Indice 1.1 STRUMENTI TECNICI-AMMINISTRATIVI PER LA PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO 1. 1.1.1 Piano Regionale dei Trasporti 1



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Indice Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture viarie in ambito urbano... 1 1.1 STRUMENTI TECNICI-AMMINISTRATIVI PER LA PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO 1 1.1.1 Piano Regionale dei Trasporti 1 1.1.2 Piano Urbano della Mobilità... 4 1.1.3 Piano Urbano del Traffico... 6 1.2 CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLE STRADE URBANE. 16 1.2.1 Autostrade urbane... 16 1.2.2 Strade urbane di scorrimento. 19 1.2.3 Strade urbane di quartiere.. 21 1.2.4 Strade urbane locali. 23 Capitolo 2: Inquinamento atmosferico e acustico in ambito urbano... 25 2.1 FENOMENI DI INQUINAMENTO NELLE AREE URBANE E METROPOLITANE.. 25 2.2 SOSTANZE INQUINANTI PRODOTTE DAL TRAFFICO STRADALE.. 27 2.3 NORMATIVA ITALIANA SULLA QUALITÀ DELL ARIA... 30 2.4 INTERVENTI MITIGATIVI DELL INQUINAMENTO ATMOSFERICO... 33 2.5 MODELLI PREVISIONALI DI EMISSIONE. 35 2.6 MODELLI PREVISIONALI DI DISPERSIONE (O DI DIFFUSIONE). 43 2.7 RUMORE PRODOTTO DAL TRAFFICO STRADALE. 51 2.8 NORMATIVA ITALIANA SUL RUMORE AMBIENTALE. 53 2.9 INTERVENTI MITIGATIVI DELL INQUINAMENTO ACUSTICO. 55 2.10 MODELLI PREVISIONALI DEL RUMORE DA TRAFFICO VEICOLARE... 59 2.11 FENOMENO DELLE VIBRAZIONI. 61 Capitolo 3: Infrastrutture per la sosta e il parcheggio... 65 3.1 PROBLEMATICHE DI SOSTA E PARCHEGGIO NEI CONTESTI URBANI... 65

3.2 CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DEI PARCHEGGI. 66 3.3 PANORAMA NORMATIVO SUI PARCHEGGI.. 69 3.4 VALUTAZIONE DELLA DOMANDA E DELL OFFERTA DI SOSTA.. 72 3.4.1 Criteri per la quantificazione della domanda di sosta... 75 3.4.2 Predisposizione dell offerta di sosta. 80 3.5 PARAMETRI DI PROGETTO DELLE INFRASTRUTTURE DI PARCHEGGIO... 84 3.5.1 Parcheggi a raso.. 87 3.5.2 Parcheggi per utenti disabili... 90 3.5.3 Autorimesse multipiano interrate e fuori terra. 92 3.5.4 Parcheggi meccanizzati automatici (autosilo). 98 3.6 IMPIANTI TECNOLOGICI NELLE INFRASTRUTTURE DI PARCHEGGIO. 106 3.6.1 Sistema di ventilazione naturale e impianto di ventilazione meccanica. 107 3.6.2 Impianto elettrico e impianto di illuminazione.. 110 3.6.3 Impianto di evacuazione dei liquidi... 111 3.6.4 Impianto fisso di spegnimento automatico degli incendi... 113 3.6.5 Impianto di movimentazione auto (per parcheggi automatizzati). 114 Capitolo 4: Infrastrutture e sistemi di trasporto pubblico 117 4.1 RUOLO DEL SISTEMA DI TRASPORTO PUBBLICO NELLE AREE URBANE. 117 4.2 QUALITÀ DELLE INFRASTRUTTURE E DEI SISTEMI DI TRASPORTO PUBBLICO. 119 4.3 INFRASTRUTTURE E SISTEMI DI TRASPORTO PUBBLICO COLLETTIVO 120 4.3.1 Autobus. 120 4.3.2 Filobus... 123 4.3.3 Tram... 126 4.3.4 Ferrovie metropolitane... 128 4.4 SISTEMI DI TRASPORTO PUBBLICO INDIVIDUALE. 136 4.4.1 Car Sharing... 137 4.4.2 Car Pooling... 140 4.4.3 Taxi collettivo... 142 4.4.4 Bus a chiamata. 145 BIBLIOGRAFIA... 147

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 CAPITOLO 1 Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture viarie in ambito urbano 1.1 STRUMENTI TECNICI-AMMINISTRATIVI PER LA PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI IN AMBITO URBANO Il processo che porta alla costruzione ed alla gestione delle infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane, è regolamentato da quegli strumenti di pianificazione (piani) che, sia a livello urbanistico che a quello specifico di settore, costituiscono riferimenti imprescindibili non solo per i tecnici ma anche per quanti, a vario titolo (politici, gestori, privati, etc.), sono interessati alle problematiche connesse alla mobilità in ambito urbano. Il Piano Regolatore Generale è lo strumento urbanistico principe per la regolamentazione delle attività che, nell ambito dei territori comunali, definiscono tutti i livelli di costruzione (comprese le infrastrutture di viabilità e di trasporto). I Piani di interesse trasportistico, sempre coerenti con lo strumento settoriale elaborato a livello nazionale (Piano Generale dei Trasporti), per quanto riguarda le ripercussioni sulla viabilità nelle aree urbane e metropolitane, sono essenzialmente i seguenti tre: Piano Regionale dei Trasporti (PRT), Piani Urbani della Mobilità (PUM) e Piani Urbani del Traffico (PUT). 1.1.1 Piano Regionale dei Trasporti Il Piano Regionale dei Trasporti (PRT) è stato istituito dalla legge n. 151 del 10 aprile 1981 - Legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione ed il potenziamento dei trasporti 1

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane pubblici locali che stabilisce i principi fondamentali cui le Regioni a statuto ordinario devono attenersi nell'esercizio delle potestà legislative e di programmazione, in materia di trasporti pubblici locali (art. 1). Secondo tale legge, le Regioni, nell'ambito delle loro competenze: Ø definiscono la politica regionale dei trasporti in armonia con gli obiettivi del Piano Generale dei Trasporti e delle sue articolazioni settoriali; Ø predispongono Piani Regionali dei Trasporti in connessione con le previsioni di assetto territoriale e dello sviluppo economico, anche al fine di realizzare l'integrazione e il coordinamento con i servizi ferroviari ed evitare aspetti concorrenziali con gli stessi; Ø adottano programmi poliennali o annuali di intervento, sia per gli investimenti sia per l'esercizio dei trasporti pubblici locali. Le Regioni concorrono, altresì, secondo la legislazione statale, alla elaborazione del Piano Generale dei Trasporti e dei piani di settore, e collaborano alla predisposizione delle direttive per l'esercizio delle funzioni delegate (art. 2). Il Decreto legislativo 422 del 19 novembre 1997 - Conferimento alle Regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, al comma 2 dell'art. 14, precisa che, nell'esercizio dei compiti di programmazione, le Regioni: definiscono gli indirizzi per la pianificazione dei trasporti locali ed in particolare per i piani di bacino; redigono i Piani Regionali dei Trasporti e loro aggiornamenti tenendo conto della programmazione degli enti locali ed in particolare dei piani di bacino predisposti dalle Province e, ove esistenti, dalle città metropolitane, in connessione con le previsioni di assetto territoriale e di sviluppo economico e con il fine di assicurare una rete di trasporto che privilegi le integrazioni tra le varie modalità favorendo in particolar modo quelle a minore impatto sotto il profilo ambientale. Il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001 ha definito le Linee guida per la redazione e la gestione PRT, al fine di promuovere un effettivo rinnovamento nelle modalità di predisposizione dei Piani Regionali dei Trasporti (PRT), di assicurare il massimo coordinamento con le scelte del PGT, di consentire una chiara possibilità di confronto tra le proposte dei vari PRT. Il PGT, indicando obiettivi, vincoli, metodologie e 2

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 strategie per la pianificazione dei trasporti a livello regionale, sottolinea la necessità che i PRT non vengano più intesi come mera sommatoria di interventi infrastrutturali, ma si configurino come progetti di sistema con il fine di assicurare una rete di trasporto che privilegi le integrazioni tra le varie modalità favorendo quelle a minore impatto sotto il profilo ambientale. Gli obiettivi diretti sono: garantire accessibilità per le persone e le merci all'intero territorio di riferimento, anche se con livelli di servizio differenziati in relazione alla rilevanza sociale delle diverse zone; rendere minimo il costo generalizzato della mobilità individuale e collettiva; assicurare elevata affidabilità e bassa vulnerabilità al sistema, in particolare nelle aree a rischio; contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto; garantire mobilità alle persone con ridotte capacità motorie e con handicap fisici. Gli obiettivi indiretti sono: ridurre gli attuali livelli di inquinamento; proteggere il paesaggio e il patrimonio archeologico, storico e architettonico; contribuire a raggiungere gli obiettivi dei piani di riassetto urbanistico e territoriale e dei piani di sviluppo economico e sociale. Nel perseguire questo sistema di obiettivi, i piani locali di trasporto debbono rispettare i vincoli derivanti da direttive europee e da leggi nazionali, in particolare i vincoli di budget imposti da scelte del governo centrale o dei governi regionali. Particolare attenzione va dedicata anche ai vincoli relativi all inquinamento atmosferico. Le principali strategie da adottare sono: Ø strategie istituzionali che consistono nella promozione del coordinamento e dell'integrazione di competenze, nell introduzione di procedure moderne di pianificazione ed istituzione di Enti e uffici specifici (uffici di Piano, osservatori sulla mobilità) e nell'attivazione di procedure di controllo sull'attuazione del piano; Ø strategie infrastrutturali che consistono nel riequilibrio della ripartizione della domanda tra le diverse modalità, sia per i passeggeri sia per le merci, nell integrazione fra le diverse componenti del sistema (intermodalità), nella utilizzazione massima delle 3

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane infrastrutture esistenti con il recupero di quelle divenute obsolete o sottoutilizzate. Le Regioni devono innanzitutto produrre congiuntamente, attraverso la Conferenza Stato Regioni, la costruzione di un quadro complessivo delle attese, cioè la chiara e concordata elencazione dei principi chiave dell assetto trasportistico desiderato in termini di soglie di costo delle modalità di trasporto, di soglie tariffarie, di ubicazione strategica delle infrastrutture nodali, di realizzazione e mantenimento delle reti portanti, nonché di indicatori di sicurezza e ambientali. 1.1.2 Piano Urbano della Mobilità Per quanto riguarda la mobilità urbana, il PGT prevede l adozione di una politica di totale libertà da parte dei Comuni in merito alla scelta degli interventi infrastrutturali, tecnologici, gestionali ed organizzativi volti al miglioramento dei livelli di servizio del sistema di trasporti nelle singole realtà locali. Allo Stato è riservato il ruolo di cofinanziatore degli interventi, qualora essi vengano ritenuti capaci di raggiungere precisi e quantificabili obiettivi prefissati. I Piani Urbani della Mobilità (PUM) sono lo strumento attraverso il quale le realtà locali definiscono l insieme di interventi più appropriati per il raggiungimento di detti obiettivi e si sviluppano in un orizzonte temporale di medio/lungo periodo (massimo 10 anni). Con i PUM si potranno richiedere finanziamenti allo Stato per interventi atti a conseguire gli obiettivi di mobilità generale previsti dal Governo, ai quali possono aggiungersene altri delle Amministrazioni locali. I finanziamenti quindi non saranno più per opere, ma per obiettivi. Il PUM si differenzia dai Piani Regionali dei Trasporti (PRT) per le dimensioni dell area sulla quale esso agisce. I PUM interessano bacini di mobilità relativi ad aree territoriali contigue: i soggetti beneficiari potranno essere gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100.000 abitanti, singoli Comuni, aggregazioni di Comuni limitrofi e Province aggreganti Comuni limitrofi. Per accedere ai finanziamenti, ottenuto il parere favorevole dalla Regione, le richieste potranno essere attivate in modo standardizzato a cadenza annuale (sulla base della legge Finanziaria). Gli interventi ricadenti nei PUM sono finalizzati a: 4

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione; abbattere i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico nel rispetto degli accordi internazionali e delle normative comunitarie e nazionali in materia di abbattimento di emissioni inquinanti; ridurre i consumi energetici; aumentare i livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale; minimizzare l uso individuale dell automobile privata e moderare il traffico; incrementare la capacità di trasporto; aumentare la percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi, anche con soluzioni di car pooling, car sharing, taxi collettivi, etc.; ridurre i fenomeni di congestione nelle aree urbane caratterizzate da una elevata densità di traffico, mediante l individuazione di soluzioni integrate del sistema di trasporti e delle infrastrutture in grado di favorire un migliore assetto del territorio e dei sistemi urbani; favorire l uso di mezzi alternativi di trasporto con impatto ambientale più ridotto possibile. Costituiscono interventi compresi nei PUM: Ø le infrastrutture di trasporto pubblico relative a qualunque modalità; Ø le infrastrutture stradali, di competenza locale, con particolare attenzione alla viabilità a servizio dell interscambio modale; Ø i parcheggi, con particolare riguardo a quelli di interscambio; Ø le tecnologie; Ø le iniziative dirette a incrementare e/o migliorare il parco veicoli; Ø il governo della domanda di trasporto e della mobilità, anche attraverso la struttura del mobility manager; Ø i sistemi di controllo e regolazione del traffico; Ø i sistemi d informazione all utenza; Ø la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città, nei Comuni e nelle aree densamente urbanizzate. I PUM, per poter perseguire al meglio gli obiettivi sopra richiamati, tenuto conto degli strumenti di pianificazione generale ed esecutiva, devono essere coordinati con gli altri 5

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane piani di settore, quali i piani di azione per il miglioramento e per il mantenimento della qualità dell aria e dell ambiente e per la riduzione dei livelli di emissione sonora, igienicosanitari, energetici, quelli urbanistico-territoriali sia generali che attuativi, in specie quelli relativi alle attività produttive e alle attività ricreative e residenziali (piano per insediamenti produttivi, centri direzionali, zone e centri commerciali, zone per il tempo libero, etc.) e con la pianificazione dei servizi sociali e ai piani municipali di welfare, dei tempi e degli orari. Inoltre, il PUM deve essere progettato in coerenza con gli strumenti della programmazione e della pianificazione regionale, secondo le procedure già in vigore o da emanare nei singoli ordinamenti regionali. Gli effetti del PUM per il raggiungimento degli obiettivi si valutano con la quantificazione del valore dei vari indicatori (ad es., il livello sonoro equivalente per l inquinamento acustico, o il numero annuo di incidenti, morti e feriti per la sicurezza stradale) tramite opportuni modelli di previsione e simulazione. La valutazione degli effetti complessivi degli scenari di progetto deve essere effettuata in termini trasportistici, ambientali, territoriali, economici, finanziari e gestionali, rispetto agli scenari di riferimento. Occorre infine prevedere un attività di monitoraggio degli obiettivi dei PUM. A tal fine l'amministrazione centrale dovrà dotarsi di un apposito ufficio preposto per l espletamento di tale compito. 1.1.3 Piano Urbano del Traffico Le Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico (Art. 36 del Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Codice della Strada) sono state emanate dal Ministero dei Lavori Pubblici e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 1995. Il Codice della strada, all articolo 36, fa obbligo della redazione del Piano urbano del traffico (PUT) ai Comuni con popolazione residente superiore a trentamila abitanti ovvero comunque interessati da rilevanti problematiche di circolazione stradale; alle Direttive possono infatti far riferimento anche quei Comuni che, pur non essendo tenuti per legge, ritengono opportuno dotarsi di un PUT. Il PUT costituisce uno strumento tecnico-amministrativo di breve periodo, finalizzato a conseguire il miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, la 6

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 riduzione dell inquinamento acustico ed atmosferico e il contenimento dei consumi energetici, nel rispetto dei valori ambientali. Esso deve essere coordinato, oltre che con i Piani del traffico per la viabilità extraurbana previsti dallo stesso articolo 36, con gli strumenti urbanistici, con i Piani di risanamento e tutela ambientale e con i PRT. Un Piano Urbano del Traffico è costituito da un insieme coordinato di interventi per il miglioramento delle condizioni della circolazione stradale nell area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati, realizzabili e utilizzabili nel breve periodo (arco temporale biennale) e nell ipotesi di dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto sostanzialmente invariate. Il PUT deve essere inteso come piano di immediata realizzabilità, con l obiettivo di contenere al massimo, mediante interventi di modesto onere economico, le criticità della circolazione; tali criticità, specialmente nelle aree urbane di maggiori dimensioni, potranno infatti essere interamente rimosse solo attraverso adeguati potenziamenti sull offerta di infrastrutture e di servizi del trasporto pubblico collettivo. In particolare, gli obiettivi specifici del PUT sono quelli riportati di seguito: il miglioramento delle condizioni di circolazione (movimento e sosta); il miglioramento della sicurezza stradale (riduzione degli incidenti stradali); la riduzione degli inquinamenti atmosferico ed acustico; il risparmio energetico. Il perseguimento degli obiettivi suddetti, traducendosi sempre nella predisposizione di una corretta organizzazione del traffico urbano, richiede un ampia serie coordinata di interventi, su tutto il territorio urbanizzato e su tutte le componenti della circolazione stradale. Gli interventi in questione possono riassumersi nei due seguenti tipi di strategie generali da adottare: Ø interventi sull offerta di trasporto; Ø interventi sulla domanda di mobilità e di sosta. Le azioni mirate alla riorganizzazione dell offerta di trasporto richiedono in primo luogo la definizione di un idonea classifica funzionale delle strade. La classifica in questione, coerentemente all articolo 2 del CdS ed al D.M. 5/11/2001, fa riferimento in generale ai seguenti quattro tipi fondamentali di strade urbane (cfr. paragrafo 7

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane 1.3): autostrade urbane, strade di scorrimento, strade di quartiere, strade locali. I principali strumenti attraverso i quali risulta possibile nel breve termine ottenere il miglioramento della capacità del sistema di trasporto urbano riguardano: Ø l eliminazione della sosta veicolare dalla viabilità principale, Ø l adeguamento della capacità delle intersezioni ai flussi veicolari in transito. L eliminazione della sosta veicolare dalla viabilità principale, in genere comporta: il riordino delle strade, piazze e larghi appartenenti alla viabilità locale, finalizzato alla possibilità di recupero di nuovi spazi di sosta (strade parcheggio ed aree-parcheggio), fatte sempre salve le esigenze dei pedoni e la vocazione ambientale dei luoghi, tenuto conto dei relativi valori storici artistici ed architettonici; l utilizzo, eventualmente provvisorio, delle aree pubbliche, ma anche private, in attesa di definitiva destinazione urbanistica, in termini di realizzazione e di gestione di aree di parcheggio, eventualmente multipiano, ad uso pubblico (parcheggi di tipo sostitutivo della sosta su strada), con possibile attrezzatura di alberature ed anche con riferimento ad interventi finanziati dall iniziativa privata; la realizzazione di parcheggi ad uso privato (parcheggi pertinenziali, sempre ad uso sostitutivo della sosta su strada), su suolo privato o anche pubblico, con particolari facilitazioni da prevedere per i privati interessati alla loro costruzione; il potenziamento e la riorganizzazione del corpo di vigilanza urbana, in forma diretta ed indiretta, intesa quest ultima come potenziamento dei servizi atti ad ottenere, in particolare, un idoneo ed efficace controllo delle modalità di sosta. Per quel che concerne l adeguamento della capacità delle intersezioni, esso coinvolge diverse tipologie di azione (limitazioni alle manovre di svolta a sinistra, istituzione di sensi unici di marcia, adeguate canalizzazioni ed, eventualmente, ridisegno delle caratteristiche geometriche con riduzione del numero dei rami di intersezione). Si tratta, in ogni caso, di un settore di intervento che può oggi avvalersi dei più moderni sistemi tecnologici di controllo del traffico (a partire dagli impianti semaforici attuati dai flussi veicolari e/o 8

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 pedonali), di vasta utilità, sempre che risulti corretto il dimensionamento della rete principale (come quantità, estesa e distribuzione delle corsie di marcia messe a disposizione per le diverse correnti veicolari) e delle politiche intermodali e tariffarie eventualmente adottate. La domanda di mobilità e di sosta è generalmente espressa dalle tre componenti fondamentali del traffico, qui di seguito esposte secondo l ordine assunto nella loro scala dei valori all interno del Piano: 1. pedoni; 2. veicoli per il trasporto collettivo con fermate di linea (autobus, filobus e tram), urbani ed extraurbani; 3. veicoli motorizzati senza fermate di linea (autovetture, autoveicoli commerciali, ciclomotori, motoveicoli, autobus turistici e taxi). Laddove non esista il trasporto pubblico collettivo, oppure risultino assenti concrete possibilità di immediato miglioramento del suo servizio, il Piano suggerisce la strategia di fornire alternative spaziali alla mobilità veicolare urbana, consistenti nell individuazione di itinerari alternativi per i flussi veicolari e di spazi di sosta alternativi a quelli in uso sulla viabilità principale. L attuale grado di saturazione fisica degli spazi disponibili per i movimenti e la sosta veicolare rende, però, molto spesso insufficiente l adozione della sola strategia ora indicata, specialmente per le aree urbane maggiormente congestionate. In tali situazioni risulta quindi necessario intervenire orientando la domanda di mobilità verso modi di trasporto che richiedono minori disponibilità di spazi stradali per il soddisfacimento della domanda medesima (domanda espressa, non più in veicoli x km, bensì in persone x km). Questa tipologia di interventi rientra nella cosiddetta politica delle alternative modali, che trova attuazione fondamentale nella migliore organizzazione possibile del trasporto collettivo, sia a carattere pubblico che privato (autobus aziendali). La politica delle alternative modali viene in generale resa efficiente attraverso l applicazione contestuale, da un lato, di forme di incentivazione dell uso dei cosiddetti modi alternativi e, dall altro lato, di forme di disincentivazione dell uso delle vetture per il trasporto individuale privato, con il vincolo non sopprimibile che la capacità di trasporto alternativa fornita risulti in grado di assorbire, ad un livello di servizio accettabile, le quote 9

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane di domanda ad essa trasferite dal sistema individuale privato. In quest ambito di interventi rientrano misure molto varie, di carattere tecnico, normativo e tariffario; ad esempio sono ipotizzabili forme di facilitazione per l utilizzazione dei taxi e delle autovetture ad uso collettivo (car pooling), in contrapposizione all adozione di restrizione alla circolazione delle autovetture ad uso individuale. Tra di essi risultano peculiarmente significativi due tipi di intervento: la realizzazione di aree di sosta dove lasciare la propria autovettura e proseguire lo spostamento con un altro modo di trasporto (parcheggi di scambio, intesi in questo contesto come forma di disincentivazione all uso di autovettura per il trasporto individuale privato); l introduzione di particolari sistemi di tariffazione della circolazione dell autovettura in determinate zone urbane (intesi in questo contesto come forme di disincentivazione all uso delle autovettura con il solo conducente). I parcheggi di scambio, specie nelle aree urbane di maggiori dimensioni, incoraggiano infatti la intermodalità dei movimenti sulle direttrici centro-periferia, prevedendo adeguati spazi di sosta, preferibilmente custodita, in prossimità delle principali interconnessioni tra la rete viaria di adduzione all area urbana ed i terminali periferici delle linee di trasporto pubblico collettivo. Gli spazi di sosta andranno attrezzati, in relazione alle dimensioni dell area, con elementi di arredo urbano e con servizi complementari di ristoro, di informazione all utente e di interesse culturale. Detti parcheggi risultano analogamente utili anche nelle aree urbane di minori dimensioni laddove non esiste il servizio di trasporto pubblico, con riferimento alla possibilità di proseguire lo spostamento a piedi con un percorso pedonale di accettabile lunghezza. D altro verso, la tariffazione della sosta su strada in determinati ambienti urbani e/o, eventualmente, dell accesso veicolare individuale a tali ambienti, conduce ad una riduzione della domanda di mobilità motorizzata individuale, sia in quanto rende maggiormente competitivo, dal punto di vista economico, l uso degli anzidetti sistemi di trasporto alternativi, rispetto a quello individuale autoveicolare, sia in quanto induce all uso collettivo (per accompagnamento, per accordi tra colleghi di lavoro o di studio, etc.) dello stesso sistema di trasporto autoveicolare. Inoltre la tariffazione della sosta su strada, oltre che incentivare la rotazione dei veicoli su 10

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 uno stesso posto di sosta, contribuisce al finanziamento degli interventi necessari alla gestione di tutto il traffico stradale (articolo 7, comma 7, del CdS). Oltre che delle alternative spaziali e modali, il Piano può avvalersi di interventi relativi alle strategie proprie delle alternative temporali, le quali fanno riferimento al soddisfacimento della domanda di mobilità, per quanto utile e conveniente, in orari ricadenti nei cosiddetti periodi di morbida del traffico, durante i quali si registrano minori intensità dei flussi veicolari in movimento. Questi interventi, che coinvolgono anche altri settori, oltre quello del traffico, e che pertanto vanno con essi coordinati, riguardano in genere lo sfalsamento degli orari di inizio e termine delle attività lavorative e scolastiche, la migliore distribuzione degli orari delle attività commerciali e degli uffici aperti al pubblico e simili. Dal punto di vista della strutturazione formale, vengono distinti tre livelli di progettazione del PUT, rappresentativi anche del suo specifico iter di approvazione da parte degli organi istituzionali competenti. Il 1 Livello di progettazione è quello del Piano generale del traffico urbano (PGTU), inteso quale progetto preliminare o piano quadro del PUT, relativo all intero centro abitato. Esso riguarda, in particolare, la proposizione: del Piano di miglioramento della mobilità pedonale, con definizione delle piazze, strade, itinerari od aree pedonali (AP) e delle zone a traffico limitato (ZTL) o, comunque, a traffico pedonalmente privilegiato; del Piano di miglioramento della mobilità dei mezzi collettivi pubblici (fluidificazione dei percorsi, specialmente delle linee portanti) con definizione delle eventuali corsie e/o carreggiate stradali ad essi riservate, e dei principali nodi di interscambio, nonché dei rispettivi parcheggi di scambio con il trasporto privato e dell eventuale piano di riorganizzazione delle linee esistenti e delle loro frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità); del Piano di riorganizzazione dei movimenti dei veicoli motorizzati privati, con definizione sia dello schema generale di circolazione veicolare (per la viabilità principale), sia della viabilità tangenziale per il traffico di attraversamento del centro abitato, sia delle modalità di assegnazione delle precedenze tra i diversi tipi di strade; del Piano di riorganizzazione della sosta delle autovetture, con definizione sia delle 11

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane strade parcheggio, sia delle aree di sosta a raso fuori delle sedi stradali ed, eventualmente, delle possibili aree per i parcheggi multipiano, sostitutivi della sosta vietata su strada, sia del sistema di tariffazione e/o di limitazione temporale di quota parte della sosta rimanente su strada. Gli elaborati progettuali del PGTU, relativi agli argomenti anzidetti, devono essere redatti in scala da 1:25.000 fino ad 1:5.000 (od eccezionalmente valori inferiori), in funzione delle dimensioni del centro abitato; devono essere inoltre corredati di relazione tecnicadescrittiva. Il 2 Livello di progettazione è quello dei Piani particolareggiati del traffico urbano (PPTU), intesi quali progetti di massima del PGTU, relativi ad ambiti territoriali più ristretti di quelli dell intero centro abitato, quali, a seconda delle dimensioni del centro medesimo, le circoscrizioni, i settori urbani, i quartieri o le singole zone urbane (anche come fascia di influenza dei singoli itinerari di viabilità principale), e da elaborare secondo l ordine previsto nell anzidetto programma generale di esecuzione del PGTU. Essi, in particolare, riguardano: i progetti per le strutture pedonali, con eventuali marciapiedi, passaggi ed attraversamenti pedonali e relative proiezioni, e per la salvaguardia della fluidità veicolare attorno alle eventuali AP, ZTL e zone particolarmente sensibili all inquinamento atmosferico; il tipo di organizzazione delle fermate, dei capilinea e dei punti di interscambio dei mezzi pubblici collettivi e delle rispettive eventuali corsie e/o sedi riservate e l eventuale progetto di massima per i parcheggi di scambio con il trasporto privato, nonché l eventuale piano di dettaglio per la riorganizzazione delle linee esistenti e delle loro frequenze (PUT inteso come Piano della mobilità); gli schemi dettagliati di circolazione per i diversi itinerari della viabilità principale e per la viabilità di servizio, il tipo di organizzazione delle intersezioni stradali della viabilità principale (con relativo schema di fasatura e di coordinamento degli impianti semaforici od, eventualmente, schema di svincolo delle correnti veicolari e pedonali a livelli sfalsati) ed il piano generale della segnaletica verticale, specialmente di indicazione e precedenza; il tipo di organizzazione della sosta per gli eventuali spazi laterali della viabilità 12

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 principale, per le strade-parcheggio, per le aree di sosta esterne alle sedi stradali e per gli eventuali parcheggi multipiano sostitutivi della sosta vietata su strada, nonché l eventuale organizzazione della tariffazione e/o limitazione della sosta di superficie (strade ed aree). Gli elaborati progettuali di questo 2 livello di progettazione devono essere redatti in scala da 1:5.000 fino ad 1:1.000 (o eccezionalmente più dettagliata), in funzione. delle dimensioni dell ambito territoriale in studio (circoscrizione, settore urbano, quartiere, zona o fascia urbana); devono essere inoltre corredati di relazione tecnica-descrittiva. Il 3 Livello di progettazione è quello dei Piani esecutivi del traffico urbano (PETU), intesi quali progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del traffico urbano. La progettazione esecutiva riguarda, di volta in volta, l intero complesso degli interventi di un singolo Piano particolareggiato, ovvero singoli lotti funzionali della viabilità principale e/o dell intera rete viaria di specifiche zone urbane (comprendenti una o più maglie di viabilità principale, con la relativa viabilità interna a carattere locale), facenti parte di uno stesso Piano particolareggiato. Detti Piani esecutivi definiscono completamente gli interventi proposti nel rispettivi Piani particolareggiati, quali, ad esempio, le sistemazioni delle sedi viarie, la canalizzazione delle intersezioni, gli interventi di protezione delle corsie e delle sedi riservate e le indicazioni finali della segnaletica stradale (orizzontale, verticale e luminosa), e li integrano in particolare per quanto attiene le modalità di gestione del PUT (in termini di verifiche ed aggiornamenti necessari). Tra queste ultime modalità assumono particolare importanza i due essenziali Piani di settore relativi ai potenziamento e/o ristrutturazione del servizio di vigilanza urbana ed alle indispensabili campagne di informazione e di sicurezza stradale. Gli elaborati progettuali di questo 3 livello di progettazione devono essere redatti in scala da 1:500 fino ad 1:200 o valori inferiori, in funzione delle necessità di descrizione esecutiva degli interventi proposti; devono essere inoltre corredati di relazione tecnicadescrittiva. Per i centri urbani di più modeste dimensioni, specialmente se interessati da fenomeni stagionali di affluenza turistica, il 2 ed il 3 livello di progettazione possono anche essere riuniti in un unica fase di progettazione e denominati Piani di dettaglio del traffico urbano 13

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane (PDTU). L iter procedurale che porta all attuazione del PUT, ha inizio a livello regionale. Le Regioni, infatti, qualora non abbiano già provveduto, entro due mesi dalla emanazione delle direttive devono predisporre l elenco dei rispettivi Comuni interessati al PUT e trasmetterne copia alla Direzione generale della viabilità e mobilità urbana ed extraurbana affinché, a cura del Ministero dei lavori pubblici, detto elenco venga pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. I Comuni interessati all attuazione del PUT, tenuto conto dei tempi di redazione dei relativi elaborati progettuali di dettaglio per l intera rete stradale urbana, specialmente in connessione al particolare impegno conseguente alla prima applicazione delle direttive, hanno in generale l obbligo di: adottare entro un anno il Piano generale del traffico urbano, a partire dall emanazione delle direttive (fatto salvo l espletamento delle incombenze regionali per la predisposizione dei relativi elenchi di Comuni coinvolti); portarlo completamente in attuazione nei due anni successivi, attraverso la redazione dei relativi Piani particolareggiati e Piani esecutivi; provvedere all aggiornamento del PUT per ciascuno dei bienni successivi, con un anno di tempo per l adozione delle sue varianti e l anno susseguente per l attuazione dei relativi interventi. A tale scopo i Comuni interessati dovranno anzitutto assegnare l incarico di redazione del PGTU a tecnici specializzati appartenenti al proprio personale o/e ad esperti specializzati esterni, inclusi nell albo degli esperti in materia di Piani del traffico in corso di predisposizione presso il Ministero dei lavori pubblici (articolo 36, commi 8 e 9, del CdS). L incarico in questione deve essere comunque affidato a tecnici di comprovata esperienza nel settore della pianificazione del traffico. Ove necessario, l incarico di redazione del Piano viene affidato tramite sistema concorsuale per titoli, con particolare riferimento all esperienza di pianificazione nel settore. Redatto il PGTU, esso viene adottato dalla giunta comunale, e viene poi depositato per trenta giorni in visione del pubblico, con relativa contestuale comunicazione di possibile presentazione di osservazioni (nel medesimo termine), anche da parte di singoli cittadini. Successivamente, il consiglio comunale delibera sulle proposte di Piano e sulle eventuali 14

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 osservazioni presentate (con possibilità di rinviare il PGTU in sede tecnica per le modifiche necessarie) e procede, infine, alla sua adozione definitiva. Per i Piani di dettaglio (Piani particolareggiati e Piani esecutivi), ferme restando le procedure precedentemente indicate per quanto attiene l incarico di redazione (salvo che per gli interventi dell arredo urbano di aree pedonali, il cui progetto preliminare potrà anche essere oggetto di specifico concorso di idee ), devono adottarsi procedure semplificate relativamente alle loro fasi di controllo e di approvazione, in modo da rispettare la loro qualificazione prettamente tecnica. In particolare, per detti Piani di dettaglio non è prevista la fase di approvazione da parte del consiglio comunale, ma diviene, invece, ancora più essenziale la fase di presentazione pubblica attraverso le campagne informative, propedeutiche all entrata in esercizio degli interventi di Piano. Per l aggiornamento del PUT si seguono procedure analoghe a quelle anzidette, sia nelle fasi di assegnazione degli incarichi di progettazione, sia in quelle di eventuale adozione del nuovo PGTU e di attuazione dei nuovi interventi previsti. Per i Comuni inadempienti all obbligo di redazione, adozione ed attuazione del PUT, il Ministero dei Lavori Pubblici, dopo la segnalazione di provvedere entro un termine assegnato, oltre che avvalersi dell esecuzione d ufficio del Piano e dei suoi interventi (articolo 36, comma 10, del CdS), può anche avvalersi dell istituto del commissariamento ad acta. Considerate anche le nuove incombenze assegnate ai Comuni in materia di circolazione stradale dal CdS, è necessario che quelle amministrazioni comunali, le quali risultano vincolate dal CdS medesimo all adozione del PUT, costituiscano uno specifico ufficio tecnico dei traffico (peraltro già raccomandato con circolare del Ministro dei lavori pubblici, n. 50067 del 20/09/1961 e di seguito indicato con la denominazione abbreviata di ufficio traffico), ovvero adeguino alle nuove funzioni l eventuale rispettivo ufficio (sezione, servizio o ripartizione) già esistente. Le funzioni dell Ufficio traffico riguardano principalmente il perseguimento integrale degli obiettivi precedentemente esposti in merito al PUT, con strumenti di intervento, però, che coinvolgono anche il controllo della scelta e dell efficiente realizzazione delle nuove infrastrutture previste dal Piano dei trasporti o dagli strumenti urbanistici vigenti. 15

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane 1.2 CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLE STRADE URBANE Nelle aree urbane e metropolitane, le diverse domande di mobilità richiedono infrastrutture caratterizzate da diversi livelli di funzionalità: tangenziali per scavalcare i centri urbani, strade di attraversamento o di circonvallazione, d accesso alla città e di raccordo tra le parti della città, per la circolazione nei singoli quartieri, a servizio diretto degli insediamenti. Il Codice della Strada (Art. 2) e il D.M. 5/11/2001, consentono di estrapolare una classificazione di riferimento delle strade urbane, in funzione delle diverse funzioni che esse assumono all interno della rete urbana: autostrade urbane (tipo A), strade urbane di scorrimento (tipo D), strade urbane di quartiere (tipo E), strade urbane locali (tipo F). La suddetta classificazione non risolve però il problema amministrativo ed urbanistico relativo ai livelli di governo che devono sobbarcarsi gli oneri di gestione del patrimonio viario urbano. L articolo 2 del CdS prescrive che sono da considerarsi comunali le strade urbane di tipo D, E ed F, quando siano situate all interno dei centri abitati, salvo le tratte interne di strade statali, regionali e provinciali che attraversano centri abitati con popolazione uguale o inferiore a 10000 abitanti. I Comuni con più di 10000 abitanti, pertanto, sono ovviamente restii a compiere l atto amministrativo di presa in carico di tali infrastrutture, in quanto ciò comporterebbe l assunzione di tutti gli oneri economici di manutenzione di questi tratti di strada. La situazione reale rimane così alquanto confusa e sostanzialmente diversa da quella prevista dal Codice della Strada. Nella realtà, non è raro riscontrare una strada statale, regionale o provinciale che attraversa numerose aree urbane anche densamente edificate, dove ha perso le sue caratteristiche e la corrispondente fascia di rispetto, ma soprattutto subisce una promiscuità funzionale, causata dall essere contemporaneamente itinerario sovracomunale e, di fatto, facente parte della rete urbana con la presenza continua di insediamenti edilizi posti al margine della carreggiata. 1.2.1 Autostrade urbane La funzione delle autostrade urbane è quella di rendere avulso il centro abitato dai 16

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 problemi del suo traffico di attraversamento, nonché di servire il traffico di scambio tra territorio urbano ed extraurbano. Secondo il Codice della Strada, un autostrada urbana è a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie specializzate per l immissione e l uscita. Per questa categoria di strade sono ammesse solamente le componenti di traffico relative ai movimenti veicolari, nei limiti di quanto previsto all articolo 175 del CdS ed all articolo 372 del relativo Regolamento di esecuzione. Ne risultano pertanto escluse, in particolare, le componenti di traffico relative ai pedoni, ai velocipedi, ai ciclomotori, alla fermata ed alla sosta (salvo quelle di emergenza). Secondo il D.M. 5/11/2001, alle Figura 1.3 Sezioni trasversali delle Autostrade Urbane (D.M. 5/11/2001). 17

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane autostrade urbane compete un intervallo delle velocità di progetto compreso tra 80 km/h e 140 km/h; dal punto di vista geometrico lo stesso Decreto propone gli schemi riportati in figura 1.3. In molte aree urbane e metropolitane, la composizione strutturale e funzionale delle autostrade urbane è stata affidata alle cosiddette tangenziali (Fig. 1.4) che collegano fra loro zone poste al contorno dell area urbanizzata con un tracciato ad anello o semianello senza interessare il centro abitato (ad es., il Grande Raccordo Anulare di Roma, il sistema autostradale delle Tangenziali di Milano e la Tangenziale di Catania ). La posizione radiale di queste configurazioni stradali è fortemente vincolata dalle previsioni di crescita urbanistica della città servita, onde evitare che la realizzazione dell infrastruttura venga a creare, piuttosto che un elemento di connessione, una frattura del tessuto urbano e di separazione fisica. È già accaduto, infatti, che le tangenziali siano state poi inglobate nel tessuto urbano, perdendo la loro funzione originaria, e richiedendo così la necessità di essere duplicate in tracciati ancora più esterni. Nelle autostrade urbane, le intersezioni con le altre strade (sempre a livelli sfalsati), al fine di garantire la massima fluidità di circolazione dei veicoli, devono essere molto intervallate; occorrerebbe infatti che le uscite e le Figura 1.4. Tangenziale di Catania. entrate che le allacciano alle altre strade siano in numero contenuto e distanziate tra loro di almeno qualche chilometro: lo schema ideale è quello in cui le interconnessioni sono esclusivamente realizzate con le strade di scorrimento (di attraversamento e/o di penetrazione). 18

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 1.2.2 Strade urbane di scorrimento La funzione delle strade urbane di scorrimento, oltre a quella precedentemente indicata per le autostrade nei riguardi del traffico di attraversamento e del traffico di scambio, da assolvere completamente o parzialmente nei casi rispettivamente di assenza o di contemporanea presenza delle autostrade medesime, è quella di garantire un elevato livello di servizio per gli spostamenti a più lunga distanza propri dell'ambito urbano (traffico interno al centro abitato). In particolare, in ragione della loro funzione urbanistica, si possono distinguere le strade di penetrazione e le strade di attraversamento. Si definiscono strade di penetrazione quelle che collegano i quartieri periferici (sobborghi) con il centro della città. Le strade di attraversamento, invece, collegano tra loro zone esterne al centro abitato, penetrando nel tessuto urbano e servendolo con connessioni alle strade urbane di gerarchia inferiore, attraverso intersezioni attrezzate. In base al CdS, una strada urbana di scorrimento è costituita da carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchine pavimentate e marciapiedi con eventuali Figura 1.5. Sezioni trasversali delle Strade di Scorrimento (D.M. 5/11/2001). 19

Capitolo 1: Classificazioni, strumenti di pianificazione e normative di riferimento per le infrastrutture urbane intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate. La suddetta definizione è sostanzialmente coerente con le caratteristiche geometriche indicate nel D.M. 5/11/2001 (Fig. 1.5) per le strade di tipo D, ricordando la prescrizione che, trovandosi in ambito urbano, è necessario predisporre sul lato destro di ciascuna carreggiata, al di là della banchina, un marciapiede di larghezza non inferiore ad 1,50 m, delimitato verso la banchina da un ciglio sagomato e protetto da idoneo dispositivo di ritenuta. Si rileva una contraddizione di fondo: il D.M. 5/11/2001 indica l intervallo di velocità per le strade di categoria D compreso tra 50 km/h ed 80 km/h, in contrasto con le prescrizioni del Codice della Strada che consentono di elevare la velocità massima sulle strade urbane di scorrimento solo da 50 km/h a 70 km/h (in quest ultimo caso si parla di strade a scorrimento veloce). Alcune città hanno realizzato strade urbane di scorrimento, ma altre, in ragione degli alti costi e del grande impatto prodotto da queste infrastrutture, hanno sopperito alla crescita della domanda di traffico veicolare usando, quali strade di scorrimento, alcune infrastrutture esistenti riadattandole per mezzo di modifiche o sacrificando le altre funzioni. Le strade che meglio si prestano a tale funzione sono quelle che hanno una carreggiata centrale e contro-viali laterali separati da filari di alberi. In questo caso, la carreggiata centrale può essere adibita al traffico di scorrimento ed i contro-viali restano destinati al traffico di Figura 1.6 Schema d intersezione in strada urbana con presenza di contro-viale. 20

Infrastrutture viarie nelle aree urbane e metropolitane Dispense A.A. 2014/2015 servizio, mentre la presenza degli alberi funge da schermo anti-rumore. Questo schema offre anche il vantaggio di risolvere favorevolmente la svolta a sinistra con uno schema di circolazione simile a quello descritto in figura 1.6: trattasi di un incrocio semaforizzato in cui i veicoli che devono svoltare a sinistra impegnano prima il contro-viale con una deviazione laterale a destra, e, durante una delle fasi semaforiche, attraversano l incrocio verso la direzione desiderata, insieme ai veicoli provenienti dalla strada laterale. Nelle strade urbane di scorrimento, le connessioni con le altre strade, al fine di garantire la massima fluidità di circolazione dei veicoli, devono essere molto intervallate. Quando invece si utilizzano infrastrutture esistenti, è conveniente attuare accorgimenti idonei non solo ad isolare la mobilità principale da quella di servizio agli edifici prospicienti la strada, ma anche a ridurre il numero delle immissioni e delle deviazioni verso le strade laterali, interdicendone il collegamento con l introduzione di marciapiedi, aiuole o altri ostacoli fissi, deviando il traffico laterale su altre direttrici. 1.2.3 Strade urbane di quartiere La funzione delle strade urbane di quartiere è quella di collegare fra loro zone diverse dello stesso quartiere o di servizio tra gli insediamenti urbani principali, in modo complementare ed alternativo alle strade di scorrimento, quindi non più attraverso un unico asse viario, ma percorrendo diversi archi e nodi della rete. Sono ammesse tutte le componenti di traffico, compresa la sosta delle autovetture purché esterna alla carreggiata e provvista di apposite corsie di manovra. Tra le strade di quartiere di un stessa rete possono distinguersi le strade d interquartiere, che si connettono alle strade di gerarchia superiore, e le strade interzonali che formano la spina dorsale dei singoli quartieri, da cui si diramano le strade locali. Il CdS definisce la strada urbana di quartiere come costituita da unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla carreggiata. Il D.M. 5/11/2001 indica le caratteristiche geometriche di queste strade, definite di categoria E, così come evidenziato nella figura 1.7. L intervallo delle velocità di progetto è compreso tra 40 km/h e 60 km/h (il CdS impone per le strade delle aree urbane il limite di 50 km/h, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le 21