1. Storia dell educazione dei sordi a cura di Raffaella Carchio psicologa



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Transcript:

1. Storia dell educazione dei sordi a cura di Raffaella Carchio psicologa La condizione dei sordi prelinguistici, ovvero delle persone diventate sorde prima dell acquisizione del linguaggio, fino alla seconda metà del 700 era davvero scoraggiante: la sordità era nota non tanto per la causa ma per gli effetti che comportava. Considerati incapaci di produrre un linguaggio comprensibile ai più, e quindi muti, erano ritenuti pressoché degli idioti sia dagli estranei che dai familiari. Venivano ignorati e ridicolizzati a causa dei loro tentativi di comunicare tramite gesti rudimentali o suoni gutturali, oltre che isolati e costretti a svolgere i lavori più umili. In un clima di così forte indifferenza, coloro che venivano definiti idioti lo diventavano davvero per la completa mancanza di stimoli sociali e culturali. I primi tentativi di educazione furono una necessità più che una volontà: le famiglie benestanti dell epoca che non avessero voluto vedere il proprio patrimonio disperso, dovevano istruire gli eredi, anche sordi, in modo che venissero considerati capaci legalmente. Possiamo rintracciare tentativi eccellenti già verso la fine del 500 sebbene il tipo di rieducazione fosse individuale e per pochi privilegiati. In quell epoca, il monaco spagnolo Pedro Ponce de Leon educò tre figli del governatore di Castiglia utilizzando un alfabeto manuale, che non fu mai stilato, ma probabilmente simile a quello adoperato da Melchor Yebra, suo contemporaneo, che ci è pervenuto per iscritto. Questo alfabeto veniva usato per dare sollievo spirituale agli ammalati: ogni lettera dell alfabeto corrispondeva a una preghiera e il malato, troppo provato per recitarla, la indicava semplicemente con la configurazione della mano e chi era vicino a lui, la recitava per suo conto. Sempre in Spagna, un altro nome influenzerà in modo decisivo l educazione dei sordi: Juan Pablo Bonet raccolse l eredità di Pedro Ponce de Leon e continuò l opera di educazione ai figli del governatore di Castiglia. Bonet scrisse anche il Trattato sull educazione dei sordi, testo in cui cerca di formalizzare un metodo per educare le persone sorde.

In Europa, chiunque si trovi ad educare un ragazzo sordo, prende spunto dall opera di Bonet, arricchendo il suo lavoro con le proprie esperienze personali. L educazione, però, è rivolta solo ai figli degli abbienti e le scoperte che ogni educatore compie sull educazione dei sordi non vengono divulgate. In Francia, l abate de L Epée rappresenta un eccezione per quei tempi; non geloso del proprio metodo, lo diffuse al punto che, nel 1755, fondò la prima scuola pubblica per sordi. L abate si era interessato all educazione dei sordi principalmente perché, se questi potevano confessarsi, avrebbero potuto anche salvare la propria anima. L abate ebbe in quel periodo una fondamentale intuizione: mise in relazione la sordità con la capacità di articolare i suoni e quindi intuì che i sordi non fossero muti ma semplicemente faticavano nell articolazione delle parole perché non sentivano la propria voce. Comprese anche che idee e suoni hanno un rapporto del tutto simile a quello che c è tra idee e caratteri scritti e quindi, se i sordi faticavano nell articolazione dei suoni, potevano imparare la lingua scritta attraverso l uso di segni convenzionali. L educazione ai sordi da parte dell abate consisteva quindi nell insegnare loro il francese scritto cioè una lingua che i sordi potevano vedere, abbinata all uso di segni che rappresentavano il significato della parola (segni metodici); l utilizzo di segni venne stimolato dagli stessi allievi dell abate che li utilizzavano tra loro per comunicare. De L Epée imparò il metodo utilizzato dai suoi studenti e lo completò con segni nuovi permettendo in questo modo un ampliamento del vocabolario. Divenne così noto il sistema dei segni metodici che consentiva di associare una parola scritta ad un segno e poneva in grado gli studenti di scrivere in francese sotto dettatura di un interprete. La scuola dell abate si aprì con 7 studenti ma nel 1785 ne contava già 75: nel 1789 venne dichiarata istituzione nazionale. Tutti gli sforzi del monaco non andarono dispersi neppure dopo la sua morte avvenuta nel 1789 perché si contavano già 21 scuole in Europa che adottavano il suo metodo. In Italia, Tommaso Silvestri si appropriò del metodo dell abate francese. Rimasto a Parigi per sei mesi, tornò a Roma dove cominciò ad insegnare a otto allievi sordi mietendo

un tale successo da far diventare famoso, anche nel nostro paese, il metodo di De L Epée; Silvestri, però, affiancò all uso dei segni metodici, la rieducazione orale. Negli anni successivi molte altre scuole furono aperte. La scuola di Torino, fondata nel 1838 dal sacerdote Francesco Bracco, utilizzava un metodo mimico che fu successivamente soppiantato dal metodo orale alcuni anni prima del Congresso Internazionale di Milano (1880). A Milano, nel 1805 venne aperto il Regio Istituto e nel 1854 venne fondato l Istituto per i Sordomuti Poveri di Campagna da parte di Giulio Tarra che darà un impulso decisivo all uso dell oralismo nell educazione dei sordi. A Bologna, nel 1850 Giuseppe e Cesare Gualandi adoperarono con i loro allievi metodi diversificati. Chi era più dotato usufruiva del metodo orale; chi lo era meno, del metodo mimico. In Francia, nonostante alcuni degli insegnamenti di De L Epée fossero andati perduti, le sue orme non furono abbandonate ma anzi migliorate quando l abate Ambrois Sicard fu investito dell incarico di dirigere la scuola francese come successore dell abate. L opera di Sicard si rivelò così efficace anche grazie alla presenza di Jean Marc Itard, medico interno alla scuola, che fu il precursore delle moderne tecniche riabilitative per sordi. Itard scrisse il primo trattato di otologia ed elucubrò una serie di esercizi che i sordi potevano compiere per migliorare la loro rieducazione. Itard era un fautore dell oralismo ma verso la fine della sua vita riconobbe l importanza dell uso dei segni per l educazione dei sordi. La fama di Sicard arrivò perfino oltre oceano approdando negli Stati Uniti grazie a Thomas Hopkins Gallaudet che fu finanziato dal padre di una sua allieva per imparare i metodi rieducativi utilizzati in Europa. Nel 1816, dopo aver conosciuto Sicard ed aver imparato il metodo utilizzato nella sua scuola, Gallaudet ripartì per gli Stati Uniti portando con sé un ex allievo di Sicard, Laurent Clerc che, durante la storica traversata in mare durata cinquanta giorni, insegnò i segni al suo compagno di viaggio. Quest ultimo, l anno successivo, fondò la prima scuola per sordi a Hartford nel Connecticut, seguita da molte altre in breve tempo. I segni francesi di Clerc non fecero fatica ad amalgamarsi a quelli indigeni, tanto che da quella miscellanea nacque l American Sign Language (ASL), la lingua dei segni americana.

Si stima che nel 1869 ci fossero nel mondo 550 insegnanti per sordi e che il 41% degli insegnanti per sordi degli Stati Uniti fossero essi stessi sordi. Sempre negli Stati Uniti, nel 1864, venne approvata una legge che permetteva la trasformazione della Columbian Istitution for the Instruction of the Deaf and the Blind di Washington nel primo istituto superiore per sordi al mondo; il primo direttore fu Edward Gallaudet, figlio del più noto Thomas. Dopo il 1870, tutto ciò che fu conquistato per l educazione dei sordi venne spazzato via in meno di un ventennio. La repressione, il conformismo e l intolleranza verso la diversità, insieme alle pressioni del Clero e alla ricerca di una uniformità linguistica contribuirono allo smantellamento di ciò che si era fatto in precedenza per l educazione e l integrazione dei sordi. Ci si interrogò sul fatto se fosse giusto lasciare a delle persone con una minorazione la libertà di utilizzare una lingua diversa dalla maggioranza e al contempo se fosse adeguato relegare i sordi in una lingua sconosciuta alla maggior parte delle persone. Tutto questo, insieme a una corrente di pensiero già esistente all epoca che sosteneva l utilità della rieducazione alla parola, diedero una spinta decisiva verso l abbandono della lingua dei segni. Nonostante le buone intenzioni dei fautori dell oralismo, è certo che questo metodo fosse molto più complesso e difficile da apprendere per le persone sorde, che per altro non smisero di utilizzare i segni con amici e parenti. Il metodo era così difficile e faticoso che un solo educatore doveva occuparsi di un allievo; al contrario con l uso dei segni si poteva insegnare a più alunni contemporaneamente. Edward Gallaudet, allora direttore della scuola superiore per sordi di Washington, dopo aver visitato diverse scuole d Europa, propose una soluzione innovativa; utilizzare un metodo integrato che consentisse ai sordi di esprimersi nella loro lingua (la lingua dei segni) e al contempo permettesse loro una rieducazione ortofonica per non escluderli dalla vita della comunità udente; tale entusiasmo fu smorzato dal Congresso Internazionale degli Educatori dei Sordi tenutosi a Milano nel 1880. A causa della presenza di soli educatori udenti durante tale Congresso e alla partecipazione di Alexander Graham Bell

che fece sentire il peso della sua importanza in quanto figlio di specialisti, venne presa la decisione di bandire i segni dall educazione dei sordi e quindi da tutte le scuole. La rieducazione ortofonica non portava dei risultanti eccellenti sullo sviluppo intellettivo della persona sorda in quanto era molto lunga, complessa e puntava più all apprendimento dell articolazione dei suoni che alla comprensione dei contenuti; in questo modo il livello culturale delle persone sorde si abbassò. La lingua dei segni non morì perché veniva utilizzata comunque dalle persone sorde nella vita quotidiana ma anche oggigiorno appare una lingua impoverita nei contenuti in quanto per decenni non è più stata utilizzata in ambito scolastico ma solo per veicolare comunicazioni relative alla vita quotidiana. La prima conseguenza della decisione del Congresso fu che gli studenti sordi dovevano essere affidati unicamente a educatori udenti così la proporzione dei docenti sordi che insegnavano ai sordi, nel 1850 prossima al 50%, scese al 25% verso la fine del secolo e al 12% nel 1960 fino praticamente ad esaurirsi. Il clima ghettizzante che si respirava all epoca, portò alla creazione degli istituti per sordi e intorno agli anni cinquanta, alla formazione di classi speciali nelle scuole pubbliche. La situazione si modificò nel 1977 quando la legge n 517 riconobbe il diritto a qualsiasi portatore di handicap di essere inserito in una scuola normale (scuola primaria e secondaria di primo grado); è solo nel 1982 (legge n 270) che venne previsto l inserimento dei bambini sordi anche nelle scuole materne statali. Le scuole speciali si svuotarono in quanto la legge prevedeva la possibilità, per il genitore, di scegliere tra scuola speciale e scuola normale per il proprio figlio e, dato che la maggior parte dei genitori dei bambini sordi era udente, quasi tutti preferirono l inserimento nelle scuole normali. Se da una parte l integrazione era auspicata, dall altra gli insegnanti avrebbero dovuto garantire una competenza specifica nell insegnamento ai sordi, che si è rivelata spesso assente. Oltre a ciò ai ragazzi sordi è venuta a mancare una comunità di sostegno dove potersi incontrarsi, dialogare nella loro lingua e trovare modelli di riferimento a cui ispirarsi che non facciano parte del mondo degli udenti. Se da una parte l inserimento nella scuola speciale garantiva la specializzazione dei docenti sulla sordità, prevedeva la rieducazione ortofonica quotidiana e la possibilità per i bambini di

confrontarsi in un gruppo di pari, dall altra rischiava di limitare lo sviluppo intellettivo del sordo. Infatti, tutti i bambini, indipendentemente dal loro sviluppo intellettivo e dalle loro competenze, dovevano frequentare due volte la stessa classe; rimanevano fino alla maggiore età, quindi, negli istituti ma ne uscivano con un livello di scolarizzazione piuttosto basso. Oltre a ciò, spesso, gli istituti non si trovavano nella stessa città di residenza del bambino che era quindi costretto a rimanere nei convitti per il periodo di frequenza scolastica. Era usuale che i bambini tornassero a casa solo una volta al mese oppure durante le vacanze scolastiche. Attualmente esistono ancora alcune scuole speciali sul territorio italiano che sono sopravvissute alla chiusura degli istituti; è il caso dell Istituto Statale Magarotto di Torino e Padova, l Istituto Statale per Sordi di Roma e la Scuola Audiofonetica di Mompiano di Brescia (Bs). Questi istituti per poter rimanere aperti hanno previsto una integrazione al contrario cioè hanno aperto le porte anche all utenza normodotata che si è quindi andata ad integrare con l utenza sorda. I programmi didattici sono quelli previsti dal Ministero ma sopravvive ancora all interno di queste scuole una particolare attenzione per l insegnamento ai bambini sordi. In alcuni di questi istituti, ad esempio, è ampiamente valorizzata la lingua dei segni come strumento per veicolare i contenuti didattici e quindi le lezioni vengono svolte nelle due lingue (italiano lingua dei segni). A fronte di risultati talvolta deludenti con il solo utilizzo della rieducazione ortofonetica, a seguito di studi condotti sulla lingua dei segni e dell esempio fornito dall esperienza statunitense, le offerte scolastiche rivolte ai bambini sordi si sono lentamente evolute. Dall affermazione che la lingua dei segni sia di ostacolo all apprendimento e allo sviluppo della parola nel bambino sordo (Congresso Internazionale di Milano del 1880), si sta ritornando a considerare il valore della lingua dei segni anche per ciò che concerne l ambito scolastico; ci si sta orientando, in alcune realtà, verso l adozione di un modello bilingue italiano lingua dei segni. In Italia, prendendo ispirazione dalle ex scuole speciali ancora aperte, si stanno sviluppando alcuni progetti all interno di scuole statali tradizionali, che prevedono

l adozione del modello bilingue per l insegnamento ai bambini sordi. A Cossato, in provincia di Biella, nel 1994 è iniziato un progetto di bilinguismo lingua verbale lingua dei segni italiana per l integrazione dei bambini sordi nella scuola ordinaria, che si è sviluppato nella scuola dell infanzia di Cossato, per poi proseguire nella scuola primaria, in quella secondaria di primo grado e recentemente in una scuola secondaria di secondo grado di Biella. Attualmente circa 30 tra bambini e ragazzi sordi usufruiscono di questo progetto. A Milano, un progetto simile (progetto Vivilis) è stato avviato nel 2008 nell Istituto Comprensivo Statale Jacopo Barozzi (scuola dell infanzia, scuola primaria e secondaria di primo grado). Il progetto promuovere l integrazione del bambino sordo nella scuola normale anche attraverso la presenza di più bambini sordi inseriti nella stessa classe. Tra gli obiettivi del progetto troviamo: l utilizzo della lingua dei segni come strumento per veicolare contenuti didattici e per aiutare il bambino nella relazione con i pari e con gli adulti e come mezzo per l apprendimento dell italiano orale e scritto. Questo viene realizzato grazie alla presenza in classe dell assistente alla comunicazione per quasi tutto il monte ore frequentato dal bambino la specializzazione degli insegnanti curricolari sulla sordità in modo che non vengano disperse le conoscenze acquisite durante il ciclo di studi del bambino sordo l inserimento di più bambini sordi in una scuola dove gli insegnanti conoscano le modalità relazionali del bambino sordo, il suo modello culturale e la sua lingua e siano in grado di proporre materiale didattico adatto al bambino la presenza nel progetto di personale specializzato sulla sordità: l educatore sordo insegna la lingua dei segni ai bambini delle classi e agli insegnanti oltre che lavorare direttamente con il bambino sordo. La psicologa, esperta nella psicologia della sordità, segue il percorso emotivo del bambino sordo in ambito scolastico, sostiene i genitori nel percorso dei figli e fornisce consulenza agli insegnanti. L obiettivo di progetti come quelli sopra citati è la realizzazione di una scuola dove il bilinguismo sia lo strumento per superare le barriere comunicative ponendosi come ponte

fra due mondi, quello dei sordi e quello degli udenti, realizzando un arricchimento esperienziale e socio-culturale e garantendo pari opportunità di apprendimento e di partecipazione alla vita scolastica per il bambino sordo segnante.