2. Il mercato del lavoro in Italia: un confronto con le principali tendenze riscontrate nei paesi dell Unione Europea



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2. Il mercato del lavoro in Italia: un confronto con le principali tendenze riscontrate nei paesi dell Unione Europea 2.1. Premessa Sempre al centro di discussioni, di critiche, spesso, se si vuole, messe al bando ingiustamente e con preconcetti a volte discutibili, le politiche italiane in materia di occupazione suscitano, in abito decisionale ed anche nell opinione pubblica, reazioni molto forti a dimostrazione dell importanza che comunque esse rivestono all interno dei programmi di sviluppo elaborati della forze politiche di rappresentanza del nostro Paese. Nonostante sia stato più volte e da più parti ricordato come il futuro delle nazioni moderne si giochi prevalentemente nella programmazione dello sviluppo occupazione, intesa come base necessaria per significative e decisive azioni di crescita economica, il nostro Paese viene a caratterizzarsi per un andamento del mercato del lavoro ancora contraddistinto dalla mancanza di una programmazione omogenea di medio e lungo periodo; di una programmazione, quindi, che sappia garantire la messa in opera di necessarie e funzionali azioni attive di sviluppo delle risorse umane, mantenendo ferma l esigenza di riflettere su misure «finalizzate ad elevare la qualità del nostro mercato del lavoro, tenendo conto delle caratteristiche e delle peculiarità della situazione italiana» 24. La mancanza di programmazione di lungo periodo delle politiche del lavoro ha prodotto uno sviluppo disomogeneo del mercato italiano, sia a livello settoriale che geografico. Ne è un caso emblematico la riforma dei servizi per l impiego che, seppur già adottata, riscontra ancora oggi forti difficoltà di messa a regime. Non vi è dubbio, comunque, che l Italia abbia accolto quelle che sono le tendenziali linee di sviluppo del mercato lavorativo internazionale, sebbene, come si riscontrerà in seguito, con alcune evidenti lacune messe in risalto anche dalla stessa Unione Europea. Stando alle rilevazione dell Istat, «nel corso degli anni Novanta l incidenza del terziario sull occupazione complessiva, in Italia, si è avvicinata a quella dei partner europei» 25, sebbene il confronto delle quote di popolazione occupata nei servizi evidenzi come il terziario, nel nostro paese, risulti ancora piuttosto sottodimensionato, sia in relazione alle 24 Ministero del Lavoro, Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia, Roma, 2001, p. X 25 Istat, Rapporto annuale 2000, Roma, p. 163.

possibilità complessive di sviluppo, quindi all offerta di servizi, sia in relazione ai possibili bacini di impiego. Una simile tendenze deve assolutamente fare riflettere, in quanto, già a partire dagli anni Ottanta, lo sviluppo dei servizi ha rappresentato la più importante fattore alla base della crescita dell occupazione nei paesi industriali avanzati, recando con sé un crescente miglioramento professionale delle forze di lavoro, il maggiore coinvolgimento della componente femminile nei ruoli decisionali e/o manageriali, lo sviluppo di nuove e più flessibili forme lavorative. È quindi sul campo della programmazione delle politiche di accrescimento del terziario, sull offerta dei servizi e sulla diffusione delle nuove tecnologie che oggi i paesi altamente sviluppati agiscono per omogeneizzare i relativi mercati del lavoro. 2.2. I limiti della strategia italiana per l occupazione indicati dalla Unione Europea I limiti Le considerazioni riportate nel Rapporto Congiunto 2001 evidenziano le preoccupazioni espresse dalla Commissione Europea sia nei confronti dell andamento strutturale del nostro mercato del lavoro, sia per quanto attiene le politiche attive in favore dell occupazione fino ad oggi elaborate in sede governativa. La Commissione Europea ha individuato i seguenti limiti che caratterizzano il mercato del lavoro: Un tasso di occupazione estremamente basso, che ci relega all ultimo posto tra i paesi dell Unione e pari al 10% in meno rispetto alla media europea; La persistenza di difficoltà strutturali che impediscono lo sviluppo del livello di occupazione delle fasce più a rischio di esclusione; quindi una bassa l occupazione giovanile, bassa propensione ad avviare attività dedicate al coinvolgimento lavorativo delle persone più anziane e forti differenze di genere; Grandi squilibri territoriali, con sacche di forte disoccupazione in molte zone del Meridione cui si contrappongono una serie di aree altamente sviluppate (prevalentemente nel Nord-Est) caratterizzate da una disoccupazione zero. Tali limiti persistono da tempo, nonostante la stessa Commissione abbia riconosciuto gli impegni dell Italia verso una diminuzione della disoccupazione che, all inizio dell anno è finalmente scesa sotto il 10%

Per quanto concerne le politiche di programmazione, i limiti sono stati riscontrati nella scarsa propensione dimostrata dal nostro Paese nell adottare misure innovative, che, viceversa, ha preferito concentrarsi più sull implementazione dell esistente. A ciò si devono aggiungere le critiche concernenti i ritardi nella verifica e riforma del sistema pensionistico, nell adozione di valide misure contro la prevenzione della disoccupazione giovanile e non di lungo periodo (riforma dei servizi per l impiego). Altri limiti vengono individuati dalla Commissione Europea nella scarsa incentivazione di nuove forme di lavoro spesso correlate alla scarsa diffusione dell innovazione tecnologica e nel persistere di un gander gap ancora troppo elevato, soprattutto nelle regione del Sud, causato da una strategia complessiva non globale e capace di creare risultati positivi solo in senso marginale. Le raccomandazioni dell Unione Europea A seguito di tali premesse, l Unione Europea, come già si era espressa negli anni precedenti, ha invitato il nostro Paese a: perseguire la riforma delle politiche del lavoro volte ad aumentare il tasso di occupazione, con particolare riferimento alla situazione delle donne; accrescere la flessibilità del mercato del lavoro; intraprendere nuove azioni per prevenire la disoccupazione di lunga durata dei lavoratori giovani e adulti; incentivare l offerta di servizi di sostegno; attuare una strategia valida e coerente per la formazione continua. Le riforme delle politiche del lavoro indirizzate a colmare il gap occupazionale che ancora ci separa dalla media europea, nonché lo sviluppo di mirate ed innovative azioni tese a contrastare la disoccupazione di lunga durata dovranno, quindi, essere sviluppate in modo da ridurre il più possibile gli squilibri regionali che affliggono il nostro paese, favorendo, altresì, un miglioramento della condizione socio-lavorativa delle donne, (anche garantendo loro una serie di servizi di sostengo) e l emersione del lavoro non regolare. Mirare alla creazione di nuovi posti di lavoro, ovvero all incremento dell occupazione è un operazione che deve necessariamente comportare la completa attuazione della riforma dei servizi pubblici all impiego ed un processo di accelerazione dell introduzione e dell applicazione dei sistemi informativi del lavoro. Allo stesso tempo, dovrà essere implementato il sistema di monitoraggio delle azioni volte a favorire l occupazione nel nostro paese. Intervenire sulla flessibilità del lavoro è un altro aspetto su cui insiste particolarmente la Commissione Europea nei confronti dell Italia. Una maggiore flessibilità dovrebbe garantire, o facilitare, l ingresso nel mercato del lavoro da parte dei giovani e delle donne comportando, necessariamente, una riforma dei sistemi pensionistici, previdenziali e fiscali, anche in favore della forza lavoro storicamente meno retribuita o in possesso di basse

qualifiche professionali. In questo senso, l apporto e la concertazione con le parti sociali si renderà necessario onde evitare situazioni che possa produrre un aumento della precarietà. Infine, il nostro paese dovrà puntare maggiormente sulla formazione continua quale strumento per garantire ai lavoratori il regolare aggiornamento professionale nonché una loro maggiore spendibilità sul mercato del lavoro. 2.3. Alcuni dati a confronto: l andamento del mercato del lavoro italiano rispetto ai trend europei Alcuni indicatori del mercato del lavoro Da oramai due decadi lo sviluppo occupazionale dei paesi altamente industrializzati si è determinato dall incremento della terziarizzazione dell economia. La crescita della domanda di servizi ha imposto, seppur in maniera differente nei paesi europei, un generale miglioramento delle condizioni professionali, richiedendo componenti professionali più qualificate che potessero gestire l utilizzo delle nuove tecnologie. Allo stesso tempo, la globalizzazione dei mercati ed una maggiore competitività, cui è stato necessario fare fronte mediante una sempre più alta qualità dei servizi, ha imposto un certo riallocamento della forza lavoro, in primis a livello settoriale (tendenzialmente dal manifatturiero al terziario), quindi a livello territoriale. La spinta allo sviluppo delle attività di servizio alle imprese, ma anche la forte crescita della domanda di servizi alle famiglie ed alle persone, hanno quindi contribuito in massima parte alla ridefinizione delle figure professionali. Inoltre, soprattutto negli ultimi due lustri, la crescita del terziario ha sicuramente contribuito ad innalzare il tasso di occupazione femminile ed a creare un livello di flessibilità lavorativo pressoché impensabile solo pochi anni prima. È quindi sul terreno dello sviluppo dei servizi (e quindi sulla diffusione delle innovazioni tecnologiche, sull implementazione dell occupazione femminile e sulla flessibilità lavorativa) che i governi dei paesi industrializzati giocano le proprie carte per sviluppare e promuovere la piena occupazione. Chiaramente, anche l Italia non è stata esente da un simile processo evolutivo dell economia avvicinandosi sempre più, sia in termini strutturali che dimensionali, alle tendenze che oggi caratterizzano il mercato del lavoro degli altri paesi europei. Persistono, tuttavia, differenze significative, spesso dovuto a regioni prettamente politiche o scaturenti da un retaggio culturale non sempre facile da superare, che comunque incidono profondamente sulla messa in opera di precise strategie adatte alle ultime trasformazione del mercato lavorativo. Per tale ragione appare importante soffermarsi, in questa sede, ad una analisi del mercato del lavoro italiano in relazione alla dinamiche che caratterizzano l Unione Europea.

Dalla tabella 7, di seguito riportata, si evince il generale aumento dell occupazione nei paesi aderenti all Unione Europea nell arco temporale compreso tra il 1995 ed il 2000. L incremento medio anno, nel periodo considerato, è risultato pari all 1,7%. Nel nostro paese, la crescita è risultata pari a circa un milione di unità (pari ad un incremento medio annuo dell 1,2%) che ha permesso di superare, lo scorso anno, la quota dei 20 milioni di occupati. L andamento dell incremento medio annuo registratori in Italia, inferiore a quello relativo all Unione Europea, rispecchia una generale tendenza registratasi anche in Germania e Francia. Tabella 7 Popolazione per condizione professionale, con dettaglio settoriale dell occupazione nell Unione europea e nei principali paesi dell area dell Euro valori assoluti e variazioni percentuali medie annue (A) POPOLAZIONE Popolazione in età 16-64 Valori in migliaia Ue (15) Italia Germania Spagna Francia Var. % Var. % Var. % Var. % Valori in Valori in Valori in Valori in medie medie medie medie migliaia migliaia migliaia migliaia annue annue annue annue Var. % medie annue 247.868 0,3 38.644-0,2 55.077 0,1 26.193 0,2 37.740 0,6 Occupati 158.369 1,7 20.930 1,2 36.325 0,4 14.449 4,7 23.389 1,5 Agricoltura 6.787-3,5 1.095-7,4 958-4,1 992-3,0 971-2,6 Industria 45.809 0,6 6.653 1,0 12.180-1,4 4.446 5,2 6. 155 0,9 Servizi 105.772 2,6 13.182 2,3 23.187 1,6 9.011 5,5 16.263 2,0 - Servizi alle imprese 19.198 5,5 2.149 7,4 4.230 4,5 1.402 10,0 2.910 3,2 - Servizi distributivi 33.196 1,5 4.523 0,7 7.160-0,2 3.214 4,5 4.625 1,3 - Servizi alle famiglie 41.354 2,7 4.672 1,0 8.812 2,9 3.470 5,0 6.568 2,3 - Pubblica amm. 12.024 1,3 1.838 4,5 2.984-1,3 924 4,7 2.160 1,1 Persone in cerca di lavoro 14.419-5,0 2.536-1,2 3.120-0,4 2.352-9,7 2.669-2,5 Forze di lavoro 172.788 1,0 23.466 0,9 39.445 0,3 16.801 1,9 26.058 1,0 (A) Variazioni percentuali medie annue nel periodo 1995-2000. Anno 2000 Fonte: Eurostat, Labour Force Survey Lo stesso trend si riscontra per quanto concerne l occupazione nel settore dei servizi: Italia, Germania e Francia hanno un tasso di crescita occupazionale inferiore alla media europea (rispettivamente 2,3%, 1,6% e 2,0% contro il 2,6% dell Unione) dove però, il nostro paese, molto più di Francia e Germania, si dimostra in forte crescita per quanto riguarda i servizi alle imprese ed alle pubbliche amministrazioni, i cui rispettivi tassi di incremento annui sono ben al disopra della media europea. Più carente, viceversa, è la situazione sul versante dei servizi alle persone ed alle famiglie, dove l Italia si dimostra in forte ritardo nei confronti degli altri paesi.

Come già si è avuto modo di comprendere, il generale incremento dell occupazione in Europa è stato dovuto in larga misura allo sviluppo del terziario; gli altri settori, il comparto industriale e l agricoltura, hanno confermato uno sviluppo occupazionale decisamente inferiore se non addirittura negativo. Fa riflettere, a tale proposito l esodo occupazionale registratosi in Italia nel settore agricolo, oltre il doppio rispetto alla media europea e ben al disotto di Francia e Germania. Considerando i principali indicatori del mercato del lavoro (tabella 8) si riscontra un complessivo andamento della situazione italiana che non possiamo definire pienamente positivo. Tabella 8 Principali indicatori del mercato del lavoro nell Unione europea e nei principali paesi dell area dell Euro (A) POPOLAZIONE Tasso di Occupazione(a) Tasso di disoccupazione(b) Ue (15) Italia Germania Spagna Francia Valori in Valori Valori in Valori Valori in Valori Valori in Valori punti % in % punti % in % punti % in % punti % in % Valori in % Valori in punti % 63,9 3,4 54,2 2,9 66,0 0,6 55,2 8,8 62,0 2,2 8,3-2,3 10,8-0,9 7,9-0,2 14,0-8,7 10,2-1,6 Tasso di attività(c) 69,7 2,0 60,7 2,7 71,6 0,5 64,1 4,1 69,0 1,2 (a) Occupati su popolazione di età compresa tre i 14 e 64 anni. (b) Persone in cerca di lavoro su forza lavoro. (c) Forza lavoro su popolazione di età compresa tre i 14 e 64 anni (A) Differenze in punti percentuali. Anno 2000 Fonte: Eurostat, Labour Force Survey Ad un tasso di occupazione medio dell Unione Europea attestatosi al 63,9% (con un aumento del 3,4% rispetto al 1995), il nostro paese risponde con un valore relativamente basso (54,2% - il più basso nell Europa dei 15) superato largamente dalla Francia e dalla Germania e vicino al dato registrato dalla Spagna che fa registrare n incremento complessivamente alto (+8,8%). Il tasso di disoccupazione diminuisce mediamente in tutti i paesi dell Unione, sebbene in Italia con un trend più contenuto, ed anche in questo caso al di sotto della media europea. Allo stesso modo, è relativamente basso il tasso di attività, il rapporto tra forza lavoro e popolazione compresa tra i 14 e i 64 anni, sebbene gli indicatori di crescita dimostrino un progresso del 2,7%, quindi più alto della media riscontrata in Europa dello 0,7%.

L occupazione femminile in Italia e in Europa La progressiva terziarizzazione dell economia ha comportato, specie nell ultimo decennio, una forte crescita occupazionale femminile, che è stata pari, nei paesi dell Unione, ad un incremento del 2,4% annuo nell ultimo lustro. Delle oltre 67 milioni di donne occupate in Europa (tabella 9), ben 55 sono state assorbite, o sono impiegate, nel terziario (81,3% del totale). Tabella 9 Occupazione femminile per settore di attività economica nell Unione europea e nei principali paesi dell area dell Euro (A) PAESI Totale economia Agricoltura Industria Servizi Servizi alle imprese Servizi distributivi Servizi alle famiglie Servizi Pubblica amminist. Valori assoluti in migliaia Ue 67.443 2.255 10.346 54.842 8.698 13.434 27.662 5.043 Italia 7.707 335 1.583 5.789 869 1.494 2.789 636 Germania 15.901 336 2.912 12.653 2.074 3.349 5.935 1.295 Spagna 5.390 269 780 4.341 640 1.223 2.122 356 Francia 10.484 301 1.480 8.703 1.391 1.815 4.470 1.029 Variazioni % medie annue Ue 2,4-4,7 0,2 3,2 5,5 2,4 3,1 1,9 Italia 2,2-11,0 0,9 3,7 10,1 2,8 1,9 6,1 Germania 1,3-7,5-1,2 2,2 4,2 0,5 3,4-1,1 Spagna 6,8-3,4 7,7 7,5 12,7 7,1 6,3 7,6 Francia 1,8-4,8 0,1 2,4 3,2 1,4 2,7 1,5 Incidenze % per settore Ue 100,0 3,3 15,3 81,3 12,9 19,9 41,0 7,5 Italia 100,0 4,3 20,5 75,1 11,3 19,4 36,2 8,3 Germania 100,0 2,1 18,3 79,6 13,0 21,1 37,3 8,1 Spagna 100,0 5,0 14,5 80,5 11,9 22,7 39,4 6,6 Francia 100,0 2,9 14,1 83,0 13,3 17,3 4 2,6 9,8 Incidenze % dell occupazione femminile Ue 42,6 33,2 22,6 51,8 45,3 40,5 66,9 41,9 Italia 36,8 30,6 23,8 43,9 40,4 33,0 59,7 34,6 Germania 43,8 35,1 23,9 54,6 49,0 46,8 67,4 43,4 Spagna 37,3 27,1 17,5 48,2 45,6 38,1 61,2 38,5 Francia 44,8 31,0 24,0 53,5 47,8 39,2 68,1 47,7 (A) Variazioni percentuali medie annue periodo 1995-2000. Anno 2000 Fonte: Eurostat, Labour Force Survey

La tendenza di sviluppo dell occupazione femminile nel terziario è pressoché simile nei maggiori paesi dell Unione: le donne sono prevalentemente occupate nel comparto dei servizi alle persone (41,0% delle occupate); segue il comparto dei servizi distributivi (19,9%); dei servizi alle imprese (12,9%) ed, infine, il comparto dei servizi alla pubblica amministrazione, dove le donne sono occupate solo per il 7,5%. Preso nel suo complesso, il settore del terziario risulta, a livello europeo, prevalentemente femminile. Le donne costituiscono infatti il 51,8% degli occupati grazie all elevato livello occupazionale femminile presente nel comparto dei servizi alle persone o alle famiglie, dove le donne costituiscono i 2/3 del totale. Negli altri comparti dei servizi la presenza femminile non supera mai il 50%, mantenendosi compresa tra il 40,%% dei servizi distributivi ed il 45,3% dei servizi alle imprese. Considerata complessivamente, l occupazione femminile risulta, seppur accresciuta, ben al di sotto della media europea, esaurendo solo il 36,8% del totale (contro un dato europeo pari al 42,6%). Figura 1 Incidenza dell occupazione femminile nel terziario riscontrata nei principali paesi dell area dell Euro valori su base Ue=100 104,0 102,1 102,0 100,0 97,9 99,0 98,0 96,0 94,0 92,4 92,0 90,0 88,0 86,0 Italia Germania Spagna Francia Anno 2000. Fonte: Nostra elaborazione su dati Eurostat, Labour Force Survey

Figura 2 Incidenza dell occupazione femminile nei diversi comparti del terziario riscontrata nei principali paesi dell area dell Euro valori su base Ue=100 140 130,7 120 100 87,6 100,8 92,2 103,1 97,5 114,1 106,0 86,9 88,3 91,096,1 103,9 110,7 108,0 88,0 80 60 40 20 0 Servizi alle imprese Servizi distributivi Servizi alle famiglie Servizi Pubblica amminist. Italia Germania Spagna Francia Anno 2000. Fonte: Nostra elaborazione su dati Eurostat, Labour Force Survey Inoltre, se si confronta l incidenza del terziario sull occupazione femminile alla situazione che caratterizza l Unione Europea, si riscontra una situazione meno sviluppata e al di sotto del dato medio di circa 8 punti. Il ritardo del nostro paese risulta ancora più evidente se si prendono in considerazione i diversi comparti del terziario. Non vi è comparto, difatti, ove l incidenza dell occupazione femminile, sul relativo totale, non sia al di sotto della media europea, ad esclusione del comparto dei servizi alle pubblica amministrazione, il cui valore supera quello mediano. Nei grafici che seguono si evidenzia il divario che ancora ci separa dal resto dell Europa e dai maggiori paesi dell unione. Rispetto agli altri paesi, l Italia risulta essere in forte ritardo soprattutto per quanto riguarda la presenza femminile nei servizi alle imprese e nei servizi alle famiglie. In particolar modo, è preoccupante il dato relativo a quest ultimo comparto, che da solo esaurisce il 41% dell occupazione femminile europea e dove il nostro paese si caratterizza per un divario di circa 5 punti percentuali. Se infatti in Francia è Germania la presenza

femminile nei servizi alle famiglie è pari a 2/3 del totale del comparto (rispettivamente 68,1% e 67,4%), in Italia il tasso percentuale si attesta al 59,7%. Nonostante lo sviluppo degli ultimi anni, il nostro paese si è caratterizzato per una diversa e minore velocità di crescita dei mercati del lavoro, assai lontano dalla Francia che rimane il paese con la più alta incidenza femminile occupata. Lavoro tipico ed atipico Sfondiamo una porta aperta se affermiamo che gli altri paesi dell Unione Europea vantano una più diffusa cultura del lavoro atipico 26 rispetto all Italia. Figura 3 Il lavoro atipico in Italia e in Europa valori percetuali 50,0 46,5 45,0 40,0 35,0 30,0 28,3 29,4 30,4 35,8 28,0 32,8 25,0 20,0 15,9 15,0 10,0 5,0 0,0 UE15 Italia Danimanrca Germania Spagna Francia Olanda Regno Unito Anno. 2000 Fonte: Labour Force Survay Eurostat 26 Per lavoro atipico intendiamo, qualora non fosse specificato diversamente, tutte le forme di contratto che non siano il cosiddetto full-time a tempo indeterminato, il quale, nel nostro caso, indicheremo come lavoro tipico. Vengono quindi considerate lavoro atipico le forme lavorative come il part-time (anche a contratto a tempo indeterminato), la prestazione occasionale, ecc.

La differenza che ci separa dalle altre nazioni europee, senza per questo voler entrare nel merito della correttezza o meno riguardante l incentivazione di forme flessibili lavorative, risulta piuttosto evidente. Le linee strategiche sull occupazione definite dalla Commissione Europea ci sollecitano a programmare una maggiore diffusione del lavoro atipico; d altro canto, la media di occupati in Italia con forma atipica di contratto è ben al di sotto della media europea (figura 3). Si tratta di un rapporto pari a circa la metà del dato relativo all Unione. (in percentuale il 15,9% degli occupati italiani contro il 28,3).Si noterà, inoltre, come sia l Olanda ad avere la maggiore concentrazione di occupati atipici tra i paesi considerati, seguita da Spagna (nonostante una tendenze al ribasso dovuta alla diminuzione della componente femminile) e Regno Unito. La tendenza alla a ricorrere a contratti atipici, come si è detto, caratterizza quindi tutti i paesi aderenti all Unione Europea, sebbene in percentuali e con differenze di genere a volte piuttosto marcate. La Spagna, negli ultimi cinque anni, riducendo la componente delle lavoratrici atipiche presenta ad oggi il miglior rapporto di genere che è prossimo all unità (figura 4). Anche Francia e Italia si caratterizzano per un buon andamento di tale rapporto dove infatti la quota percentuale di occupate con contratti atipici è 2,5 quella degli uomini; ben più alti risultano i dati relativi agli altri paesi, dove spicca il rapporto del Regno Unito, pari a 4. Figura 4 Lavoro atipico: rapporto di genere (donne con contratto di lavoro atipico/uomini con contratto di lavoro atipico) in alcuni paesi europei Regno Unito 4,08 Olanda 3,03 Francia 2,34 Spagna 1,35 Germania 3,04 Danimarca Italia 2,55 2,40 UE15 3,17 0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 Anno. 2000 Fonte: nostra elaborazione su dati Labour Force Survay Eurostat.

Va sottolineato come la media europea sia complessivamente alta, evidenziando ancora un gap che divide in maniera sostanziosa l andamento che caratterizza le donne da quello relativo agli uomini. Nell Unione Europea si riscontra, infatti, una quota percentuale di lavoratori atipici pari a poco più di un terzo di quella delle donne occupate con un contratto lavorativo che non sia di full time. Tabella 10 Il lavoro atipico dipendente in Europa: quote percentuale in base al sesso PAESI Maschi Femmine Tipico Atipico Totale Tipico Atipico Totale Rapporto di genere (A) UE15 83,7 13,6 100,0 56,9 43,1 100,0 3,17 Italia 89,8 10,2 100,0 75,5 24,5 100,0 2,40 Danimarca 83,2 16,8 100,0 57,1 42,9 100,0 2,55 Germania 84,2 15,8 100,0 51,9 48,1 100,0 3,04 Spagna 68,5 31,5 100,0 57,4 42,6 100,0 1,35 Francia 82,7 17,3 100,0 59,5 40,5 100,0 2,34 Olanda 75,3 24,7 100,0 25,2 74,8 100,0 3,03 Regno Unito 88,6 11,4 100,0 53,5 46,5 100,0 4,08 (A) Rapporto tra la quota percentuale delle donne atipiche su quella relativa agli uomini Anno 2000. Fonte: Nostra elaborazione su dati Labour Force Survay Eurostat. Il lavoro atipico è quindi sostanzialmente femminile; e lo è sempre più in Italia. Negli ultimi cinque anni, il nostro paese si è caratterizzato per il tasso di incremento maggiore, quasi 7 punti percentuali sul dato del 95 (figura 5), passando infatti da una quota pari al 17,8% sul totale delle occupate a quella di 24,5% relativa al 2000. L incremento registratosi in Italia è stato 1,8 volte maggiore alla media europea. Solo Germania e Olanda hanno registrato un andamento simile a quello del nostro paese; quasi nullo quello del Regno Unito. Sono viceversa diminuite, anche in maniera significativa, le quote delle lavoratrici part-time spagnole e danesi. Più interessante risulta il confronto con le altre nazioni europee circa la concentrazione di lavoro tipico ed atipico, per classe d età delle occupate (tabella 11). Considerando il primo aspetto, il lavoro tipico, è interessante notare gli andamenti relativi alle classe di età lavativa inferiore (15-24 anni) ove la quota percentuale degli occupati risulta in tutti i paese, ad eccezion fatta del Regno Unito, al di sotto del 10%. Mentre il nostro paese si caratterizza per un valore più basso della media europea di solo un punto percentuale, risulta curiosamente bassa la quota della Francia (4,8%), tra l altro in diminuzione rispetto al lustro precedente. Sempre considerando la fascia di età delle più

giovani lavoratrici, ma spostando sul versante del lavoro atipico, notiamo come la maggioranza dei paesi considerati abbia una quota di occupate superiore al 20% del totale; fanno quindi eccezione l Italia, che raggiunge il 15,9% (-2,1% rispetto alla media dell Unione Europea ) e la Germania 16,5 (-1,5%). Molto elevati risultano i dati espressi dalla Spagna (29,3% ovvero +11.3% rispetto alla media dell Unione), dall Olanda (26,5% quindi +8,5%) e dalla Francia (22,6%, +4,6%). Figura 5 Lavoro atipico dipendente femminile in Europa Variazione percentuale 1995-2000 7,0 6,0 6,7 6,2 5,7 5,0 4,0 3,0 2,0 3,6 3,7 1,0 0,3 0,0-1,0-2,0-3,0-2,4 UE15 Italia Danimanrca Germania Spagna Francia Olanda Regno Unito -2,0 Anno 2000. Fonte: Nostra elaborazione su dati Labour Force Survay Eurostat. Dall analisi delle altre fasce d età, si possono individuare, inoltre, due classi di paesi che sono relativi a due tipologie di andamento tra loro ben distinte: l area dei paesi latini (Francia e Spagna) e l area dei paesi sassoni (Regno Unito, Germania, Olanda e Danimarca). Una eccezione è rappresentata dal caso italiano, sebbene il fenomeno del Tabella 11

Il lavoro atipico dipendente femminile in Europa per classe d età UE15 ITALIA DANIMARCA GERMANIA ETÀ 1995 2000 1995 2000 1995 2000 1995 2000 Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico 15-24 12,7 17,5 9,8 18,0 12,4 19,8 8,9 15,9 9,1 32,1 7,2 29,7 14,1 14,5 9,7 16,5 25-34 32,0 26,6 30,2 25,1 32,2 38,3 31,1 35,5 30,4 18,5 28,1 20,6 33,3 23,5 30,0 20,1 35-44 27,2 26,9 28,2 28,3 30,1 24,4 30,2 31,1 28,8 21,7 28,2 20,8 24,6 28,6 27,8 30,8 45-64 28,1 29,0 31,8 28,6 25,4 17,6 29,8 17,5 31,7 27,6 36,5 28,9 28,0 33,3 32,5 32,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 % su tot dipendenti 60,5 39,5 56,9 43,1 82,2 17,8 75,5 24,5 54,7 45,3 57,1 42,9 58,1 41,9 51,9 48,1 SPAGNA FRANCIA OLANDA REGNO UNITO ETÀ 1995 2000 1995 2000 1995 2000 1995 2000 Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico Tipico Atipico 15-24 5,2 31,2 6,6 29,3 5,7 22,9 4,8 22,6 11,4 26,9 9,7 26,5 14,6 20,3 12,7 21,7 25-34 26,3 36,1 26,9 35,3 31,2 30,7 29,3 29,6 34,5 26,3 32,1 23,0 30,7 22,1 29,2 20,3 35-44 31,6 17,7 30,8 19,9 32,2 24,8 30,9 24,7 27,6 24,5 27,7 25,2 23,9 24,3 26,5 25,2 45-64 37,0 15,1 35,7 15,5 30,9 21,5 35,0 23,1 26,5 22,3 30,4 25,3 30,8 33,3 31,6 32,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 % su tot dipendenti 62,2 37,8 64,2 35,8 75,7 24,3 72,0 28,0 59,2 40,8 53,5 46,5 72,3 27,7 72,0 28,0 Anno 2000. Fonte: Labour Force Survay Eurostat lavoro atipico che caratterizza il nostro paese, pur risultando di per sé anomalo e differente ai due andamenti generali evidenziati dalle macro-aree geografiche, può comunque essere ricondotto all andamento che caratterizza i paesi latini. L area latina si caratterizza per una maggiore concentrazione di lavoro atipico femminile nella classe d età compresa tra i 25 e 34 anni, ovvero la classe d età caratterizzate, generalmente, del termine degli studi universitari e dall ingresso nel mercato del lavoro; l area sassone, viceversa, ha la sua maggiore concentrazione nell ultima classe (45-64 anni) a dimostrazione, e lo confermerebbero anche i dati piuttosto omogenei ai relativi del lavoro tipico, della diffusione della cultura del lavoro part-time.

Tale corrispondenza non si riscontra nei paesi dell area latina. Qui il lavoro part-time è visto ancora come un ulteriore passaggio verso una situazione lavorativa definitiva, come evidenziano i dati della concentrazione relativi alle occupate con contratto a tempo indeterminato, che infatti è maggiore nell ultima casse d età. Si diceva della eccezione riguardante l Italia: per entrambe le tipologie di lavoro, infatti, la concentrazione risulta massima nella classe 25-34 anni. Nel caso del lavoro tipico il dato è probabilmente caratterizzato dalla cultura familistica e quindi dall importanza che la famiglia riveste all interno della nostra società. La classe, infatti, è anche quella caratterizzata dagli importanti step della vita sociale e cioè il matrimonio; quasi a dire che le donne italiane, dopo i 34 anni, preferiscono abbandonare il lavoro o per lo meno un lavoro full-time per seguire le vicende della famiglia. Da qui la diminuzione, seppur lieve e pari a circa un punto percentuale, della concentrazione di donne impegnate nel lavoro a tempo indeterminato. Risulta viceversa chiaro che l altrettanto elevata concentrazione di lavoratrici atipiche nella stessa classe d età è giustificabile con il periodo d ingresso nel mondo lavorativo e dalle difficoltà che esse ancora incontrano a causa dei meccanismi di congiunzione tra il mondo formativo e quello lavorativo non ancora perfettamente rodati, per una tendenza omogenea a quella riscontrata negli altri paesi dell area latina.