crescita negli ultimi tre anni Presenza femminile nelle posizioni top 11,9% ROE in board



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Transcript:

"In più di 40 n< del 15% della ricchezza potenziale per effetto delle discriminazioni contro le donne. Christine Lagardepdirettrice del Fondo Monetariolnternazionale di Anna Cela --. l ':~:::--T-T-"-....... ; :3ffl Com'èjdifficile [lance fii ziarie: dopo la storica ricerca McKinsey del 2007 che dimostrava, dati alla mano, eh le aziende con CdA misti donne/uomini andavano meglio in Borsa di quelle corfith maschili, ne sono uscite molte altre. Eppure cambiare non è facile, le donne ai venia" sono una minoranza, le politiche di inclusione sono appannaggio delle grandi aziende, spesso su input dalla casa madre. Intanto la società cambia e le aziende che vendono a tutti i consumatori dovrebbero adeguarsi. Ancora di più, vien da dire, quelle del largo consumo, che per definizione hanno una base di clienti ampia e diversificata. Così Tim Cook, Ad della mitica Apple, fa coming out. Guido Barilla chiede scusa per una gaffe omofoba e l'azienda promuove politiche di inclusione, tanto da guadagnarsi il punteggio massimo per LGBT Equality nel Corporate Equality Index, il report pubblicato ogni anno da Human Rights Campaign. Le coppie omosessua-

anag li (per ora solo uomini) arrivano in tv con le campagne Findus e Ikea. Gli Oscar 2015 hanno rischiato il boicottaggio perché la giuria non era inclusiva ma rappresentata per lo più da uomini bianchi. Alla SDA Bocconi il Mangement Lab da 10 anni lavora su temi della diversità (di genere, età, o- rientamento sessuale, etnia, disabilità, carichi familiari) in azienda. "Il tema dell'inclusione può essere letto sotto tre profili -spiega Andrea Notarnicola, partner di Newton Management Innovation e autore di "Global Inclusion. Le aziende che cambiano: strategie per innovare e competere"-: quello delle pari opportunità di accesso ai posti di lavoro, il tema della responsabilità sociale dell'azienda che si fa leader di un cambiamento sociale, e un aspetto più attuale, che sta realmente cambiando le cose: quello del vantaggio strategico/competitivo. Che ha due aspetti: il clima interno inclusivo è volto a rimuovere le barriere che impediscono ai dipendenti di sentirsi a proprio agio nel posto di lavoro ed esprimere a pieno il proprio talento. Inoltre, solo un gruppo variegato è in grado di creare una rappresentazione del mondo a cui si va a parlare (e a vendere) mentre i gruppi chiusi di fatto (tutti uomini laureati in economia nella grande università) sovra rappresentano i propri clienti. E faticano a coglierne bisogni e desideri. Ferrerò già negli anni Novanta aveva creato una organizzazione inclusiva mobilitando manager cinesi in azienda per cogliere il polso di un mercato tanto importante". LO Stato dell'arte. Una ricerca Bocconi ha e- videnziato come solo il 21% delle imprese italiane con più di 250 dipendenti adotta pratiche di diversity management. Poche, se si considera che già dieci anni fa in Germania si registrava un tasso di adozione del 39,4% e del 48% nell'unione europea nel suo complesso. Se i dati non bastano, chi da il la a questi cambiamenti? "La leadership del cambiamento è molto legata a storie personali. I casi più noti sono IBM e Apple, fondate da imprenditori affetti da dislessia. Le pmi, in particolare, spesso mancano di una visione inclusiva del capitale umano" dice Notarnicola. Guadagnano posizioni rapidamente in crescita negli ultimi tre anni Sono maggiormente impiegate in Presenza femminile nelle posizioni top 11,9% ROE in board d'impresa soli uomini ' \m\ dati sul totale impiegati per funzioni Amministratrici delegate Operations Responsabile amministrativo Servizi i Norvegia «39,7 /O Svezia 30,3% Francia 29,6% ROE in board d'impresa con donne ijtnin 20,1% V *'* a# \ ^p *- LO c"^ /mm * 0Vr~ CHCNT 00 13 ~ u- _20';>!3

Diversità... differenti aziende sensibili e impegnate nella gestione di temi Valore D forma super-amministratrici F 0 R U 1*1 fi! L '"' -H 0 P U V RLE Convinti che la donna sia costretta a dimostrare le proprie capacità più dei maschi "onte: Valore 0 Presenza diversity manager 10% Orientamento si Convinti che con donne ai vertici la strada sarebbe meno ripida In thè Boardroom è u " formazione voluto d al Vertice per l'azien< (associazione di imp sostenere la leadership femminile in azienda). fie Oanital e studio I inklatsrs. Spiega Claudia Parzani, presidente di Valore D, sposata, tre figlie e unica donna partner in Italia dello studio intemazionale Linklaters, premiata dal Financial Times tra i top ten Innovative Lawyers: "Ci erfjpmo già mosse prima che arrivasse la légge, il corso dura un anno e siamo alla quinta e sesta classe con l'obiettivo di fermare almeno 270 donne. Non che le donne siano meno preparate ai CdA, semplicemente hanno più disponibilità a rimettersi in gioco. Le tante competenze che annuisìscono saranno rimesse in tuazioni nuove e faranno da agli altri manager". Strumenti. Uno dei primi e principali strumenti per lavorare sull'inclusione è la formazione di network interni che esprimano dei bisogni e propongano delle soluzioni: l'ultra 55enne demotivato, la donna in affanno perché i figli sono in vacanza dalla scuola o c'è un genitore anziano da accudire, l'omosessuale che si nasconde o si crea una vita privata fittizia per non avere problemi sono risorse compresse che non riusciranno ad esprimersi al meglio nel posto di lavoro. A tutto danno dell'azienda. Secondo Notarnicola "Sono tantissime le barriere che impediscono a un talento di esprimersi. Le soluzioni? Possono essere in parte organizzative, come quella di evitare di fare riunioni alle 7 di sera, o culturali, per educare gli individui a cambiare i loro atteggiamenti discriminatori". In Italia due associazioni formate da aziende lavorano sull'inclusività aziendale suggerendo linee guida e comportamenti concreti da attivare: Valore D e Parks, che dal 2010 tratta la questione "GLBT" (GayLesbionBixesuakTransgender, ndr). Sono le donne la "minoranza" più numerosa. Lavora il 46,4% delle italiane, tra i tassi più bassi d'europa, una percentuale che crolla salendo nella scala gerarchica aziendale. Eppure non si può parlare di rivoluzione silenziosa. Le donne nei CdA delle aziende quotate italiane sono passate dal 7,4% nel 2011 al 21% del 2014. Questo grazie all'introduzione della legge Golfo-Mosca sulla quota minima del "genere meno rappresentato" nei CdA delle a- ziende quotate in borsa. Qual è allora la situazione sul campo? Mark Up ha intervistato manager ed imprenditrici di aziende del largo consumo che ci hanno raccontato la loro storia e le difficoltà riscontrate. Sono stati qundi individuati alcuni "temi caldi" che vanno considerati come ostacoli alla diffusione della presenza femminile ai vertici aziendali, limitata oggi al 17,5% del top management secondo la ricerca di Credit Suisse 2014 (The CS Gender 3000: Women in Senior Management) (era il 5,5% nel 2010). 14

2015 Susanna Bellandi Global Brand Director di lllycaffè "Più donne ai vertici possono cambiare le regole" Camilla Lineili responsabile della comunicazione e dei rapporti esterni del Gruppo Lunelli "Parità assoluta in famiglia per poter lavorare bene" Susanna Bellandi ha fatto carriera in Young&Rubicam e Future Brand, dove è arrivata al vertice: Ceo per Italia e Francia e presidente Europa. "Non mi sono mai posta il problema del genere, mi sono sempre concentra su ciò che facevo". Due anni fa decide di accettare le proposta di Illy. "Qualche difficoltà c'è stata per il cambio di ruolo e per essere entrata in un board maschile, unica donna su 11. Le dinamiche sono diverse, il gusto del comando, il delegare è tipicamente maschile, come la prova muscolare. Noi donne cerchiamo il risultato, ci sporchiamo le mani nel lavoro quotidiano, facciamo squadra. Per questo non si può avere un team di soli uomini o di sole donne, portiamo contributi diversi. Ho sempre viaggiato, lavoro e famiglia (mio figlio ora ha 25 anni) dovevano convivere. Spero ci siano sempre più donne ai posti di comando perché possono fare la differenza e cambiare le regole. Bisogna tenere duro nei momenti difficili, quando i figli sono piccoli, non mollare perché in azienda portiamo valore". Dopo la laurea in Economia Politica in Bocconi va all'estero. Per due anni è consulente aziendale di tipo strategico con Deloitte Consulting. Poi, la svolta: vince un concorso all'onu e per tre anni si occupa di progetti umanitari in Niger e Uganda. "Anni formativi dal punto di vista personale e professionale", dice Camilla Lunelli, terza generazione alla guida di Cantine Ferrari e prima donna dirigente. "Le donne sono più brave a scuola, si laureano di più e poi hanno uno stipendio più basso degli ex compagni di università. Il problema è la visione maschile della famiglia. Tante mogli brillanti hanno fatto un passo indietro nella carriera per favorire il marito". Lei ha tre figli, qual è la ricetta per conciliare famiglia e lavoro? "La piena condivisione dei ruoli e delle responsabilità con il mio compagno. Poi aiuta il welfare, che qui in Trentino funziona. Certo, i ritmi sono intensi, niente pausa caffè, faccio sfruttare il tempo in azienda al 100%, per essere a casa alle 7 per cena. Poi riprendo a lavorare dalle 9 alle 11 di sera". Vita e lavoro. Orari flessibili e home working sono spesso citati come fattori che favoriscono il tanto agognato work-life balance. "Proprio perché sono consapevole della difficoltà di conciliare la vita privata e quella lavorativa, ho voluto introdurre in L'Oreal la possibilità di lavorare da casa per due giorni al mese. È uno strumento di conciliazione efficace, aiuta a passare da una cultura manageriale basata sul controllo ad una basata sulla fiducia e fa aumentare l'engagement dei collaboratori e, in ultima istanza, la produttività aziendale" dice Cristina Scocchia, Ad L'Oreal Italia. Dall'altro capo dell'oceano nel 2013 è arrivato il contrordine di Merissa Meyer, Ad Yahoo, che ha cancellato il lavoro da remoto perché: "Velocità e qualità sono spesso sacrificate quando lavoriamo da casa". Poi c'è il "vecchio" part time, riservato quasi del tutto alle donne: ne usufruisce un terzo delle lavoratrici italiane, ma: "È uno strumento bello subito dopo la maternità, poi diventa un ostacolo a un percorso di carriera" sintetizza Camilla Lunelli. Tanta comunicazione, poco commerciale. Tra le donne manager molte ricoprono ruoli tradizionalmente "più femminili", come la comunicazione e il marketing. "È difficile trovare donne agenti o al commerciale in prima linea, devi spesso stare fuori 2/3 giorni e la famiglia spesso non lo permette, è un problema sociale" dice Valentina Sabatini. "Tra i nostri 200 agenti le donne sono il 10%, nel marketing siamo quasi tutte donne. Il tema delle trasferte è un ostacolo" ammette Lunelli. Non solo. "Le aziende fanno ancora fatica a dare ruoli di manager line a donne perché sono guidate da uomini" sintetizza Manuela Kron. Un'esigenza femminile. Meritocra/ia. talento e risultato sono i mantra delle donne al top, che chiedono "meritocrazia, non presenzialismo: la dedizione assoluta misurata nel tempo speso in ufficio è e- videntemente una regola fatta dagli uomini" dice Susanna Bellandi.

1 Sara Roletto responsabile Marketing e Comunicazione presso Lenti Rugger "La nonna in azienda il mio role model" Valentina Sabatini manager e responsabile commerciale Olio Costa D'Oro "Organizzarsi e non illudersi di poter essere perfette" "Fin da piccola ho vissuto il mondo dell'azienda. Dopo la laurea in Economia e Commercio volevo però fare esperienza in altre aziende, e ho lavorato in Saiwa/Danone, Autogrill e Diageo. Poi ho studiato per un anno ad Alma, la scuola di cucina di Gualtieri Marchesi. La decisione di entrare nell'azienda di famiglia è maturata negli anni, con la voglia dì mettere in campo ciò che avevo imparato altrove", spiega Sara Roletto dell'azienda piemontese specializzata in prosciutti cotti. "Appena entrata ho fatto un percorso che mi ha portata in tutte le aree aziendali. Il mio 'faro' è mia nonna Giuseppina Alessi, tuttora presidente, per il suo stile, l'attenzione che ha verso tutto ciò che succede in azienda e la bravura nel coordinare tutte le funzioni. Sempre con una grande cura nei rapporti personali. Tra poco avrò un bambino: spero di riuscire ad organizzarmi in modo da lavorare per l'azienda, che è una passione, e seguire la famiglia che sta per nascere. Mi farò aiutare da mio marito". Laureata in legge, sposata, due gemelli, ha preso in mano l'azienda di famiglia a seguito della malattia del padre che l'ha messa davanti a una scelta: chiudere o prendere in mano l'azienda: "Lì è scattato qualcosa, l'ho sentita mia e ho voluto impegnarmi". Secondo Sabatini: "la motivazione e l'aspetto psicologico fanno la differenza nel lavoro". La difficoltà? "Il rapporto con mio padre che è di un'altra generazione e il fatto di dover essere allo stesso tempo figlia e madre, moglie, manager e persona: sono tanti ruoli e manchi sempre in qualcosa, è una continua corsa a voler fare tutto bene, ma non è possibile, bisogna accettare compromessi e stabilire delle priorità. È un problema che gli uomini non hanno. Ma sono convinta che la libertà di una donna passa per il lavoro". Dopo 13 anni al commerciale, dal 2015 è manager: "Sta andando bene ma non credo ai risultati eclatanti, alle azioni non ripetibili, preferisco crescere in modo sano". inne. in media più giovani dei colieohi maschi e molto competenti in vari campi: una bella sferzata promette di colpire (in positivo) istituzioni che finora sono state in mano a uomini agé molto uniformi per classe sociale e formazione. "Soprattutto, non si tratta di un meccanismo sostitutivo. È cruciale che aumenti l'occupazione femminile. Se saranno raggiunti gli obiettivi posti dalla Uè per il 2020 il Pii italiano potrebbe aumentare del 7%. Perché una donna che lavora, crea molti più posti di lavoro di un uomo per coprire quei lavori non pagati cne tradizionalmente sono di sua competenza, dalla cura dei figli alla casa". Formazione anche nelle scuole, Networking e mentorship sono solo alcune delle azioni che Valore D attua "per sostenere lo sviluppo d'impresa e influire sul contesto socio-economico del Paese". Famìglia e SOCietà. Secondo i dati Istat nel 2014 abbiamo segnato un nuovo minimo storico di nascite e il 73% delle donne impiegate in azienda non ha figli. Le top manager sembrano volere pane e rose come direbbe Ken Loach, e raramente rinunciano alla maternità. Il problema di fondo è economico, tanto che una donna su quattro abbandona il lavoro dopo il primo figlio. Per chi mette su famiglia il percorso è a ostacoli, tra pregiudizi delle generazioni dei "padri" da superare, difficoltà a trovare un compagno che accetti un trasferimento per la carriera della moglie o che condivida gli impegni famigliari a metà e la carenza di asili nido e doposcuola certo non aiuta. Questione di Stile? Stile management femminile: sì, no, forse. Al netto delle sfumature molte pensano che esista una sensibilità e uno stile femminile nel "comando". Che ha come punti fissi la condivisione e la capacità di fare squadra. Non è d'accordo 2015 17

2015 Laura Morendo responsabile marketing Morando "La maternità e la diversità come marcia in più anche sul lavoro" Paola Spiezia Direttore commerciale presso Spiezia "Dalla Rai all'azienda, con un commerciale tutto femminile" Dopo la laurea in ingegneria gestionale a 26 anni entra nell'azienda di famiglia, unica donna a livello dirigenziale. "A poco a poco, sono riuscita a conquistare la fiducia di tutti. La nostra è la classica 'family company' fondata da mio nonno Enrico Morando, che ultranovantenne è tuttora in azienda insieme a figli e nipoti. Senza dubbio per una donna che lavora a qualsiasi livello la gestione di lavoro e quotidianità è difficoltosa, lo sono mamma da poco più di un anno e se non avessi un aiuto esterno da parte di una persona fidata non riuscirei a conciliare le due realtà. Però credo che la maternità sia stata utile per sviluppare doti che non pensavo di avere e che ho trasferito anche sul lavoro, come la capacità di motivare gli altri, una maggiore elasticità, fiducia e resistenza allo stress e alla fatica. Credo che la diversità in azienda porti valore aggiunto: noi siamo diversi per formazione, età e genere, si discute ma la decisione finale è una sintesi di punto di vista differenti". "Lavoravo in Rai come giornalista tra Roma e Milano. Sette anni fa mio padre è mancato e sono stata chiamata in azienda, prima donna manager dal 1907", dice Paola Spiezia, 37 anni, due gemelli di 5 anni, laureata in Lettere, quarta generazione in azienda e un compito impegnativo: riposizionare il prodotto puntando sulla qualità e affrontare la separazione dello storico salumificio di San Vitaliano (Na) in due aziende separate divise tra i cugini. "All'inizio mi sono occupata di marketing, poi sono passata al commerciale. Le mie collaboratrici sono tutte donne giovani, scelte per merito. In azienda ci sono tante donne anche in ruoli cruciali come la responsabile qualità. Hanno una marcia in più per determinazione e tenacia. Il mio stile di management non penso sia 'femminile', ma personale sì, sono un'entusiasta, trasmetto positività ai clienti e in azienda: quando raggiungiamo un obiettivo si festeggia, per me è importante creare un senso di appartenenza". "Ho 54 anni e sono dirigente da quando ne avevo 30" esordisce Manuela Kron Manuela Kron, un percorso iniziato con una laurea "sbagliata" in Biologia e proseguito nel marketing operativo, prima in Colgate Palmolive dove è stata prima direttrice vendite donna, poi in Comieco. "Non ho mai avuto problemi prima, ma quando mi sono sposata e ho avuto una bambina ho capito che l'azienda avrebbe scommesso meno su di me. In Nestlé all'inizio ero sola, poi sono arrivate altre donne. Oggi Corporate Affairs Director di Nestlé "Cura dei genitori anziani possibile trappola per le future donne manager" abbiamo tre direttrici di stabilimento, ruolo tipicamente maschile. L'empowerment è fondamentale. Ma non posso dire a mia figlia di 17 anni che i problemi sono risolti. Bisogna impuntarsi, per gli uomini al potere non è facile accettare questi cambiamenti della società. Oggi vedo un'altra trappola per le giovani che vogliono pensare alla propria carriera: gli anziani, sempre più numerosi in una società che invecchia e destinati a pesare sulle future generazioni, donne in primis". Cristina Scocchia: "Ogni persona ha il proprio carattere, che riflette nello stile di leadership. Ci sono persone più assertive e persone più collaborative e ci sono persone, le più efficaci, che sanno alternare l'assertività e la collaborazione a seconda del contesto. Ma sono persone, uomini e donne, senza differenza". Diversa la sensazione di Manuela Kron: "Uomini e donne si comportano in modo diverso, gli uomini per clan, le donne hanno un pensiero circolare, prediligono la comunità. Gli uomini, anche senza volerlo, approfittano del nostro comportamento inclusivo, si aspettano che le donne facciano parte della loro "cordata" e mandino gli stessi segnali, in assepè za dei quali danno per scontato che per loro la carriera sia meno importante. Le donne, dal canto loro, si aspettano che arrivino riconoscimenti secondo un criterio meritocratico che non sempre viene utilizzato: devono, quindi, imparare a chiedere ciò che ritengono di meritare".

2015 Claudia Mazzetti responsabile Commerciale e Marketing, Mazzetti d'altavilla "II punto di vista femminile può rivoluzionare un prodotto" Cristina Scocchia Ad L'Oréal Italia "L'Adda 1.100 milioni di euro: mi hanno aiutato determinazione e resilienza" Claudia Mazzetti, 47 anni, madre di 3 figlie e quinta di sei fratelli rappresenta la sesta generazione di una famiglia che distilla grappa nel Monferrato dal 1846. "Dopo aver studiato lingue a Milano sono entrata in azienda chiamata da mio padre. La mia formazione è maturata dall'esperienza 'sul campo', a contatto con chi produce, chi vende, chi acquista, chi decide, chi organizza. La mia figura di riferimento è stata la nonna paterna, Emilia, che non ebbe mai un incarico dirigenziale ma influenzò con il suo carattere e i suoi consigli l'attività dell'azienda. Era la vera degustatrice delle nostre grappe, e i suoi consigli posero le basi per quella "rivoluzione copernicana" che è stata l'elevazione dell'immagine della Grappa da prodotto rude, aggressivo, 'maschile' a raffinato distillato di tendenza, dal sapore antico ma rinnovato nell'armonia e nel packaging. Un'immagine nuova promossa anche dall'associazione 'Donne della Grappa' che ho fondato e presieduto per 12 anni". Dal 2014 guida L'Oréal Italia, che da noi fattura 1.100 min di euro con 2.000 collaboratori. Come ci è riuscita questa sanremese 40anne, sposata e con un figlio di 5 anni? "Laureata in Economia e Commercio in Bocconi, 16 anni fa sono stata assunta in P&G, mentre frequentavo ancora l'università, Dopo tre anni in Italia, ho avuto l'opportunità di trasferirmi a Ginevra e sviluppare una carriera internazionale tra sviluppo prodotti a livello globale e ruoli di management operativo su mercati maturi ed emergenti. Nel mio ultimo incarico avevo la supervisione, per le marche di mia competenza, di oltre 70 Paesi. Ho avuto momenti difficili e ho dovuto lottare per le cose in cui credevo. Mi ha aiutato avere una buona dose di determinazione e resilienza. Nella vita non si può avere tutto, ma si può provare a conciliare tutto. Non chiedendosi di essere perfetti in ogni occasione, concentrandosi in ogni ruolo su quei momenti che fanno la differenza e cercando di delegare il resto. Non è una ricetta valida per tutti, ma mi ha aiutato molto". QllOte rosa. Antipatiche ma necessaria Un coro quasi all'unisono accoglie la fatidica domanda sulle quote rosa: l'idea non piace, ma sono necessarie per smuovere la situazione. "Ritengo che il talento sia equamente distribuito tra uomini e donne e credo che nessuna azienda possa fare a meno del 50% dei talenti disponibili per pregiudizi di genere. Quindi nel breve termine ben vengano le quote rosa perché danno uno scossone al sistema e ci permettono di recuperare generazioni di ritardo rispetto ad altri Paesi" dice Scocchia. "Sono passata dal non amarle al richiederle anche per le aziende private, concedendo cinque anni per organizzarsi in modo da ave- J re una certa quota di donne nel CdA" spiega Kron. "La legge è stata un immenso acceleratore di un fenomeno che era iniziato, ma che avrebbe impiegato 100 anni a svolgersi - sintetizza Claudia Parzani di Valore D -. Quattro anni fa i consiglieri d'amministrazione erano tutti uomini sui 60/70 anni, oggi la fotografia è completamente diversa. Si è innescato un meccanismo virtuoso con ricadute anche sulle aziende non quotate. Infine, e non è poco, la legge ha portato l'italia in un campo, quello delle pari opportunità, in cui certo non brilliamo". Le SOlliZÌOni. "Il problema principale è la cultura: dobbiamo ancora lavorare e temo non per poco. Sul fronte pubblico, si dovrebbe pensare a un nuovo welfare basato sul diverso ruolo di un individuo nella comunità. Ed è necessario promuovere l'occupazione femminile tramite incentivi fiscali, ma anche garantire una istruzione neutra, fin dalle elementari. Sul fronte privato, sensibilizzare i manager sui te«mi degli stereotipi di genere e indirizzarli ad un approccio inclusivo verso donne, giovani, stranieri, ma anche incentivare modalità di lavoro "agili", da remoto" dice Parzani "è necessario creare nuovi modelli economici sostenibili a supporto dell'individuo, di ogni individuo. Il fatto che sia "diverso" è solo un valore per l'azienda". i~ '