COMUNITÀ DI PRATICA. i loro membri condividono modalità di AZIONE E INTERPRETAZIONE della realtà



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Transcript:

Comunità di pratica e reti professionali di Massimo Tomassini Vorrei ringraziare per questo invito. Sono molto lieto di essere in questa sala in cui sono stato circa quattro anni fa, presentando con altri una metodologia di autovalutazione dell apprendimento organizzativo applicata al sistema sanitario dell Emilia-Romagna. In questo caso sono stato invitato come relatore riguardo a una tematica della quale ci sono già tracce significative nella relazione del dr. Stefanini che ha assegnato al concetto di comunità di pratica un ruolo importante per lo sviluppo degli URP in Emilia-Romagna. Si tratta di un concetto generato da studi organizzativi prevalentemente americani e che inizia ad avere evoluzioni e ricadute applicative anche nel nostro paese il quale richiede alcuni approfondimenti. Nei limiti del tempo concesso, vorrei attirare la vostra attenzione su alcune componenti di questo concetto, avvertendo che mi atterrò al mio ruolo: svolgerò una relazione di tipo teorico, a distanza dall esperienza, su argomenti che tuttavia, come già il dr. Stefanini ha ricordato, possono essere punti di riferimento per gli sviluppi del vostro lavoro. Iniziamo da una breve definizione: le comunità di pratica sono aggregazioni informali di limitate dimensioni, all interno di contesti organizzativi più ampi i cui membri condividono modalità di azione e interpretazione della realtà in cui operano. COMUNITÀ DI PRATICA aggregazioni INFORMALI di limitate dimensioni all interno di contesti organizzativi più ampi i loro membri condividono modalità di AZIONE E INTERPRETAZIONE della realtà Le grandi organizzazioni possono essere considerate COMUNITÀ DI COMUNITÀ Le grandi organizzazioni, da questo punto di vista, comprendono diverse comunità di pratica che sono variamente intrecciate tra loro e quindi le grandi organizzazioni possono essere considerate come delle comunità o costellazioni di comunità di pratica. In poco più di un decennio, da quando questo approccio è stato messo a punto, le applicazioni hanno riguardato diversi settori: dalle levatrici ai manager bancari. 1

Quali sono le caratteristiche essenziali di una comunità di pratica? Le avete già ascoltate dalla relazione del dr. Stefanini che ha recuperato questi spunti con molta precisione e li ha attualizzati rispetto alla realtà degli URP. La comunità di pratica si caratterizza, in primo luogo, per la realizzazione di una intrapresa comune. Come membri di una comunità di pratica (cosa molto frequente nella nostra vita e nel nostro lavoro) noi dobbiamo far fronte a obiettivi comuni e dobbiamo negoziare continuamente all interno le modalità della loro realizzazione. TRE CARATTERISTICHE ESSENZIALI la realizzazione di una INTRAPRESA COMUNE, intesa come tale dai suoi membri e negoziata nei suoi diversi aspetti l esistenza di un IMPEGNO RECIPROCO tra i membri, i quali si sentono legati da una comune identità all interno di una determinata entità sociale la presenza di un REPERTORIO CONDIVISO di risorse comuni sviluppato nel tempo, ossia linguaggi, stili di azione, sensibilità, modalità ricorrenti di azione e pensiero (E. Wenger) In ogni comunità. esiste, poi, un impegno reciproco: se sono membro di una comunità, condivido con i miei colleghi una certa identità, dei valori comuni, l idea che è necessario aiutarsi reciprocamente, l interpretazione delle realtà esterne con cui veniamo in contatto, il senso dell azione comune. Da questo punto di vista, la comunità è facilitata dal fatto di possedere senza che nessuno l abbia costruito ma solo come retaggio e sedimentazione di interazioni sociali avvenute nel tempo un repertorio condiviso di risorse, ossia un linguaggio, degli stili di azione, determinate modalità ricorrenti routine di pensare e agire insieme. 2

COMUNITA DI PRATICA E APPRENDIMENTO COMUNITA appartenenza INDENTITA diventare APPRENDIMENTO PRATICA fare SIGNIFICATO esperienza Un aspetto essenziale dell interesse per le comunità di pratica riguarda i fenomeni dell apprendimento. Le comunità di pratica non esistono in natura, sono solo modelli di interpretazione di realtà sociali che possono contribuire a meglio comprendere e intervenire sulle realtà stesse. Ciò che vale veramente la pena di mettere a fuoco quando utilizziamo il costrutto comunità di pratica è che esso ci immette su fenomeni di apprendimento. Apprendimento ovviamente da intendersi non in termini di apprendimento individuale o di semplice trasmissione di conoscenze, ma come apprendimento che fa tutt uno con la pratica e con il tessuto di relazioni in cui la pratica è inserita generando opportunità di innovazione. Tali opportunità vengono colte più o meno pienamente nei diversi ambienti in cui questi fenomeni hanno luogo. L apprendimento non è un fatto omogeneamente diffuso. L esperienza, anche rispetto alle organizzazioni con cui abbiamo più direttamente a che fare; ci mostra che esistono organizzazioni più capaci di apprendere e altre che invece non apprendono, che restano al palo di comportamenti stabili, ripetuti nel tempo, in cui vecchie soluzioni vengono continuamente riproposte per affrontare problemi nuovi, generati da realtà che cambiano continuamente. L apprendimento delle persone e delle organizzazioni ha degli addentellati molto precisi, in termini di comunità di pratica, in quanto l appartenenza ad una comunità è un potente fattore di apprendimento. Il fatto di essere inseriti all interno del sistema di conoscenza proprio di un contesto organizzativo, in cui funzionano delle routine operative specifiche e si producono soluzioni ai problemi è il presupposto di forme di apprendimento più o meno estese. Apprendimento significa infatti dare significato alla realtà, valorizzare l esperienza, rinforzare l identità professionale all interno del proprio contesto. Le prime ricerche sulle comunità di pratica mettevano in evidenza un fenomeno definito legitimate peripheral partecipation, partecipazione periferica legittimata. La partecipazione alla comunità inizia da una sorta di periferia dell organizzazione e procede successivamente attraverso una serie di gradi fino ad arrivare al centro della 3

comunità, ad essere riconosciuti come pienamente membri della comunità. Su questi processi di professionalizzazione vale la pena di attirare l attenzione quando si parla di formazione: la formazione non può essere una mera trasmissione di conoscenze ma deve porsi come supporto al divenire professionale delle persone nell organizzazione. COMUNITA E ALTRE AGGREGAZIONI COMUNITA DI PRATICA spontanea genera apprendimento organizzativo i membri sviluppano forme di identificazione PROJECT TEAM NETWORK INFORMALE formalmente costituito limitato alla realizzazione del progetto i membri sono accomunati dall obiettivo spontaneo diffonde informazioni e collegamenti i membri hanno interessi comuni Altri aspetti rilevanti possono essere ricavati dal confronto tra comunità di pratica e altre aggregazioni organizzative di tipo flessibile e non stabili nel tempo, come ad esempio il team di progetto o la rete. La comunità di pratica è caratterizzata dal suo essere spontanea, dal fatto di generare apprendimento organizzativo e dalla comune identificazione dei suoi membri. Al contrario, il gruppo di progetto è formalmente costituito: una direzione ha chiamato un certo numero di persone a farne parte per realizzare un progetto. I membri sono quindi accomunati dal raggiungimento dell obiettivo; al termine il team di si scioglie. La comunità è invece caratterizzata da una certa stabilità nel tempo anche se si tratta di una realtà mobile, un po proteiforme, con diverse sfaccettature. Per questo esistono diverse affinità anche con l altra struttura informale: il network. Come è noto, i network sono sempre più diffusi grazie a Internet che moltiplica le opportunità di diffondere informazioni specializzate e creare collegamenti. 4

RETI SOCIALI INFORMALI Le reti sociali informali sono strutture di relazione e interazione tra persone e gruppi. Sono regolari e persistenti, possiedono una qualche norma ma si trovano al di fuori del dominio del contratto, della regolazione e dell organizzazione formale (D. Schoen) Ma anche prima di Internet e delle teorie sulle comunità di pratica erano ben note le proprietà delle reti sociali informali, intese secondo la definizione di Donald Schoen, un fondamentale studioso di organizzazioni. E evidente che la sua definizione di rete sociale è parente prossima del concetto di comunità di pratica. In questo senso, le reti sono in qualche modo comunità e, viceversa, le comunità sono reti. Tutto ciò comporta una serie di esigenze dal punto di vista di chi deve gestire reti e comunità di pratica. 5

GESTIRE LE COMUNITA DI PRATICA bilanciare STANDARDIZZAZIONE delle procedure e SPECIFICITA delle pratiche evitare i RISCHI DI ISTITUZIONALIZZAZIONE (i riconoscimenti formali snaturano le comunità) comprendere le DINAMICHE PROFONDE e cercare di influenzarle positivamente (valorizzazione dei risultati e sostegno delle innovazioni) realizzare forme di SOSTEGNO NON INTRUSIVO alle comunità (non sottoporre i potenziali innovatori all influenza restrittiva delle ipotesi dominanti ) La prima esigenza è quella di bilanciare la standardizzazione delle procedure e la specificità delle pratiche. Ovviamente chi lavora nelle organizzazioni con funzioni di responsabilità, deve, per forza di cose, far fronte alle loro realtà con procedure che abbiano certezza e stabilità nel tempo. Ma l attenzione alle comunità di pratica implica il bilanciamento di questo aspetto con la considerazione di specificità sociali, culturali, soggettive. L altro must importante è quello di evitare i rischi della istituzionalizzazione: i riconoscimenti formali snaturano le comunità. Una comunità non si può creare per ordine di servizio e neanche può essere oggetto di statuizioni di tipo formale. E importante, invece, comprendere le dinamiche profonde delle comunità e cercare di influenzarle positivamente, soprattutto valorizzando i risultati ottenuti dalle comunità e supportando gli innovatori. Altro aspetto che vorrei sottolineare è la necessità di realizzare forme di sostegno non intrusivo alle comunità. Qui ho messo tra virgolette una citazione di Brown e Duguid, autori molto rilevanti in questo campo: non sottoporre i potenziali innovatori all influenza restrittiva delle ipotesi dominanti. E vero che una organizzazione funziona per routine che si consolidano, ma è anche vero che, se vogliamo l innovazione, dobbiamo premiare chi ha la capacità di reinterpretare le routine e quindi di camminare sul terreno dell apprendimento organizzativo. 6

COMUNITA DI PRATICA E PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO COMUNITA come riferimento per la progettazione di TECNOLOGIE SPAZI FISICI FORMAZIONE Il concetto di comunità di pratica può avere importanti impatti quando si progetta l organizzazione: in termini di organizzazione del lavoro; di tecnologie che supportano lo scambio informativo, di spazi fisici. Comprendere come funziona una comunità significa anche generare i presupposti per riprogettare i modi in cui le persone stanno insieme, ossia il lay-out degli uffici. Infine, ma non da ultimo, alcuni impatti importanti sono in termini di formazione. FORMAZIONE Progettazione di iniziative per supportare lo sviluppo delle comunità e dei processi di APPRENDIMENTO Bilanciamento di contenuti trasmessi dall esterno (AGGIORNAMENTO) e valorizzazione degli apprendimenti dalla pratica (RIFLESSIONE) Oltre l aula: uso di tecniche di FORMAZIONE- INTERVENTO 7

Fare formazione significa, da questo punto di vista, non solo realizzare corsi ma anche stimolare all interno di iniziative formative o anche fuori di esse momenti di supporto allo sviluppo delle comunità e dei processi di apprendimento di cui sono portatrici. Quindi una formazione intesa più in termini di facilitazione dell apprendimento che non di trasmissione di conoscenze consolidate. Anche la formazione deve operare un bilanciamento costante: tra sviluppo di contenuti trasmessi dall esterno (forniti da esperti di varia natura) e valorizzazione degli apprendimenti dalla pratica. La formazione dare essere quindi capace di dare voce ai suoi utenti (che da questo punto di vista non usano la formazione ma contribuiscono a crearla) e di valorizzare i potenziali di riflessione e di capacità di soluzione di problemi di cui gli utenti sono capaci. Tutto ciò quindi spinge la formazione (o almeno alcuni suoi segmenti) oltre l aula. La spinge in particolare anche all uso di tecniche di formazione-intervento che consentano di mobilizzare i saperi di chi lavora nelle comunità di pratica in modo sintonico con le esigenze del cambiamento. Su questi aspetti sembra urgente una riflessione comune. L attuazione dei nuovi obiettivi degli URP può essere un buon terreno per procedere anche con queste modalità di formazione innovativa. 8