intorni disgiunti U 0 e U x di 0 e di x, rispettivamente. Possiamo supporre che U 0 sia in U. Ma allora ρ U0 (x) 1 per la Proposizione 1.2.13; assurdo. Mostriamo che τ F τ. È sufficiente mostrare che i funzionali di Minkowski ρ U sono τ- continui, perché τ F, per definizione, è la topologia meno fine rispetto alla quale tutte le seminorme {ρ U } sono continue. Poiché ρ U è sublineare e τ è invariante per traslazioni, è sufficiente mostrare che ρ U è continuo in 0, equivalentemente che per ogni ε in R + l insieme ρ 1 U ([0, ε]) contiene un intorno di 0 nella topologia τ. Per l omogeneità di ρ U che contiene ε U per la Proposizione 1.2.13. ρ 1 U ([0, ε]) = ε {x X : ρ U(x) 1}, Mostriamo che τ τ F. Poiché τ e τ F sono invarianti per traslazioni, è sufficiente mostrare che per ogni intorno U in U esiste un intorno V di 0 nella topologia τ F tale che V U. Per la Proposizione 1.2.13 basta scegliere come V l insieme {x X : ρ U (x) < 1}. Osservazione 1.2.22 Siano X uno spazio vettoriale e ρ una norma su X. Sia τ la topologia seminormata su X generata da ρ. Allora τ è la topologia dello spazio normato (X, ρ). 1.2.4 Esempi di spazi localmente convessi Esempio 1.2.23 Consideriamo in R 3 le seminorme ρ 1 (x, y, z) = x 2 + y 2 e ρ 2 (x, y, z) = z. La topologia generata da ρ 1 e quella generata da ρ 2 non sono di Hausdorff. La famiglia {ρ 1, ρ 2 } separa i punti di R 3 e, quindi, genera una topologia naturale di spazio localmente convesso. Mostrare che essa è equivalente alla topologia euclidea.

12 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Ricordiamo il seguente risultato classico. Teorema 1.2.24 Sia Ω un aperto di R n. Valgono le affermazioni seguenti: (i) esiste una successione {V N } di insiemi aperti precompatti tali che V N V N+1 per ogni intero positivo N e N=1 V N = Ω; (ii) esiste una successione {f N } di funzioni C c (Ω) tali che supp (f N ) V N+1 e f N = 1 su V N. Dimostrazione. [Fo1, Prop. 4.31, Prop. 4.32, Lemma 8.18]. Esempio 1.2.25 Sia Ω un aperto di R n. Ricordiamo che L 1 loc (Ω) è lo spazio vettoriale delle classi di equivalenza di funzioni misurabili su Ω (rispetto alla relazione di equivalenza di uguaglianza quasi ovunque) e integrabili su ogni compatto contenuto in Ω. Sia {V N } una successione di aperti a chiusura compatta contenuta in Ω come nel teorema precedente. Su L 1 loc (Ω) consideriamo la successione di seminorme ρ k (f) := f dλ, V k dove λ denota la misura di Lebesgue su R n La famiglia {ρ k } separa i punti di L 1 loc (Ω) e quindi induce su L 1 loc (Ω) una topologia di spazio localmente convesso. Una differente scelta degli insiemi V k soddisfacenti le ipotesi del teorema precedente produce una differente famiglia di seminorme, ma la medesima topologia su L 1 loc (Ω). Esempio 1.2.26 Consideriamo C ([0, 1]). La successione di seminorme ρ j (f) := D j f j N induce su C ([0, 1]) una topologia naturale di spazio localmente convesso. Osserviamo che ρ 0 è una norma su C ([0, 1]). Tuttavia le topologie indotte da ρ 0 e dalla famiglia {ρ j } sono tra loro diverse. Ad esempio, nell intorno B ρ1 (1) non è contenuto B ρ0 (ε) per alcun ε > 0. La topologia indotta dalla norma ρ 0 è meno fine di quella indotta dalla famiglia {ρ j }.

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 13 Esempio 1.2.27 Siano X un insieme e C X lo spazio vettoriale delle funzioni su X a valori complessi. A ogni x in X associamo la seminorma ρ x su C X, definita da ρ x (f) = f(x). La famiglia {ρ x } x X induce su C X una topologia naturale di spazio localmente convesso, detta topologia della convergenza puntuale. Utilizzando uno degli esercizi al temine della Sezione 1.3 si può mostrare che una successione {f n } di elementi di C X converge all elemento f nella topologia di C X ora introdotta se e solo se {f n } converge a f puntualmente. Esempio 1.2.28 Siano X uno spazio topologico e C(X) lo spazio vettoriale delle funzioni continue su X a valori complessi. Per ogni K X sia ρ K la seminorma definita da ρ K (f) = max x K f(x). La famiglia {ρ K } K X induce su C(X) una topologia naturale di spazio localmente convesso, detta topologia della convergenza uniforme sui compatti. Utilizzando uno degli esercizi al temine della Sezione 1.3 si può mostrare che una successione {f n } di elementi di C(X) converge all elemento f nella topologia di C(X) ora introdotta se e solo se per ogni compatto K in X la successione {f n } converge a f uniformemente in K. Esempio 1.2.29 Sia Ω un aperto di R n. Le topologie seguenti sono importanti nella teoria delle distribuzioni. (a) E(Ω) è lo spazio C (Ω), munito della topologia definita dalle seminorme ρ K,m (f) = max max α m x K Dα f(x), dove m è un intero non negativo e K è compatto e contenuto in Ω. Notiamo che una successione {f N } in E(Ω) converge a f E(Ω) se e solo se per ogni multiindice α la successione {D α f N } converge uniformemente a D α f sui compatti di Ω; (b) sia K un compatto fissato in Ω. Denotiamo con D K (Ω) lo spazio delle funzioni C (Ω) con supporto contenuto in K, munito della topologia definita dalle seminorme ρ m (f) = max α m max x K Dα f(x). Notiamo che D K (Ω) si può identificare con D K (R n ).

14 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI (c) Cc (Ω) = K Ω D K(Ω) è lo spazio delle funzioni C a supporto compatto in Ω. Le seminorme dell esempio (a) definiscono una topologia localmente convessa su Cc (Ω) rispetto a cui Cc (Ω) è metrizzabile, ma non completo. Vedremo in seguito come introdurre su Cc (Ω) un altra topologia localmente convessa, non metrizzabile, rispetto a cui Cc (Ω) sia completo. Esempio 1.2.30 Topologie deboli. Siano X uno spazio vettoriale e Y un sottospazio vettoriale del duale algebrico di X (gli elementi di Y sono funzionali lineari non necessariamente continui su X), che separa i punti di X, cioè F (x) = 0 per ogni F in Y implica che x = 0. La Y topologia debole su X è la topologia meno fine su X rispetto alla quale tutti i funzionali della famiglia Y sono continui. Essa viene indicata con σ(x, Y ). Per ogni F in Y consideriamo la seminorma ρ F, definita da ρ F (x) = F (x) x X. Evidentemente F := {ρ F : F Y } è una famiglia di seminorme che separa i punti di X. Perciò essa induce su X una topologia di spazio localmente convesso, che indichiamo con τ F. Mostriamo che σ(x, Y ) = τ F. Da un lato, ogni funzionale F in Y è continuo rispetto a σ(x, Y ) per definizione di topologia debole; conseguentemente ogni seminorma ρ F, che è la composizione di F e di, è continua rispetto a σ(x, Y ). Quindi τ F σ(x, Y ). Dall altro, mostriamo che ogni funzionale F in Y è continuo rispetto alla topologia τ F. È sufficiente mostrare che F è continuo in 0; ma questo è ovvio, perché F 1 (B ε ) (qui B ε indica il disco in C con centro 0 e raggio ε) è un intorno di 0 X nella topologia τ F, e precisamente B ρ F (ε). Quindi τ F σ(x, Y ). La topologia debole di uno spazio di Banach X e la topologia debole del duale X di uno spazio di Banach sono esempi di topologie deboli nel senso della terminologia ora introdotta: nel primo caso la famiglia Y dei funzionali coincide con X, nel secondo con J(X), dove J indica l immersione canonica di X nel biduale X. Osservazione 1.2.31 puntuale su X. Notiamo che la topologia σ(x, X) è la topologia della convergenza

1.2. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI 15 Esercizi 7. Mostrare che Cc (R n ) non è ridotto alla sola funzione nulla. 8. Costruire una funzione ϕ in Cc (R) nulla su [ 2, 2] c e uguale a 1 in [ 1, 1]. 1.2.5 Limitatezza Definizione 1.2.32 Siano (X, τ) uno spazio vettoriale topologico ed E X. Diciamo che E è limitato (in senso topologico) se per ogni intorno U di 0 esiste s > 0 tale che E tu per ogni t > s. Osservazione 1.2.33 Si può dimostrare (vd. esercizio alla fine della sezione) che un sottoinsieme E di uno spazio vettoriale topologico è limitato se e solo se per ogni intorno U di 0 esiste almeno un t in R + tale che E t U. Osservazione 1.2.34 Sia (X, τ) uno spazio vettoriale topologico. Supponiamo che τ sia generata dalla norma ρ. Allora un sottoinsieme E di X è limitato (nel senso della definizione precedente) se e solo se cioè se e solo se E è limitato nella norma ρ. sup ρ(x) <, x E Caveat. Sia (X, τ) uno spazio vettoriale topologico. Supponiamo che τ provenga da una metrica (invariante per traslazioni 1 ) d. Le nozioni di limitatezza di un sottoinsieme E di X rispetto a d e nel senso topologico non necessariamente coincidono. Esempio 1.2.35 Consideriamo C ([0, 1]). Definiamo una topologia τ di spazio vettoriale topologico, dichiarando sistema fondamentale di intorni di 0 la famiglia delle intersezioni finite degli insiemi della forma U(j; ε) := {f C ([0, 1]) : D j f < ε} 1 Una metrica d su uno spazio vettoriale X si dice invariante per traslazioni se per ogni x in X d(x + v, x + w) = d(v, w) v, w X.

16 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI al variare di j in N e di ε in R +. Sia, poi, d la metrica su C ([0, 1]) definita da d(f, g) = j=0 D j (f g) 1 + D j (f g) 2 j. Evidentemente ( C ([0, 1]), d ) è uno spazio metrico limitato e la metrica d è invariante per traslazioni. Notiamo anche che d induce su C ([0, 1]) la topologia τ (ciò verrà provato in ambito più generale nel Teorema 1.4.3). Tuttavia, ciascuno degli intorni U(j; ε) non è limitato in senso topologico. Mostriamo, ad esempio, che U(0; 1) non è limitato. U(0; 1) U(1; t) è falsa per ogni t > 0. Infatti U(0; 1) contiene funzioni f con Df arbitrariamente grande. Basta mostrare che l inclusione Gli insiemi limitati in senso topologico giocano un ruolo molto importante nella teoria degli operatori. Proposizione 1.2.36 Siano X uno spazio localmente convesso con topologia generata dalla famiglia F di seminorme. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) E è limitato; (ii) sup x E ρ(x) < per ogni seminorma ρ in F; Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Siano ρ una seminorma e B ρ (1) = {x X : ρ(x) < 1}. Poiché E è limitato e B ρ (1) è un intorno di 0, esiste t in R + tale che E t B ρ (1). Conseguentemente sup ρ(x) sup ρ(t x) x E x B ρ(1) = t. Dimostriamo che (ii) implica (i). Sia U un intorno di 0. Dobbiamo mostrare che U assorbe E. Ora, U contiene un intorno di 0 della forma U(F ; ε) dove F è un sottoinsieme finito di F e ε > 0, ergo è sufficiente mostrare che U(F ; ε) assorbe E. Sia s := max sup ρ F x E ρ(x). Per ipotesi s è finito. Ma allora E (2s/ε) U(F ; ε). Infatti, l inclusione da dimostrare equivale a (ε/(2s)) E U(F ; ε), che è immediato verificare, data la definizione di s.

1.3. OPERATORI LINEARI 17 Esercizi 9. È vero che un sottoinsieme E di uno spazio vettoriale topologico è limitato se e solo se per ogni intorno U di 0 esiste almeno un t in R + tale che E t U? 10. Mostrare che se {x n } è una successione convergente nello spazio vettoriale topologico X, allora è limitata. 1.3 Operatori lineari Teorema 1.3.1 Siano (X, F) e (Y, G) due spazi localmente convessi e T : X Y una mappa lineare. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) T è continua; (ii) per ogni ρ in G esistono un sottoinsieme finito F di F e una costante C tali che ρ(t x) C σ(x) x X. σ F Dimostrazione. solo se è continua in 0. Poiché T è lineare e le traslazioni sono omeomorfismi, T è continua se e Supponiamo che T sia continua in 0 X e mostriamo (ii). Per ogni V in un sistema fondamentale di intorni in 0 Y esiste U in un sistema fondamentale di intorni in 0 X tale che T (U) V. (1.3.1) Sia, in particolare, V = {y Y : ρ(y) < 1}. Allora esistono σ 1,..., σ N in F e δ > 0 tali che soddisfa (1.3.1). U := { x X : max ( σ 1 (x),..., σ N (x) ) < δ } Notiamo che se x U e σ 1 (x) =... = σ N (x) = 0, allora deve essere ρ(t x) = 0. In caso contrario, infatti, avremmo ρ(t (λx)) > 1 per λ sufficientemente grande e tuttavia λx in U, perché σ 1 (x) =... = σ N (x) = 0. Sia ora x in X tale che σ 1 (x) +... + σ N (x) > 0. Allora x := δ 2 x σ 1 (x) +... + σ N (x)

18 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI appartiene a U. Quindi T x appartiene a V e ρ(t x ) 1. Perciò ρ(t x) = 2 ( σ1 (x) +... + σ N (x) ) ρ(t x ) δ 2 ( σ1 (x) +... + σ N (x) ). δ Scegliendo C := 2/δ, si ottiene (ii). Se vale (ii) allora T è continua in 0: evidente. Definizione 1.3.2 Siano F e G due famiglie di seminorme sullo spazio vettoriale X che separano i punti di X. Diciamo che le famiglie F e G sono equivalenti se τ F = τ G. Proposizione 1.3.3 Siano F e G due famiglie di seminorme sullo spazio vettoriale X che separano i punti di X. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) F e G sono equivalenti; (ii) ogni seminorma σ F è τ G -continua e ogni seminorma ρ G è τ F -continua; (iii) per ogni σ F esistono un sottoinsieme finito G di G e una costante C tali che σ(x) C ρ(x) x X ρ G e per ogni ρ G esistono un sottoinsieme finito F di F e una costante C tali che ρ(x) C σ F σ(x) x X. Dimostrazione. (i) (ii). Poiché ogni seminorma σ in F è τ F -continua e τ F coincide per ipotesi con τ G, σ è τ G -continua. Analogamente per le seminorme ρ in G. Dimostriamo che (ii) (i). Se ogni σ in F è τ G -continua, allora τ F τ G, perché F è la topologia di spazio vettoriale topologico meno fine rispetto alla quale le σ sono continue. In modo simmetrico se ogni ρ in G è F-continua, allora τ G τ F. Ne deduciamo che τ F = τ G, come richiesto. Notiamo ora che (i) vale se e solo se Id : (X, τ F ) (X, τ G ) e Id : (X, τ G ) (X, τ F ) sono operatori continui; in virtù del Teorema 1.3.1, questo equivale a (iii). È sovente utile considerare famiglie di seminorme che godono di una ulteriore proprietà.

1.3. OPERATORI LINEARI 19 Definizione 1.3.4 Diciamo che la famiglia di seminorme F sullo spazio vettoriale X è diretta se per ogni ρ 1, ρ 2 in F esistono ρ in F e una costante C tali che ρ 1 (x) + ρ 2 (x) C ρ(x) x X. È semplice mostrare che la proprietà precedente equivale alla seguente: per ogni sottoinsieme finito F di F esistono ρ in F e una costante C tali che ρ(x) C ρ (x) x X. ρ F Proposizione 1.3.5 Sia X uno spazio localmente convesso con topologia generata dalla famiglia di seminorme F. Allora esiste una famiglia diretta di seminorme G equivalente a F. Dimostrazione. Sia G l insieme dei sottoinsiemi finiti di F. Se G è in G, poniamo ρ G := σ G σ. Evidentemente {ρ G } G G è una famiglia diretta di seminorme. Si vede facilmente che F e G soddisfano la condizione (iii) della proposizione precedente e quindi generano la medesima topologia. Osservazione 1.3.6 Sia X uno spazio localmente convesso con topologia generata dalla famiglia diretta di seminorme F. Allora {U({ρ}; ε) : ρ F, ε > 0} è un sistema fondamentale di intorni di 0. Osservazione 1.3.7 È noto che la continuità di un operatore lineare tra spazi di Banach è equivalente al fatto che trasforma insiemi limitati in insiemi limitati. Come mostrato negli esercizi questa equivalenza cessa di valere per operatori tra spazi localmente convessi. Definizione 1.3.8 Uno spazio localmente convesso X si dice spazio di Mackey (o spazio bornologico) se per ogni spazio localmente convesso Y ogni operatore lineare T : X Y che trasforma insiemi limitati in insiemi limitati è continuo.

20 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Osservazione 1.3.9 Se X è uno spazio localmente convesso metrizzabile (vd. la Sezione 1.4), allora X è bornologico (vd. Esercizi). Vedremo che gli spazi di funzioni test coinvolti nella teoria delle distribuzioni sono bornologici. Si può dimostrare che non tutti gli spazi localmente convessi sono bornologici; ad e- sempio, sia X, Y una coppia duale (cioè X è uno spazio vettoriale e Y un sottospazio dei funzionali lineari su X che separa i punti) tale che la Y -topologia debole σ(x, Y ) e la topologia di Mackey τ(x, Y ) su X non coincidano. Allora la mappa identica I : ( X, σ(x, Y ) ) ( X, τ(x, Y ) ) porta insiemi limitati in insiemi limitati (gli insiemi limitati sono gli stessi nelle due topologie, perché i funzionali lineari continui sono gli stessi, vd. Proposizione 1.5.7), ma può non essere continua, perché, in generale, τ(x, Y ) è più forte di σ(x, Y ). Esercizi 11. Supponiamo che X sia uno spazio localmente convesso con topologia naturale generata da un numero finito di seminorme. Dimostrare che la topologia naturale è generata da una norma. 12. (i) Sia S una famiglia di seminorme. Supponiamo che esista una sottofamiglia finita ρ 1,..., ρ N di S tale che ρ 1 + + ρ N sia una norma. Dimostrare che S è equivalente a una famiglia di norme. (ii) Mostrare che una topologia di spazio localmente convesso su R n è la topologia euclidea. (Traccia: usare l equivalenza di tutte le norme su R n e la costruzione seguente. Scegliamo una seminorma ρ 1 e sia V 1 = {x : ρ 1 (x) = 0}. Allora dim(v 1 ) n 1. Se V 1 {0}, sia x 1 in V 1 e ρ 2 tale che ρ 2 (x 1 ) 0. Sia V 2 = {x : ρ 1 (x) + ρ 2 (x) = 0}. Procedere iterativamente) (iii) Mostrare che ogni funzionale lineare su un sottospazio finito-dimensionale di uno spazio localmente convesso ha un estensione continua a tutto lo spazio. (iv) Mostrare che ogni sottospazio finito-dimensionale di un spazio localmente convesso è chiuso.

1.4. NORMABILITÀ E METRIZZABILITÀ: SPAZI DI FRÉCHET 21 13. Sia X uno spazio localmente convesso con topologia generata dalla famiglia F di seminorme. Mostrare che una successione (generalizzata) {x n } converge a x in X se e solo se ρ(x n x) tende a 0 per ogni ρ in F. 14. Completare i dettagli della dimostrazione della Proposizione 1.3.5. 15. Mostrare che un operatore lineare continuo tra due spazi vettoriali topologici X e Y manda insiemi limitati in insiemi limitati. 1.4 Normabilità e metrizzabilità: spazi di Fréchet Definizione 1.4.1 Sia X uno spazio localmente convesso. Diciamo che X è normabile se la sua topologia naturale è indotta da una norma. Diciamo che X è metrizzabile se la sua topologia naturale è indotta da una metrica. Teorema 1.4.2 (Criterio di normabilità di Kolmogorov) La topologia di uno spazio localmente convesso X è generata da una norma se e solo se 0 ha un intorno convesso e limitato (nel senso topologico). Dimostrazione. La necessità dell affermazione è ovvia. Dimostriamone la sufficienza. L ipotesi e il Teorema 1.2.4 implicano che 0 ha un intorno U convesso bilanciato e limitato. Sia ρ U il funzionale di Minkowski di U. Mostriamo che ρ U è una norma. Poiché ρ U è una seminorma, è sufficiente mostrare che ρ U (y) = 0 y = 0. Sia ρ una seminorma tra quelle che generano la topologia di X: mostriamo che ρ (y) = 0. Sia U l insieme {x X : ρ (x) < 1}. Poiché U è limitato, esiste N in R + tale che U N U. D altra parte, poiché ρ U (y) = 0 e, per definizione di funzionale di Minkowski, ρ U (y) = inf{t R + : y t U}, esiste una successione {t n } di elementi di R + tale che t n 0 e y/t n appartiene a N U. Perciò ρ ( y t n ) < N n N. Da questa relazione e dall omogeneità di ρ ricaviamo che ρ (y) < N t n per ogni intero positivo n, e quindi, passando al limite al tendere di n a, che ρ (y) = 0. Poiché la famiglia di

22 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI seminorme che genera la topologia di X separa i punti di X, necessariamente y = 0, come richiesto. Sia τ la topologia data su X; indichiamo con τ U la topologia indotta dalla norma ρ U. Mostriamo che τ = τ U. Poiché τ e τ U sono invarianti per traslazioni, è sufficiente mostrare che ogni intorno in una base di intorni di 0 in τ contiene un intorno di 0 in τ U e viceversa. Sia V un intorno di 0 in τ. Poiché U è limitato, esiste N in R + tale che U N V, cioè (1/N) U V. Perciò V contiene una sfera nella norma indotta da ρ U. Viceversa, per ogni ε in R + denotiamo con B ρu (ε) l insieme {x X : ρ U (x) < ε}; B ρu (ε) è un intorno di 0 nella topologia τ U. Mostriamo che B ρu (ε) è anche un intorno di 0 nella topologia τ. Infatti, per la Proposizione 1.2.13 e un argomento di dilatazione, vale l inclusione B ρu (δ) δ U {x X : ρ U (x) δ} δ R +. Quindi B ρu (ε) {x X : ρ U (x) δ} δ U per ogni δ in (0, ε). Perciò τ U τ. Teorema 1.4.3 (Criterio di metrizzabilità) Sia X uno spazio localmente convesso con topologia τ. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) X è metrizzabile; (ii) X ha un sistema fondamentale numerabile di intorni di 0; (iii) τ è generata da una famiglia numerabile di seminorme. Dimostrazione. L implicazione (i) (ii) è vera in ogni spazio metrico. Dimostriamo l implicazione (ii) (iii). Per il Teorema 1.2.4 esiste una base numerabile {U n } di intorni di 0 convessi e bilanciati. Per la Proposizione 1.2.21 la successione {ρ Un } dei funzionali di Minkowski degli insiemi U n genera una topologia di spazio localmente convesso che coincide con la topologia di partenza. Dimostriamo l implicazione (iii) (i). Sia {ρ n } n N la famiglia numerabile di seminorme che genera τ. Poniamo d(f, g) = n=1 2 n ρ n (f g) 1 + ρ n (f g). Dimostriamo che d è una metrica su X. Se d(f, g) = 0, allora ρ n (f g) = 0 per ogni n; poiché la famiglia di seminorme {ρ n } separa i punti di X, f g = 0, cioè f = g.

1.4. NORMABILITÀ E METRIZZABILITÀ: SPAZI DI FRÉCHET 23 Dimostriamo la disuguaglianza triangolare. Indichiamo con φ : [0, ) [0, 1] la funzione φ(s) = s 1 + s. La disuguaglianza triangolare per d segue direttamente dalla disuguaglianza φ(s + t) φ(s) + φ(t) s, t [0, ), che ora dimostriamo. Possiamo riscrivere questa disuguaglianza nella forma φ(s + t) φ(s) t φ(t) ; t geometricamente essa asserisce che la pendenza della corda che unisce i punti sul grafico di φ di ascissa s e s + t è minore o uguale della pendenza della corda che unisce i punti sul grafico di φ di ascissa 0 e t. Ma questo fatto è una conseguenza diretta della concavità di φ. Per provare la concavità di φ è sufficiente dimostrare che la sua derivata seconda è 0. Dimostriamo che d induce su X la topologia τ. Poiché la topologia naturale e quella indotta da d sono entrambe invarianti per traslazioni, è sufficiente confrontare gli intorni di 0 nelle due topologie. È sufficiente considerare gli intorni del tipo U(ρ 1,..., ρ N ; ε) al variare di N tra gli interi positivi e di ε in R +. Per ogni ε in R + indichiamo con B(ε) l insieme {f X : d(f, 0) < ε}. Sia ε in R +. Mostriamo che se N è sufficientemente grande, allora U(ρ 1,..., ρ N ; ε/3) B(ε). Sia N tale che j=n+1 2 j < ε/3. Sia f in U(ρ 1,..., ρ N ; ε/3). Poiché d(f, 0) < ε, f appartiene a B(ε), come richiesto. Siano ε in R + e N in N. N j=1 2 j ρ j (f) 1 + ρ j (f) + j=n+1 Mostriamo che se η è tale che 2 N η < ε/2, allora B(η) U(ρ 1,..., ρ N ; ε) (notiamo che è sufficiente considerare ε piccolo e N grande). Infatti, se d(f, 0) < η, allora da cui ricaviamo che η > 2 j ρ j (f) 1 + ρ j (f) j N, 2 j ρ j (f) 1 + ρ j (f) < 2N η j {1,..., N}, cioè che ρ j (f) < 2 N η/(1 2 N η) < ε, come richiesto.

24 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Osservazione 1.4.4 La dimostrazione precedente mostra che la topologia di uno spazio localmente convesso metrizzabile può essere sempre generata da una metrica invariante. Osservazione 1.4.5 Può accadere che due metriche distinte d 1 e d 2 su uno spazio vettoriale X, che generano la medesima topologia di spazio localmente convesso, siano una invariante per traslazioni e l altra no. Può anche accadere che d 1 e d 2 abbiano proprietà metriche differenti, ad esempio, che (X, d 1 ) sia completo e (X, d 2 ) no (vd. esercizi). In particolare, questo significa che d 1 e d 2 non sono necessariamente metriche equivalenti. Definizione 1.4.6 Uno spazio localmente convesso metrizzabile, completo rispetto a una metrica invariante che induce la topologia naturale, si chiama spazio di Fréchet. Nella proposizione seguente utilizzeremo le notazioni dell Esempio 1.2.29. Proposizione 1.4.7 Sia Ω un aperto di R n. Valgono le affermazioni seguenti: (i) E(Ω) è uno spazio di Fréchet non normabile; (ii) D K (Ω) è uno spazio di Fréchet non normabile; (iii) la topologia di spazio localmente convesso su Cc metrizzabile, ma non è completa. (Ω) introdotta nell Esempio 1.2.29 è Dimostrazione. Le affermazioni (i) e (ii) sono lasciate per esercizio. Dimostriamo (iii). Poniamo K N := V N, dove V N è la successione dei compatti contenuti in Ω introdotti nel Teorema 1.2.24. Ricordiamo che valgono le proprietà K N K N+1 (inclusione propria) e N K N = Ω. La famiglia di seminorme {ρ m,kn } è numerabile e la topologia naturale ad essa associata coincide con quella definita dalle seminorme {ρ m,k }, dove K varia in tutti i compatti contenuti in Ω. Perciò tale topologia è metrizzabile. Sia d la metrica indotta. Mostriamo che Cc (Ω) non è completo rispetto a d. Una verifica diretta mostra che una successione è di Cauchy rispetto a d se e solo se lo è rispetto a ciascuna seminorma ρ m,kn. Sia {x j } una successione di punti in Ω tali che x j appartiene a K j+1 \ K j e ha distanza positiva da Kj+1. c Indichiamo con δ j la distanza di x j da K j Kj+1. c Sia poi ψ una funzione in Cc (R n ) con supporto contenuto in B(0, 1). Definiamo ψ j mediante la formula ψ j (x) = ψ ( ) 2(x x j )/δ j x R n.

1.4. NORMABILITÀ E METRIZZABILITÀ: SPAZI DI FRÉCHET 25 È semplice verificare che il supporto di ψ j è contenuto in B(x j, δ j /2), e, conseguentemente, è contenuto in K j+1 \ K j. Definiamo, ora, ϕ J := J ψ j. j=1 Evidentemente ρ m,kn (ϕ j ϕ k ) = 0 per ogni j, k > N, e, quindi, {ϕ j } è di Cauchy rispetto alla metrica d. Inoltre, rispetto a d, la successione {ϕ J } converge alla funzione ϕ := j=1 ψ j, che, però, non appartiene a C c (Ω). 1.4.1 Operatori tra spazi di Fréchet Alcuni importanti risultati validi per operatori tra spazi di Banach continuano a valere per operatori tra spazi di Fréchet: in particolare, tutti i risultati che sono conseguenza del teorema di Baire. Qui ci limitiamo a ricordare la versione del teorema di Banach Steinhaus, di cui faremo uso in seguito. Definizione 1.4.8 Sia Γ una famiglia di operatori lineari continui dallo spazio di Fréchet X allo spazio localmente convesso Y. Diciamo che Γ è puntualmente limitata se per ogni x in X esiste un insieme limitato F in Y tale che T x F per ogni T in Γ. Diciamo che Γ è uniformemente limitata se per ogni insieme limitato E in X esiste un insieme limitato F in Y tale che T (E) F per ogni T in Γ. Diciamo che Γ è equicontinua se per ogni intorno V di 0 Y tale che T (U) V per ogni T in Γ. esiste un intorno U di 0 X Osservazione 1.4.9 equivalente alla continuità. Se Γ contiene un solo elemento, l equicontinuità è evidentemente Osservazione 1.4.10 Dalle definizioni segue direttamente che Γ equic. Γ unif. lim. Γ punt. lim.. Supponiamo che Γ sia equicontinua. Sia E un insieme limitato in X: dobbiamo mostrare che esiste un insieme limitato F in Y tale che T (E) F per ogni T in Γ. Sia V un intorno di 0 Y. Poiché Γ è equicontinua, esiste un intorno U di 0 X tale che T (U) V per ogni T in Γ.

26 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI Essendo E limitato, esso è assorbito da U, cioè esiste t in R + tale che E t U. Allora, per la linearità di T, T (E) t T (U) t V T Γ. Posto F := T Γ T (E), abbiamo che F è limitato e che T (E) F per ogni T in Γ, come richiesto. L implicazione Γ unif. lim. Γ punt. lim. è ovvia (dipende dal fatto che ogni punto in uno spazio localmente convesso è un insieme limitato). Teorema 1.4.11 (Banach Steinhaus) Sia Γ una famiglia di operatori lineari continui dallo spazio di Fréchet X allo spazio localmente convesso Y. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) Γ è puntualmente limitata; (ii) Γ è uniformemente limitata; (iii) Γ è equicontinua. Dimostrazione. [Ru1, p. 43 45]. Corollario 1.4.12 Sia {T n } una successione di operatori lineari continui dallo spazio di Fréchet X allo spazio localmente convesso Y tale che T x := lim n T n x esiste per ogni x in X. Allora T è un operatore lineare continuo da X in Y. Dimostrazione. La successione {T n } è puntualmente limitata, perché per ogni x in X la successione {T n x} è convergente in Y per ipotesi (vd. uno degli esercizi della Sezione 1.2.5). Per il teorema precedente {T n } è una successione equicontinua. Dimostriamo che T è continuo in 0 X. Per ogni intorno V di 0 Y esiste un intorno U di 0 X tale che T n (U) V per ogni n. Conseguentemente T (U) V. Quindi T è continuo, come richiesto. Una conseguenza notevole del risultato precedente è il seguente teorema di completezza. Con X indichiamo lo spazio vettoriale dei funzionali lineari continui su X.

1.4. NORMABILITÀ E METRIZZABILITÀ: SPAZI DI FRÉCHET 27 Corollario 1.4.13 Sia X uno spazio di Fréchet. Sia {F n } una successione di elementi di X tale che {F n (x)} è una successione di Cauchy (in C) per ogni x in X. Allora esiste F in X tale che {F n F } tende a 0 nella topologia σ(x, X). Dimostrazione. Per ogni x in X definiamo F (x) := lim n F n (x). Per il corollario precedente F è in X e, ovviamente, F n F 0 nella topologia σ(x, X). Esercizi 16. Mostrare che se d è una metrica invariante su uno spazio localmente convesso X, allora per ogni intero positivo n vale la disuguaglianza d(nx, 0) n d(x, 0) (Traccia: utilizzare ripetutamente la disuguaglianza triangolare). Mostrare che se X è uno spazio localmente convesso metrizzabile e se {x n } è una successione convergente a 0 in X, allora esiste una successione {r n } di numeri reali positivi tale che lim r n = e lim r n x n = 0. n n (Traccia: per ogni intero positivo k esiste un intero positivo n k tale che d(x n, 0) < k 2 per ogni n n k ). Porre r n = k per ogni n compreso tra n k e n k+1 ). Utilizzando questo fatto mostrare che se X è uno spazio localmente convesso metrizzabile, allora è bornologico. 17. Indichiamo con X lo spazio delle funzioni continue su [0, 1]. Consideriamo due topologie su X: σ, indotta dalla metrica d(f, g) = 1 0 f(x) g(x) 1 + f(x) g(x) dx, e τ, la topologia seminormata della convergenza puntuale, indotta dalla famiglia {ρ x : x [0, 1]} di seminorme, dove ρ x (f) = f(x) f X. Sia J l identità tra (X, τ) e (X, σ). Dimostrare le affermazioni seguenti: (i) ogni insieme τ-limitato è anche σ- limitato. Perciò J manda insiemi limitati in insiemi limitati; (ii) J non è continua;

28 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI (iii) J è continua per successioni (suggerimento: utilizzare il teorema di convergenza dominata). Quindi (X, τ) non è metrizzabile. 18. Dimostrare che la topologia della convergenza uniforme sui compatti su C R è di Fréchet. Lo stesso vale per C(R). Mostrare che queste topologie non sono normabili. 19. Dimostrare che la topologia su L 1 loc (Ω) descritta nell Esempio 1.2.25 è di Fréchet. Mostrare che L 1 loc (Ω) non è normabile. 20. Dimostrare le affermazioni (i) e (ii) della Proposizione 1.4.7. 21. Mostrare che la topologia della convergenza puntuale su R R non è metrizzabile. Mostrare che la topologia della convergenza puntuale su R N è metrizzabile, ma non normabile. 22. Mostrare che non esiste una norma su C ([0, 1]) rispetto alla quale l operatore derivata D da C ([0, 1]) in sè sia continuo. (Traccia: considerare gli esponenziali x e λ x ) 23. Consideriamo due metriche d 1 e d 2 su R, definite da d 1 (x, y) = x y e d 2 (x, y) = arctan x arctan y x, y R. Mostrare che d 1 e d 2 inducono su R la medesima topologia di spazio localmente convesso, che (R, d 1 ) è completo e che (R, d 2 ) non lo è. Ciò è rilevante in relazione all Osservazione 1.4.5. 24. Sia d la metrica sullo spazio localmente convesso metrizzabile X (con seminorme {ρ n }) introdotta nella dimostrazione del Teorema 1.4.3. Mostrare che {x k } è di Cauchy rispetto a d se e solo se è di Cauchy rispetto a ciascuna seminorma ρ n. 1.5 Duale di uno spazio localmente convesso Definizione 1.5.1 Sia X uno spazio localmente convesso. Il duale topologico di X è lo spazio vettoriale dei funzionali lineari continui (a valori complessi) su X, e verrà denotato con X. Ricordiamo il seguente risultato, conseguenza diretta del teorema di Hahn Banach. Proposizione 1.5.2 Siano X uno spazio localmente convesso, M un suo sottospazio e x in X \ M non appartenente alla chiusura di M. Allora esiste un funzionale lineare continuo F su X tale che F (x) 0 e F M 0.

1.5. DUALE DI UNO SPAZIO LOCALMENTE CONVESSO 29 Dimostrazione. [TL, Thm 2.8, p. 129]. Osservazione 1.5.3 L importanza di questo risultato consiste nel fatto che esso assicura che X separa i punti di X. Si può munire X di varie topologie. In particolare, considereremo la topologia debole σ(x, X) introdotta nell Esempio 1.2.30. Nel caso in cui X sia di Banach, σ(x, X) è la topologia debole su X. Osservazione 1.5.4 La convergenza nella topologia σ(x, X) è la convergenza puntuale su X: una successione (generalizzata) {F n } converge a F se e solo se lim F n(x) = F (x) x X. n Proposizione 1.5.5 Siano X uno spazio vettoriale e Y un sottospazio vettoriale del duale algebrico di X che separa i punti di X. Il duale topologico di X, munito della topologia σ(x, Y ), è Y. Dimostrazione. lineari continui. Per definizione di topologia debole, gli elementi di Y sono funzionali Sia ora F un funzionale lineare continuo su X rispetto alla topologia σ(x, Y ). Allora esistono F 1,..., F N in Y \ {0} e una costante C tali che F (x) C N F j (x) x X. j=1 In particolare, N j=1 ker(f j) ker(f ). Mostriamo che F è combinazione lineare dei funzionali F 1,..., F N. Supponiamo che F = C (nel caso in cui F = R la dimostrazione è, mutatis mutandis, la stessa). Sia π : X C N, definita da π(x) = ( F 1 (x),..., F N (x) ). Notiamo che F (x) = F (x ) se π(x) = π(x ). Perciò è definito un funzionale Λ : π(x) C da Λ ( π(x) ) = F (x). Estendiamo Λ a un funzionale Λ su C N. Il funzionale Λ è rappresentato da un vettore di C N, diciamo (α 1,..., α N ); quindi Λ(u 1,..., u N ) = α 1 u 1 +... + α N u N (u 1,..., u N ) C N.

30 CHAPTER 1. SPAZI LOCALMENTE CONVESSI In particolare, F (x) = Λ ( π(x) ) = Λ ( F 1 (x),..., F N (x) ) = α 1 F 1 (x) +... + α N F N (x) x X, cioè F è combinazione lineare di F 1,..., F N, come richiesto. Proposizione 1.5.6 Sia X uno spazio di Fréchet infinito dimensionale. Allora la topologia ( X, σ(x, X) ) non è metrizzabile. Dimostrazione. Per assurdo: supponiamo che σ(x, X) sia metrizzabile. Allora esiste una successione di vettori {x j } j=1 tale che gli intorni U n (ε) della forma U n (ε) = {F X : F (x j ) < ε, j = 1,..., n} sono una base in 0 X. Indichiamo con V lo spazio vettoriale generato da {x 1, x 2, x 3...}. Per ogni intero positivo N sia X N lo spazio vettoriale generato da {x 1,..., x N }. È facile verificare che V = n=1 X N. Dimostriamo che esiste un vettore x in X \ V, cioè tale che non si può scrivere come combinazione lineare finita dei vettori {x n } n=1. Infatti, poiché X N è finito dimensionale, X N è di prima categoria in X. Per il teorema di Baire N X N è di prima categoria in X, e, quindi, è strettamente contenuto in X, poiché X è uno spazio metrico completo per ipotesi. Per ogni intero positivo N sia F N un funzionale lineare continuo su X tale che (equivalentemente F N XN F N (x) = 1 e F N (x 1 ) =... = F N (x N ) = 0 0). L esistenza di un funzionale con queste proprietà è garantita dal teorema di Hahn Banach (X N è chiuso perché è finito dimensionale). Notiamo che {F N } è una successione che converge a 0 X nella topologia σ(x, X). Infatti, dato un intorno U n (ε), F N appartiene a U n (ε) per N abbastanza grande (N n). Tuttavia F N (x) = 1 1 0 e questo mostra che {F N } non converge a 0 X convergenza in σ(x, X) è la convergenza puntuale su X): assurdo. nella topologia σ(x, X) (ricordiamo che la Proposizione 1.5.7 Siano X uno spazio localmente convesso con topologia generata dalla famiglia F di seminorme. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) E è limitato;