LA RAZZA RENDENA IN ITALIA



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LA RAZZA RENDENA IN ITALIA Bertoja Gianluca, Ministero della Salute, U.V.A.C. Veneto, Verona Moranda Manuel Introduzione 1- CENNI STORICI 1.1 Le origini Le origini della razza Rendena vanno collegate alla vicissitudini delle popolazioni della Val Rendena e delle Giudicarie. L allevamento bovino nella zona risale a periodi antichissimi basti pensare che le prime documentazioni sul tipo di bovini allevati sono datate all inizio del 1700. Sono anni in cui varie epidemie, tra cui la peste, si sovrappongono con le loro devastazioni alle guerre e alle carestie, provocando enormi difficoltà alla vita e alla economia delle popolazioni locali già povere di per sé. 1.2 Le prime importazioni Accanto alle epidemie che aggredivano l uomo, altre falcidiavano il bestiame per cui gli abitanti, al fine di ricostruire i propri armenti, erano periodicamente costretti ad importare bovini da altre regioni. Nel 1712 si sarebbe verificata la prima consistente importazione documentata di bovini in Val Rendena; il bestiame venne acquistato prevalentemente in alcune vallate svizzere. Non si trattò di una importazione di bovini bruni, bensì di soggetti riferibili ad uno dei tipi di bovini allora allevati nella Svizzera meridionale, scelti probabilmente dagli allevatori rendenesi per una certa affinità con le caratteristiche del loro bestiame indigeno. Documenti del tempo confermano che all epoca della prima importazione in Val Rendena, e per molti anni ancora, i bovini della Svizzera meridionale presentavano mantelli di diverso colore, prevalentemente uniformi, a pelo liscio, castani, rossi, grigi, neri. La taglia era ridotta, la pelle fine; le corna bianche alla base, nere in punta e ben arcuate; buona era la loro produzione di latte. È questo uno standard completamente diverso da quello del bestiame svizzero degli inizi del 1900, quando l indirizzo selettivo era mai orientato verso animali più pesanti e caratterizzati da ossatura grossolana e da un mantello sorcino chiaro; sono questi i bovini dei cantoni di Zug, Schwiz e della Abbazia di Einsiedeln, culla della razza Bruna Alpina. 1

È probabile che i soggetti importati dalla Svizzera abbiano assunto un ruolo importante nella formazione della razza Rendena. Ma ciò è di scarsa rilevanza in quanto il bestiame importato si fuse armonicamente, per affinità di tipo e di caratteristiche produttive, con il bestiame indigeno, presente da secoli nelle vallate del Trentino occidentale. Le importazioni di bovini dalla Svizzera devono avere avuto termine prima della fine del 1700, essendo venuta meno la necessità di ricorrere ad ulteriori ripopolamenti. Il lavoro continua sul sito web del progresso veterinario 1.3 Il consolidamento dell allevamento Documenti del tempo confermano che le epidemie del bestiame si erano arrestate intorno al 1740 e che a tale periodo aveva fatto seguito un epoca di relativo benessere e tranquillità, durante la quale le popolazioni delle Giudicarie e della Val Rendena poterono riprendere le loro attività di allevamento e di commercio del bestiame con la pianura, in particolare con la Lombardia. È possibile che anche altri bovini siano stati importati successivamente, ma è comunque certo che il loro numero è andato sempre più riducendosi. La razza Rendena è il prodotto di incrocio e successivo meticciamento fra bovini a corna corte con il tipo primitivo o più razze primitive, influenzato più tardi anche dalle popolazioni bovine allevate nelle contermini valli della montagna lombarda e dello stesso Trentino Alto Adige. Nella seconda metà del 1700 c è stata la formazione di meticci tra la razza Rendena, la grigia della Val di Sole, della Val di Non e della Val d Adige e la pezzata di Rabbi della valle omonima. Quest incroci che devono avere avuto una certa consistenza, tanto da influenzare negativamente il fiorente commercio con la pianura, e da ridurre la produttività della razza Rendena. I pericoli verso i quali stava andando incontro la razza stimolarono gli allevatori più preparati ad assumere iniziative che possono essere considerate una vera premessa alla realizzazione di un primo programma di selezione. Vennero infatti organizzate mostre di torelli dell età di dieci mesi tra i quali venivano scelti i migliori, per conformazione e caratteristiche razziali, per essere destinati alla riproduzione. I Consorzi di monta e i comuni cominciarono nel frattempo a gestire le stazioni di monta e a controllare la riproduzione vietando l uso di tori giudicati non idonei. Il tipo di bovino selezionato in Val Rendena per più di un secolo era un soggetto a duplice attitudine, di taglia piccola, gentile, molto vivace, nevrile, a mantello uniforme di colore castano o castano scuro, ed è stato successivamente definito come razza Bruna delle Giudicarie o razza Rendena. Questo indirizzo selettivo era diverso da quello attuato successivamente nella Svizzera sulla razza Bruna, orientato invece verso la triplice attitudine. Pur avendo avuto origine in aree contermini, la diversa selezione praticata per più di due secoli, le differenti influenze ambientali e l insanguamento con altre popolazioni 2

hanno quindi dato luogo a due tipi di bovini, il bruno e il rendeno, nettamente diversi. 1.4 Le evoluzioni recenti Dopo più di un secolo di relativa stabilità, le vicissitudini politiche, belliche, economiche e sociali degli ultimi cento anni hanno rappresentato il fattore condizionante del periodo più importante e, ad un tempo, più delicato della storia della razza Rendena. 1.5 La fine del 1800 È questo il periodo più costruttivo per lo sviluppo e la diffusione della razza Rendena. Oltre che nella valle di origine, la razza si affermò nella parte meridionale ed occidentale del Trentino per varcare poi i confini tra l Impero Austro-Ungarico ed il Regno d Italia e stabilirsi nelle prealpi orientali bresciane (Val Sabbia), in quelle veronesi e nell altopiano dei Sette Comuni (Vicenza) La maggiore disponibilità di foraggi della pianura ne esaltò le produzioni di latte e così la Rendena si impose anche nell alta pianura bresciana e nelle fertili zone irrigue della pianura veneta a nord di Vicenza e di Padova, lungo il corso del fiume Brenta. Sono di questo periodo gli studi, le indagini ed i rilevamenti di Kaltenegger e Perini, che stabilirono con precisione lo standard della razza e ne descrissero il tipo e le caratteristiche biometriche, morfologiche e produttive con estrema dovizia di dati. L almanacco Agrario di Trento del 1883 qualificò questa razza come distinta da latte. In questo periodo si cominciò ad affermare il principio della scelta dei migliori soggetti maschi da impiegare nelle stazioni di monta e le iniziative in tal senso dei privati trovano sostegno in cospicui finanziamenti dell Ente Pubblico. È dal 1896 una legge provinciale del Tirolo italiano (come allora si chiamava il Trentino) sulle stazioni di monta che coinvolse nella gestione, oltre agli allevatori, i comuni ed altri enti, al fine di assicurare un loro migliore funzionamento. Si istituirono, sempre alla fine del 1800, mutue contro gli infortuni degli animali: fu questo il primo passo verso la costituzione della Società di Allevamento, che si formarono qualche anno più tardi. Nella Val Rendena e nelle Giudicarie la razza raggiunse una consistenza valutata in più di sedicimila capi. L indirizzo produttivo si basava sulla produzione di latte e sull allevamento di giovani animali da rimonta che venivano esportati verso altre aree di allevamento del regno d Italia. Il commercio interessava infatti quasi 2000 capi all anno, soprattutto giovenche gravide di 2 o 3 anni, ed ora orientato verso numerose provincie: Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Bergamo, Udine, Genova, Cremona, Firenze e Roma. 3

Ma fu in particolare nelle province di Vicenza, Padova, Verona e Brescia che la Rendena continuò a diffondersi diventandone la razza numericamente più importante. All avvento del ventesimo secolo la razza Rendena si presentava saldamente affermata in una vasta area nella quale si evidenziavano due zone distinte: la Val Rendena e le Giudicarie, come zona di allevamento in purezza e conseguentemente di rifornimento di giovani riproduttori maschi e femmine e di fattrici adulte. La seconda, come zona di sfruttamento, costituita dalle prealpi e dalla pianura con allevamenti dediti alla produzione di latte e di vitelli da carne. 1.6 Gli inizi del 1900 e la Grande Guerra Proprio agli inizi del nuovo secolo, nel momento della sua massima espansione e specie nella stessa zona di origine, la razza Rendena andò in contro ad un periodo di crisi. Le cause possono essere individuate soprattutto nell alimentazione inadeguata, nell accoppiamento eccessivamente precoce, nel parziale meticciamento con altre razze e nella forte corrente di esportazione che portava via dagli allevamenti della zona di origine i capi migliori. La crisi investì meno gli allevatori di bovine Rendene della pianura Veneta, perché qui l alimentazione era migliore e perché continuava la tradizione di rifornirsi dei migliori capi acquistati nelle aree di origine della razza. Nel 1907 il Consiglio Provinciale dell Agricoltura di Trento predispose un programma in base al quale, per ovviare alla degradazione, soprattutto morfologica, dalla razza, venne predisposto l incrocio di insanguamento con tori di razza Bruna Alpina. Il piano prevedeva di impiegare pochi tori bruni, scelti accuratamente, e di utilizzare successivamente alcuni loro figli, tra i più forti, sviluppati e corretti, per ritornare infine il più rapidamente possibile all impiego di tori indigeni. Vennero allora importati alcuni tori Bruni Alpini, ponendo attenzione a scegliere i soggetti più compatibili con i caratteri originari della razza autoctona e specialmente con l accentuata attitudine alla produzione del latte. I primi tori bruni arrivarono in Val Rendena dalla Svizzera nel 1908; la loro qualità fu giudicata buona e la discendenza risultò discreta. Nel 1909 si importarono invece alcuni tori bruni del Voralberg austriaco. I risultati furono decisamente più negativi e solo la concessione di cospicui premi e sovvenzioni evitò il fallimento completo dell iniziativa. Il programma non diede comunque i risultati sperati. I prodotti ottenuti dall incrocio non soddisfecero gli allevatori, che cominciarono ad osteggiare apertamente l iniziativa, né i responsabili ufficiali della politica zootecnica i quali presero allora una decisione estremamente negativa per il futuro della razza. Nel 1910 l ufficio dell Ispettore Zootecnico, di cui era titolare Mario Muratori, modificò radicalmente il programma e, contro la volontà degli allevatori ed il parere di numerosi tecnici che conoscevano a fondo le caratteristiche della razza Rendena e del suo ambiente di 4

allevamento ed utilizzazione, decretò non più l insanguamento ma l eliminazione della razza Rendena attraverso l incrocio di sostituzione con la Bruna Alpina. Oltre all importazione ed all impiego di nuovi tori Bruni, ufficialmente vennero destinati alla riproduzione solo i figli di tori Bruni e vacche Rendene che manifestavano prevalenti i caratteri morfologici della razza Bruna, per conseguire questo obbiettivo tutti gli incentivi finanziari vennero riservati ai soggetti manifestamente svizzeri. Se il programma predisposto dal Muratori fosse stato attuato e fossero state rispettate le sue direttive, non si sarebbe più parlato della razza Rendena, perlomeno nella sua provincia di origine, già prima dell inizio del conflitto mondiale del 15-18. In favore della sopravvivenza della razza giocarono i risultati ritenuti negativi dei soggetti meticci. Gli allevatori, specie nel cuore della Val Rendena, continuarono infatti ad allevare in purezza i loro bovini che, pur con tutti i loro difetti morfologici, garantivano buone produzioni di latte e di carne. Nel 1911 essi costituirono la federazione tra le Società di Allevamento di bovini di razza Rendena che si erano andate costituendo negli anni precedenti, con l obbiettivo della valutazione degli animali, dell acquisto dei tori, e delle prove dirette sulla rendita dei capi allevati (controlli), in definitiva con lo scopo della salvaguardia della razza. La Grande Guerra fece il resto rendendo praticamente inoperante il programma ufficiale di sostituzione della razza. L aspetto più importante di tale vicenda fu che, a causa di questi contrasti, l obbiettivo di porre rimedio ai difetti morfologici della razza con l impiego di tori di razza Bruna fallì. Il Muratori continuò a sostenere le sue posizioni fin che rimase nel Trentino (e anche nei vari incarichi successivi). Oggi, a distanza di tempo e alla luce delle attuali conoscenze, è possibile attribuire al Muratori due grossolani errori: nel considerare che la bruna fosse la razza originaria perfezionata, e la Rendena un semplice adattamento ambientale, e nel ritenere possibile l eliminazione dei difetti morfologici della Rendena semplicemente ricorrendo all incrocio di sostituzione, non considerando la grande importanza dei fattori ambientali (igiene, ricoveri, alimentazione, alpeggio e tecniche di allevamento) nel determinare il fenotipo dell animale. Resta comunque il fatto che il programma del Muratori, mentre non risolse i problemi della razza, contribuì a determinare, specie nel periodo delle due guerre mondiali, il calo numerico della Rendena. Se indirettamente la Grande Guerra aveva contribuito alla salvaguardia della razza Rendena, rendendo praticamente inoperante il programma che ne prevedeva l incrocio di sostituzione con la Bruna, aveva però provocato una grave falcidia del patrimonio bovino attraverso le requisizioni e le macellazioni forzate. L area di allevamento e di utilizzazione della Rendena era quasi tutta zona di operazioni belliche Adamello, Pasubio, Altopiano di Asiago, ecc. o di immediate retrovie, da una parte o dall altra del fronte. Alla fine del 1918 nella zona non evacuata del Trentino restava appena il 40% del bestiame e altrettanto impoveriti risultavano anche gli allevamenti della pianura. 5

1.7 Il Ventennio e la Seconda Guerra Mondiale Nel primo dopoguerra, ricostituito con soggetti di varia provenienza il patrimonio bovino, ripresero le attività di miglioramento, si ricostituirono le Società di Allevamento e, dove erano già stati avviati, ripresero anche i controlli delle produzioni e della riproduzione e l attività di selezione. Nel 1927 iniziarono ufficialmente i primi controlli funzionali della produttività del latte delle bovine di razza Rendena ad opera della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Trento. Fu in questo periodo che il dirigismo economico divenne anche dirigismo zootecnico, mediante l emanazione di importanti leggi e decreti che condizionarono il futuro della razza Rendena. La legge 21/6/1925 n 1162 venne a sostituire quella del 1908 della legislazione italiana e quella del 1896 della legislazione austriaca e, con la riunificazione del Trentino Alto Adige all Italia, tutta l area di allevamento della razza Rendena venne così assoggettata ad un unica normativa. Ancora più importante fu la legge sulla produzione zootecnica del 20/6/1929, n 1366 cui fecero seguito il Decreto Legge 15 giugno 1931, n 118, e più tardi il D.L. del 27/5/1940, n 687. Il censimento del 1930 mise in evidenza che in tale periodo il patrimonio bovino era ritornato alla consistenza dell anteguerra, ma che contemporaneamente permaneva un grande disordine zootecnico. Questa situazione costituì la premessa del Convegno di Padova del 1931 durante il quale vennero stabilite le direttive per lo sviluppo ed il miglioramento del patrimonio delle Tre Venezie. La situazione della razza Rendena, ad eccezione della consistenza numerica, continuava però ad essere quella degli ultimi anni dell antiguerra. Da una parte si trovavano gli allevatori e numerosi tecnici che ne sostenevano l allevamento in purezza e la diffusione, dall altra la zootecnia ufficiale che intendeva proseguire nel processo della sua eliminazione attraverso l incrocio di sostituzione con la razza Bruna Alpina. Il Convegno di Padova recepì le tesi del Muratori, confermando tali direttive anche per le aree venete di allevamento della razza Rendena e decretando l eliminazione di tutte le razze autoctone. La legge n1366 del1929, recepita successivamente nei regolamenti provinciali, vietò infatti l uso di tori non approvati dalle Commissioni Zootecniche Provinciali e stanziò premi e contributi che vennero indirizzati alla diffusione della razza Bruna Alpina. Della Rendena non si parlò più. Gli Ispettori Provinciali dell Agricoltura provvedevano alla diffusione delle direttive predisponendo programmi che favorivano gli allevatori che seguivano i nuovi indirizzi e penalizzavano quelli che continuavano ad allevare le vecchie razze, delle quali era stata decisa l eliminazione. L allevamento della Rendena non poté non risentire di questa situazione. Conseguentemente l espansione della razza terminò bruscamente e si ridusse il numero delle aziende che le allevavano. 6

La politica zootecnica rigidamente dirigista non riuscì comunque a modificare le convinzioni di molti allevatori che, confortati dai risultati positivi del loro bestiame, continuarono a sostenere la razza Rendena e ad opporsi alle direttive ufficiali. Di conseguenza, in deroga a quanto sancito nel congresso di Padova, vennero fatte delle concessioni: si tollerarono nuclei di allevamento di Rendena e l impiego di Tori di tale razza. Nella Val Rendena e nelle Giudicarie venne allora ripreso l allevamento in purezza con tori che corrispondevano allo standard tipico della razza e le concessioni, salvo qualche eccezione, vennero rinnovate. Nel frattempo la pianura cominciò nuovamente a rifornirsi di soggetti puri dalle vallate trentine. Per la Rendena fu questo un fatto altamente positivo poiché, arrestata l immissione di sangue Bruno, iniziò l eliminazione dei soggetti meticci ed il recupero delle caratteristiche genetiche, morfologiche e produttive della razza. Nonostante i positivi risultati tecnico- economici, la volontà degli allevatori di mantenere e migliorare la loro razza e la dimostrazione della validità delle deroghe concesse, nel Convegno di Merano del 1942, realizzato con il preciso scopo di aggiornare le direttive del Convegno di Padova del 1931, venne nuovamente sancita l eliminazione della razza Rendena ed il suo assorbimento da parte della razza Bruna Alpina con revoca delle concessioni fino ad allora fatte. Quella di Merano fu una decisione che determinò un ulteriore calo numerico della razza e una contrazione nell area di allevamento. Come la precedente, anche la Seconda Guerra Mondiale frenò l applicazione delle direttive ufficiali: fino al 1943 per il rallentamento dei finanziamenti in favore delle altre razze e dopo il 1943, con l occupazione tedesca, per il rallentamento quasi totale di ogni attività promozionale e di controllo. 1.8 Il Dopoguerra e la Ripresa Economica Come alla fine della Grande Guerra, così al termine del secondo conflitto mondiale il patrimonio zootecnico, ed in particolare quello bovino, si trovò fortemente ridotto di numero ed impoverito qualitativamente. La razza Rendena era comunque ancora notevolmente rappresentata. Nel Trentino l allevamento in purezza interessava sempre la Val Rendena e le Giudicarie e, come zona di sfruttamento, la zona sud della provincia. In provincia di Padova e Vicenza, nelle fertili zone irrigue del Destra Brenta, la razza era saldamente presente. Le prealpi veronesi e vicentine, esclusi l altopiano di Asiago, la Val Sabbia e la provincia di Brescia, contavano ancora migliaia di capi di razza Rendena. Le direttive della zootecnia ufficiale restavano comunque quelle del Convegno di Merano del1942. Anzi, superati gli anni difficili del primo dopoguerra, l azione di sostituzione della razza Rendena si inasprì. Vennero così nuovamente applicati i regolamenti che vietavano l uso di tori non approvati dalle Commissioni Zootecniche Provinciali (furono frequenti i casi di allevatori denunciati per violazione dei regolamenti sulla visita preventiva dei tori). Inoltre vennero concessi contributi e 7

premi solamente per l acquisto ed il mantenimento di riproduttori, maschi e femmina, di altre razze riconosciute. Con l inizio degli anni cinquanta, si verificò comunque una netta differenziazione tra il modo di operare della provincia di Trento e quello delle provincie della pianura lombardo- veneta. Nel Trentino infatti gli allevatori si organizzarono, dal 1947, nella Unione Allevatori di razza Rendena che dieci anni più tardi confluì, assieme alle altre Unioni, nella Federazione Provinciale Allevatori di Trento. Nella zona di origine venne così consentito l uso di tori di razza Rendena ed gli allevatori tornarono ad usufruire delle stesse sovvenzioni concesse per la Bruna Alpina. Anche se l area di allevamento ove si praticava la selezione si era ridotta alla sola Val Rendena ed alla Conca di Tione, funzionava però attivamente il Libro Genealogico e l organizzazione dei controlli funzionali. Venivano inoltre organizzati mercati concorso ed era preclusa ogni possibilità, se non occasionale, di incrocio con la Bruna Alpina. In questi anni la provincia di Trento esportava verso la pianura circa 20000 bovini all anno costituiti essenzialmente da manze e vacche gravide di razze diverse. Il 30 % di tale esportazione era diretto verso il Veneto e circa 2000 capi all anno erano di razza Rendena. Molti allevatori richiedevano infatti bestiame a taglia un po più ridotta, piuttosto esile di conformazione, a mantello castano bruciato e bruno carico, che poteva benissimo essere identificato nel tipo rendeno, con evidenti caratteri di finezza, vivacità e distinzione. Nella zona di origine la razza Rendena, al termine di questo periodo, si trovava praticamente sullo stesso piano delle altre razze anche se la sua area di influenza era più ristretta e la sua diffusione non veniva incoraggiata neanche nelle zone nelle quali in passato era presente e dove diversi allevatori ne avrebbero visto volentieri il ritorno. Ben diversa fu invece la situazione della pianura e delle altre zone di allevamento. In provincia di Brescia la Rendena venne sostituita dalla Bruna in montagna e dalla Frisona in pianura. Anche nella montagna veronese diminuì fortemente la consistenza dei bovini rendeni, perché sostituiti gradualmente dalle due razze cosmopolite; tale sostituzione risultava quasi totale già alla fine degli anni sessanta. Pur diminuendo fortemente come patrimonio, la Rendena non perse invece vitalità nelle province di Padova e Vicenza, dove si consolidarono allevamenti di una certa consistenza che facevano e fanno capo tuttora ad allevamenti appassionati e convinti della qualità della loro razza. A fianco di aziende ove la Rendena era presente più come meticci e derivati ( incroci con Grigia, Bruna, Frisona, ecc.) si evidenziarono stalle nelle quali essa veniva allevata in purezza, mantenendo le tipiche caratteristiche morfologiche e funzionali, e dove godeva nel contempo dei benefici propri delle zone agricole più favorite. La possibilità di ricorrere per l acquisto dei riproduttori, soprattutto maschi, alle aree di origine, dove la razza poteva essere allevata in purezza, costituì un fattore determinante per la sua conservazione e per il suo miglioramento. Si era venuta infatti a creare una situazione paradossale per cui i soggetti rendeni che arrivavano dal Trentino, scortati da certificati genealogici avvallati dagli organi 8

responsabili, come entravano nelle stalle padovane e vicentine diventavano illegali ed esponevano i loro proprietari ai rigori della legge. Diversi allevatori delle province venete ottennero allora la licenza di monta privata per tori di razza Bruna Alpina: il toro bruno approvato veniva però mantenuto inoperante nella stalla, mentre in realtà era il toro rendeno clandestino che copriva le vacche e permetteva la sopravvivenza della razza autoctona. Questa situazione non cambiò negli anni cinquanta e sessanta. Nel 1963 venne infatti emanata la legge n 126 sulla disciplina della riproduzione la quale, pur apportando innovazioni a favore degli allevatori organizzati e della selezione, lasciò le cose praticamente immutate per la razza Rendena. Attraverso l Ispettorato Provinciale dell Agricoltura di Trento, ai sensi dell art. 2 della citata legge n 126, nel 1968 venne però richiesto il riconoscimento del libro Genealogico della razza Rendena. La richiesta non ebbe risposta ma il libro Provinciale continuò a funzionare come prima: praticamente riconosciuto a tutti gli effetti a Trento e solo ai fini della disciplina della riproduzione nelle altre provincie. Fu questo un piccolo passo avanti sulla strada del riconoscimento ufficiale, e della cessazione della discriminazione nei confronti della Rendena e dei suoi allevatori. Tabella relativa al patrimonio bovino delle provincie di Padova, Vicenza, Verona e Trento suddiviso per tipo genetico Anno 1946. Province: Padova Vicenza Verona Trento Totale capi Rendena 13000 50000-18000 81000 Grigia Alpina 72000 60000 - - 132000 Grigia d Adige - - 7000-7000 Bruna Alpina 9000 30000-5000 44000 Burlina 200 4500 - - 4700 Frisona 200 500 - - 700 Pezzata Rossa 600 - - - 600 Meticci brunorendeni - - 103000 54000 157000 Pugliese del Veneto 65000 8000 45000-118000 Meticci vari - 7000 - - 7000 160000 160000 155000 77000 552000 9

2- IL PIENO RICONOSCIMENTO 2.1 Il Libro Genealogico Nazionale È del 6 aprile 1976 la risposta del Ministero dell Agricoltura e Foreste alla motivata richiesta della regione Veneto con la quale si autorizzava l allevamento in purezza della razza Rendena, da effettuarsi sotto il controllo degli organi tecnici regionali. Con questa ultima autorizzazione ministeriale l azione di miglioramento genetico si uniformò su tutta l area di allevamento e di utilizzazione e nel Trentino, nel Veneto, come in tutto il territorio nazionale, gli allevatori poterono mantenere oltre alle femmine anche riproduttori maschi e sottoporre il loro allevamento ai programmi di selezione. Dal 1977, per iniziativa delle Associazioni Provinciali degli Allevatori di Padova, Vicenza e Trento, i contatti, prima limitati quasi alla sola commercializzazione, cominciarono ad estendersi anche ai programmi di miglioramento genetico, e nell anno successivo vennero finalmente istituite le sezioni del Libro Genealogico e vennero iniziati i controlli funzionali anche a Padova e Vicenza. Le due provincie si collegarono quindi, anche per i dati relativi alla razza Rendena, con il centro meccanografico della Associazione Italiana Allevatori a Roma. Tutte le norme e i regolamenti da allora hanno fatto capo al Libro Genealogico di Trento, che non aveva mai cessato di funzionare e che è nel frattempo diventato Libro Genealogico Nazionale. Nel 1979 le sezioni di razza delle Associazioni Allevatori delle tre provincie conclusero la stesura del nuovo regolamento del Libro Genealogico Nazionale della razza Rendena. Tale regolamento, come prescrivono le norme nazionali, venne inviato all Associazione Italiana Allevatori che, nel marzo 1980, lo trasmise al Ministero dell Agricoltura e delle Foreste per la necessaria approvazione. Questa venne concessa il 23 giugno dello stesso anno affidando il Libro Genealogico della razza Rendena all Associazione Italiana Allevatori. In data 5 agosto 1981 venne infine riunitala Commissione Tecnica Centrale (C.T.C.) del Libro Genealogico, segnando così ufficialmente l inizio dell attività di selezione della razza con riconoscimento a livello nazionale. 2.2 L Associazione Nazionale degli Allevatori Successivamente alla approvazione del regolamento del Libro Genealogico Nazionale, venne richiesta l approvazione dell ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEGLI ALLEVATORI DI BOVINI DI RAZZA RENDENA (ANARE) che venne costituita con atto notarile a Borgo Valsugana il 10 febbraio 1981. L ANARE, pur condizionata dalla mancanza quasi totale di mezzi finanziari, cominciò subito ad operare coordinando l attività delle Sezioni di razza delle tre Associazioni Provinciali Allevatori aderenti ed avviando, secondo le deliberazioni 10

della C.T.C. del Libro Genealogico, le prove di progenie dei tori rendeni per la produzione del latte. Il riconoscimento giuridico dell A.N.A.R.E. venne infine sancito con il DPR n 854 del 23/10/1984, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n 347 del 19/12/1984. Ma è solamente con il Decreto Ministeriale del 21 novembre 1986, che modifica l art. 1 del Regolamento del Libro Genealogico, che l associazione poté gestire direttamente il Libro, prima affidato all Associazione Italiana Allevatori. È questo un atto di notevole importanza soprattutto per gli allevatori i quali, dopo un secolo, hanno potuto ritornare arbitri consapevoli della conservazione, della selezione e del futuro della loro razza. La nuova struttura ufficiale degli organi di selezione della razza Rendena e con questa articolazione l A.N.A.R.E. e la C.T.C del L.G. hanno dato nuovo impulso all attività di miglioramento genetico definendo il nuovo piano di selezione, allargando e migliorando le prove di progenie per la produzione del latte, dando avvio al performance test sui torelli Rendeni, adottando, in collaborazione con l A.I.A., la valutazione delle produzioni equivalenti vacca matura Corrette per i fattori ambientali della zona geografica, dell allevamento e dell anno di parto, la valutazione genetica dei tori con metodo B.L.U.P. e realizzando i primi piani di accoppiamenti programmati. 3- L ALLEVAMENTO 3.1 La consistenza La consistenza totale della razza bovina Rendena è riportata nel grafico seguente. Come si vede la razza, diffusasi dalla originaria Val Rendena alle province di Padova, Vicenza e Verona, conta attualmente oltre 13000 capi le quali quasi la metà sono vacche. Nella provincia di origine attualmente è presente meno di un quarto del patrimonio totale di vacche Rendene, mentre le bovine rimanenti sono distribuite nel Veneto centro- occidentale, specie nelle zone della media e alta pianura. In provincia di Padova è allevata quasi la metà della consistenza totale della razza, in provincia di Vicenza un quarto circa mentre nel Veronese è stata rilevata la presenza di alcune centinaia di capi. Ripartizione percentuale del patrimonio totale di vacche di razza Rendena tra le diverse provincie d allevamento 11

50% 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% P a d o v a T r e n t o Accanto a questi soggetti occorre precisare che è stata accertata la presenza di un numero imprecisato di capi Rendeni nelle provincie di Treviso e di Brescia. Nel Veneto, inoltre, sono allevati numerosi meticci, specie con la razza Bruna e con la Frisona, che si attestano sull ordine di alcune migliaia di capi; si consideri a questo proposito che al di fuori della zona di allevamento della razza Rendena vengono utilizzate annualmente circa 2000 dosi di seme di tori Rendeni, prevalentemente per incrocio su vacche da latte delle altre razze. Al libro genealogico sono attualmente iscritti quasi 7000 capi dei quali quasi la metà sono vacche che presentano una ripartizione fra le tre provincie (Verona non ha capi iscritti) non molto diversa da quella del patrimonio totale se non per un incidenza minore di Padova compensata da una più elevata di Trento. Al libro genealogico sono iscritte, infatti, la metà circa delle bovine presenti nelle provincie di pianura ed oltre i tre quarti di quelle del Trentino. Complessivamente il numero di bovine iscritte al libro genealogico e sottoposte ai controlli funzionali è pari al 56% delle vacche Rendene allevate, percentuale che non trova riscontro per nessun altra razza italiana. Tale valore appare decisamente elevato, specie che si considera che, nell insieme di tutte le razze, le bovine controllate rappresentano nel Veneto all incirca il 15% della popolazione totale e che il controllo delle produzioni della razza Rendena ha preso avvio, in questa regione, solo nel 1977. A partire da questa data, infatti, il numero di vacche Rendene controllate è più che raddoppiato, e l A.N.A.RE. è attivamente impegnata a far estendere ulteriormente i controlli funzionali alle restanti Rendene non iscritte. V i c e n z a V e r o n a 3.2 L area di allevamento 12

Come è stato ricordato nel capitolo relativo ai cenni storici, la razza bovina Rendena è saldamente insediata in due aree di allevamento non contigue e nettamente distinte per condizioni geografico-climatiche e per tipologia degli allevamenti: la Val Rendena e la Conca di Tione nel Trentino, culla di origine della razza, e la zona compresa tra Padova, Vicenza, Bassano del Grappa e l Altipiano dei Sette Comuni nel Veneto, zona di diffusione recente della razza. Alcuni allevamenti con bovini Rendeni e derivati si rilevano, come si è detto, anche nella zona prealpina tra Verona e Brescia, nonché nelle provincie di Treviso e Novara. 3.3 Le produzioni foraggiere Per una razza autoctona e strettamente legata al territorio d allevamento come la Rendena assume una notevole importanza l esame delle produzioni foraggere aziendali, dato il ruolo determinante che queste assumono nel razionamento delle bovine di questa razza e nel condizionare li livello produttivo. 3.3.1 La Val Rendena e la Conca di Tione I dati della ripartizione colturale dell area interessata alla razza Rendena sono riportati in tabella e mettono in evidenza la vocazione zootecnica silvo- pastorale della Val Rendena e della Conca di Tione; predomina leggermente il bosco sul pascolo ed assieme rappresentano quasi il 100% della superficie agraria forestale utilizzata. Non esistono infatti altre colture a livello di economia di scambio in quanto i seminativi interessano solo prodotti di reimpiego aziendale. Nella realtà si rileva, rispetto al passato, un aumento delle foreste per la trasformazione a bosco di superfici abbandonata di prato- pascolo di proprietà privata. Va anche evidenziata la diminuzione costante delle aree coltivate nel fondo valle, pianeggiante e fertile, l unico adatto allo sviluppo di una foraggicoltura razionale ed intensiva. Dal punto di vista dell utilizzazione foraggiera, il territorio può essere suddiviso nelle seguenti zone: - pascoli d alpe - prati pascoli di mezza montagna - prati e seminativi di fondo valle I pascoli d alpe interessano le malghe e costituiscono l elemento condizionante l attua le economia zootecnica della Val Rendena. L uso del pascolo alpino consente di conseguire carichi aziendali di bovini non sopportabili con le sole dotazioni di foraggio del fondo valle, ma comporta grossi problemi tecnico- organizzativi cui si aggiungono notevoli impegni finanziari. Le malghe interessano la parte più elevata del territorio al limite superiore del bosco, con pascoli che si sviluppano dai 1700 ai 2300 metri. La stagione di pascolo, piuttosto breve, va dalla seconda decade di giugno alla prima di settembre. 13

I prati pascoli di mezza montagna hanno perso molto della loro importanza quale anello di congiunzione tra le aziende di fondo valle e le malghe. Molti sono stati abbandonati e rimboschiti, altri vengono falciati ed il fieno trasferito a valle; qualcuno viene ancora utilizzato con il pascolo, alla stessa maniera di un tempo. Dai prati di fondo valle si hanno buone produzioni di foraggio, ricco di leguminose e graminacee di qualità. La stagione vegetativa corta non consente che due tagli, raramente tre, ed è questo il più pesante condizionamento ambientale per la foraggicoltura della zona. Da questi prati e da altre superfici destinate alla coltivazione di erbai e di cereali foraggieri si ricavano le scorte invernali. 3.3.2 Il Destra Brenta Padovano e Vicentino L altopiano dei Sette Comuni è un unica e continua distesa di prati permanenti e pochi seminativi vengono utilizzati quasi solo per produzioni di autoconsumo (ortaggi, patate, ecc.). nella collina, accanto al prato permanente, si ha una certa presenza di seminativi che vengono destinati prevalentemente alla coltura di mais. La vite ha una sua presenza che è collegata a produzioni di qualità. Nella pianura del Destra Brenta prevale nettamente il prato stabile polifita avvicendato, ma si riscontra anche una certa superficie a mais destinato sia alla produzione di granella che di ceroso da utilizzare fresco o da insilare. L irrigazione consente produzioni notevoli di foraggio di ottima qualità: quattro tagli oltre a un pascolo autunnale e a volte un quinto taglio rappresenta il normale sfruttamento di queste praterie. La produzione di erba per unità di superficie è, in queste zone, veramente notevole variando fra 800 e 100 q/ha per anno in conseguenza dell elevata specializzazione produttiva delle aziende della zona, delle corrette pratiche colturali adottate e delle abbondanti disponibilità di acqua e concimi. La produzione è di solito ripartita per un terzo circa al primo taglio, un quinto ciascuno al secondo, terzo e quarto taglio e per la quota residua al quinto taglio, che non tutti gli anni e in tutte le aziende viene praticato e che spesso viene sfruttato per mezzo del pascolamento. La produzione di sostanza secca raggiunge così i 135-180 q/ha per anno cui corrispondono elevatissime quantità di proteina (quasi 20 q/ha) e di energia (10000-13000 unità foraggere latte per ettaro e per anno). Una siffatta intensificazione delle produzioni foraggere è ovviamente il presupposto indispensabile all ottenimento degli elevati carichi di bestiame tipici delle aziende della zona. 3.4 Le aziende 3.4.1 Le dimensioni delle aziende e degli allevamenti 14

Nell area del Trentino interessata dall allevamento della Razza Rendena prevale la piccola azienda a conduzione diretto- coltivatrice. Il fondo valle presenta un elevato grado di frazionamento, meno marcata nei prati falciabili di monte, che si manifesta con tutti gli aspetti negativi della frammentazione, della polverizzazione e della dispersione. Le aziende zootecniche sono di ridotte dimensioni e solo un limitato numero di gestioni risulta economicamente autosufficente. Le fasce di dimensioni aziendali più rappresentative sono comprese tra 3-5 e 5-10 Ha. Non sono considerati, in questi valori, i pascoli alpini che concorrono in modo consistente ad integrare la disponibilità foraggiera dell allevamento. Le aziende non hanno generalmente salariati e, per conto, numerose sono le aziende condotte a part- time in quanto i componenti della famiglia sono impiegati in altre attività economiche. Nella pianura Veneta la superficie aziendale appare mediamente superiore che nel Trentino e pari a circa 15 Ha.. tenendo conto della distribuzione degli allevamenti di bovine Rendene in base la numero di capi controllati per allevamento è possibile verificare la consistenza dell unità produttive nelle tre provincie considerate. Mentre infatti in provincia di Padova il 63% delle stalle ospita più di 20 capi, nella provincia di Trento quasi il 90% degli allevamenti è inferiore a tale dimensione. La provincia di Vicenza presenta invece una situazione intermedia essendo in attività diversi grossi allevamenti nella pianura irrigua del Destra Brenta e numerose piccole stalle nella fascia collinare e nell altopiano dei Sette Comuni. La razza Rendena presenta una distribuzione degli allevamenti non molto diversa dalla Bruna, a parte una relativa maggior incidenza delle stalle medie e grandi (superiori a 30 vacche) che assommano al 18 del totale della Rendena contro solamente il 6% della Bruna. La Frisona invece è caratterizzata da una presenza nettamente inferiore di stalle piccole e piccolissime e da una maggior numerosità di quelle medie grandi. A questo punto si deve rammentare che, mentre nel caso della Rendena gli allevamenti iscritti al Libro Genealogico sono la maggior parte di quelli esistenti e quindi i dati riportati possono essere considerati rappresentativi dell intera popolazione, nel caso delle due razza cosmopolite, specie nelle provincie Venete, gli allevamenti iscritti costituiscono l élite della razza, mentre la larga maggioranza delle stalle, che non sono iscritte ai Libri Genealogici, sono caratterizzate da una consistenza aziendale molto più limitata (la media è inferiore alle 10 vacche per allevamento). La ripartizione delle vacche controllate in funzione della consistenza di stalla è ovviamente molto diversa da quella degli allevamenti in quanto, pur poco numerose, le stalle di grosse dimensioni allevano una fetta consistente del patrimoni bovino totale. Bisogna inoltre ricordare che in media il 60% circa delle vacche Rendene e Frisone è allevato in allevamenti superiori a 30 capi, mentre tale incidenza è pari solo al 25% per la razza Bruna. Per la Rendena e, in misura minore, per le altre due razze, la situazione delle provincie di pianura si conferma inoltre diversa da quella del Trentino. Mentre infatti in provincia di Padova e di Vicenza l 85% ed il 57%, rispettivamente, delle vacche sono allevate in stalle con più di 30 capi, a Trento tale valore si abbassa al 28% appena. 15

Il dato della consistenza media per allevamento ha, ovviamente, un significato abbastanza limitato in quanto nel caso delle razze Rendene e Bruna è fortemente influenzato dalla presenza di molti allevamenti di piccolissime dimensioni, che non hanno, in realtà, che un modestissimo peso nella struttura produttiva zootecnica. Escludendo le stalle con un numero di bovine uguali o inferiori a 5 capi, la consistenza media per allevamento delle due razze di origine alpina arriverebbe infatti quasi a raddoppiare. Si può rilevare che con circa 16 vacche per stalla gli allevamenti di Rendena sono intermedi tra quelli di Bruna (11 capi) e quelli di Frisona (26 capi). La consistenza media subisce notevoli variazioni nelle tre provincie: mentre a Trento la media aziendale è molto limitata e quasi uguale per tutte tre le razze, a Vicenza le due razze alpine, pur essendo allevate in stalle di maggiori dimensioni rispetto a Trento, presentano una consistenza media che è circa la metà di quella della Frisona, a Padova, infine, la dimensione media delle stalle di Rendena supera addirittura quella della Frisona ed entrambe sono nettamente superiori alla Bruna. 3.4.2 Le strutture aziendali Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali degli allevamenti, va innanzitutto ricordato che, secondo dati forniti dalle A.P.A. di Padova e Vicenza e dall Associazione Nazionale Allevatori bovini di razza Rendena (A.N.A.RE.), tutte le vacche di razza Rendena vengono allevate a stabulazione fissa. Anche le stalle, circa un terzo, che sono state costruite recentemente prevedono la stabulazione fissa con disposizione degli animali testa a testa, corsia di alimentazione centrale ed asportazione meccanica del letame. Analogamente per quanto osservato per la struttura fondiaria, anche per le caratteristiche dei ricoveri esiste una differenziazione notevole tra la provincia di Trento da un lato e quelle di Padova e Vicenza dall altro. Mentre nella prima la tipologia costruttiva maggiormente diffusa è ancora quella tradizionale con gli animali tenuti groppa a groppa (80% degli allevamenti) nella provincia di pianura le strutture del tipo più moderno sono prevalenti (69% nel padovano e 61% nel vicentino). Un problema ancora trascurato, spesso anche in pianura, rimane quello della stabulazione del giovane bestiame. Sono ancora poche, infatti, le stalle che prevedono box a stabulazione libera per l allevamento della rimonta. Di conseguenza i vitelli allevati a catena, specie nel Trentino, presentano frequentemente alcuni difetti morfologici (insellatura, cinghiatura, vuoto retroscapolare, deformazioni agli arti, ecc.). Negli allevamenti di maggiori dimensioni è diffusa la mungitura meccanica, adottata dalla totalità delle aziende nella provincia di Padova, dal 95% in quella di Vicenza e dal 70% in quella di Trento, mentre quella manuale è ancora praticata in diverse piccole stalle delle zone montane. Anche considerando il tipo di impianto di 16

mungitura si rileva che le attrezzature più moderne sono installate nelle stalle del padovano, con il 65% delle unità che adottano impianti a lattodotto, mentre nelle altre due provincie e particolarmente in quella di Trento sono maggiormente diffusi gli impianti a secchio (78% e 60% rispettivamente). In conclusione appare evidente per gli allevamenti di Rendena uno stretto legame tra superficie aziendale, consistenza dell allevamento e caratteristiche delle stalle e delle attrezzature. Molte aziende della Val Rendena sono ancora a metà strada tra l autoconsumo delle aziende part- time e l impresa zootecnica interessata ad un sempre crescente impiego di mezzi tecnici di produzione e di capitali per le scorte e l anticipazione. La meccanizzazione, anche se ostacolata dalle condizioni ambientali tipiche della montagna, è tuttavia su indici di incremento soddisfacenti ed interessa sia le macchine operatrici, che le attrezzature aziendali (mungitrici, essiccatoi, nastri trasportatori di letame, ecc.). In parallelo vi è una richiesta notevole, non soddisfatta dalle insufficienti disponibilità di mezzi finanziari, sia per quanto riguarda gli investimenti fondiari (realizzazione di nuove stalle e fienili) sia per il credito di esercizio. L altopiano e la collina del Veneto ripetono in parte le condizioni del Trentino, anche se in misura meno accentuata, mentre la pianura si difgferenzia notevolmente. In questa zona, dove le dimensioni aziendali sono più elevate, la meccanizzazione è maggiormente sviluppata e riguarda sia le grandi macchine operatrici, di cui sono dotate tutte le aziende, come le piccole automazioni di stalla. Le strutture fondiarie, per quanto riguarda stalle fienili, sono state rinnovate in quasi tutti gli allevamenti; questi interventi hanno richiesto un notevole impiego di capitali e sono stati sostenuti in parte da interventi pubblici. Il ricorso al credito di esercizio e di conduzione è stato però limitato per la mancanza di stanziamenti adeguati. Ripartizione percentuale degli allevamenti di Rendena secondo la tipologia costruttiva Padova Vicenza Trento Totale Stabulazione Stabulazione fissa: libera Groppa a Testa a Riadattata groppa testa - 27 69 4-34 61 5-80 20 - - 64 34 2 Ripartizione percentuale degli allevamenti di Rendena secondo il tipo di mungitura adottato Mungitura Mungitura meccanica: Manuale Carrello Secchio Lattodotto Sala di mungitura 17

Padova Vicenza Trento - - 35 65-5 - 78 17-30 5 60 5 - Totale 3.5 Tecniche di allevamento 3.5.1 L organizzazione aziendale 21 3 57 19 - Nel Trentino l impresa si è tradizionalmente articolata su tre momenti operativi: il periodo invernale, che viene trascorso in fondo valle dove si registrano le nascite dei vitelli ( da ottobre a dicembre) e dove si realizza il grosso della produzione di latte e la nuova fecondazione delle fattrici ( da dicembre a tutto marzo); il periodo primaverile autunnale nei masi di mezza montagna, ove si utilizzano fieni falciati sul posto l anno prima e si avviano al primo pascolo i giovani animali (da aprile a tutto maggio) e dove si utilizzano i ricacci al ritorno dalla malga (dopo la metà di settembre fino a tutto ottobre); il periodo estivo in malga (da giugno a settembre), mentre in fondovalle e nei masi di mezza montagna si provvede alla preparazione delle scorte di fieno. Tutte le altre attività inerenti all allevamento hanno da sempre ruotato attorno a questo schema, prima fra tutte la stagionatura delle fattrici in modo da realizzare i parti nel periodo autunnale. Attualmente il 50% circa dei parti avvengono per la razza Rendena nei mesi di ottobre e novembre, con una stagionalità più accentuata rispetto alla Bruna e soprattutto alla Frisona (34% e 20% dei parti rispettivamente). Oggi la tecnica di allevamento in Val Rendena si è parzialmente modificata in quanto molti masi di mezza montagna non sono più caricati ed il fieno prodotto viene portato a valle; dalle malghe le mandrie rientrano quindi direttamente alla stalla di fondo valle, tranne qualche rara eccezione. Tra i fatti che hanno provocato tali modifiche ricordiamo: la meccanizzazione che consente trasporti rapidi; la necessità di lavorare il latte in strutture moderne e razionali; le maggiori esigenze sociali degli allevatori ed il crescente benessere generale delle popolazioni rurali. Per la pianura Veneta l alpeggio, anche se oggi in misura minore di un tempo, costituisce ancora uno degli elementi caratterizzanti l organizzazione di molte imprese zootecniche che da giugno a tutto settembre spostano il bestiame rendeno sui pascoli montani. L organizzazione aziendale basata sull alpeggio richiede la stagionalità dei parti, ma per contro assicura un maggior carico di bovini del 30% circa. Le aziende che non si servono più dell alpeggio, o che all alpeggio ci mandano solo il bestiame giovane, non differiscono sostanzialmente, come organizzazione, da 18

quelle che allevano altre razze bovine, salvo che la tendenza alla stagionalità delle monte continua a permanere più per tradizione acquisita che per specifica motivazione tecnica. 3.5.2 L allevamento degli animali L allevamento dei vitelli di razza Rendena non presenta alcuna particolarità. Dopo il periodo colostrale e dopo il primo mese di vita, durante il quale spesso si somministra il latte intero, il vitello viene alimentato per tre- quattro mesi con un sostitutivo del latte. Le piccole aziende, specie in montagna, impiegano più latte intero delle aziende più grandi che sono meglio organizzate per la somministrazione dei succedanei del latte. Lo svezzamento si conclude fra i quattro e cinque mesi d età e non sempre viene effettuato razionalmente. Il passaggio dal latte ai foraggi e ai mangimi viene spesso effettuato senza specifici programmi. Nelle prime settimane di vita i vitelli vengono generalmente legati lungo la corsia di servizio della stalla con tutte le conseguenze negative di carattere funzionale, igienico e sanitario. Nella zona di origine quasi tutte le femmine vengono allevate per la rimonta e solo quelle difettose o non adatte vengono destinate alla produzione di carne; il 10% circa dei maschi viene destinato alla riproduzione mentre tutti gli altri sono allevati per il macello. Nel Veneto si assiste invece ad una consistente vendita di soggetti scolostrati, anche femmine; quelle non vendute vengono tenute in azienda per la rimonta. L alimentazione nella fase post svezzamento è costituita da fieno e da pochi mangimi nel Trentino; da fieno, mais ceroso, mangimi e pascolo nella pianura. In tutte le aziende di montagna e in parte di quelle di pianura le vitelle e le manze vengono inviate all alpeggio. L alimentazione dei vitelloni è quella tipica delle aziende non specializzate e varia soprattutto tra le piccole aziende dove generalmente i piani alimentari sono più lunghi perché di livello nutritivo moderato, e quelle con maggior numero di soggetti dove si adottano regimi alimentari caratterizzati da livelli nutritivi più elevati. L alimentazione delle vacche da latte non differisce da quella delle altre razze allevate nelle stesse condizioni ambientali. Nella zona di montagna e anche in quella collinare prevale l alimentazione con fieno integrato con quantità di mangimi relativamente modeste e pari in media a 2-4 Kg/capo/giorno durante i mesi invernali, mentre in quelli estivi si adotta il pascolo. Nelle aziende di pianura il fieno si alterna con l erba verde dei prati permanenti nella parte irrigua del Destra Brenta, mentre il mais ceroso viene impiegato in alcune aziende non irrigue delle provincie di Padova e Vicenza. L utilizzo del silomais è comunque scarsamente diffuso ed interessa circa il 20 % delle aziende controllate, mentre molti allevatori impiegano, da luglio a settembre, l erbaio rado di mais trinciato e somministrato fresco. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte degli allevamenti conferisce il latte a caseifici che, per la produzione del grana, impongono la non utilizzazione del mais ceroso insilato. 19

I mangimi vengono forniti prevalentemente dall industria ed in minor percentuale riguardano nuclei da aggiungere alle granelle di produzione aziendale. Le quantità somministrate sono superiori a quelle impiegate in montagna e variano dai 3 ai 6 Kg/capo/giorno. 3.5.3 L alpeggio Il pascolo alpino, come si è detto, è pratica che interessa ancora la maggioranza delle aziende che allevano bovini di razza Rendena. Questa pratica trova giustificazione nell elevato adattamento della razza al pascolo, infatti le bovine Rendene si dimostrano dominanti sulle bovine delle altre razze, presentando il minor numero di contese con gli altri animali e la maggiore differenza tra contese vinte e perse. Nella Val Rendena tutti gli allevamenti controllati utilizzano l alpeggio e quasi l 80% delle vacche viene monticato (le vacche che non vanno all alpeggio vengono tenute in azienda per il rifornimento del latte alimentare delle zone di allevamento); anche tutto il bestiame giovane, esclusi i vitelloni, va in malga. Nelle provincie di pianura l alpeggio è meno praticato (58% e 94% delle aziende controllate rispettivamente a Padova e a Vicenza) e molte di queste aziende inviano in malga solo il giovane bestiame (19% e 22% rispettivamente). Un andamento simile caratterizza anche le aziende non iscritte al Libro Genealogico. La gestione delle malghe è associata nella quasi totalità dei casi per la provincia di Trento ed è privata nel Veneto. La differenza è dovuta ai rapporti con la proprietà del pascolo. Infatti gli allevatori del Trentino beneficiano dei diritti di uso civico in base ai quali, attraverso la costituzione di società di alpeggio, possono utilizzare i pascoli alpini pagando canoni relativamente bassi. Nel veneto invece i singoli titolari di aziende rilevano le malghe dell altopiano dei Sette Comuni partecipando ad aste e pagando canoni molto alti. Le mandrie vengono costituite con i bovini di una più aziende, ma anche in quest ultimo caso non costituiscono società di alpeggio. Fa eccezione la malga Novegno, gestita dall Associazione Provinciale Allevatori di Vicenza, che carica giovane bestiame delle varie razze da latte. I costi eccessivamente elevati dell affitto delle malghe non favoriscono la pratica dell alpeggio e costituiscono un fattore negativo che può indurre gli allevatori a rinunciarvi con grave danno per i territori montani, che in tal caso vengono abbandonati e quindi sottoposti ad inevitabile degrado. Il carico delle malghe viene effettuato quasi sempre nel mese di giugno mentre la smonticazione avviene a settembre, con differenze di 15-20 giorni tra le malghe dell Altopino e quelle della Val Rendena, e di 5-10 giorni tra le più alte e le più basse. La monticazione dura pertanto da 90 a 110-120 giorni. Ancora oggi, seguendo una tradizione secolare, alcune aziende del Veneto trasferiscono il bestiame in malga e lo riportano in azienda a piedi. Il personale di malga nel Trentino viene assunto dalle società di alpeggio con contratti forfettari a tempo determinato per il periodo di monticazione. Nelle malghe con solo bestiame giovane ed in asciutta vengono assunti spesso nuclei famigliari che in genere sono costituiti da piccoli allevatori disposti a trasferirsi in montagna. Per 20