La religione è un residuo dell infanzia della nostra intelligenza; si dissolverà man mano che ci lasceremo guidare dalla ragione e dalla scienza (B.



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La religione è un residuo dell infanzia della nostra intelligenza; si dissolverà man mano che ci lasceremo guidare dalla ragione e dalla scienza (B. Russell). In merito all affermazione che il credere è un esigenza umana, non posso che essere parzialmente d accordo. E la parzialità è dovuta alla constatazione seppure preliminare che il cervello umano ha caratteristiche genetiche / biochimiche che lo inducono necessariamente al soddisfacimento di tutte quelle condizioni fisico-mentali-emozionali che determinano la liberazione di sostanze responsabili della sensazione di appagamento, benessere, felicità. Io definisco tale meccanismo mentale il meccanismo del succhiotto, visto che apparentemente corrisponde abbastanza da vicino all atteggiamento infantile del neonato o poco più, che quando piange disperatamente per uno qualunque degli affari suoi, subito smette di urlare se gli si ficca in bocca un succhiotto, magari intinto nel miele rosato. La mia parzialità è dovuta comunque alla probabilità crescente all estendersi delle conoscenze neurobiologiche e genetiche che in effetti la natura umana converga, per necessità biologica, verso l occlusione mentale del recinto religioso. L ipotesi dell esistenza del gene di dìo (Hamer, 2005), propone infatti che il gene VMAT2 predisponga l essere umano verso le esperienze spirituali, mistiche. La tesi è proposta addirittura dal genetista Hamer, direttore della Gene Structure and Regulation Unit all Istituto Nazionale per il Cancro degli USA, nel suo libro The God Gene: How Faith is Hardwired into our Genes (2005). L ipotesi del gene-dio si basa sulla combinazione di studi genetici, neurobiologici e psicologici. Le argomentazioni principali della tesi di Hamer sono: (1) la spiritualità può essere quantificata mediante misurazioni psicometriche (capacità di auto-trascendenza, secondo Cloninger); (2) la tendenza alla spiritualità è ereditaria; (3) tale ereditarietà può essere attribuita almeno in parte al gene VMAT2; (4) tale gene agisce modificando i livelli delle monoamine cerebrali; (5) gli individui spirituali sono favoriti dalla selezione naturale poiché sono provvisti di un ottimismo innato, che produce effetti positivi a livello sia fisico che mentale. Hamer ha potuto circoscrivere al detto VMAT2, il gene coinvolto più specificamente nella determinazione della spiritualità, analizzando il DNA di oltre un migliaio di individui. Questo gene infatti codifica un trasportatore di monoamine, che svolge un ruolo di regolazione rilevante sul livello cerebrale di serotonina, dopamina e norepinefrina. I trasportatori di monoamine svolgerebbero un ruolo importante

nella regolazione delle attività cerebrali associate ai comportamenti mistici. Hamer ipotizza che la tendenza alla spiritualità, al misticismo, renda le persone più ottimiste, ciò che aumenterebbe la probabilità di godere di buona salute. Hamer scrive espressamente:.. In the God gene io propongo che.. noi si abbia una predisposizione genetica alla spiritualità, che si esprime e si dimensiona in risposta a esperienze personali e situazioni culturali. Tali geni, agirebbero influenzando le capacità di tipi e forme differenti di coscienza che stanno alla base dell esperienza spirituale... probabilmente ci sono diversi geni coinvolti, non uno solo... oltre alle influenze ambientali (nurture). Col termine spiritualità, non intendo la credenza in un dìo particolare.. può esserci spiritualità senza credenza in un dìo. Difficile non collegare la base genetica della spiritualità, con la religiosità. Anche Hamer lo fa direttamente, del resto, quando parla di gene-dìo. Inoltre, poiché la tesi di Hamer si basa sull analisi comparativa di più di un migliaio di DNA, è probabile che seppure con estensioni e/o limitazioni il fondamento genetico della tendenza ad essere religiosi, venga confermato scientificamente. E in tal caso, la religiosità perderebbe il carattere di scelta, e diverrebbe una semplice necessità biologica (la necessità di Monod, 1970), come le tantissime pulsioni determinate dalla struttura genica del DNA, che tutti i viventi si portano addosso. Si potrà interloquire con l osservazione che la molteplicità delle religioni (ne sono conosciute attualmente più di 2.400- http://www.adherents.com/religions- _By_Adherents.html) induce di per se stessa a ritenere che l esigenza religiosa sia davvero sentita universalmente e sia quindi una realtà che travalica l esigenza genetica. Io direi invece che tale molteplicità deriva dalla varietà delle culture diversamente primitive che hanno mallevato l immaginazione stimolata dalla necessità genica. Molte culture, hanno semplicemente prodotto molte religioni, così come molte filosofie, diverse realizzazioni artistiche, abitudini di vita, mitologie, ecc. A - Si afferma spesso, che le persone religiose vivono in un maggiore stato di benessere (SWB) nelle Nazioni più religiose, che in quelle meno religiose. Poiché è certamente più razionale basare le argomentazioni sulle risultanze più scientificamente attendibili, per quanto e comunque sempre discutibili e perfezionabili, piuttosto che basarsi su informazioni imprecise e/o con maggiore probabilità viziate da pregiudizi personali, verranno esaminate di seguito in maggiore dettaglio una serie di indici che caratterizzano efficacemente la diversità tra situazioni sociali, etiche e culturali prevalenti nei Paesi a diversa componente atea, laica e religiosa. Secondo un indagine pubblicata meno di tre mesi fa (Gebauer, J., Sedikides, C., 1

Neberich, W., 2012, "Religiosity, Social Self-Esteem, and Psychological Adjustment: On the Cross-Cultural Specificity of the Psychological Benefits of Religiosity", Psychological Science, 23 (2), 158-160) condotta su 188 mila adulti in diversi Paesi, le persone religiose non sono necessariamente più felici delle persone che non credono. Le persone religiose sono in condizioni psicologiche più soddisfacenti, quando vivono in comunità religiose. Ma la stessa situazione si verifica per le persone non credenti, che vivono meglio nei Paesi nei quali la religiosità è meno diffusa ed apprezzata. E vero che diverse indagini sembrerebbero stabilire un collegamento tra religiosità e minore morbidità e mortalità. Ma un analisi accurata di 27 degli studi che tenderebbero ad evidenziare una correlazione positiva tra le condizioni generali di salute e la religiosità, portano a concludere che tale relazione non è in realtà dimostrata in misura scientificamente attendibile (J. S. Levin, How religion influences morbidity and health: reflections on natural history, salutogenesis and host resistance, 1996, Social Science & Medicine, 43, (5), 849-864). La religione non porta alla felicità per effetto di influenze super-naturali, bensì per meccanismi psicologici, sociologici indotti / promossi / sostenuti da normali effettori chimico-biologici. La condizione del benessere personale, spesso identificata con il termine felicità, è dovuta in massima parte all estensione e alla qualità delle relazioni sociali dei singoli con la comunità circostante. La religione, e in specie la frequenza alle funzioni religiose che comporta, favorisce lo stabilirsi di rapporti interpersonali ampi e conseguentemente una sensazione di condivisione di intenti, convinzioni, che rassicurano e ingenerano soddisfazione, benessere (Michael Argyle, 2001; The Psychology of Happiness, Routledge, 2001). Ma se la religione rendesse davvero le persone felici, allora perché la quantità di persone religiose diminuisce continuamente? [negli ultimi vent anni la popolazione USA che si è dichiarata non-credente, è più che raddoppiata, raggiungendo il 15% - Scientific American Mind, (2012, 5/6), 59-63]. A tale paradosso pare rispondere la ricerca di Diener e coll. ( The religion paradox: If religion makes people happy, why are so many dropping out?, 2011, J. of Personality and Social Psychology, 101(6), 1278-1290). Circa il 68% della popolazione terrestre 4.6 miliardi ritiene che la religione sia importante nella quotidianità. Studi precedenti hanno dimostrato che le persone religiose sono mediamente in condizioni soggettive di maggiore benessere [SWB, Subjective Well-Being; il concetto è una destrutturazione della felicità in separati ma correlati effetti positivi gioia ed emozioni positive (soddisfazione) ed effetti negativi ( depressione ed ansia)]. Tuttavia, nelle nazioni più economicamente sviluppate e nelle quali c è ampia libertà religiosa, la gente abbandona sempre più frequentemente la religione. Come mai? Dall analisi comparativa tra quanto 2

avviene in USA e in altri Paesi, tale atteggiamento di abbandono della religiosità è risultato comune a tutte le quattro grandi religioni. E in ogni caso, l associazione tra SWB e religiosità è condizionato dall ambiente sociale: l atteggiamento religioso è più diffuso nelle Nazioni e negli Stati USA nei quali le condizioni di vita sono più difficili (fame diffusa e bassa speranza di vita); nelle nazioni e negli Stati nei quali le condizioni dell esistenza sono più soddisfacenti, la religiosità è meno diffusa, e sia le persone religiose che quelle non credenti, sono in condizioni di SWB analoghe. L inchiesta condotta nel 2010 su 350.000 americani (Diener e coll., citato sopra), rafforza questa situazione: la condizione che soddisfa maggiormente, non è il pensare a dìo, discorrere di dìo o pensare alla sua presenza costante, ma esclusivamente il partecipare alle funzioni religiose; e la soddisfazione è tanto maggiore, quanto più frequentemente si partecipa alle funzioni. Risulta inoltre dalla stessa indagine, che negli Stati USA in cui vi è una diffusa condizione di vita difficile (Mississipi, ad esempio) la gente è più religiosa (88%); mentre negli Stati nei quali le condizioni di vita sono generalmente più soddisfacenti (Vermont, ad es.) la religiosità è minore (44%). Analogamente, un inchiesta Gallup condotta in 154 Paesi, in ognuno dei quali sono stati consultate circa tremila persone, tre quarti degli intervistati hanno affermato che la religione è per loro importante. Ma mentre in Paesi come la Svezia la percentuale dei credenti scende al 16%, sale al 99% in Bangladesh, Egitto, Sri Lanka e Somalia, tutti Paesi a ridotte condizioni generali di benessere e ad elevatissima religiosità (mussulmani). Nei Paesi nei quali le condizioni di vita sono meno soddisfacenti, il conforto della religione tende a migliorarne le condizioni esistenziali. Nei Paesi nei quali le condizioni di vita sono più soddisfacenti, sia i credenti che i non credenti, affermano di essere ad un livello soddisfacente di benessere. E ciò vale sia per i paesi in cui prevale il cristianesimo, il buddismo, l induismo o l islam. Insomma, il livello di benessere (SWB) è connesso strettamente al livello di benessere generale della società in cui si vive, ed al tipo di società prevalente (per gli uni, la religiosità, per gli altri, l ateismo) della gente in mezzo alla quale ci si trova (S. Upson, 2012, Scientific American Mind, 5/6, 59-63). B - I non-credenti sono tra 500 e 750 milioni (P. Zuckerman, Atheism, Secularity, and Well-Being: How the Findings of Social Science Counter Negative Stereotypes and Assumptions, 2009, Sociology Compass 3/6, 949 971). L ATEISMO e la laicità sono ai minimi livelli nel mondo Arabo (Eller, 2009), che è il meno civilmente evoluto del pianeta. La sola nazione con livello significativo di laicità nel Medio Oriente è Israele; il 37 percento degli israeliani è ateo (non crede all esistenza di dìo) o agnostico (Kedem, 1995) e il 75 3

percento degli israeliani si auto-qualifica non-religioso o comunque privo di qualsiasi orientamento religioso. Un indagine della BBC del 2004 ha rilevato che il 30 percento dei Sud-coreani non credono in dìo, mentre Eungi (2003) riferiva che è il 52 percento che non credono in dìo. Il Giappone è una delle nazioni meno religiose del pianeta (Schneider and Silverman, 2010): il 65 percento della gente non è credente (Norris and Inglehart, 2004; Demerath, 2001). Ateismo e laicità sono particolarmente diffusi in Europa (Bruce, 2002; Brown, 2001; Hayes, 2000; Zuckerman, 2008; Grotenhuis and Scheepers, 2001; Gil et al., 1998; Shand, 1998). Ronald Inglehart et al. (2004) dicono che il 61 percento dei Cechi, il 49 percento degli Estoni, il 45 percento degli Sloveni, il 34 percento dei Bulgari, e il 31 percento dei Norvegesi non crede in dìo. Secondo il Rapporto dell Eurobarometer (2005) il 33 percento dei Francesi, il 27 percento degli Olandesi, il 27 percent of Belgi, il 25 percento dei Tedeschi, e il 20 percento degli Inglesi NON credono in dìo e in nessun altro grande spirito. Solo il 51 percento dei Danesi e il 26 percento degli Svedesi crede in un dìo personale (Bondeson, 2003) e circa la metà degli Svedesi tutti sono decisamente laici (Ahlin 2005). Sempre l indagine della BBC del 2004 ha rilevato che il 24 percento dei Russi non crede in dìo (Inglehart et al., 2004, riferiscono che è il 30 percento dei Russi ad essere ateo). Quanto al Nord America, il 28 percento dei Canadesi sono laicisti (Guth and Fraser, 2001), e il 19-23 percento non credenti (Bibby, 2002; Altemeyer, 2009). Negli Stati Uniti, l ateismo e la laicità sono aumentate negli ultimi decenni (Kosmin and Keysar, 2009; Paul, 2009; Phillips, 2007; Gallup Poll, 2005a; Hout and Fischer, 2002; Condran and Tamney, 1985). Kosmin and Keysar (2009) riferiscono che circa il 12 percento degli statunitensi è ateo o agnostico, il 15 percento degli Americani sceglie per nessuna quando si chiede loro a che religione appartengano e il 16 percento si definisce laico. La Pew Forum Religious Landscape Survey del 2007 indica che il 5 percento degli Americani non crede in dìo, mentre il 16 percento preferisce definirsi non affiliato a nessun credo. Un indagine del 2005 (Baylor Religion Survey) indica che il 4.6 percento degli Americani non crede in nulla che non faccia parte del mondo fisico, il 14.3 percento non crede in dìo, ma in qualcosa di simile ad una forza cosmica indefinita; il 2.8 percento non ha opinioni in merito. Sherkat (2008) riferisce che il 6.5 percento degli Americani è ateo o agnostico; l indagine di Barna del 2007 indica che il 9 percento degli Americani è ateo o agnostico; l indagine di Harris Poll del 2008, indica che il 19 percento degli Americani è ateo o agnostico; questa sarebbe la percentuale più elevata riferita fino ad ora nelle indagini sulla popolazione Americana; quindi tra agnostici, laici e atei, gli americani ammonterebbero ad un valore compreso tra 10 milioni e 47 milioni. 4

C - L ateismo, l agnosticismo e la laicità sono tanto più frequenti quanto più è elevato il livello scolastico delle persone (Baker, 2008; Sherkat, 2008, 2003; Johnson, 1997; Argyle and Beit-Hallahmi, 1975). L abilità matematica e l istruzione scientifica è molto più diffusa nei paesi a maggiore laicità (Lynn, 2001; UNICEF, 2002). Alcuni scienziati ritengono che scienza e religione riguardino legittimamente campi differenti del sapere; altri, ritengono che la scienza sia l unico strumento d indagine delle cose nell universo. Da un indagine condotta dalla Pew Research Center for the People & the Press, è risultato che i membri dell Associazione Americana per l Avanzamento della Scienza (AAAS) sono molto meno religiosi della gente in generale; circa il 51% crede in una qualche forma di divinità (33% credono in dìo, mentre il 18% crede in qualcosa di simile ad uno spirito o potere universale); il 41% degli scienziati ha affermato di non credere in un dìo o una potenza superiore. Laron & Witham (1997, 1998) hanno riscontrato che nei membri dell Accademia nazionale delle Scienze degli USA, solo il 7 percento dichiara di credere in un dìo personale e solo l 8 percento crede all immortalità; Ecklund & Scheitle (2007) riferiscono che i professori delle maggiori Università americane sono molto più frequentemente atei di quanto non sia la popolazione in generale. Nel 1914 lo psicologo svizzeroamericano James Leuba, interrogò un migliaio di scienziati americani sulla questione di dìo. Leuba rilevò che la comunità scientifica era divisa praticamente in parti uguali tra chi credeva in dìo e chi no. Più di 80 anni dopo, Edward Larson, uno storico della scienza all Università della Georgia, ripeté parii pari la stessa inchiesta. Con generale sorpresa, l indagine del 1966 ottenne gli stessi risultati (40% di credenti e 45% di non credenti) (Larson, E.J. and L. Witham, 1998, Leading Scientists Sill Reject God. Nature 394: 313). Nella comunità scientifica, sono più i protestanti (21%) dei cattolici (10%); nella popolazione in generale, vi sono all incirca il 51% di protestanti e il 24% di cattolici. Del 42 percento degli Americani che si definiscono non-religiosi, il 32 percento è ateo e il 42 percento degli agnostici sono laureati/diplomati (Kosmin, 2008; Keysar, 2007). L aver frequentato un College o una scuola superiore o comunque l avere un orientamento culturale sono indici significativi della probabilità di abbandonare la religione in una fase successiva della vita (Beit- Hallahmi, 2007; Altemeyer, 2009; Hayes, 2000, 1995a; Sherkat and Ellison, 1991; McAllister, 1998; Altemeyer and Hunsberger, 1997; Hadaway and Roof, 1988). Per quanto concerne la connessione tra livello educativo intellettuale e laicità, studi recenti mostrano che le persone laiche ottengono valutazioni molto superiori nell abilità e nella sofisticazione verbale a quelle delle persone religiose (Sherkat 2006), e conseguono indici di profitto scientifico molto superiori a quelli della gente religiosa (Sherkat, 2009). 5

D - C è la tendenza a ritenere che chi non crede in dìo non creda in nulla; ed anche che la persona senza religione non sia portatrice di valori morali o di nessun genere. Tale assunzione è del tutto priva di verità. Numerosi studi hanno rilevato che gli atei e in generale i laici sono portatori di forti valori morali e sociali. E soprattutto, se paragoniamo i valori etico/morali e sociali di atei e laici rispetto a quelli delle persone religiose, si scopre che gli atei sono meno nazionalisti, hanno meno pregiudizi, sono meno anti-semiti, meno razzisti, meno dogmatici, meno etnocentrici, con minori chiusure mentali e meno autoritari (Greeley and Hout, 2006; Sider, 2005; Altemeyer, 2003, 2009; Jackson and Hunsberger, 1999; Wulff, 1991; Altemeyer and Hunsberger, 1992, 1997; Beit-Hallahmi, 2007; Beit-Hallahmi and Argyle, 1997; Batson et al., 1993; Argyle, 2000). Gli atei e i laici sono generalmente più favorevoli all uguaglianza dei sessi e ai diritti delle donne, (Hayes, 1995) e comunque molto più delle persone religiose. Al confronto con le persone religiose, quelle atee o laiche sono molto più tolleranti verso l omosessualità, i diritti dei gay e il matrimonio omosessuale (Sherkat et al., 2007; Burdette et al., 2005; Lewis, 2003; Loftus, 2001; Roof and McKinney, 1987); sono molto meno omofobici, e sono privi di tendenze antiomosessuali (Altemeyer, 2009; Rowatt et al., 2006; Schulte and Battle, 2004; Aubyn et al., 1999; VanderStoep and Green, 1988; Kunkel and Temple, 1992). Harris & Poll (2004) hanno riscontrato che l 84 percento degli Americani non religiosi sostiene le ricerche sulle cellule staminali, mentre solo il 55 percento delle persone molto religiose condividono questo atteggiamento. Come ha riscontrato Lynn Nelson (1988), le persone non-religiose hanno un senso della giustizia sociale più spiccato di quelle che vanno a messa la domenica. Le Nazioni nelle quali le libertà politiche e civili sono più rispettate, sono quelle a maggiore secolarizzazione (Nationmaster, 2009). E La popolazione carceraria è costituita più frequentemente da atei / agnostici, o religiosi? Se la religione, la preghiera o la credenza in dìo impedissero i comportamenti criminali, mentre laicismo e ateismo favorissero l illegalità, ci si dovrebbe attendere che le nazioni più religiose avessero meno assassinii e quelle meno religiose ne avessero di più. Al contrario, la frequenza di omicidi è inferiore nelle nazioni più laiche, mentre è più elevata in quelle più religiose, nelle quali la credenza in dio è più diffusa e radicata (Jensen, 2006; Paul, 2005; Fajnzylber et al., 2002; Fox and Levin, 2000). Le prigioni americane non sono affatto ripiene di atei; ma al contrario (Golumbaski, 1997), solo lo 0.2 percento dei prigionieri negli USA sono atei, e sono il gruppo sociale meno rappresentato. Tra gli Stati Americani, quelli con un maggior numero di omicidi 6

sono tendenzialmente più religiosi come la Luisiana e l Alabama mentre sono meno numerosi / frequenti negli Stati meno religiosi come il Vermont e l Oregon (Ellison et al., 2003; Death Penalty Information Center, 2008). Inoltre, pur con le inevitabili eccezioni, la frequenza dei crimini più violenti tende ad essere minore negli Stati meno religiosi e superiore in quelli più religiosi (United States Census Bureau, 2006). Infine, delle 50 città meno pericolose del mondo, quasi tutte sono in Paesi poco religiosi; e delle otto città degli States meno pericolose, quasi tutte sono negli Stati con minore diffusione della religiosità (Mercer Survey, 2008). Nelle democrazie più laiche al mondo, il livello di benessere e felicità è più elevato (Kamenev, 2006) e la frequenza di crimini e omicidi è tra le meno elevate (Paul, 2005). In più, stando al recente United Nations World Development Report, si apprende che quanto all aspettativa di vita, la mortalità infantile, l eguaglianza economica, la competitività economica, le condizioni di salute, lo standard di vita, l educazione, la cultura, sono le democrazie meno religiose a prevalere in quantità e qualità, rispetto a quelle più religiose (Zuckerman, 2008; Norris and Inglehart, 2004; Bruce, 2003). Si consideri l eguaglianza dei sessi e i diritti delle donne: sono molto più rispettati e tutelati nei Paesi a maggiore diffusione della laicità (Ingelhart et al., 2003; Inglehart and Norris, 2003). Un rapporto recente dell UNICEF (2007) indica che nelle nazioni meno religiose del pianeta come l Olanda e la Svezia - le condizioni generali e il benessere dell infanzia è il più elevato. I dieci Paesi nei quali le condizioni della maternità sono più soddisfacenti, sono tutti a maggiore laicità; quelli nei quali lo sono meno, sono tutti a maggiore religiosità (Save the Children, 2008). I Paesi nei quali la corruzione è meno diffusa, sono quelli a maggiore laicità (Beit-Hallahmi, 2009). I livelli di intolleranza raziale e delle minoranze etniche sono meno elevati nei paesi meno religiosi e più elevati in quelli più religiosi (Gallup Poll, 2009). Per quanto attiene ai suicidi, sono meno frequenti negli Stati Americani nei quali la religiosità delle comunità è maggiore (Comstock and Partridge, 1972; Stack and Wasserman, 1992; Martin, 1984). Delle dieci Nazioni nelle quali la frequenza dei suicidi è maggiore, la maggior parte è relativamente a prevalenza laica (World Health Organization, 2003). Da notare però, che otto di questi dieci sono Paesi ex-sovietici, e quindi con caratteristiche socio-economico-culturali molto particolari, e devianti la norma occidentale. Allo stesso modo, le Nazioni governate da dittature come il Cile di Pinochet, Haiti con Duvalier, la Spagna con Franco, o l attuale Iran sono particolarmente deficienti in relazione al rispetto dei diritti civili e umani (un Paese civile ritiene che.. l indipendenza 7

dell individuo è di diritto, assoluta. Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l individuo è sovrano., J.S. Mills, 1869). F - In accordo con il Legatum Prosperity Index (2009), le nazioni più laiche sono molto più prospere di quelle più religiose. Secondo l Economist s Quality of Life Index (2005), che prende in considerazione diversi indicatori di benessere soggettivo (SWB), come determinanti della qualità della vita, le migliori nazioni al mondo sono di gran lunga quelle più secolarizzate, mentre quelle a maggiore religiosità sono tra le peggiori. Gli Stati degli Usa con la maggiore povertà sono tra i più religiosi, come Mississippi e Tennessee; mentre quelli meno poveri sono quelli a maggiore diffusione della laicità, come il New Hampshire e le Hawaii (United States Census Bureau, 2008). Gli Stati a maggiore diffusione dell obesità sono quelli più religiosi (Calorielab.com, 2008). Sono gli Stati più religiosi, quelli nei quali la mortalità infantile tende ad essere più elevata della media nazionale. Mentre è in quelli meno religiosi che è tendenzialmente meno elevata (United States Census Bureau, 2005). E negli Stati più religiosi che la diffusione delle malattie sessuali è più elevata (Sexually Transmitted Disease Surveillance, 2007), così come la gravidanza giovanile (Guttmacher Institute, 2006). Nell America del Bible Belt l educazione scolastica superiore è la meno diffusa tra gli adulti, mentre le più elevate percentuali di adulti con istruzione superiore si riscontrano negli Stati più secolarizzati (United States Census Bureau, 2007). Con molta evidenza si può sostenere dunque che la preponderanza della fede religiosa in una popolazione non è necessariamente benefica; così come la densità di atei e laici non è necessariamente deleteria. La correlazione tra le diverse situazioni socio-culturali, non comporta necessariamente un rapporto di causa<>effetto, come ben noto. Ma mentre l ateismo e la laicità non determinano una diminuzione del benessere generale delle popolazioni, si deve necessariamente rilevare che diversi parametri socio-culturali negativi, deteriori, sono apparentemente associati alla religiosità. Allo stesso tempo, è evidente che ad una maggiore diffusione dell ateismo e della laicità, corrispondono in generale un maggiore livello di istruzione, minori livelli di pregiudizio, etnocentrismo, razzismo, omofobia, maggiore sostegno all eguaglianza dei sessi, ecc. Pur con l importante eccezione della frequenza di suicidi, i Paesi con la più elevata diffusione della laicità sono socialmente più avanzati. Insomma, pare proprio che la religiosità ostacoli lo sviluppo culturale e civile della società. 8

(vency) 9