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INSEGNAMENTO DI DIRITTO BANCARIO LEZIONE V GLI ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO PROF. RENATO SANTAGATA

Indice 1 Caratteri generali ------------------------------------------------------------------------------------------ 3 2 I fondi comuni di investimento. Struttura. Tipologia. --------------------------------------------- 5 3 Istituzione del fondo. Partecipanti. -------------------------------------------------------------------- 8 4 Natura del fondo. Gestione. Controlli. -------------------------------------------------------------- 10 5 I fondi pensione. ------------------------------------------------------------------------------------------ 13 6 Le società di investimento a capitale variabile. ---------------------------------------------------- 15 2 di 18

1 Caratteri generali Gli organismi di investimento collettivo sono organismi con diversa forma giuridica che investono in strumenti finanziari (ad esempio, azioni o obbligazioni) o in altre attività il danaro raccolto fra il pubblico dei risparmiatori operando secondo criteri di gestione fondati sul principio della ripartizione dei rischi. Con la gestione in monte, essi offrono ai risparmiatori uno strumento alternativo di investimento più sicuro e conveniente rispetto all'investimento diretto, spesso scoraggiato dalla mancanza di conoscenze tecniche e dal rischio elevato. Consentono infatti una gestione di massa affidata ad investitori professionali e perciò più redditizia del risparmio raccolto; consentono inoltre di attenuare i rischi dell'investimento azionario attraverso un'opportuna composizione e diversificazione del portafoglio titoli. Consentono infine un pronto disinvestimento se l'organismo collettivo è di tipo aperto; permettono cioè di ottenere in ogni momento il rimborso del capitale. Indirettamente si raggiunge così anche lo scopo di incoraggiare l'investimento azionario da parte dei piccoli risparmiatori non propensi a correre eccessivi rischi. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) possono assumere nel nostro ordinamento due diverse forme giuridiche: fondi comuni di investimento e società di investimento a capitale variabile (Sicav). In entrambe le configurazioni è presente una società per azioni che ha per oggetto l'investimento collettivo del risparmio raccolto secondo il principio della ripartizione dei rischi. Nettamente diverso è però il rapporto che si instaura fra tale società e la massa degli investitori. Nei fondi comuni gli investitori (partecipanti al fondo) non diventano soci della società (società di gestione) che provvede all'investimento collettivo. Le somme versate dagli investitori e le attività in cui le stesse sono investite costituiscono infatti un patrimonio autonomo (il fondo comune) da quello della società di gestione che lo amministra. Gli investitori ricevono come corrispettivo delle somme versate quote di partecipazione al fondo e non azioni della società di gestione. I fondi comuni di investimento possono essere di tipo aperto o di tipo chiuso. Nei primi i partecipanti possono ottenere in ogni momento il rimborso delle quote di partecipazione. Nei secondi invece il diritto di rimborso è riconosciuto solo a scadenze predeterminate. Le società di investimento a capitale variabile (Sicav) sono invece organismi di investimento collettivo in forma di società per azioni nei quali l'investimento da parte dei 3 di 18

risparmiatori avviene attraverso la sottoscrizione delle azioni emesse da tale società. Non si costituisce quindi un patrimonio separato ed è lo stesso patrimonio della società, di cui gli investitori sono soci, ad essere investito in strumenti finanziari o altri beni. La società è tuttavia assoggettata ad una disciplina speciale per consentirle di realizzare la funzione propria di un organismo di investimento collettivo di tipo aperto. In particolare, la variabilità del capitale sociale consente agli azionisti di recedere in ogni momento senza che occorra deliberare la riduzione del capitale. In Italia, una prima disciplina degli organismi di investimento collettivo si è avuta nel 1983 con l'istituzione dei fondi comuni di investimento mobiliare di tipo aperto (legge 77/1983, modificata dal d.lgs. 83/1992, emanato in attuazione delle direttive Cee, 20-12-1985, n. 611 e 22-3- 1988, n. 20). Successivamente sono state introdotte le società di investimento a capitale variabile (d.lgs. 84/1992). La famiglia dei fondi comuni di investimento si è poi arricchita di ulteriori figure: fondi comuni di investimento mobiliare di tipo chiuso (legge 344/1993); fondi comuni di investimento immobiliare chiusi (legge 86/1994); fondi pensione (d.lgs. 21-4-1993, n. 124, ora sostituito dal d.lgs. 5-12-2005, n. 252). Eccezion fatta per i fondi pensione, l'intera materia è poi confluita, con significative modifiche, nel Tuf del 1998 (artt. 34-50). L'attuale disciplina riserva alle società di gestione del risparmio (Sgr) ed alle Sicav la prestazione del servizio di «gestione collettiva del risparmio». Tale è il servizio che si realizza attraverso lo svolgimento anche di una sola delle seguenti attività: 1) la promozione, istituzione ed organizzazione di fondi comuni di investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti; 2) la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento o di Sicav, di propria o di altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili (art. 1, 1 comma, lett. n, Tuf). Quanto poi alla disciplina dei fondi comuni di investimento, il Tuf, innovando rispetto al passato, si limita a fissare i punti fondamentali della disciplina base comune a tutti i fondi (artt. 34-40). Rinvia invece alla normativa regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione di una serie di ulteriori profili normativi (art. 37), ivi compresa l'individuazione della tipologia dei fondi consentiti e della relativa disciplina specifica, in modo da consentire un più agevole adeguamento all'evoluzione dei mercati finanziari. 4 di 18

2 I fondi comuni di investimento. Struttura. Tipologia. La legge delinea per i fondi comuni di investimento una complessa struttura organizzativa, ispirata dalla finalità di tutelare i risparmiatori che optano per tale forma di investimento collettivo. I profili fondamentali possono essere così fissati: il fondo comune di investimento è un fondo istituito e gestito nell'interesse dei partecipanti da società specializzate in tale attività e dotate di specifici requisiti (società di gestione del risparmio); il fondo comune è un patrimonio autonomo di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; le somme versate dai partecipanti sono investite dalla società di gestione in strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili, secondo quanto specificato da un apposito regolamento del fondo; gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide sono custoditi presso una banca (banca depositaria), che provvede anche ad eseguire le operazioni decise dalla società di gestione; le quote di partecipazione al fondo sono tutte di uguale valore e attribuiscono uguali diritti; la gestione del fondo è sottoposta ad una serie articolata di controlli affidati a soggetti diversi: banca depositaria, società di revisione, Banca d'italia e Consob. L'attuale disciplina rimette invece integralmente alla normativa regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze (d.m. Tesoro 24-5- 1999, n. 228) e della Banca d'italia (Provvedimento del 14-4-2005) l'individuazione dei tipi di fondi consentiti. Al riguardo la distinzione di base è quella fra fondi aperti e fondi chiusi. Nei fondi aperti, che sono i più diffusi, gli investitori possono sottoscrivere in ogni momento quote del fondo, il cui ammontare non è perciò predeterminato al momento della sua istituzione. Nel contempo, i partecipanti hanno diritto di chiedere, in ogni momento, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo (art. 1, 1 comma, lett. k, Tuf). 5 di 18

Per far fronte alle continue richieste di rimborso, il patrimonio dei fondi aperti può essere investito esclusivamente in strumenti finanziari quotati e non quotati e in depositi bancari di denaro (c.d. fondi mobiliari), col rispetto dei limiti e dei criteri fissati dalla Banca d'italia. I fondi aperti sono poi distinti in fondi armonizzati e fondi non armonizzati (artt. 8 e 9 d.m. 228/1999). Il patrimonio dei fondi aperti armonizzati è investito esclusivamente in strumenti finanziari previsti dalle direttive comunitarie in materia e con l'osservanza dei criteri e dei limiti stabiliti in attuazione delle stesse. Le loro quote possono essere perciò commercializzate nel territorio dell'unione europea in regime di mutuo riconoscimento. I fondi aperti non armonizzati sono quelli che non si conformano alle direttive comunitarie in materia, restando assoggettati solo alla più permissiva normativa regolamentare nazionale. Non possono perciò godere del mutuo riconoscimento. Per le esigenze di liquidità che li caratterizzano i fondi aperti non consentono di convogliare il risparmio verso l'investimento in imprese societarie non quotate i cui titoli (azioni e obbligazioni) non sono di pronto e facile realizzo, né verso l'investimento in immobili. Anche perché si tratta di investimenti che per essere redditizi richiedono un immobilizzo delle somme impiegate per un periodo di tempo più o meno lungo. Da qui l'origine dei fondi di investimento chiusi, che si caratterizzano per il fatto che i partecipanti non hanno la libertà di entrata e di uscita propria dei fondi aperti. L'ammontare del fondo è infatti predeterminato al momento della sua istituzione e deve essere raccolto mediante una o più emissioni di quote di partecipazione che devono essere sottoscritte entro il termine massimo di diciotto mesi (art. 14 d.m.). Nel contempo, il diritto di rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate. I fondi chiusi non possono comunque avere durata superiore a trenta anni (art. 6, 2 comma, d.m.). È obbligatorio adottare la forma del fondo chiuso quando il patrimonio è investito in: a) beni immobili o diritti reali immobiliari; b) crediti e titoli rappresentativi di crediti; c) altri beni, diversi dai precedenti e dagli strumenti finanziari, per i quali tuttavia esiste un mercato ed abbiano un valore determinabile con certezza, con periodicità almeno semestrale. La forma del fondo chiuso è inoltre obbligatoria quando il patrimonio è investito in misura superiore al 10% in strumenti finanziari non quotati diversi da quote di altri organismi di investimento collettivo (art. 12, 1 comma, d.m.). 6 di 18

Si tratta in definitiva di uno strumento di investimento che, per i lunghi tempi di realizzo e per gli elevati rischi, appare poco adatto ai piccoli risparmiatori, sicché dovrebbero essere soprattutto gli investitori istituzionali a partecipare a questo tipo di fondi. Ma l'istituto ha avuto fin qui limitato successo. La normativa regolamentare prevede infine tre particolari categorie di fondi aperti o chiusi: i fondi riservati, i fondi speculativi e i fondi garantiti. I fondi riservati sono fondi ai quali possono partecipare solo «investitori qualificati», quali individuati dalla stessa normativa regolamentare (art. 1,1 comma, lett. h, d.m.). La particolare esperienza che caratterizza gli investitori consente di prevedere per tali fondi criteri di gestione che si discostano dalle regole prudenziali fissate in via generale dalla Banca d'italia, fermo restando però che i beni oggetto dell'investimento possono essere solo quelli previsti per la generalità dei fondi (art. 15 d.m.). Anche quest'ultima limitazione cade invece nei fondi speculativi (art. 16 d.m.). Risulta così ulteriormente accentuata la rischiosità del relativo investimento. Perciò, tali fondi, a differenza di quelli riservati, non possono essere oggetto di offerta pubblica (ma non sono riservati a investitori qualificati); non possono avere più di duecento partecipanti; l'ammontare minimo della sottoscrizione iniziale è particolarmente elevato (cinquecentomila euro). All'opposto, i fondi garantiti sono fondi che si attengono alle regole prudenziali di gestione fissate dalla Banca d'italia ed inoltre garantiscono la restituzione del capitale investito, e/o riconoscono un rendimento minimo, mediante la stipula di apposite convenzioni con una banca, un'assicurazione, imprese di investimento o intermediari finanziari soggetti a vigi- lanza prudenziale (art. 15-bis d.m.). Si tratta pertanto di fondi destinati ad investitori con bassa propensione al rischio, disposti a sopportare il costo della garanzia con una minore redditività dei propri investimenti. Tanto fissato in via generale, vediamo ora più in dettaglio la disciplina comune a tutti i fondi. 7 di 18

3 Istituzione del fondo. Partecipanti. L'iniziativa per l'istituzione dei fondi comuni di investimento è riservata alle società di gestione del risparmio (art. 33 Tuf). Tali società (Sgr) devono essere costituite in forma di società per azioni e sono assoggettate ad una disciplina speciale che sostanzialmente coincide con quella prevista per le società di intermediazione mobiliare. Le Sgr rispondenti ai requisiti fissati per legge (art. 34 Tuf), devono essere preventivamente autorizzate allo svolgimento dell'attività dalla Banca d'italia, sentita la Consob. Le società autorizzate sono iscritte in apposito albo tenuto dalla Banca d'italia (art. 35) e sottoposte alla vigilanza della stessa e della Consob. In base all'attuale disciplina le Sgr, oltre a promuovere e gestire fondi propri, possono anche: a) prestare il servizio di gestione di portafogli di investimento; b) prestare attività di consulenza in materia di investimenti; c) istituire e gestire fondi pensione; d) gestire, per delega, fondi comuni istituiti da altre società di gestione o patrimoni di Sicav (artt. 33, 2 comma, e 43, 7 comma, Tuf). È perciò oggi possibile che una Sgr si limiti ad istituire uno o più fondi e ad amministrare i rapporti con i partecipanti (c.d. società promotrice), delegando ad altra Sgr (c.d. gestore) l'attività di gestione. Per ogni fondo istituito la società promotrice deve contestualmente predisporre un apposito regolamento soggetto all'approvazione della Banca d'italia, al pari delle modificazioni dello stesso (art. 39 Tuf). Il regolamento determina le caratteristiche del fondo (ad esempio, aperto o chiuso) e ne disciplina il funzionamento. Indica inoltre la società promotrice, il gestore, se diverso dalla società promotrice, e la banca depositaria definendo la ripartizione dei compiti fra tali soggetti; regola inoltre i rapporti tra gli stessi e i partecipanti al fondo. In particolare, il regolamento, redatto osservando i criteri generali determinati dalla Banca d'italia sentita la Consob, deve stabilire: la denominazione e la durata del fondo; le modalità di partecipazione al fondo, i termini e le modalità dell'emissione e dell'estinzione dei certificati e della sottoscrizione e rimborso delle quote, nonché le modalità di liquidazione del fondo; 8 di 18

gli organi competenti per le scelte di investimento e i criteri di ripartizione degli investimenti medesimi (fondi azionari, fondi bilanciati, fondi obbligazionari, fondi monetari, ecc.); il tipo di beni, di strumenti finanziari e di altri valori in cui è possibile investire il patrimonio del fondo; i criteri di determinazione dei proventi e dei risultati della gestione, specificando in particolare se questi saranno integralmente reinvestiti nel fondo (fondi ad accumulazione) ovvero distribuiti in tutto o in parte; le spese a carico del fondo e quelle a carico della società di gestione; la misura e i criteri di determinazione delle provvigioni spettanti alla società di gestione e degli oneri a carico dei partecipanti; le modalità di pubblicazione del valore delle quote di partecipazione. Al fondo si partecipa con la sottoscrizione di una o più quote emesse dalla società di gestione, il cui valore deve essere integralmente versato. Le quote di partecipazione sono tutte di ugual valore ed attribuiscono uguali diritti. Sono rappresentate da certificati nominativi o al portatore a scelta dell'investitore (art. 36, 8 comma). La circolazione delle quote di partecipazione è tuttavia rara nei fondi di tipo aperto. I partecipanti possono infatti chiedere in ogni momento il rimborso delle quote al prezzo corrente, determinato dalla società di gestione con periodicità almeno settimanale e pubblicato sui giornali indicati nel regolamento del fondo. Il rimborso, salvo casi eccezionali, deve avvenire entro quindici giorni dalla richiesta, tramite la banca depositaria (art. 10 d.m. 228/1999). 13 Nei fondi chiusi invece, come anticipato, i partecipanti hanno diritto di richiedere il rimborso delle quote solo a scadenze predeterminate. Prima di tali scadenze possono perciò realizzare il valore delle quote solo alienandole. Tuttavia, per facilitare lo smobilizzo la società di gestione deve chiedere l'ammissione dei certificati di partecipazione alle negoziazioni di un mercato regolamentato, quando l'ammontare minimo della sottoscrizione è inferiore a venticinquemila euro (art. 5 d.m.). 9 di 18

4 Natura del fondo. Gestione. Controlli. Le somme versate dai partecipanti, i titoli, le altre attività con le stesse acquistate costituiscono il patrimonio del fondo comune. Patrimonio che il regolamento del fondo può anche articolare in comparti, in base alle caratteristiche dei beni nei quali dovranno essere investite le risorse finanziarie ed alle relative strategie di investimento. Per legge, «ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società». Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società gerente o della banca depositaria. I creditori dei singoli partecipanti a loro volta possono agire solo sulle quote di partecipazione dei medesimi (art. 36, 6 comma, Tuf)- Il fondo gode perciò di una piena e perfetta autonomia patrimoniale. Ma chi è il proprietario del patrimonio del fondo? Si è in presenza di un patrimonio senza soggetto? Di una comproprietà dei partecipanti, sia pure del tutto speciale dato che ad essi non è consentita alcuna ingerenza nella gestione? Proprietario è lo stesso fondo, che perciò va concepito come soggetto di diritto? O infine, si è in presenza di un patrimonio separato della società di gestione? La legge si asteneva e si astiene dal prendere posizione sul punto, ampiamente dibattuto in dottrina già prima dell'intervento legislativo. Detto che la soluzione prevalente è quella del patrimonio autonomo della società di gestione, è da dirsi anche che il rilievo pratico della disputa è oggi modesto. Infatti, le esigenze di tutela degli investitori sottese a tale dibattito trovano chiara risposta legislativa nel complesso delle disposizioni che regolano la gestione del fondo comune ed i relativi controlli. È così certo che la società di gestione (e solo essa) è per legge investita del potere di decidere tutti gli atti di amministrazione e di disposizione del patrimonio del fondo, senza alcuna possibilità di ingerenza da parte degli investitori. E altrettanto certo però che essa deve provvedere alla gestione nell'interesse dei partecipanti (art. 36, 4 comma). La società di gestione deve inoltre osservare le seguenti regole generali di comportamento: a) operare con diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei partecipanti al fondo e dell'integrità del mercato; b) organizzarsi in modo da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse anche tra i patrimoni gestiti e, in situazioni di conflitto, assicurare comunque agli stessi un equo trattamento; c) adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei partecipanti ai fondi, ed in 10 di 18

particolare disporre di risorse e procedure adeguate per assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi (art. 40, 1 comma, Tuf). La società di gestione inoltre esercita nell'interesse (esclusivo) dei partecipanti i diritti di voto inerenti gli strumenti finanziari di pertinenza dei fondi gestiti. Se il gestore è diverso dalla società promotrice, l'esercizio dei diritti di voto spetta al gestore, salvo patto contrario (art. 40, 2 e 3 comma). Infine e soprattutto, la società di gestione è tenuta ad osservare nelle operazioni di investimento una serie articolata di divieti e di limiti fissati dalla Banca d'italia al fine di assicurare il contenimento ed il frazionamento del rischio (Provv. 14-4-2005, capitolo III). Divieti e limiti in parte comuni a tutti i fondi e in parte diversamente articolati a seconda dell'oggetto dell'investimento e della natura aperta o chiusa del fondo. Sanzioni amministrative pecuniarie sono previste a carico degli amministratori che violano le relative disposizioni (art. 190 Tuf). Da esigenze di tutela degli investitori è ispirata anche la presenza di una banca depositaria (art. 38 Tuf), alla quale deve essere affidata la custodia degli strumenti finanziari e delle disponibilità liquide del fondo (art. 36, 2 comma). La banca depositaria funge anche da tramite necessario per l'esecuzione di tutte le operazioni disposte dalla società di gestione (acquisto e vendita dei titoli, emissione e rimborso dei certificati, ecc.). E così operata una divisione di compiti la società di gestione decide, la banca depositaria detiene i valori ed attua le decisioni della prima che consente di prevenire possibili abusi. La banca depositaria è infatti tenuta ad accertare che le operazioni disposte dalla società di gestione siano conformi alla legge, al regolamento ed alle prescrizioni degli organi di vigilanza e, in caso di violazione, può rifiutarsi di eseguire le istruzioni della società di gestione. Accerta inoltre la legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo, il calcolo del loro valore (o provvede essa stessa per delega al calcolo) e la destinazione dei redditi del fondo. Accerta infine che nelle operazioni relative al fondo la controprestazione sia ad essa rimessa nei termini d'uso (art. 38, 1 comma). Nell'esercizio delle proprie funzioni deve agire in modo indipendente e nell'interesse dei partecipanti. Le cautele non si fermano però qui. Per garantire la trasparenza dell'attività del fondo, la società di gestione deve redigere particolari scritture contabili del fondo: libro giornale del fondo, rendiconto annuale della gestione del fondo, relazione semestrale, prospetto del valore unitario delle quote di partecipazione e del 11 di 18

valore complessivo dei fondi aperti con periodicità almeno pari all'emissione o rimborso delle quote (art. 2 d.m. 228/1999). La contabilità della società di gestione e quella del fondo comune sono soggette a revisione contabile obbligatoria. La società di revisione deve rilasciare distinti giudizi per il bilancio della società di gestione e per il rendiconto del fondo comune (art. 9 Tuf). La società di gestione è infine sottoposta al controllo della Banca d'italia e della Consob (art. 5 Tuf). La prima è investita di ampi poteri regolamentari e di vigilanza per assicurare la regolarità della gestione e la stabilità patrimoniale del fondo. In particolare, sentita la Consob, fissa le norme prudenziali di contenimento e di frazionamento del rischio (art. 6). La Consob è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti nei confronti degli investitori. La società promotrice ed il gestore assumono solidalmente verso i partecipanti gli obblighi e le responsabilità del mandatario (art. 36, 5 comma, Tuf). Ciascun partecipante, nei limiti del proprio interesse, può perciò ottenere il risarcimento dei danni arrecati al fondo comune per mala gestio1. Inoltre, anche la banca depositaria è responsabile nei confronti della società di gestione e dei partecipanti al fondo per ogni pregiudizio da essi subito in conseguenza dell'inadempimento dei propri obblighi (art. 38, 2 comma, Tuf). 12 di 18

5 I fondi pensione. I fondi pensione costituiscono forme di previdenza complementare collettiva di natura privata introdotte dal d.lgs. 21-4-1993, n. 124 e ora disciplinate dal d.lgs. 5-12-2005, n. 252, per l'erogazione ai lavoratori e liberi professionisti di trattamenti pensionistici integrativi di quelli corrisposti dal sistema obbligatorio pubblico. La loro costituzione può essere prevista dagli accordi collettivi di lavoro, da accordi fra lavoratori autonomi o dai regolamenti di enti o imprese, che individuano anche le categorie di lavoratori alle quali è riservata la partecipazione (fondi chiusi). I fondi pensione chiusi possono essere costituiti sotto forma di associazione riconosciuta o non riconosciuta (fondi esterni), ovvero come patrimonio di destinazione separato dell'ente che lo istituisce (fondi interni). L'esercizio dell'attività dei fondi pensione deve essere autorizzata da un'apposita commissione di vigilanza (Covip). I fondi autorizzati sono iscritti in un albo tenuto dalla medesima autorità (art. 19 d.lgs. 252/2005). I fondi pensione sono finanziati con contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori che vi aderiscono. Con la riforma del 2005, i lavoratori dipendenti (per ora solo quelli privati) possono conferirvi anche il trattamento di fine rapporto (TFR); e per agevolare lo sviluppo di questa forma di previdenza complementare opera un meccanismo di silenzio-assenso in tal senso (art. 8, 7 comma, d.lgs. 252/2005). Il loro patrimonio è investito in valori mobiliari o altre attività finanziarie rispettando i criteri di ripartizione dei rischi fissati dalla legge e dal Ministro dell'economia e delle finanze (art. 6). Il fondo può però procedere direttamente solo alla sottoscrizione o all'acquisto di partecipazioni in società immobiliari e di quote di fondi comuni di investimento chiusi. La gestione degli altri investimenti deve essere invece affidata a intermediari specializzati (Sim, banche, Sgr, imprese di assicurazione), attraverso la stipula di apposite convenzioni con le quali sono fissati i criteri generali di gestione del fondo pensione. Salvo diverso accordo, possibile solo quando il gestore garantisce la re- stituzione del capitale, i fondi pensione rimangono titolari dei valori e delle disponibilità conferiti in gestione, che in ogni caso costituiscono patrimonio separato ed autonomo da quello del gestore. Le risorse dei fondi affidate in gestione devono essere depositate presso una banca distinta dal gestore, che provvede ad eseguire le istruzioni impartite da quest'ultimo (art. 7). 13 di 18

I soggetti abilitati alla gestione di un fondo pensione possono essere autorizzati a costituire appositi fondi aperti, ai quali possono aderire tutti i lavoratori, compresi quelli appartenenti a categorie per le quali sono stati istituiti fondi pensione chiusi (art. 12). Ai fondi pensione costituiti in forma di associazione si applica la disciplina dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa prevista per le banche, con esclusione del fallimento. Se la società o l'ente che ha costituito un fondo interno sono sottoposti a procedura concorsuale o cessa l'attività, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale nomina un commissario straordinario incaricato dello scioglimento e della liquidazione del fondo (art. 15). I lavoratori possono optare per l'adesione ad un fondo aperto. 14 di 18

6 Le società di investimento a capitale variabile. Le società di investimento a capitale variabile (Sicav), introdotte dal d.lgs. 84/1992 ed oggi disciplinate dal Tuf (artt. 43-50), sono società per azioni che hanno per oggetto esclusivo l'investimento collettivo in strumenti finanziari del patrimonio raccolto mediante l'offerta al pubblico di proprie azioni. L'attività svolta da tali società coincide con quella dei fondi comuni di investimento aperti. Diversa però è la struttura giuridica. Agli investitori sono infatti offerte azioni della stessa società e non certificati di partecipazione ad un fondo costituente patrimonio separato da quello della società. Gli investitori diventano perciò azionisti della Sicav e le somme dagli stessi versate entrano a far parte del patrimonio della società aumentandone il capitale sociale. Nel contempo, il disinvestimento, possibile in ogni momento, avviene mediante recesso dalla società, con conseguente rimborso del valore delle azioni e riduzione del capitale. La Sicav si differenzia perciò da una comune società per azioni per il fatto che è una società a capitale variabile: è possibile l'ingresso e l'uscita dei soci senza che le corrispondenti variazioni del capitale sociale comportino una modifica dell'atto costitutivo. Per questo motivo ed anche per realizzare una tutela degli investitori equivalente a quella prevista per i fondi comuni, le Sicav sono assoggettate ad una disciplina speciale che in più punti deroga a quella di diritto comune della società per azioni. La costituzione delle Sicav deve essere preventivamente autorizzata dalla Banca d'italia, sentita la Consob (art. 43, Io comma). Ai fini dell'autorizzazione è, fra l'altro, richiesto un capitale sociale iniziale non inferiore a quello stabilito in via generale dalla Banca d'italia (allo stato, un milione di euro). Le Sicav autorizzate sono iscritte in un apposito albo tenuto dalla Banca d'italia (art. 44). Il capitale sociale iniziale deve essere interamente versato dai soci fondatori all'atto della costituzione. Non sono ammessi conferimenti in natura. Non è consentita la costituzione per pubblica sottoscrizione, in modo da precludere l'offerta al pubblico delle azioni prima dell'autorizzazione. Lo statuto delle Sicav deve contenere indicazioni sui criteri di svolgimento dell'attività di investimento analoghe a quelle previste per il regolamento dei fondi comuni. La Banca d'italia ne attesta la conformità alle prescrizioni di legge e di regolamento ed ai criteri generali dalla stessa 15 di 18

fissati (art. 43, 3 comma). Di conseguenza, le modifiche dello statuto devono essere preventivamente approvate dalla stessa Banca d'italia (art. 47). Anche le Sicav sono tenute a designare la banca presso la quale devono essere depositati gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide della società; banca alla quale è estesa la disciplina prevista per la banca depositaria nei fondi comuni (art. 50). Come anticipato, le Sicav sono caratterizzate dalla variabilità del capitale sociale. Infatti, il capitale di una Sicav è sempre uguale al patrimonio netto detenuto dalla società, valutato secondo i criteri fissati dalla Banca d'italia. Non si applica perciò alle Sicav la disciplina di diritto comune delle società per azioni in tema di aumento e di riduzione del capitale sociale (art. 45, I e 2 comma). L'aumento del capitale, conseguente all'ingresso di nuovi soci, avviene in via continuativa con l'emissione di nuove azioni; emissione che, al pari del rimborso, deve avvenire con la periodicità indicata nello statuto. Il prezzo di emissione è sempre pari alla frazione del patrimonio netto che esse rappresentano. Le azioni devono essere integralmente liberate al momento dell'emissione (art. 45, 3 comma). Il capitale delle Sicav si riduce per l'esercizio da parte dei soci del diritto di rimborso delle azioni. Ai soci che recedono è rimborsato il valore reale delle azioni, determinato con periodicità indicata nello statuto e secondo i metodi fissati dalla Banca d'italia. Qualora, per la prevalenza dei rimborsi sulle nuove emissioni o per perdite patrimoniali, il capitale si riduce al di sotto del minimo fissato dalla Banca d'italia e permane tale per un periodo di sessanta giorni, la società è messa in liquidazione (art. 48, Io comma). Una disciplina speciale è dettata anche per le azioni delle Sicav (art. 45, 4 comma). Per incentivare l'investimento da parte dei risparmiatori, le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta del sottoscrittore. Le azioni nominative e al portatore si differenziano però non solo per la legge di circolazione, ma anche per la misura del diritto di voto che attribuiscono. Infatti, mentre per le azioni nominative vale la regola di diritto comune (ogni azione attribuisce un voto), le azioni al portatore attribuiscono un solo voto per ogni socio, indipendentemente dal numero di azioni di tale categoria possedute. E possibile convertire in ogni momento azioni di una categoria in azioni dell'altra, mutando così il proprio peso in seno alle assemblee della società. 16 di 18

Per i titolari di azioni nominative sono previsti specifici obblighi di trasparenza delle partecipazioni rilevanti (art. 15 Tuf). Inoltre, solo per le azioni nominative lo statuto può prevedere limiti all'emissione e particolari vincoli di trasferibilità (art. 45, 6 comma). Lo statuto può inoltre prevedere l'esistenza di più comparti di investimento, per ognuno dei quali può essere emessa una particolare categoria di azioni. Ciascun comparto costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti da quello degli altri comparti (art. 43, 8 comma). Non possono essere emesse (altre) categorie speciali di azioni. La Sicav non può acquistare o detenere proprie azioni, né può emettere obbligazioni (art. 45, 8 comma). La presenza nelle Sicav di una massa mutevole di soci scarsamente propensi a partecipare alle assemblee, la sopra esposta differenza fra azioni nominative e azioni al portatore quanto al diritto di voto e la reciproca convertibilità delle stesse, hanno poi ispirato l'introduzione di una specifica disciplina, anche per le assemblee delle Sicav (art. 46 Tuf): sono soppressi i quorum costitutivi dell'assemblea ordinaria (di prima convocazione) e dell'assemblea straordinaria di seconda convocazione, con la conseguenza che le stesse sono regolarmente costituite e possono deliberare quale che sia la parte del capitale sociale intervenuto; il voto può essere esercitato per corrispondenza se lo statuto lo consente. Costituendo le Sicav organismi di investimento collettivo a struttura aperta, la gestione del loro patrimonio è assoggettata ad una disciplina identica a quella dettata per i fondi aperti (art. 11 d.m. 228/1999). In particolare, al pari dei fondi aperti le Sicav non possono investire il loro patrimonio in beni immobili e diritti reali immobiliari, in crediti e titoli rappresentativi di crediti. Trovano inoltre integrale applicazione i divieti e i limiti fissati per i fondi aperti dalle norme prudenziali della Banca d'italia in tema di contenimento e frazionamento del rischio. Le Sicav possono anche delegare la gestione del proprio patrimonio ad una società di gestione del risparmio (art. 43, 7 comma). E così introdotta un'ulteriore significativa deroga alla disciplina di diritto comune della società per azioni, che non consente la delega esclusiva ad estranei dei poteri di gestione della società. Si applicano alle Sicav i controlli contabili e le norme di vigilanza stabiliti per i fondi comuni. Una Sicav non può trasformarsi in una ordinaria società, ma solo in una Sgr; con la conseguenza che sarà possibile solo la fusione con altre Sicav o Sgr e la scissione a favore di Sicav o Sgr (art. 49, modificato dal d.lgs. 164/2007). 17 di 18

Le Sicav in crisi sono soggette ad amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento (artt. 56-58). 18 di 18