PARERE NON AVENTE VALORE GIURIDICO VINCOLANTE



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PARERE NON AVENTE VALORE GIURIDICO VINCOLANTE IL TRIBUNALE DEI DIRITTI DEI DISABILI Così composto: Dott. Piero F. Calabrò Dott. Mario Fraticelli Dott. Pietro Grasso Dott. Claudio Castelli Dott. Riccardo Atanasio Dott. Nicola Proto Dott. Piero Spanò Dott. Filippo Di Benedetto Dott. Marco Lualdi Dott. Ciro Angelillis Dott. Luca Villa Dott. Cosmo Crolia Dott. Nicola Clivio Dott.ssa Francesca Saloni Dott. Dario De Luca Dott. Andrea Ferraiolo Dott. Pierluigi Pernotti Dott. Francesco Vignoli Dott. Salvatore Dovere Dott. Silvio Cinque Presidente relatore relatore Nella seduta del 4 ottobre 2008 ha emesso la seguente DELIBERAZIONE IN FATTO Il caso investe la situazione di Claudio affetto da distrofia muscolare e in condizione di disabilità grave il quale usufruisce del servizio di assistenza domiciliare per disabili gravi. Claudio lamenta che il Comune lo aveva invitato a documentare la sua richiesta e, all esito dell esame di questa, era addivenuto alla conclusione che avrebbe dovuto compartecipare al costo del servizio in base al reddito del suo nucleo familiare e corrispondere al Comune la somma mensile di euro 223,08. Avendo appreso che altri comuni limitrofi interpretano la norma diversamente ed in senso più favorevole al disabile e che vi sono peraltro anche pronunce giudiziali che hanno affermato principi diversi da quelli fatti propri dal Comune di residenza di Claudio, hanno adito il giudice. Nel contempo chiedono però che il Tribunale dei disabili si pronunci sulla possibilità di agire per far valere la responsabilità del dirigente eventualmente anche davanti alla Corte dei Conti. IN DIRITTO 1

SUL MERITO DELLA QUESTIONE 1. Tutela dinnanzi al giudice amministrativo Di fronte all esercizio del potere amministrativo, che si estrinseca nell emanazione di provvedimenti, il soggetto privato vanta uno status di interesse legittimo, una posizione di vantaggio idonea a influire sul corretto esercizio del potere da parte dell Amministrazione. Tale situazione di vantaggio non trova tutela di fronte al Giudice ordinario, ma dinnanzi al Giudice amministrativo a cui il privato non può rivolgersi chiedendo l annullamento dei provvedimenti amministrativi, a suo dire, illegittimi con contestuale richiesta di riconoscimento dei danni, qualora ne siano derivati dal provvedimento impugnato e dichiarato illegittimo dal Tar. La posizione soggettiva vantata non è di diritto soggettivo pieno ma di interesse legittimo in quanto subordinata all interesse pubblico, per lo meno per quanto concerne la disponibilità finanziaria degli enti locali connessi alle modalità di svolgimento del servizio assistenziale integrato. Comunque, quando anche si trattasse di posizioni di diritto soggettivo la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, discutendosi di materia relativa alla concessione di pubblici servizi. Si segnala, sotto il profilo della tutela giudiziale dinanzi al giudice amministrativo che l art. 4 della legge n. 67 del 2006 prevede misure per la assistenza giudiziaria delle persone con disabilità. La norma consente alle associazioni e agli enti individuati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa per l annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone con disabilità, garantendo così una tutela più ampia al disabile e un prezioso affiancamento, in giudizio, a sostegno delle sue ragioni. Nel caso in esame, la famiglia di Claudio lamenta una sperequazione fra Comuni, invocando una disparità di trattamento che renderebbe più gravosa la compartecipazione alla spesa da parte del nucleo familiare per il servizio integrato di assistenza domiciliare che, anziché venire calcolata sulla base del reddito del disabile (come vorrebbe la famiglia di Claudio), fa riferimento alla situazione economica dell intero nucleo familiare. L assunto dei genitori di Claudio trova conforto in alcune recenti pronunce dei Giudici amministrativi. Nei casi esaminati dal TAR Catania, nella sentenza n. 42/07, e dal TAR Marche, con l ordinanza n. 121/07, i ricorrenti impugnavano i regolamenti approvati dagli enti locali nei quali veniva disciplinato il servizio di assistenza domiciliare degli anziani e portatori di handicap ed i provvedimenti nei quali veniva comunicato al disabile l avvenuto riconoscimento del diritto di beneficiare del servizio di assistenza domiciliare domestica, con l indicazione dell importo di compartecipazione alla spesa pubblica oggetto di contestazione. Il nodo cruciale della questione riguardava e riguarda le modalità di computo della quota di compartecipazione economica a carico dei richiedenti i servizi socioassistenziali agevolati. La tesi sostenuta dal Comune di appartenenza della famiglia di Claudio, e criticata da quest ultima, si fonda sull art. 2 del d.lgs 108 del 1998, cosiddetto redditometro. La norma dispone che, ai fini della determinazione della quota di compartecipazione, la valutazione della situazione economica del richiedente una prestazione sociale agevolata è determinata con riferimento al nucleo familiare di appartenenza. Sostengono i Giudici amministrativi, nelle pronunzie sopra richiamate, che la norma generale, di cui all art. 2, subisce una deroga ex art. 3, c.2 ter, d.lgs. cit. La disposizione prevede, limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell ambito di percorsi assistenziali erogati a domicilio, rivolte a persone con 2

handicap permanente grave, che la determinazione delle modalità di contribuzione al costo della prestazione verranno rimesse a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, al fine di evidenziare la situazione del solo assistito. Secondo l opzione adottata dalla giurisprudenza amministrativa richiamata, la norma citata, seppure si richiami a una normativa di rango secondario a quello legislativo non ancora emanata, è immediatamente precettiva e non necessita di norme di dettaglio. Pertanto, ai fini della determinazione delle modalità di contribuzione ai costi delle prestazioni, bisogna tenere conto della situazione economica del solo assistito e non dell intero nucleo familiare dell utente. Sulla scorta dell interpretazione sopra proposta, appaiono fondate le doglianze della famiglia di Claudio. 2. Tutela dinanzi al giudice ordinario. Si deve prendere in considerazione l ipotesi in cui il Comune agisca nei confronti del disabile e/o dei suoi familiari per il recupero delle spese pro-quota unilateralmente poste a carico per il servizio di assistenza domiciliare. In via preliminare si deve osservare che nella narrativa del caso si fa riferimento generico ad un caso di grave disabilità e non si precisa nulla in ordine ad altre sue qualità che potrebbero assumere rilevanza quali, ad esempio, la maggiore età, l esistenza di un provvedimento di interdizione, etc. L art. 17, d. lgs n. 48/1998 prevede che le amministrazioni comunali possano effettuare la riscossione coattiva delle entrate anche diverse dalle imposte, come nella fattispecie in esame mediante ruolo, con successiva consegna al concessionario per la riscossione. Il concessionario dopo aver ricevuto il ruolo esecutivo dell amministrazione procede alla notifica della cartella esattoriale al debitore. Un primo profilo da valutare sempre con attenzione è quello della regolarità della cartella: ove emergono vizi formali è facoltà del debitore impugnarla innanzi al giudice ordinario nelle forme dell opposizione degli atti esecutivi, con particolare attenzione al rispetto del breve termine previsto dalla legge, ovvero venti giorni decorrenti dalla data della notifica della cartella, come previsto dall art. 617 cpc. Ove la cartella sia regolare, ai fini delle ulteriori iniziative occorre distinguere due casi. Il comune potrebbe ingiungere il pagamento delle spese addebitate pro-quota al solo disabile. In tal caso vi è la possibilità per l ingiunto di impugnare la cartella innanzi al giudice ordinario nelle forme dell opposizione all esecuzione, in conformità a quanto previsto dall art. 615 cpc, con contestuale richiesta di immediata sospensione dell esecuzione per evidenti gravi motivi, in base all art. 624 cpc. Nel merito, a sostegno dell opposizione, può essere invocata l inefficacia del titolo esecutivo perché fondato su un provvedimento amministrativo illegittimo dell amministrazione comunale. Questa linea difensiva è chiaramente condizionata all esito del giudizio amministrativo contro gli atti del comune che hanno statuito il concorso alle spese da parte del disabile. Se il processo amministrativo è già stato radicato si potrà chiedere la sospensione del giudizio ordinario ex art. 295 cpc, rimanendo in attesa del definitivo pronunciamento del giudice amministrativo. In ogni caso l opponente può invocare la disapplicazione da parte del giudice civile dell atto amministrativo presupposto del titolo di spesa e dunque del credito azionato dal comune in sede esecutiva, in conformità ai principi generali delineati dall art. 5, legge n. 2248/1885 Allegato E. 3

A sostegno dell illegittimità dell atto si devono reiterare le stesse considerazioni svolte più avanti con riferimento puntuale alla presentazione del ricorso al TAR contro gli atti dell amministrazione comunale. Il comune potrebbe estendere la sua iniziativa recuperatoria nei confronti dei genitori, ritenendoli obbligati personalmente per il concorso spese e notificando anche (o solo) a loro l ingiunzione, ma non nella loro veste di legali rappresentanti del disabile. Anche in questo caso può essere proposta opposizione all esecuzione dinanzi al giudice ordinario. Oltre ai motivi di doglianza già evidenziati, si può lamentare la mancanza di un titolo di responsabilità personale in capo ai genitori. Si deve ribadire infatti che l interpretazione più corretta dell art. 3, comma 2, d. lgs n. 109/1998, come modificato dal d.lgs n. 130/2000, appare quella che impone di utilizzare quale criterio indicativo per la partecipazione alle spese nei servizi il solo reddito personale del disabile, con esclusione di ogni rilevanza di indicatori aggiuntivi riferiti al nucleo familiare di appartenenza. Questa impostazione esclude in radice la possibilità di estendere gli effetti dell ingiunzione ai genitori del disabile. Per completezza espositiva, si sottolinea anche che la fattispecie non potrà essere ricordata nella previsione dell art. 2048 cc norma da cui deriva la responsabilità personale dei genitori per il fatto illecito del minore per l evidente mancanza del presupposto fondamentale di questa peculiare responsabilità ovvero la configurabilità di un fatto illecito del disabile. Non si può escludere che il comune proceda al recupero delle somme nelle forme speciali previste dalla legge n. 1580/1931. E del tutto evidente che la fattispecie in esame si colloca al di fuori dell ambito applicativo della legge stessa. Si prevedono forme invero peculiari di riscossione solo per il recupero di spese di ricovero ospedaliero (v. art. 1, legge citata). In questa sede ci si occupa invece di spese per servizi socio-assistenziali. In ogni caso l irregolarità della procedura deve essere fatta valere dinanzi al giudice ordinario, chiedendo la nullità della cartella esattoriale, mediante opposizione da proporsi nelle forme previste dall art. 4, legge n. 1580/1931, entro il termine perentorio di 30 giorni, decorrente dalla notifica dell ingiunzione. SULLA POSSIBILITA DI ASSUMERE INIZIATIVE NEI CONFRONTI DEL DIRIGENTE DELL UFFICIO La famiglia di Claudio intende conoscere quali siano le iniziative giurisdizionali tese non soltanto a garantire i diritti del figlio disabile, ma altresì volte a fare in modo che il Comune rettifichi il proprio operato. In particolare i genitori del giovane chiedono se sussista la possibilità di procedere anche contro la responsabilità professionale dei dirigenti ovvero la perseguibilità della loro condotta innanzi alla Corte dei Conti. Giova puntualizzare che, sul piano sistematico, sono configurabili diversi tipi di responsabilità che occorre, partitamene, considerare. 1. Responsabilità disciplinare e dirigenziale Com è noto il legislatore ha accentuato secondo quanto affermato da Corte Cost. con ordinanza n. 11 del 30.1.2002 la distinzione tra funzioni di indirizzo politico amministrativo di competenza degli organi di governo e funzioni di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti escludendo che il ministro possa revocare, riformare, riservare o avocare a sé o adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. 4

La responsabilità del dirigente pubblico con rapporto di lavoro privatizzato è regolata innanzi tutto dall art. 21 della L. 165/01 come modificato dall art. 3 comma 2 L. 145/2002 il quale dispone: Il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero la inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, valutati con i sistemi e le garanzie di cui all art. 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, comportano, ferma restando l eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l amministratore può, inoltre, revocare l incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all articolo 23, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Da tale norma si evince pertanto che i comportamenti del dirigente valutabili sotto il profilo della responsabilità sono sostanzialmente due: quello attinente al mancato raggiungimento degli obiettivi e l inosservanza delle direttive. Da tale comportamento colpevole possono derivare poi per espressa previsione legislativa sia il divieto di rinnovo dell incarico, l immediata sua revoca oppure il recesso. Perché possa addivenire a tale conclusione è però necessario che venga espresso prima anche il PARERE del COMITATO DEI GARANTI (giusta la previsione di cui all art. 22 DLgs 165/01 come modif dalla L. 145/2002), il quale esprime il proprio pronunciamento entro trenta giorni, decorsi i quali la decisione viene assunta prescindendo dal parere. Va da subito precisato che anche oggi quanto alla valutazione della responsabilità del dirigente non può prescindersi certamente dall elemento soggettivo dell elemento psicologico del dolo e della colpa, in mancanza dei quali deve certamente escludersi la sussistenza di responsabilità in considerazione che possa essere rilevante la sola valenza oggettiva del comportamento; ciò del resto si evince chiaramente dalla legge di riforma che, all art. 21 come modificato ha espressamente previsto che le mancanze devono essere imputabili al dirigente lasciando quindi chiaramente intendere di volere attribuire rilevanza al solo comportamento che sia sorretto da una volontà colpevole. Nel passato (cioè prima della riforma del 2002) il legislatore distingueva tra tre livelli di responsabilità (lieve, nel caso di risultati negativi dell attività amministrativa e della gestione o di mancato raggiungimento degli obiettivi con possibilità per l amministrazione di revocare l incarico e destinare il dirigente ad altro incarico diverso; media, nel caso di grave inosservanza delle direttive impartite dall organo competente o di ripetuta valutazione negativa dei risultati dell attività amministrativa e della gestione, che poteva comportare l esclusione da ulteriori incarichi del livello di quello revocato per un periodo di almeno due anni; grave, che poteva comportare il recesso dal rapporto di lavoro). Adesso invece i comportamenti sanzionati sono ridotti a due, vale a dire il mancato raggiungimento degli obiettivi e l inosservanza di direttive. Con riferimento al primo l addebitabilità del fatto al dirigente deve essere conseguenza di un atteggiamento non accorto o non diligente, non potendo invece essere imputabile a fatti oggettivi quali ad esempio l insufficienza delle risorse o dei mezzi assegnati. Con riferimento invece all inosservanza delle direttive è evidente che si finisce per avere una sovrapposizione tra la responsabilità dirigenziale e la responsabilità disciplinare per inadempimento. In tale caso, quindi, per l addebitabilità del fatto al dirigente non è necessario più valutare il risultato o il conseguimento dell obiettivo essendo sufficiente anche solo una inosservanza lieve. Integrando questa in ogni caso uno scostamento dalle direttive. 5

Conseguenza dell accertamento di tali responsabilità è innanzitutto l impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. Rimane aperta però la possibilità di conferire al dirigente incarichi in ogni caso corrispondenti a quello precedente; ragion per cui più che di sanzione è corretto parlare di accertamento di idoneità del dirigente rispetto all incarico conferito con conseguenze che vengono assunte solo alla scadenza dell incarico stesso. Nel caso invece di responsabilità per fatti di maggiore gravità si può pensare alla eventualità di una revoca dell incarico con la conseguenza che il dirigente potrà poi godere del regime di mobilità proprio del nuovo ruolo dirigenziale nell ambito delle amministrazioni dello stato potendo così usufruire di trasferimenti su incarichi corrispondenti a quello in precedenza svolto. Nei casi più gravi sarà possibile, per l amministrazione, recedere dal rapporto. 2. Responsabilità amministrativo-contabile Parimenti va esclusa la possibilità di un intervento della Corte dei Conti. Non si ravvisa nel caso di specie un danno all Erario. Il contegno del dirigente non ha provocato un detrimento per le finanze pubbliche, anzi comporta un risparmio di spesa. Difetta così una componente strutturale dell illecito: il danno. Né pare possa invocarsi un nocumento all immagine cagionato dall Amministrazione da parte del funzionario, dal momento che un pregiudizio all immagine può ragionevolmente discendere da comportamenti illeciti aventi rilevanza giornalistica o televisiva e tradottisi in un disdoro ed in un offuscamento della credibilità dell ente e, quindi, in un danno patrimoniale indiretto che si aggiunge al danno patrimoniale diretto che nella fattispecie non viene a configurarsi. 3. Responsabilità penale Non sembra ravvisarsi nel caso di specie la possibilità di segnalare utilmente alla Procura della Repubblica la vicenda in esame. Non viene a profilarsi un rifiuto o una omissione di un atto di ufficio, ipotesi criminosa prevista dall art. 328 c.p. e diretta ad assicurare il regolare funzionamento della pubblica amministrazione. Perché venga a integrarsi il resto occorre che il rifiuto o il ritardo o l omissione si siano verificati senza alcuna valida ragione. Inoltre, deve operare nel pubblico agente la consapevole volontà che, così operando, egli agisce indebitamente e cioè in violazione dei doveri imposti. PQM Il Tribunale dichiara la sussistenza del diritto alla fruizione del servizio con una compartecipazione alle spese calcolata sulla base del solo reddito personale del disabile fruitore. Firenze, 4 ottobre 2008 6