22 febbraio 2016 a cura del Settore Ricerca e Informativa Finanziaria
Nella settimana appena passata i maggiori indici azionari hanno vissuto una fase di recupero, con performance settimanali decisamente in territorio positivo che contribuiscono ad alleviare le pesanti perdite da inizio anno. La buona performance settimanale di tutte le assets rischiose è stata accompagnata da un declino dei rendimenti obbligazionari, con il bund decennale sotto lo 0,2%. Nel frattempo, la fase di rilascio degli utili del quarto trimestre 2015 negli USA è quasi terminata con un calo degli utili per le società dello S&P500 di quasi il 3%. Da tenere presente però che, escludendo i settori più martoriati (energia e finanziari), gli utili sarebbero stati in crescita. In Europa, ci troviamo circa a metà della stagione e i risultati non sono stati sinora particolarmente entusiasmanti, un fattore aggiuntivo che ha indotto gli analisti a rivedere al ribasso le stime sulla crescita degli utili, che si trovano ad un livello superiore solo a quello registrato durante il 2009. Durante la settimana il flusso di notizie è stato relativamente leggero e questo ha permesso agli investitori di concentrare l'attenzione sui fattori che vengono percepiti come i fattori chiave per i prossimi mesi. In particolare gli elementi che continuano ad attrarre l'attenzione degli investitori e che passiamo in rassegna in questo settimanale sono: le conseguenze sull'economia dell'andamento dei mercati finanziari, la dinamica del prezzo del petrolio e le possibili azioni della BCE nel prossimo meeting del 10 marzo. 2 Partendo dal primo, è indubbio che un tema importante che cattura l'attenzione della comunità degli investitori è se e in quale misura le turbolenze sui mercati finanziari possono incidere sull'andamento dell'economia reale. In linea di principio, movimenti avversi di grossa entità e durata persistente possono ripercuotersi sulle variabili macroeconomiche attraverso effetti negativi sulla ricchezza, aumento del costo di finanziamento per le banche e per le imprese e più in generale la creazione di una clima di instabilità. Come è noto, le previsioni dei principali istituti internazionali (FMI, OCSE, etc) e delle banche d'investimento reagiscono con un certo ritardo agli eventi e rischiano di sancire i punti di svolta ciclici solo una volta che questi sono alle nostre spalle. In settimana l'ocse ha aggiornato le sue previsioni nel suo rapporto Interim Economic Outlook. Rispetto alle previsioni formulate nel novembre 2015, le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso quasi in tutte le aree. Per
quanto riguarda l'area euro, le previsioni per il 2016 sono di una crescita dell 1,4% mentre la crescita dell'italia è vista all'1%. Entrambe i numeri si pongono quasi mezzo punto percentuale (- 0,4%) al di sotto delle previsioni formulate a novembre 2015. Al di là dei numeri, particolarmente interessanti paiono le raccomandazioni di politica economica dell'ocse, che prevedono un mantenimento dell'attuale impostazione espansiva di politica monetaria (nessuna sorpresa qui) ma aggiungono il suggerimento di riattivare la leva della politica fiscale, approfittando del basso livello dei tassi d'interesse a cui i governi si possono indebitare per spingere sugli investimenti. Più in linea con la tradizione, il richiamo alle riforme strutturali. Sotto questa luce appaiono particolarmente interessanti gli indicatori di fiducia riguardanti il mese di febbraio in uscita nel corso della mattinata di oggi. L indice PMI composito (indice che misura il grado di fiducia dei direttori degli acquisti sia nella manifattura che nei servizi) è risultato in calo rispetto ai livelli di gennaio sia in Germania che in Francia. Mentre per quanto riguarda la Germania l indicatore si pone ancora ben al di sopra del livello di 50, per la Francia l indice è calato marginalmente sotto questo livello, fatto che dovrebbe indicare una leggera contrazione del livello di attività economica. Per l'area euro l indice è risultato pari a 52,7 da 53,6 di gennaio e dal 54,3 di dicembre. Nel corso della settimana saranno rilasciati altri indicatori di fiducia che aiuteranno a valutare meglio lo stato del clima economico nell area euro. 3 Passando al secondo fattore, il prezzo del petrolio è rimasto ostaggio di due forze. Da un lato le speranze di un taglio alla produzione che non si è materializzato (i paesi produttori hanno deciso di mantenere la produzione ad un livello simile a quello di gennaio). Dall altro i dati sulle scorte USA, che hanno evidenziato un livello ancora elevato. Un numero è probabilmente sufficiente a rappresentare la situazione: le scorte di greggio in USA sono al livello più elevato da 86 anni. Il risultato finale è stato un prezzo del petrolio che è rimasto soggetto al lento aggiustamento nello sbilanciamento tra domanda e offerta, oscillando in settimana tra i 29 ed i 32 USD/barile e chiudendo attorno ai 30 USD/barile (future WTI) Per quanto riguarda la BCE, la banca centrale rende regolarmente note le minute circa un mese dopo i meeting del Governing Council. La scorsa settimana le minute del meeting del 21 gennaio
sono state rilasciate ed il contenuto ha rafforzato le aspettative del mercato sul prossimo meeting del 10 marzo, a valle del quale ci si aspetta che verranno rese note importanti innovazioni sul fronte delle misure non-convenzionali. Esiste un dibattito abbastanza acceso su vantaggi e svantaggi dello strumento dei tassi negativi. Da un lato questo strumento contribuisce a mantenere tutta la struttura dei tassi schiacciata verso il basso, con benefici per la spesa per interessi dei debitori sovrani dell area euro e per i tassi sui prestiti bancari. Inoltre, ed astraendo da altre variabili, i tassi negativi spingono il tasso di cambio dell euro verso il basso. Sull altro piatto della bilancia i tassi negativi comprimono la capacità di produrre utili del sistema bancario, che si trova in questo momento in una situazione di grave difficoltà. Ultimamente sono emerse varie dichiarazioni che inducono a pensare che la BCE stia diventando più sensibile a quest ultimo argomento. Sembra quindi probabile che nel mix tra tagli al deposit rate e quantitative easing, che costituiscono gli strumenti principali nell arsenale della BCE, sia privilegiato il secondo nelle prossime mosse. In aggiunta a questi fattori, durante il fine settimana il primo ministro inglese Cameron ha annunciato che il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell Unione Europea si terrà il 23 giugno. In questi quattro mesi, il tema, ed in particolare le eventuali ripercussioni di una possibile uscita dall UE, è destinato a diventare una delle principali preoccupazioni della comunità degli investitori. Per ora basti sottolineare che l andamento dei sondaggi negli ultimi anni ha mostrato una chiara relazione con l andamento dell economia. Ad esempio, nel 2012, durante la crisi del debito sovrano dell area euro, i sondaggi davano gli out (fuori dall UE) in netto vantaggio, mentre al momento l esito sembra essere bilanciato, con risultati misti negli ultimi sondaggi rilasciati. 4
Performance maggiori mercati azionari, settimana da 12 a 19 febbraio 5
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