Chiarimenti in merito alle c.d. discipline bionaturali



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Chiarimenti in merito alle c.d. discipline bionaturali alla luce dell intervento del legislatore con l. 14 gennaio 2013 n. 4, rubricata Disposizioni in tema di professioni non organizzate Dopo una lunga attesa, in data 26 gennaio 2013 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (n. 22) la legge n. 4 del 14 gennaio 2013, rubricata Disposizioni in materia di professioni non organizzate. Si tratta di un fondamentale passo in avanti in quanto il Legislatore, seppur in modo ancora embrionale, ha inteso apprestare, per la prima volta, una disciplina di base indirizzata a tutte quelle categorie professionali non organizzate in ordini o collegi. Detta scelta appare dettata, a parere di chi scrive, da una netta presa di coscienza da parte del Legislatore in ordine al peso da attribuire a tutte quelle professioni che, nell attuale contesto socio-economico, possono rappresentare un potenziale per il rilancio economico del Paese. Basti considerare che, secondo una recente stima, in Italia sono più di 200 le professioni economiche non ricomprese in ordini o collegi. La mancanza, in molti casi, di una legislazione tecnica volta a regolamentare la singola professione, ha contribuito ad alimentare una complessiva situazione di incertezza nell ordinamento, disincentivando, per lo più, il fiorire di interessanti iniziative economiche. Nelle brevi considerazioni che seguono verrà focalizzata l attenzione sull impatto che la l. 14 gennaio 2013, n. 4 ha avuto sulle discipline c.d. bionaturali (d ora in poi, DBN). In particolare, si cercherà di delimitare l ambito applicativo della citata legge, al fine di verificare la riconducibilità delle DBN all interno del perimetro delle professioni non organizzate. L art. 1, comma 2, l. 14 gennaio 2013 n. 4 statuisce che per professione non organizzata in ordini o collegi, si intende l attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell art. 2229 del codice civile, 1

delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. Da una lettura del citato articolo, emerge come nell attività economica, anche organizzata, ai fini dell applicabilità della disciplina in questione, vi debba essere prevalenza del lavoro intellettuale o, comunque, il concorso di questo, nell esercizio dell attività medesima. Il significato da attribuirsi a tale ultimo principio non è dissimile dall accezione con cui viene intesa la prestazione d opera intellettuale nel codice civile (artt. 2229 e ss, cod. civ.): una prestazione, dunque, caratterizzata dal fatto che il professionista mette a disposizione le proprie competenze e risorse intellettuali, in vista della realizzazione di un risultato utile in favore di un determinato soggetto. Dal canto loro, le discipline bionaturali possono definirsi come pratiche e tecniche che, mirando al benessere ed alla salvaguardia delle migliori condizioni della persona, stimolano le risorse naturali dell individuo, con l ulteriore finalità di responsabilizzare quest ultimo in relazione al proprio stile di vita. Il loro compito consiste nell indirizzare le persone verso scelte salutistiche, presenti nel contesto socio-educativo e spirituale. Si sostanziano, quindi, in prestazioni di carattere prevalentemente intellettivo, che presuppongono una specifica preparazione da parte dell operatore per favorire il raggiungimento del benessere da del consumatore. Continuando nella lettura del testo normativo, notiamo che il legislatore non offre una specifica definizione di professioni non organizzate. Ha solo premura di individuare quelle professioni che, senz altro, vengono sottratte dall ambito di operatività della citata legge. In sostanza, non ha fatto altro che istituzionalizzare una categoria residuale dell Ordinamento, in cui ricomprendere, caso per caso, tutte quelle attività non riconducibili in alcuna delle categorie professionali menzionate dal citato art. 1, ovvero: i) le attività per le quali è necessaria l iscrizione in albi o elenchi (c.d. professioni protette ); ii) le attività sanitarie, disciplinate dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 ( Riordino della disciplina in materia sanitaria ) ed infine iii) le attività artigianali, commerciali e di pubblico esercizio. 2

Sicché, esclusa a priori la riconducibilità delle DBN alla categoria sub iii) (attività artigianali, commerciali e di pubblico esercizio), occorre interrogarsi, ai fini di dare soluzione al quesito, sulla possibilità di sussumere le DBN all interno delle attività sanitarie ovvero in altre categorie professionali protette (es.: estetista). In realtà, a tale ultimo interrogativo non può esser data risposta, se non mediante un esatto inquadramento giuridico dell attività degli operatori in discipline bionaturali. Il punctum dolens della questione risiede nell orientamento sulla base del quale quale si arrivava a sussumere le discipline bionaturali all interno dell attività di estetista o, addirittura, in quella medica. Con la diretta conseguenza di assoggettare le DBN alla più stringente disciplina regolante, rispettivamente, le attività estetiche (l. 4 gennaio 1990, n. 1) e quelle terapeutiche (d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502). Appare evidente che una simile impostazione prende le mosse dall erroneo assunto che tutte le attività di massaggi, comunque denominate, si sostanzino, in ogni caso, in interventi diretti sul corpo umano e, pertanto, debbano essere necessariamente ricondotte all ambito sanitario o estetico. In altri termini, laddove l attività non presenti i caratteri propri del massaggio terapeutico, ci si dovrà rifare alla normativa nazionale e regionale nonché ai regolamenti comunali, disciplinanti l attività estetica. Sicché, chiunque volesse svolgere attività implicanti discipline bionaturali, dovrebbe necessariamente possedere l attestato di estetista ex l. 4 gennaio 1990 n.1, oltre all obbligo di presentazione della SCIA (prescritta per l attività di acconciatore, estetista e mestieri affini ex art. 77 e 78 del D.lgs n. 59/2010). Numerose, infatti, sono state sono le ordinanze comunali di cessazione dell attività (con conseguente sequestro dei locali adibiti all attività), disposte a carico degli operatori in DBN per esercizio abusivo della professione, con cui si contesta la violazione dell art. 12 l. 4 gennaio 1990, n. 1, in ordine al mancato possesso dell attestato di estetista, nonché la mancata presentazione della SCIA prescritta dagli artt. 77 e 78 del d.lgs. n. 26 marzo 2010, n. 59. Tale tesi, seppur suggestiva, non coglie nel segno. 3

Ed invero, non può ritenersi condivisibile l assimilazione delle DBN in ambito estetico, essendo le prime volte a favorire il miglioramento e la conservazione del benessere globale della persona, a prescindere dal perseguimento di benefici di tipo estetico o, addirittura, terapeutico. Hanno, quale finalità, il raggiungimento del benessere nella sua globalità (corpo-mente-spirito), indipendentemente dall esistenza di una patologia o dalla presenza di un inestetismo. Contrariamente, la definizione offerta dall art. 1 l. 4 gennaio 1990, n. 1 ( Disciplina dell attività di estetista ) fa propria una nozione molto ampia dell attività di estetista, riferita alla cura esterna e/o di superficie del corpo umano, che può essere svolta anche con apparecchi elettromeccanici, con esclusione delle prestazioni di carattere terapeutico. Trattasi, in definitiva, di due attività - quella di operatore in DBN e quella estetica ontologicamente diverse e, di conseguenza, tra loro non sovrapponibili. In tali termini si è espressa recentemente anche la giurisprudenza (v., su tutte, T.A.R. Palermo sez. III, del 18 novembre 2014, n. 2904), soprattutto dopo l avvento della l. 14 gennaio 2013, n. 4, sottolineando la diversità di approccio e finalità, essendo l attività degli operatori in DBN volta a favorire il miglioramento e la conservazione del benessere globale della persona, a prescindere dal perseguimento di benefici di tipo estetico o terapeutico. Sulla base di tali considerazioni, dobbiamo, dunque, dedurre che l attività in DBN non costituisce né una professione protetta (mancando una legge nazionale che le preveda, definisca o regolamenti), né una professione sanitaria. Né, tantomeno in base a quanto già detto un attività artigianale, commerciale e di pubblico interesse, a loro vota disciplinate da specifiche normative (ex art. 1, comma 2, della legge in esame). In definitiva, deve ritenersi che le DBN, in assenza di una disciplina legislativa nazionale che ne regolamenti i requisiti di accesso e di esercizio, rientrino, allo stato attuale, nell ambito applicativo di cui alla l. 14 gennaio 2013, n. 4 e, come tale, liberamente esercitabili, senza obblighi di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). 4

Verificata l applicabilità della disciplina delle professioni non organizzate alle DBN, non rimane ora che procedere all analisi delle ulteriori disposizioni che completano l impianto normativo, al fine estrapolare dei validi principi regolatori della materia. L art. 1, comma 4, l. 14 gennaio 2013, n. 4 stabilisce che l esercizio della professione è libero e fondato sull autonomia, sulle competenze e sull indipedenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell ampliamento e della specializzazione dell offerta dei servizi, della responsabilità del professionista. Il legislatore, dunque, ha deciso di non porre ostacoli all accesso alla professione, introducendo il principio del libero esercizio fondato sull autonomia, sulle competenze e sull indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico del professionista. Allo stesso tempo, però, ha avuto premura di assicurare agli utenti/consumatori uno standard qualitativamente elevato di prestazioni, all insegna della qualità dei servizi e della trasparenza del mercato. Nel far ciò, il legislatore ha valorizzato, prima di tutto, il ruolo delle associazioni professionali di categoria, cui compete, in primo luogo, la formazione continua degli associati. Giova precisare, in ogni caso, che trattasi di associazioni di natura privatistica, alle quali, pertanto, il singolo rimane libero di aderire o meno. Ed invero, l art. 3 della citata legge, dispone che Coloro che esercitano la professione di cui all art. 1, comma 2, possono costituire associazioni a carattere professionale, di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, col fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti, nel rispetto delle regole sulla concorrenza. Alle associazioni compete la promozione della formazione permanente, la vigilanza sulle condotte degli associati, l'istituzione di sportelli di informazione e di risoluzione delle controversie a beneficio dei consumatori, la definizione e il rilascio agli scritti di marchi di qualità e di attestazione di professionalità. 5

La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima attività alla normazione tecnica dell NI (ISO, UNI EN ISO, UNI EN e ISO) di cui alla Direttiva 98/34/CE del arlamento europeo e del Consiglio, nonché sulla base delle linee guida C N. All elaborazione di tali norme tecniche collaborano, comunque, le associazioni professionali attraverso la partecipazione ai lavori degli organi tecnici o inviando propri contributi (art. 9). Questa, in breve, la disciplina delle professioni non organizzate delineata dalla l. 14 gennaio 2013, n. 4. Non che tale legge non abbia lasciato questioni irrisolte. Ed invero, prefiggendosi di dettare una disciplina unitaria per figure professionali tra loro eterogenee, il livello di regolamentazione della citata legge non poteva che attestarsi su canoni generali, comuni a tutte le attività, contenenti un chiaro valore programmatico. Rappresenta, tuttavia, un significativo passo in avanti, se non altro in termini di razionalizzazione del sistema legislativo, in quanto consente di attribuire dignità giuridica autonoma all attività degli operatori in discipline bionaturali nonché, più in generale, a tutte quelle attività non direttamente disciplinate dall Ordinamento. Indubbiamente, l introduzione della l. 14 gennaio 2013, n. 4 e la conseguente applicabilità, desunta in via interpretativa, della citata norma alle DBN, consente di differenziare ontologicamente queste ultime dall attività di estetista nonché dall attività medica, alle quali in passato venivano assimilate, e così di assoggettare le discipline bionaturali ad un autonoma regolamentazione. In ogni caso, a parere di chi scrive, ad una piena razionalizzazione del sistema legislativo potrà giungersi soltanto a seguito dell intervento del Legislatore che istituzionalizzi, a livello nazionale, la figura professionale dell operatore in DBN, regolamentandone la formazione, gli ambiti di azione e delimitandone i confini. Giova precisare, infatti, che, con la riforma del Titolo V della Costituzione, il Legislatore ha configurato una potestà concorrente tra Stato e Regioni in materia di professioni ex art. 117, comma 3, Cost., in virtù della quale la definizione dei principi fondamentali concernenti l individuazione dei profili 6

professionali e dei relativi requisiti di accesso, con l eventuale istituzione di appositi albi, viene riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. La scelta in tal senso, da parte del Legislatore, risponde all esigenza fondamentale di dettare una disciplina uniforme sul piano nazionale, coerente anche con i principi dell'ordinamento comunitario. Siffatto quadro viene confermato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 ("Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della l. 5 giugno 2003, n. 131 ) che, all art. 1, comma 2, ha attribuito allo Stato l individuazione delle professioni ed alle Regioni la potestà legislativa sulle professioni così come individuate e definite dalla normativa statale. Inoltre, l art. 4, comma 2, stabilisce che lo Stato individua i requisiti tecnico professionali e i titoli professionali necessari per l esercizio delle attività professionali che richiedono una specifica preparazione a garanzia di interessi pubblici generali la cui tutela compete allo Stato ; l art. 2, comma 1, conclude precisando che le Regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l esercizio della professione. Sulla scorta di tali principi, numerose sono state le declaratorie d illegittimità costituzionale (sentenze n. 153/2006; n. 424/2006; 57/2007; n. 93/2007; n. 300/2007; n. 11/2008) di alcune leggi regionali (Liguria, Veneto, Piemonte) con cui, di fatto, le Regioni hanno istituzionalizzato la figura professionale dell operatore in DBN, prevedendo l istituzione di un registro professionale e le condizioni per l iscrizione ad esso. A tal riguardo, la Consulta ha precisato che tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione vi rientra quello della predisposizione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento delle attività che la legge regolamenta, giacché l istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per l iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale. 7

Da ultimo, la legge regionale della Regione Umbria (l. reg. 7 novembre 2014, n. 19 Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali ) è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale per violazione del suesposto principio. In particolare, la citata normativa regionale presenterebbe profili di incostituzionalità: all art. 2, comma 1, nel quale viene demandato alla Giunta regionale il compito di individuare, con proprio atto, le discipline bionaturali, definite dal medesimo articolo di legge come le attività e le pratiche individuate dalla iunta regionale, con proprio atto, che hanno come finalità il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua ualità di vita. Tali pratiche, che non hanno carattere di prestazione sanitaria, tendono a stimolare le risorse vitali dell individuo con metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate ; all art. 5, comma 1, ove viene istituito l elenco regionale degli operatori in discipline bionaturali, rimettendo ad un atto della Giunta regionale la definizione delle modalità, delle procedure e della documentazione necessaria ai fini dell iscrizione. Nonostante la Consulta non sia ancora pronunciata sulla legittimità costituzionale della l. reg. 7 novembre 2014, n. 19 della Regione Umbria, tuttavia, anche per quest ultima, in aderenza alle precedenti pronunce, l esito appare scontato. In conclusione, è evidente che, in materia di professioni, la potestà legislativa concorrente delle Regioni (ex art. 117, comma 3, Cost.), è rimasta e rimarrà, di fatto, inattuabile, sino a quando non interverrà una normativa che regolamenti, a livello nazionale, il settore delle discipline bionaturali e che istituisca la figura dei relativi operatori. Pertanto, si auspica che il Legislatore nazionale, oramai consapevole dell importanza e della diffusione delle discipline bionaturali nell attuale panorama delle medicine non convenzionali, intervenga risolutivamente ed incisivamente in tal senso, superando la situazione di impasse venutasi a creare per la mancanza di una specifica disciplina in materia. 8

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