IL COMPITO DELL ADULTO NEL PROCESSO DI CRESCITA DEL BAMBINO Cosa significa chiedere autonomia al bambino? Come sostenerlo?



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Transcript:

IL COMPITO DELL ADULTO NEL PROCESSO DI CRESCITA DEL BAMBINO Cosa significa chiedere autonomia al bambino? Come sostenerlo? Il senso dei due incontri che vengono proposti sta nel riflettere sulla nostra esperienza quotidiana di genitori, nel trovare insieme, grazie al confronto reciproco, criteri per metterci ancora con più lena al lavoro con noi, con il coniuge, con il bambino. La frase di Peguy gli uomini più eminenti sono quelli che non hanno mai finito, non finiscono di coltivarsi, di lavorare la vita è un incessante lavoro è vera perché il problema è che il primo compito di noi adulti è di metterci al lavoro con le relazioni, con noi stessi, di riflettere, di farsi interrogare cercare di comprendere, di ascoltare insomma essere al lavoro. Questo è molto diverso dal cercare di essere adeguato ad un modello ideale di bravo genitore, di brava mamma e bravo papà, di vedere sempre sé in paragone ad un dover essere, paragone dal quale si esce sconfitti ma che non porta a mettere mano alla nostra persona, alle relazioni, al rapporto con il coniuge o con il figlio. Mettersi al lavoro implica la consapevolezza che la costruzione del rapporto è continua, la disponibilità ad affrontare cambiamenti e fatiche, a tollerare gli imprevisti, ad individuare obiettivi non generici. Le famiglie sono in qualche modo in mezzo ad un profondo processo di cambiamento molto importante e che produce delle modificazioni negli stili e nelle scelte, oggi c è un accordo forte sull importanza di dare attenzione ai bambini, alle loro esigenze e ai loro bisogni. Ma la consapevolezza dell importanza del mondo dell infanzia comporta la domanda su di sé come adulto e come genitore, sulla propria capacità di essere responsabile e capace di assumersi questa responsabilità; di conseguenza gli investimenti affettivi sui figli sono altissimi, e le attese su di loro sono tanto più alte tanto più i figli sono desiderati e cercati. Tanto più l investimento è forte tanto più forte è il senso di frustrazione se si trovano dei problemi che vengono girati su di sé con l immagine di non essere in grado, di non essere capaci. E questo è un grave ostacolo al mettersi al lavoro come detto prima, perché il senso del problema sta nell essere affrontato, non di esserne colpevolizzati, perché il problema è inevitabile perché è la realtà. Ma questo pensiero pernicioso ostacola il lavoro perché un genitore, un uomo al lavoro, è una persona che capisce che i problemi sono la modalità con cui spesso la crescita avviene, in cui la realtà si presenta e che quello che serve non è cercare sbrigativamente di eliminarli perché non li tolleriamo ma cercare di capirli, di comprendere come le persone si pongono davanti ad essi. Ma oggi questo è faticoso in modo particolare perché c è un interpretazione iperprotettiva del ruolo genitoriale. Questa è una tendenza che porta i genitori ad intendere la loro funzione in senso di

vicinanza eccessiva, che rischia di essere soffocante e che finisce con l impedire la crescita dell autonomia da parte dei figli. Questa iperprotezione implica una difficoltà a percepire e a vivere come naturali i disagi relazionali con i figli L affettività portata alle estreme conseguenze spinge le famiglie a voler soddisfare tutti i bisogni infantili ma questo non aiuta né il genitore né il figlio. Queste riflessioni non vogliono colpevolizzare, ma contestualizzare, questa sera siamo al lavoro sul significato dell accompagnamento della crescita del figlio, consapevoli di essere all interno di idee e ipotesi culturali di questo tipo, noi non ne siamo fuori, ma vogliamo esserne consapevoli per essere al lavoro in modo più congruente e attento, dando un nome preciso ai nostri sentimenti e alle nostre ipotesi per poterle meglio comprendere e farne i conti. Ma allora? Qual è il compito dell adulto per favorire la crescita del bambino? Il bambino ha bisogno di certezze e le certezze non si insegnano, si prendono. I bambini le prendono dall adulto perché ne hanno convenienza, vedono che i loro genitori stanno abbastanza bene, dunque viene voglia di prendere qualcosa da loro. Una delle certezza fondamentali di cui il bambino ha bisogno è quella che crescere non sia una fregatura, il non voler diventare grandi segnala il dubbio sulla convenienza di diventare adulti. Un compito dell adulto è far vedere che conviene, val la pena diventare adulti, tenendo presente che noi siamo l interpretazione per il bambino di cosa significhi diventare adulti. Noi siamo l esemplificazione di cosa significhi diventar grandi occorre che lo teniamo sempre presente. Inoltre dobbiamo stare attenti che, nel parlare con lui, il diventare grande sia qualcosa che viene riconosciuto con piacere, con soddisfazione, con un riconoscimento di un vantaggio e non sia solo il richiamare dei nuovi compiti. La crescita, l esperienza del diventare grande per il bambino è sì piacere perché fa l esperienza di riuscire a padroneggiare di più la realtà ma è anche fatica, perché è disequilibrio, perché implica una continua riorganizzazione della persona davanti ad un orizzonte che si allarga sempre di più. Diventando grande il bambino incomincia ad incontrare una realtà che via via diventa più vasta, in cui sono presenti le relazioni con altri adulti, con altri bambini, che si fa sempre più ricca ed interessante ma è anche una fatica perché al bambino è chiesto di rendere attuali le sue potenzialità. Questo ci fa capire, in maniera molto intuitiva, perché la crescita sia caratterizzata da spinte quasi contrapposte ma che coesistono: la voglia di diventare grande e il desiderio di essere rassicurato, di essere protetto, quasi di fare un salto indietro. Attenzione nella voglia di diventare grande c è contemporaneamente la voglia di diventare grande come la mamma e il papà e la voglia di staccarsi di separarsi, di diventare a propria volta i costruttori di relazioni e di possibilità.

Grazie anche all'esperienza della scuola elementare, il bambino fa sempre più compitamente, l'esperienza di badare a se stesso, riesce infatti a misurarsi con le richieste della scuola, ad intraprendere nuovi rapporti che diventano sempre più importanti (le maestre e il gruppo dei pari), percepisce la realtà in modo sempre più analitico e differenziato. Allora il bambino è come se pensasse in alcuni momenti: io decido, io stabilisco cosa significhi essere grande perché io posso farlo, tranne poi davanti agli ostacoli e alle difficoltà ricorrere al genitore con la stessa intensità che l ha sempre caratterizzato. Ma anche per noi adulti l autonomia rischia di essere la richiesta al bambino di dare delle adeguate prestazioni secondo le diverse età. Come se autonomia fosse il sinonimo di abilità e capacità. Anche questa è una visione parziale, come quella del bambino. Ma invece perché è importante l autonomia? Non per definire cosa dovrebbe fare il bambino, ma perché indica la relazione che il bambino ha con la realtà e con se stesso ed indica autostima, sensazione di potercela fare in una dimensione meno protetta e più imprenditiva. L autonomia è la spinta del bambino a crescere (tanto è vero che si manifesta nel desiderio del bambino di dire che ce la fa da solo, ed è una spinta positiva) ed avviene in modo sano se il bambino entra in relazione con la realtà, e questo è possibile se il bambino percepisce di avere la capacità, gli strumenti per potersi mettere in relazione con questa. Ripeto l autonomia si può manifestare con il desiderio di fare da solo, ma è la capacità di individuare degli obiettivi, di effettuare scelte in base a dei criteri che sono individuati come buoni per la propria vita. Ma per questo occorrono due condizioni: la capacità progressiva di fare i conti con la realtà percepita in modo oggettivo e non plasmabile secondo i desideri del bambino (quindi una realtà che è vicina perché è significativa, perché è conoscibile, ma non perché gli ostacoli sono tolti) e la conoscenza di sé, la percezione di sé positiva, capace di misurarsi con le cose senza esserne soverchiato. La relazione con la realtà è fondamentale per la crescita sana del bambino che egli, anche grazie alla scuola, riesce a percepire in modo sempre più analitico e differenziato (provate a pensare i diversi aspetti che la scuola offre per conoscere la realtà). Il contrario dell autonomia non è la dipendenza ma la ritrosia che indica invece un passo indietro dalla realtà, un non voler entrare in relazione con essa. Allora essere autonomi è da un lato avere la conoscenza della realtà, dall altro la conoscenza di sé, questo consente un elemento importantissimo dell autonomia: la capacità progettuale. La capacità di fare dei piccoli progetti è proprio espressione dell autonomia, il progetto è la modalità di relazione con la realtà nella quale i miei vincoli o i vincoli in essa vengono assunti

Un altro elemento importante dell autonomia è la capacità di organizzarsi (organizzare vuol dire conoscersi e conoscere la realtà, l'importanza delle cose contenute in essa, per poter essere autonomi non bisogna essere sganciati da, al contrario, bisogna essere agganciati) Allora da questo punto di vista l autonomia è una delle finalità dell educazione, anzi la finalità naturale dell educazione che presuppone la nostra capacità anche di guardare via via da lontano.. Certo che con il suo comportamento, con la sua relazione con noi e con la realtà, il bambino si fa e ci fa delle domande intorno al suo valore, alle proprie capacità, teme che cogliere i suoi limiti sia la negazione del suo valore e della sua potenza. E importante che il bambino si percepisca adeguato a quanto la realtà gli pone davanti (attenzione adeguato, cioè sufficientemente in grado, non perfetto e capace) perché questo l aiuta a sostenere la fatica del crescere dandogli il piacere. Ricordiamoci poi che il desiderio di cavarsela da solo nel bambino fa da specchio spesso con la paura di non riuscire, di non farcela, di non essere adeguato e quindi il significato educativo dell autosufficienza sta proprio nel consentire al bambino l importante esperienza di sperimentare di riuscire, di farcela, di tenere davanti a quanto la realtà mi mette davanti. Dobbiamo chiarirci cosa sia autonomia perché aiuta allora a chiarire che un aiuto che può provenire da noi sta proprio nel chiedere al bambino di esercitarsi (attenzione non vuol dire essere capace, vuol dire provare) nello scegliere, nell organizzarsi, nel tenere nelle cose, perché questi richiedono dei criteri nell approccio alla realtà che se adesso sono embrionali però sono alla radice dell autonomia. Tutto sembrerebbe semplice se non ci fossero due aspetti a complicare il quadro che ho descritto: l atteggiamento del bambino e quello dell adulto. L atteggiamento del bambino l ho già descritto, tende ad interpretare da solo (quando lo lasciamo solo) cosa significhi per lui diventare grande. Il punto è non lasciare il bambino da solo nell interpretazione di cosa significhi essere grande, né possiamo inculcargli l idea che essere grande sia solo un perderci e un sacrificio. Allora dobbiamo aiutarlo, valorizzandolo nella capacità di autonomia e di autosufficienza che esprime nelle cose che gli piacciono (il punto è sempre partire da quello che il bambino investe per poi allargare il suo investimento) per allargare le sue idee di essere grande. Il problema è sostenerlo in questo cammino essendogli vicini nelle fatiche e nelle debolezze esprimendo la stima per il suo pensiero e per la sua persona. Questo rende possibile per il bambino la possibilità di entrare in contatto con l idea della fatica che deve avere un senso. Questo nel bambino è possibile molto spesso a ritroso perché la sua affettività è ancora molto istintiva si ribella alla fatica, è come quando uno va in montagna e quando è arrivato alla meta, magari solo in quel momento, si rende conto che ne valeva proprio la pena. Quindi il

senso non c è prima ma anche dopo, e lo sostiene la consuetudine di un esperienza positiva in tal senso. Con il suo comportamento, con la sua relazione con noi e con la realtà, il bambino si fa e ci fa delle domande intorno al suo valore, alle proprie capacità, teme che cogliere i suoi limiti sia la negazione del suo valore e della sua potenza come abbiamo visto l altra volta. E importante che il bambino si percepisca adeguato a quanto la realtà gli pone davanti (attenzione adeguato, cioè sufficientemente in grado, non perfetto e capace) perché questo l aiuta a sostenere la fatica del crescere dandogli il piacere, è importante che si senta stimato, guardato e ascoltato.. Atteggiamento dell adulto - il problema che noto oggi è che nell adulto permane un po la modalità i relazione che si aveva quando il bambino era piccolo. E presente un immagine del bambino piccolo, fragile, di un adulto che è buono se sostiene ed è vicino, questo cozza con l idea di alimentare l autonomia perché questa in qualche modo rimanda l idea della distanza. Questo facilita una modalità che va nella direzione della sostituzione che però mantiene il bambino piccolo, con una idea della dipendenza non come guida ma come sostituzione, secondo alla lunga dà al bambino un idea di non essere capace. Il bambino per crescere ha bisogno della distanza, che non è una distanza affettiva ma è lo spazio per poter fare personalmente delle esperienze. Allora questo può chiarirci che aiutare il bambino nella sua fatica e piacere nel diventare grandi passa attraverso l autonomia intesa come capacità di avere iniziative nei confronti della realtà, di provare piacere nel verificare che questo è per lui utile, perché lo rende adeguato a quanto la realtà gli chiede ed è un piacere nel vedere che è accompagnato da noi non come sostitutivi ma come coloro che danno dei criteri, dei metodi, dei significati per affrontare la realtà. Rispetto all autonomia il nostro compito è quello di valorizzarlo ai suoi occhi (è un modo per farlo conoscere a sé), evidenziando la stima che prova per lui e la fiducia nelle sue intenzioni, concedendo spazio e tempo per la crescita della sua autonomia, intesa come necessità di diventare grande, per sperimentarsi e mettersi alla prova, mettendosi in relazione con la realtà senza troppi filtri. Relazionarsi con questi obiettivi con il bambino significa, allora, non concedergli di interpretare da solo cosa significhi essere grande, altrimenti non è autonomia ma solitudine.