Rapporto sulle economie del Mediterraneo EDIZIONE 2006



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Rapporto sulle economie del Mediterraneo EDIZIONE 2006 a cura di Paolo Malanima 1

Rapporto sulle economie del Mediterraneo Edizione 2006 a cura di Paolo Malanima 2

Indice Introduzione, di Paolo Malanima Le regioni del Mediterraneo 1. La popolazione. Tra stagnazione e sviluppo di Luigi Di Comite, Pierpaolo Bonerba, Stefania Girone 2. I flussi migratori. Le migrazioni nel Mediterraneo di Immacolata Caruso e Angelo Sciaudone 3. I conti economici. La crescita nei paesi del Mediterraneo di Vittorio Daniele 4. Il settore pubblico. Tributi, spesa pubblica e decentramento di Mita Marra 5. Il commercio e gli investimenti diretti esteri. Il futuro del settore tessile e dell abbigliamento nell area mediterranea di Maria Rosaria Carli 6. Le statistiche sociali. Povertà e sviluppo umano, occupazione e produttività di Anna Maria Ferragina 7. L ambiente. Cambiamenti climatici e processi di desertificazione nel Mediterraneo di Eugenia Ferragina, Desirée Quagliarotti 8. L energia di Silvana Bartoletto 9. I mercati monetari e finanziari. Tassi d inflazione e aumento nel prezzo del petrolio di Salvatore Capasso Riferimenti bibliografici 3

Introduzione E tempo di bilanci! Gli anniversari si sa- sollecitano riflessioni sui risultati raggiunti. E, nel caso delle economie del Mediterraneo a dieci anni dalla Dichiarazione di Barcellona, queste riflessioni non incoraggiano l ottimismo. Gli accordi di Barcellona del 27-28 novembre 1995 erano animati dall ambizione d inaugurare un epoca nuova nelle relazioni fra i paesi europei e quelli del Mediterraneo. S intendeva, prima di tutto, estendere a Sud la prosperità del Nord. Non tutte le nazioni del Mediterraneo parteciparono a questa svolta nei rapporti economici Nord-Sud. Pur con tempi diversi, hanno aderito agli accordi Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia e Turchia. L obiettivo era quello di favorire la crescita delle economie più deboli attraverso investimenti da parte dei paesi europei e soprattutto attraverso l incremento degli scambi e delle relazioni economiche. Gradualmente, le barriere tariffarie al movimento delle merci avrebbero dovuto essere eliminate. Entro il 2010 è prevista la formazione di una zona di libero scambio e già molte barriere sono state ridotte. L interscambio avrebbe dovuto favorire, come spesso ma non sempre- accade, una maggiore prosperità per tutti, e, in particolare, per le economie delle sponde Sud e Est del Mediterraneo, consentendo la convergenza dei paesi più poveri verso i livelli di crescita dei paesi più ricchi. Della convergenza avrebbero dovuto avvantaggiarsi anche le economie ricche del Nord, grazie alla maggiore domanda dei mercati in espansione del Sud-Est. A dieci anni di distanza da questi accordi, di convergenza non si può certo parlare. Il processo avviato dagli accordi del 1995 è avanzato piuttosto sul fronte culturale che su quello economico; cosa, tuttavia, da non sottovalutare per quanto riguarda la convivenza futura. In alcuni casi, quello che emerge dall analisi dei livelli di sviluppo è la persistenza di differenze forti; insieme, va aggiunto, a prospettive nuove e, in qualche caso, incoraggianti. Vediamo i vari alspetti del problema, distinguendo fra le condizioni attuali e le tendenze in corso. Il prodotto, innanzitutto! I conti nazionali forniscono una prima immagine delle condizioni economiche. Rispetto ai paesi mediterranei del Nord Francia, Italia, Spagna, Portogallo- la distanza delle economie del Sud è ancora assai forte (cap. 3 di Vittorio Daniele). In paesi come Maroc- 4

co, Egitto, Siria, Giordania, il prodotto pro capite è 5 volte inferiore a quello delle 4 nazioni settentrionali ricordate. In Albania, Serbia e Montenegro la differenza è di 4 volte. Solo la Grecia, Cipro, Israele e Malta sono ai livelli delle economie più forti. In questi ultimi paesi vive, però, solo il 4 per cento della popolazione del Mediterraneo nel suo complesso. Gli indicatori sociali e i livelli di sviluppo umano non fanno che confermare queste profonde differenze Nord-Sud. Nelle economie del Sud e dell Est gli indici di povertà sono tutti più elevati, l indice di sviluppo umano è più basso, l istruzione meno diffusa, e la formazione di capitale umano attraverso gli investimenti in ricerca e sviluppo più debole (cap. 6 di Anna Maria Ferragina). Si deve notare, tuttavia, che gli indici di povertà si sono ridotti drasticamente in alcuni paesi come la Tunisia, l Egitto, il Marocco, la Giordania. Un altro indicatore sociale importante come la mortalità infantile rivela una forte caduta in tutti i paesi durante gli ultimi due decenni, mentre il livello della speranza di vita non è ormai molto lontano nei paesi del Sud e dell Est da quello dei paesi del Nord. Anche l ineguaglianza nella distribuzione dei redditi non è maggiore. L analfabetismo, infine, si è ridotto notevolmente negli ultimi anni. Per quanto riguarda il livello degli scambi commerciali dell economia europea con quelle degli altri paesi del Mediterraneo, esso risulta ancora modesto. Basti pensare che le esportazioni dai paesi dell Unione Europea verso i paesi partner costituiscono solo il 2-3 per cento del totale, mentre le importazioni rappresentano meno dell 1 per cento. E ciò, nonostante l abbassamento o eliminazione di alcune barriere doganali; che, sia detto per inciso, può tradursi in una diminuzione delle entrate pubbliche dei paesi del Sud-Est, nei quali i dazi all importazione rappresentano una fonte di reddito di primaria importanza (cap. 4 di Mita Marra). I flussi di merci fra l Unione Europea da una parte e i paesi del Mediterraneo sudorientale dall altra sono calati negli anni novanta, dopo una lenta crescita nella seconda metà degli anni Ottanta. D altra parte, la crescita continua nel numero delle navi intercontinentali che toccano i porti del Mediterraneo costituisce un opportunità che i paesi mediterranei potranno sfruttare nel prossimo futuro. Più forte risulta, invece, quella forma d integrazione commerciale Nord-Sud che nei paesi ricchi viene chiamata dipendenza energetica (cap. 8 di Silvana Bartoletto). Le fortune del Nord del Mondo, come è ben noto, sono state e continuano ad essere sorrette dai flussi di energia che provengono, in larga misura, anche se non completamente, dal Sud. Ora, nel Mediterraneo non tutti i paesi del Sud e dell Est sono ricchi di energia. Anzi, la maggior parte è povera anche di energia. Alcune regioni, come l Algeria, la Libia, l Egitto, che dispongono di petrolio e gas naturale, stanno, invece, beneficiando dell aumento dei prezzi dell energia, che colpisce le economie dipendenti del Nord. Ne beneficiano anche i paesi che fungono da corridoi di transito delle risorse energetiche, quali Giordania, Israele, Libano, Turchia e Egitto. Si tratta di un drenaggio di risorse dal Nord al Sud. Continuerà nel prossimo futuro come conseguenza della crescente scarsità di fonti fossili di energia e dell aumento dei loro prezzi. 5

Le stesse profonde differenze fra livelli di sviluppo emergono anche dall esame dei mercati monetari e finanziari. Nei paesi del Nord Mediterraneo i tassi d inflazione sono relativamente bassi, i mercati del credito competitivi e dinamici e gli aggregati monetari evolvono in modo apparentemente ordinato. A essi si contrappongono i paesi del Sud e dell Est, nei quali il livello dei prezzi cresce in modo significativo, l accesso al credito appare relativamente costoso e le politiche monetarie sembrano avere effetti più caotici sui grandi aggregati monetari (cap. 9 di Salvatore Capasso). Gli investimenti diretti esteri hanno registrato, nella seconda metà degli anni 90, una crescita senza precedenti su scala mondiale. Si è verificata anche una redistribuzione significativa: la quota verso le economie avanzate si è ridotta; è aumentata, invece, la quota diretta verso paesi in via di sviluppo come la Cina e l India. Nell area mediterranea hanno tratto benefici da questi flussi i paesi già forti del Nord. Le regioni del Sud e dell Est continuano a essere destinatarie di meno del 3 per cento del totale mondiale di investimenti diretti esteri (cap. 5 di Maria Rosaria Carli). Non si deve, tuttavia, trascurare come i fondi stanziati dalla comunità europea per investimenti nei paesi partner, nei settori privati e pubblici e nell istruzione, abbiano stimolato e valorizzato iniziative locali. Sono stati un significativo contributo alla modernizzazione economica e sociale a quanto si scrive nei documenti ufficiali della comunità europea. Ci sono, poi, i cambiamenti più lenti, che agiscono nel profondo della vita associata e i cui effetti si rivelano nel periodo lungo. Influiranno di sicuro sulle relazioni Nord-Sud nel futuro più o meno lontano; più di quanto non accada già oggi. Cominciamo con l andamento delle popolazione. Nel 1950 la popolazione dell intero bacino mediterraneo era di 220 milioni, di cui il 68 per cento nell arco latino -nei paesi mediterranei del Nord, cioè- e il 32 per cento a Sud e Est. Nel 1980 era salita a 344 milioni, dei quali il 56 per cento a Nord e il 44 per cento a Sud-Est. Nel 2000, su 445 milioni, il 37 per cento viveva a Nord e il restante 63 per cento nei paesi del Sud-Est. La transizione demografica, compiuta nelle nazioni settentrionali nel corso del XX secolo, si è verificata nel Sud-Est negli ultimi 50 anni e in alcuni è ancora in corso. La natalità e la fertilità dei paesi più poveri si sono, però, venute riducendo. L onda demografica, che rischiava di travolgere le economie più deboli, è stata arginata. Solo in parte, però. Lo squilibrio demografico fra il Nord da un lato e il Sud-Est dall altro s intensificherà, dal momento che la speranza di vita alla nascita dei più poveri va aumentando. Dovrebbe poi ridursi, come sembra probabile. Verrà, quindi, meno, una ragione potente di arretratezza. Non l unica; è evidente! E, tuttavia, per il mondo arabo nel suo insieme, i processi di transizione demografica sono ancora in divenire. Tale fenomeno appare con evidenza quando si osservano non solo i paesi del Mediterraneo in senso stretto, ma quelli del Mediterraneo in senso allargato; includendo, cioè, tutta l Unione Europea e quella parte del mondo arabo che, in un certo senso, direttamente o indi- 6

rettamente, gravita sul Mediterraneo (cap. 1 di Luigi Di Comite, Pierpaolo Bonerba, Stefania Girone). Un altro sviluppo lento, ma continuo, la cui influenza sugli equilibri mediterranei aumenterà nel prossimo futuro è quello dei flussi di lavoro, dell emigrazione, cioè (cap. 2 di Immacolata Caruso e Angelo Sciaudone). Si è visto come i flussi delle merci e dei capitali, che, secondo gli accordi di Barcellona, avrebbero dovuto aumentare, rimangano tuttora modesti. Sono aumentati, invece, e continuano a crescere, i flussi del fattore lavoro; dal Sud e dall Est al Nord; nonostante gli argini che i paesi del Nord continuano a erigere. Ora, tutti sanno che questi flussi di lavoro, come le tante esperienze del passato confermano, hanno l effetto di accrescere produttività e salari nelle regioni di partenza e di ridurli nelle regioni di destinazione. Si modifica la relazione fra lavoro e capitale da una parte e dall altra. Ecco una forza che spinge verso la convergenza! Un altro cambiamento lento è quello che riguarda le condizioni ambientali. I mutamenti climatici, e in particolare quello delle temperature su scala mondiale, il cosiddetto effetto serra, largamente indotto dai consumi di energia dei paesi ricchi, stanno innescando processi di degrado del suolo tali da accrescere il dislivello Nord-Sud (cap. 7 di Eugenia Ferragina e Desirée Quagliarotti). Si viene alterando la capacità di carico del territorio nei paesi della sponda africana del Mediterraneo. L effetto a lungo termine può essere la compromissione delle basi della sopravvivenza di quelle popolazioni che vivono nelle fasce marginali e un aumento dell emigrazione Sud-Nord. Quanto, poi, agli investimenti per la tutela e il miglioramento dell ambiente, si sa come essi siano un genere di spesa un lusso, si direbbe- che solo chi è ricco si può permettere. Prevedere il futuro è difficile. Quando lo si fa, è più facile sbagliare che cogliere nel segno. Quanto ai consigli e ai suggerimenti su quanto si dovrebbe fare, ce ne sono già tanti. Non è compito nostro aggiungerne di nuovi. Analizzare e documentare gli sviluppi in corso ci è sembrato più importante. E quanto abbiamo cercato di fare in questo rapporto e quanto cercheremo di fare nei prossimi. PAOLO MALANIMA 7