SULLA MODELLISTICA IDROLOGICA PER LA PREVISIONE DELLE PIENE DA MODELLI METEOROLOGICI



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XXXII Convegno Nazionale di Idraulica e Costruzioni Idrauliche Palermo, 14-17 settembre 2010 SULLA MODELLISTICA IDROLOGICA PER LA PREVISIONE DELLE PIENE DA MODELLI METEOROLOGICI E. Caroni 1, F. Navarra 1, D.Russo 2, F. Baruffi 3 & V.Fiorotto 1 (1) Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale, Università di Trieste, Italia, e-mail: fiorotto@univ.trieste.it (2) Idrostudi s.r.l, Area Science Park, Padriciano 99 EdificioAM 34149 Trieste (TS) Italia (3) Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, Dorsoduro 3593-30123 Venezia, Italia SOMMARIO La previsione delle piene nei corsi d acqua naturali, con riferimento a piccoli e medi bacini idrografici, assume sempre più di importanza con l incremento dell antropizzazione del territorio. Questi bacini sono caratterizzati da tempi di risposta idrologica alle precipitazioni così rapidi che il preavviso con il quale possono essere attivate le procedure di protezione civile è troppo breve per garantirne l efficacia. In questo contesto appare utile indagare sulla possibilità di accoppiare modelli idrologici a modelli meteorologici in grado di prevedere campi di precipitazione con un anticipo di 24 48 ore. Scopo del presente lavoro è quello di evidenziare le problematiche insite in questo accoppiamento con particolare riferimento alla previsione a 24 ore per la stima dei colmi di piena per il Fiume Isonzo ed i suoi affluenti. 1 INTRODUZIONE I fenomeni alluvionali che colpiscono sempre più frequentemente aree della nostra penisola hanno contribuito ad accrescere la coscienza dell elevato rischio idrogeologico esistente in molti bacini idrografici italiani. Una delle possibili soluzioni per cercare di mitigare il rischio idraulico e ridurre gli eventuali danni causati dagli eventi alluvionali è la predisposizione di adeguati sistemi di allerta che permettano agli organismi preposti, quali la Protezione Civile e i servizi di piena locali, di mettere in sicurezza le persone e le strutture minacciate. Il problema risulta di qualche rilevanza nei medi e piccoli bacini che presentano tempi di risposta brevi e per i quali le piene più pericolose sono causate da precipitazioni localizzate piuttosto che da precipitazioni originate da sistemi nuvolosi molto estesi. Per tale motivo, anche se questi bacini sono monitorati da pluviometri o radar meteorologici, il preavviso con il quale possono essere attivate le procedure di messa in sicurezza è troppo breve per garantirne l efficacia. Allo scopo di incrementare il tempo di preavviso, assume notevole interesse la possibilità di utilizzare modelli idrologici in grado di generare le onde di piena sulla base delle precipitazioni previste dai modelli meteorologici i quali, seppur con dei limiti, sono in grado di dare, attualmente, una rappresentazione spazio temporale dei

E. Caroni, F. Navarra, D. Russo, F. Baruffi & V. Fiorotto campi di precipitazione anche in termini quantitativi (Koussis et al., 2003). Nell ambito delle problematiche relative al preannuncio di eventi alluvionali, il presente lavoro si propone di evidenziare quali siano le potenzialità ed i problemi legati all utilizzo dei modelli meteorologici, in un contesto operativo applicato a piccoli e medi bacini, con particolare riferimento al bacino idrografico del Fiume Isonzo. La scelta di questo bacino è stata dettata dalla possibilità di avere a disposizione i dati idrometeorologici, grazie alla stretta collaborazione tra la Protezione Civile della Regione Friuli Venezia Giulia, l Autorità di Bacino dei fiumi dell alto Adriatico, il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell Università di Trieste, l Università di Lubiana e l Ente Governativo per l Ambiente della Repubblica Slovena (ARSO). La memoria è sviluppata nelle seguenti fasi. Preliminarmente è descritta l architettura generale dei modelli meteorologici a circolazione globale e ad area limitata allo scopo di evidenziare gli aspetti salienti ai fini del loro utilizzo per la previsione degli eventi alluvionali. Successivamente sono esposti i lineamenti teorici della modellazione idrologica adottata, che tiene conto delle dinamiche idrologiche al suolo e nel sottosuolo e consente, quindi, la simulazione efficace di eventi complessi, a colmi multipli, per durate significativamente prolungate, permettendo di iniziare la simulazione con sufficiente anticipo rispetto agli eventi meteorologici stessi. È quindi riportata l applicazione al bacino del Fiume Isonzo con una discussione dei risultati ottenuti, con principale riferimento al processo di previsione delle piene e di allertamento. 2 MODELLI METEOROLOGICI PER LA PREVISIONE DELLE PIENE Le possibilità d impiego della modellistica meteorologica ai fini della previsione delle piene in tempo reale dipendono in larga misura dalle scale spazio temporali caratteristiche dei modelli stessi. I maggiori centri meteorologici hanno, negli anni, sviluppato modelli a larga scala in grado di simulare le dinamiche della fisica dell atmosfera sull intero globo terrestre. Questi sono i cosiddetti modelli a scala planetaria o Global Circulation Model (GCM) i quali, a partire da assegnate condizioni iniziali, riescono a prevedere l evoluzione dei campi di pressione, temperatura, velocità del vento e umidità. Su questi modelli si inseriscono i Modelli ad Area Limitata LAM, a più alta risoluzione, che mutuano le condizioni iniziali e le condizioni al contorno dai GCM; infatti, se per i modelli globali si parla di risoluzioni orizzontali che arrivano sino a circa 50 km, per i LAM si utilizzano griglie più fini con dimensioni che possono raggiungere l ordine di qualche chilometro di lato. Pertanto i LAM generano campi spaziali di precipitazione compatibili con modelli idrologici applicati a piccoli e medi bacini con dimensioni dell ordine del centinaio di chilometri quadrati. A fronte di un infittimento del dominio di calcolo, e quindi di un miglioramento nella descrizione della superficie terrestre e degli strati dell atmosfera, deve corrispondere l utilizzo di un sistema più complesso di equazioni in grado di tenere conto di tutte le grandezze che caratterizzano i fenomeni fisici aventi scale confrontabili con la griglia spaziale e temporale adottata. Una tale risoluzione, comunque, non consente la modellazione esplicita dei moti che

Sulla modellistica idrologica per la previsione delle piene da modelli meteorologici si sviluppano tipicamente a scale inferiori, in particolare i processi convettivi. Altrettanto approssimati risultano anche i fenomeni legati agli effetti orografici, ossia all interazione delle correnti a grande scala con i rilievi montuosi. I LAM non sono in grado di formulare previsioni partendo dai soli dati a terra, ma necessitano di ulteriori condizioni al contorno che vengono fornite dai modelli GCM mediante interpolazioni. Questa operazione è nota come nesting e comporta l introduzione di ulteriori fonti di errore. I modelli LAM consentono un orizzonte temporale di previsione ridotto rispetto al modello globale dal quale dipendono. Solitamente, LAM con risoluzione a 20 km possono raggiungere le 72 ore di previsione, quelli con risoluzione a 6 10 km le 48 ore, quelli non idrostatici con risoluzione a 1 3 km le 24-36 ore. I processi di precipitazione non sono rappresentati attraverso una descrizione esplicita della microfisica delle nubi, bensì per mezzo di schemi parametrici semplificati, a partire dalla stima dell umidità e temperatura presenti in atmosfera. Si riesce così a prevedere, con un certo grado di accuratezza, le precipitazioni a grande scala correlate a fenomeni di condensazione per soprassaturazione delle masse d aria, ovvero per effetti orografici o per fenomeni convettivi, aventi però, scale spaziali confrontabili con la griglia di calcolo (Bacchi & Ranzi, 2000). La previsione delle precipitazioni, in qualche modo approssimata, non è quindi esente da errori nei volumi e nella distribuzione spazio-temporale, considerata anche l inadeguata rappresentazione dell orografia alla scala del modello in ambiente montano. A prescindere dagli errori insiti in questo tipo di modellistica, le precipitazioni previste, inserite in un opportuno modello idrologico in grado di simulare anche eventi complessi su orizzonti temporali lunghi rispetto alla durata dei singoli eventi piovosi, consentono di fornire indicazioni sulla probabilità di esondazione utili ai sensi della Direttiva Comunitaria sulla valutazione e gestione del rischio di alluvione 2007/60/CE. 3 IL MODELLO IDROLOGICO Il modello idrologico adottato per la previsione delle onde di piena prevede una suddivisione del bacino idrografico in sottobacini elementari dell ordine del centinaio di chilometri quadrati in cui la definizione delle dinamiche di trasformazione afflussi deflussi può essere condotta mediante un approccio modellistico di tipo semi distribuito. Il modello idrologico si ispira a Topmodel (Beven et al., 1995), che costituisce uno strumento concettuale a variabili concentrate e a parametri semi distribuiti, utile alla rappresentazione della risposta idrologica dei bacini. In questo contesto, le modifiche introdotte consentono di definire comunque il deflusso in base alla topografia del bacino ed alla dinamica del deflusso sotterraneo in zona satura e non satura ma si differenzia nella generazione del deflusso superficiale per eccesso di intensità di precipitazione (Church & Woo, 1990) e nelle dinamiche di propagazione degli afflussi superficiali e profondi all interno del bacino, allo scopo di descrivere adeguatamente il comportamento dei bacini montani (Rodriguez-Iturbe & Valdes, 1979; Gupta & Waymire, 1983; Rinaldo et al., 1991; Rinaldo & Rodriguez-Iturbe, 1996). Le ipotesi fondamentali per la definizione dei deflussi superficiali sono legate a due meccanismi tra loro intimamente correlati ossia: - meccanismo di Dunne: il deflusso superficiale viene generato al raggiungimento

E. Caroni, F. Navarra, D. Russo, F. Baruffi & V. Fiorotto delle condizioni di saturazione, talché la precipitazione successiva defluisce interamente sulla superficie; - meccanismo di Horton: il deflusso superficiale avviene quando l intensità della precipitazione eccede il tasso di infiltrazione del terreno. Il primo meccanismo è legato, nel modello Topmodel, all indice topografico, definito tramite la seguente espressione a k = ln (1) tgβ calcolata a partire dal DTM del bacino, dove a è il rapporto tra l area del bacino complessivamente drenato dall elemento in esame e la lunghezza del contorno dell elemento stesso con gli elementi contigui di valle, mentre tg β esprime la pendenza locale della superficie topografica nella singola cella. Questo indice rappresenta, in termini probabilistici, la propensione di un punto all interno del bacino a portarsi nelle condizioni di saturazione: valori di indice topografico più elevato caratterizzano zone a più elevata probabilità di raggiungere la saturazione e viceversa. In questo senso l indice topografico è da intendersi come indice di similarità idrologica: tutti i punti del bacino che appartengono alla stessa classe di indice topografico presentano le stesse caratteristiche idrologiche ed hanno la medesima propensione, in termini di probabilità, alla saturazione e quindi di generazione di deflussi superficiali. Nello specifico, il modello aggiorna nel tempo lo stato di saturazione del terreno in base alla precipitazione ed alla parte di essa che si va ad infiltrare nel terreno, imbibendo il suolo fino ad alimentare la falda. Quando il livello di falda raggiunge la superficie del terreno, tutta la precipitazione si trasforma in deflusso superficiale, in accordo allo schema di Dunne. Per condizioni di falda non emergente il meccanismo hortoniano impone che il deflusso superficiale si generi quando l intensità della precipitazione eccede il tasso di infiltrazione del terreno (Saulnier et al., 1998), legato allo stato di imbibizione del terreno. Di conseguenza, se con i(t) si indica l intensità di pioggia al generico istante t l eventuale deflusso hortoniano sarà dato dalla differenza i(t)-f(t) mentre l infiltrazione sarà pari al minimo tra i(t) e f(t) e andrà ad incrementare l immagazzinamento d acqua nel terreno sottostante, sino a raggiungere il valore massimo di invaso consentito, ossia la capacità di campo, SR max. Al superamento, la quantità in eccesso va a ricaricare la zona insatura con un tasso per unità di superficie r, che alimenta la falda generando una portata per unità di lunghezza della cella considerata q i = ra (2) dove a è l area a monte sottesa all unità di lunghezza della cella considerata. La portata nella falda si specializza, in accordo alla legge di Darcy, nell ipotesi di decadimento esponenziale della conducibilità idraulica in funzione della profondità della falda stessa, assunta la pendenza delle falda pari a tgβ i, ossia la pendenza locale del terreno, in:

Sulla modellistica idrologica per la previsione delle piene da modelli meteorologici d m r a = T tgβ e i / (3) 0 da cui si ricava la relazione che lega il deficit locale di saturazione, d i, con il generico indice topografico (1), con il parametro di decadimento m e con la trasmissività locale in condizioni di saturazione T 0 ossia: i r a = m ln (4) T tgβ d i 0 L equazione (4) evidenzia che, se k* è il valore di indice topografico per il quale dalla (4) il deficit locale d i si annulla, allora tutti i punti per i quali sia k k* si trovano in condizioni di saturazione. La condizione k k* definisce allora la porzione di bacino direttamente contribuente al deflusso in base alla distribuzione dell indice topografico. Definito localmente lo stato del bacino in termini di deficit e di conseguenza individuato il meccanismo di produzione dell eventuale deflusso superficiale, se hortoniano o dunniano, il modello procede, nel tempo, all integrazione delle equazioni di bilancio sull intero bacino. Ciò equivale a determinare, per ogni classe di indice topografico, il deficit di saturazione, l immagazzinamento al suolo e nella zona insatura e, noti gli afflussi meteorici, provvedere ai bilanci. Si determinano quindi sia i deflussi superficiali, sia quelli profondi, che raggiungono la sezione di chiusura del bacino in tempi differiti, permettendo quindi la simulazione idrologica non solo delle onde di piena, ma anche delle successive fasi di esaurimento del deflusso ipodermico e, in qualche misura, di quello profondo. Nonostante la complessità, il modello presenta un limitato numero di parametri di stima, ossia: T 0, trasmissività in condizioni di saturazione; m, costante di decadimento della trasmissività con il deficit ; SR max, capacità di campo; f 0, tasso di infiltrazione in condizioni di terreno asciutto; f c, tasso di infiltrazione quando viene raggiunta la capacità di campo. Le dinamiche di trasferimento dei deflussi superficiali e di quelli profondi all interno del reticolo idrografico sono interpretate in termini probabilistici secondo l approccio dell idrogramma geomorfologico (Rodriguez-Iturbe & Valdes, 1979). Nella fattispecie, si è utilizzato il metodo della funzione d ampiezza (Gupta et al., 1980), con tempo di residenza delle particelle d acqua distribuito in analogia all equazione di convezione diffusione, che costituisce la soluzione dell approssimazione parabolica secondo Hayami delle equazioni di De Saint-Venant (Gupta et al., 1980). Così strutturato, il modello è in grado di sovrapporre, agli effetti cinematici di puro trasferimento, gli effetti diffusivi che intervengono durante il percorso sia lungo i canali, sia lungo i versanti. L idrogramma istantaneo unitario, si riconduce alla forma gaussiana in funzione di due parametri C e D che rappresentano, rispettivamente, la celerità di propagazione geomorfologica dell onda di piena e il parametro d attenuazione geomorfologica del colmo per effetti diffusivi. Nel modello, tali parametri sono distinti: C S, D S per i deflussi superficiali e C P, D P per quelli profondi che raggiungono la rete idrografica, potendosi così produrre due idrogrammi diversi per tenere conto delle diverse modalità di propagazione al di fuori della rete. Il modello idrologico così definito è in grado di fornire gli idrogrammi di piena alla

E. Caroni, F. Navarra, D. Russo, F. Baruffi & V. Fiorotto sezione di chiusura dei singoli bacini elementari mediante operazioni di convoluzione con i deflussi superficiali e con quelli profondi, che arrivano alla rete idrografica dalla falda. La definizione dell onda di piena alla chiusura di un bacino di medie dimensioni è ottenuta tramite la propagazione delle singole onde di piena calcolate alla chiusura dei bacini elementari (sottobacini) lungo le aste principali utilizzando l equazione di convezione diffusione a parametri costanti C C e D C dove il primo rappresenta la celerità di propagazione dell onda ed il secondo tiene conto degli effetti diffusivi. Il modello consente quindi di rappresentare sia i deflussi prodotti internamente ai sottobacini, sia la loro propagazione lungo la rete dei rami fluviali principali fino alla sezione di chiusura. L applicazione al Fiume Isonzo, suddiviso in 37 sottobacini, ha prodotto la stima, in media, dei seguenti valori: T 0 = 1.4 m 2 /h, m = 0.05 m, SR max = 0.2 m, f 0 = 110 mm/h e f C = 10 mm/h. Essendo il bacino del Fiume Isonzo spiccatamente alpino, quindi con versanti ripidi e suoli di debole potenza, per semplicità si è ritenuto di poter assimilare il trasporto del deflusso profondo a quello di superficie. Questa approssimazione, in fase di taratura, si è rivelata poco influente sul calcolo dei deflussi di piena, a fronte della maggiore semplicità nelle operazioni di taratura e della maggiore robustezza delle stime. La celerità di propagazione, valutata su considerazioni di tipo geomorfologico, si attesta nell ordine di 1-1.5 m/s per C S e C P, e di 2.5 3 m/s per C C. Per quanto riguarda il coefficiente di dispersione geomorfologica esso risulta superiore di circa un ordine di grandezza rispetto al coefficiente di diffusione idrodinamica e risulta dell ordine delle migliaia di m 2 /s per D S e D P e delle centinaia per D C. Figura 1. Simulazione degli eventi di piena in due sezioni caratteristiche del bacino. A sinistra il Fiume Isonzo a Salcano, ottobre 2000; a destra il Fiume Natisone a Cividale, novembre 2004. In Fig. 1 è riportato il confronto tra le piene misurate e quelle calcolate con il modello idrologico in due sezioni caratteristiche del bacino, al fine di evidenziare le buone capacità predittive del modello, almeno ai fini pratici. Come si osserva, il tenere conto delle dinamiche di falda consente la simulazione efficace di eventi complessi, a colmi multipli, per durate significativamente prolungate. Permette inoltre di iniziare la simulazione con sufficiente anticipo rispetto agli eventi di piena fornendo il solo parametro della portata di esaurimento, che definisce lo stato iniziale di saturazione del bacino. Ciò rende la stima delle portate di piena praticamente indipendente dalle condizioni iniziali.

Sulla modellistica idrologica per la previsione delle piene da modelli meteorologici 4 ANALISI DEI DATI PLUVIOMETRICI ED APPLICAZIONE ALLA PREVISIONE DELLE PIENE DEL FIUME ISONZO. La previsione meteorologica su tutto il territorio sloveno e parte del territorio italiano di confine è affidata al modello ad area limitata ALADIN-SI. Le condizioni iniziali e le condizioni al contorno vengono mutuate da ARPEGE e aggiornate ogni 3 ore; ALADIN-SI effettua due simulazioni al giorno per le successive 48 ore: il primo alle 0:00 con risultati a disposizione dalle 6:00, il secondo alle 12:00 con i risultati dalle 18:00. Le precipitazioni previste sono date in forma di altezza cumulata con passo temporale dell ora; in tal modo, oltre al volume complessivo, è possibile ottenere lo ietogramma a scansione oraria. Per valutare la capacità predittiva del modello meteorologico, sono state raccolte le previsioni di precipitazione del modello ALADIN SI relative agli anni 2004 e 2005 e le corrispondenti misure a terra da 15 pluviometri, di cui 6 della rete pluviometrica slovena. Un indicazione preliminare sulla qualità delle previsioni è stata investigata utilizzando tabelle di contingenza col metodo Hit Rate, basate sul superamento o meno di prefissate soglie di intensità media. Esso evidenzia il rapporto tra il numero di concordanze tra previsione LAM e misure a terra, rispetto al numero totale delle osservazioni. Tanto più alto è lo Hit Rate, tanto migliore sarà l affidabilità del modello. I risultati ottenuti per ogni singolo pluviometro sono stati quindi raggruppati in un unica tabella di contingenza al fine di avere una valutazione generale del modello; l andamento complessivo è riassunto in Fig. 2. Figura 2. Andamento dello Hit Rate in funzione delle soglie adottate Dalla figura si evince che, all aumentare del valore di soglia, e quindi della quantità di pioggia caduta, la capacità predittiva del LAM peggiora. Una sufficiente concordanza è evidenziata per le 12 ore, la quale peggiora progressivamente per tempi di previsione maggiori, raggiungendo valori di Hit Rate prossimi a zero per piogge di intensità superiore a 10 mm/h e previsione a 48 ore. Per quanto riguarda invece la descrizione temporale dei campi di precipitazione, una valutazione complessiva a livello di bacino ha evidenziato una sostanziale similarità di comportamento tra ALADIN-SI e misure a terra, sebbene si possa osservare una sottostima nell andamento delle piogge cumulate (Fig. 3) fino al 20% sul totale annuo.

E. Caroni, F. Navarra, D. Russo, F. Baruffi & V. Fiorotto Figura 3. Curve cumulate delle precipitazioni sull intero bacino per l anno 2004. Nell ambito dell analisi dei campi di precipitazione si è indagata la loro persistenza temporale mediante la funzione di autocorrelazione tra le altezze orarie di pioggia misurate a terra e quelle previste da ALADIN-SI per i singoli pluviometri. Dalla Fig. 4, che riporta il valore medio delle diverse funzioni di autocorrelazione, si osserva che il modello meteorologico presenta valori dei coefficienti di autocorrelazione mediamente più elevati, indice di una sopravvalutazione della scala temporale delle piogge, intesa in termini di scala integrale. Figura 4. Autocorrelazioni medie: confronto tra misure a terra e previsioni ALADIN-SI. Poiché il coefficiente di autocorrelazione esprime la misura della persistenza temporale di un processo, i valori più elevati del modello numerico indicano che il modello meteorologico prevede perturbazioni temporalmente più durature. Per l ipotesi di Taylor, questa perturbazione interesserà anche un area più estesa del reale. La causa di questa discrepanza può trovare ragione nelle approssimazioni introdotte nella descrizione orografica del territorio dal modello numerico. È evidente che, a parità di volume precipitato, un incremento dell area di insistenza, per ragioni di continuità, comporta, almeno in media, una diminuzione puntuale del volume piovuto, congruente quindi con quanto mostrato in Fig. 3. Infatti, dall analisi delle precipitazioni di notevole intensità, si è osservato la quasi sistematicità della sottostima dei volumi di precipitazione da parte del modello. Questo errore si incrementa all aumentare dell altezza di precipitazione e quindi in corrispondenza degli eventi piovosi più gravosi, di interesse per le previsioni di piena. Con riferimento alla previsione delle precipitazioni in area mediterranea, Koussis et al. (2003) osservano sottostime anche maggiori del 20% nell applicazione di un modello

Sulla modellistica idrologica per la previsione delle piene da modelli meteorologici BOLAM, suggerendo in qualche misura la generalità di tale comportamento. Infatti, a conclusione delle loro analisi, gli Autori evidenziano che i modelli idrometeorologici sono, a loro avviso, ancora una promessa, non avendo raggiunto sufficiente maturità per il loro impiego. Allo scopo di rendere operativi questi modelli, diventa importante limitare l errore di previsione prima dell utilizzo per il calcolo delle portate di piena ai fini del preannuncio. Senza precludere analisi più sofisticate sulla struttura statistica dell errore, che esulano in qualche misura dagli obiettivi di questo lavoro, una prima correzione in termini operativi può farsi uguagliando, in media, le precipitazioni previste e quelle misurate a terra, con riferimento quindi ai volumi complessivi previsti da ALADIN-SI a 12, 24 e 48 ore V mis, con quelli misurati dai pluviometri V pre, ossia: V V mis pre =α (5) I coefficienti α variano nell intervallo 1.6-2.2, in aumento al crescere del tempo di previsione dalle 12 alle 48 ore. Tali valori sono qualitativamente congruenti con le curve cumulate riportate in Fig. 3 che mettono in evidenza un coefficiente α d insieme dell ordine di 1.2 per un tempo di previsione di sei ore. In ragione dell esiguità dei dati campionari, che abbracciano appena due anni d osservazione, si ritiene più opportuno applicare una correzione basata sul confronto dei volumi cumulati annuali previsti con quelli misurati, piuttosto che procedere a correzioni per classi d intensità, come potrebbe suggerire l analisi puntuale dei dati pluviometrici. Questa, pur potendo fornire una migliore correzione, potrebbe essere meno robusta, venendo a dipendere dalle poche sequenze campionate per piogge di notevole intensità. Figura 5. Distribuzione degli errori ε in accordo alla eq. (6). La stima dell errore tra le precipitazioni orarie prodotte da ALADIN-SI moltiplicate per il coefficiente α e quelle misurate dai pluviometri, mostra una forte variabilità legata soprattutto a sfasamenti temporali. Questo comporta una sopravvalutazione degli errori, incongruente con le ragionevoli capacità predittive del modello stesso. Allo scopo di una valutazione più realistica di questi errori, le altezze di precipitazioni misurate hmis e previste hpre sono state valutate aggregate alle 6 ore, ossia per un tempo piccolo rispetto al tempo di persistenza delle precipitazioni più gravose per il bacino ma

E. Caroni, F. Navarra, D. Russo, F. Baruffi & V. Fiorotto sufficiente per mediare gli sfasamenti temporali delle previsioni. Di conseguenza si ha un errore: ε = αh prev h mis (6) L analisi degli errori mostra una media nulla e una distribuzione di probabilità normale (Fig. 5). Ciò potrebbe avvalorare il carattere casuale di questi errori e consente di definire intervalli di confidenza in funzione dello scarto quadratico medio σ che, per la previsione a 24 ore (Fig. 5) risulta dell ordine di 6 mm. Definiti, in prima approssimazione, i parametri di correzione, questi sono stati utilizzati per la previsione di eventi di piena, per il Fiume Isonzo alla sezione di Salcano e per l affluente Natisone alla sezione di Cividale, ossia in corrispondenza di sezioni affidabili in termini di misura delle portate per un tempo di preavviso di 24 ore. Figura 6. Onde di piena previste al variare della correzione sulle previsioni di pioggia di ALADIN-SI per l evento del 2004. Le due figure in alto si riferiscono al Fiume Isonzo, le due in basso al Fiume Natisone. Le due figure a sinistra rappresentano la previsione emessa il 29 ottobre, le due figure a destra le previsioni emesse il 31 ottobre. In tutti i grafici si indica con Q simulate le portate previste senza apportare correzioni ai valori delle previsioni meteorologiche, con Q corr 0 1, 2 le portate ottenute ponendo n=0, 1, 2 nella eq. (7). Dalla Fig. 6 si evince il sostanziale miglioramento ottenuto sulla previsione delle portate di piena adottando la correzione delle piogge orarie previste h in accordo alla h αh + prev nσ = (7) ove h rappresenta l altezza di precipitazione oraria corretta ed n=0,1,2 un coefficiente pre

Sulla modellistica idrologica per la previsione delle piene da modelli meteorologici moltiplicativo dello scarto quadratico medio degli errori. Considerato che lo scopo del presente lavoro è rivolto a definire il colmo di piena in un intervallo previsionale compatibile con le soglie di allerta, si osserva il buon accordo tra la previsione dei colmi di piena a 24 ore e quelli realmente occorsi adottando il solo coefficiente di correzione dei volumi complessivi annuali α. Adottando una correzione più consistente, ossia con riferimento all equazione (7) imponendo un coefficiente n=1, si ottiene una sopravvalutazione dei colmi di piena previsti. Di conseguenza, come criterio generale di interpretazione dei risultati ottenuti, con riferimento all insieme delle simulazioni condotte su diversi eventi (Navarra, 2005), la previsione dei colmi di piena a 24 ore, in base al quale definire il livello d attenzione per il possibile svilupparsi di un evento critico, può associarsi ad una correzione delle precipitazioni previste da ALADIN-SI per il bacino del Fiume Isonzo proporzionale ad α o al massimo, in sicurezza, con l aggiunta di uno scarto quadratico medio σ in accordo all equazione (7). Pur riconoscendo i limiti evidenziati da Koussis et al. (2003), l analisi dell errore nella previsione delle precipitazioni può rendere di corrente impiego, ai fini di allerta, l uso di modelli idrologici accoppiati a modelli LAM. CONCLUSIONI Il presente lavoro evidenzia la possibilità di impiegare le previsioni di precipitazione prodotte da modelli meteorologici ad area limitata per il preannuncio di possibili esondazioni anche in ragione dell applicazione della recente Direttiva Comunitaria sulla valutazione e gestione del rischio di alluvione 2007/60/CE. Questo approccio assume particolare rilevanza nel caso di bacini di piccola-media dimensione, caratterizzati da tempi di risposta idrologica alle precipitazioni così rapidi che il preavviso con il quale possono essere attivate le procedure di protezione civile è troppo breve per garantirne l efficacia. Il lavoro pone in evidenza la praticabilità del metodo, con riferimento alla modellistica idrologica, mentre le maggiori approssimazioni riguardano la previsione delle piogge dal modello meteorologico, non solo in termini di sequenza temporale ma, soprattutto, in termini quantitativi di volume. Nel caso applicativo esaminato, dal confronto con i dati a terra, risulta che il modello meteorologico generalmente sottostima i volumi. Una prima correzione, quindi, può essere basata moltiplicando il volume calcolato dal modello LAM per un coefficiente correttivo pari al rapporto fra i volumi annuali misurati a terra e previsti. Questa correzione, pur non tenendo conto delle caratteristiche del singolo evento piovoso, fornisce previsioni a 24 ore sufficientemente accurate per gli scopi attesi. Miglioramenti sensibili potrebbero conseguire dall analisi statistica degli errori nei singoli eventi, comparando i risultati con le misure a terra, al fine di ottenere relazioni che leghino l errore di previsione alle caratteristiche delle precipitazioni, non solo in termini di media ma anche di varianza. Queste analisi implicano la disponibilità di misure a terra accurate e in quantità maggiori di quanto al momento disponibili, in modo da conseguire analisi statistiche di qualche significato.

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