SEZIONE II DELLA VENDITA DEI BENI MOBILI. Articolo 106 Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere*



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SEZIONE II DELLA VENDITA DEI BENI MOBILI Articolo 106 Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere* [1] Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti. [2] Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l'art. 2471 del codice civile. [3] In alternativa alla cessione di cui al primo comma, il curatore può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti. Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO Sommario 1. La cessione dei crediti e delle azioni revocatorie - 2. La cessione delle partecipazioni in società di capitali 1. La cessione dei crediti e delle azioni revocatorie Nonostante la rubrica delia Sezione II, composta dal solo art. 106 1. fall., faccia pensare ad una disciplina generale della vendita dei beni mobili il contenuto dell'art. 106 si riferisce in realtà alla liquidazione di beni caratterizzati da elementi di specialità, che derogano per profili strutturali al regime generale di circolazione dei beni mobili. Non è il caso di soffermarsi troppo sull'imprecisione terminologica del legislatore che colloca poi nella Sezione III intitolata alla vendita dei beni immobili, beni mobili registrati quali navi, galleggianti ed aeromobili (art. 108 bis) e beni immateriali quali marchi, opere dell'ingegno, invenzioni industriali tradizionalmente equiparati ai beni mobili. La norma in commento disciplina la cessione di crediti, delle azioni revocatorie e delle quote di società a responsabilità limitata. * Disciplina precedente: Art. 106. Modalità della vendita dei beni mobili [1] Per i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative, sentito, ove occorra, uno stimatore. [2] In caso di necessità o di utilità evidente può autorizzare la vendita in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo speciali misure di pubblicità.

Conviene analizzare separatamente tali fattispecie. Colmando una lacuna 1 della precedente disciplina, l'art. 106 1. fall, comprende espressamente nella liquidazione dell'attivo l'alienazione dei crediti, compresi i crediti futuri e quelli contestati, prevedendo in alternativa la stipula da parte del curatore di un mandato alla riscossione. Tale disposizione, secondo il già menzionato rapporto di subalternità della liquidazione atomistica rispetto al prioritario criterio della cessione unitaria del complesso aziendale, ha peraltro carattere residuale, in quanto nella prospettazione del legislatore la cessione dei crediti viene essenzialmente concepita nell'ambito della vendita dell'azienda, di suoi rami, di beni e rapporti giuridici in blocco (art. 105, 5 e 6 co.): deve quindi ritenersi legislativamente recepita l'opinione assolutamente prevalente in dottrina circa la piena ammissibilità della vendita in massa dei crediti 2. Venuto meno il presupposto della necessità o utilità evidente previsto dal vecchio art. 106 per la ed. vendita in massa, il legislatore della riforma attua un vero e proprio rovesciamento di prospettiva rispetto al sistema precedente: la cessione unitaria di rapporti giuridici non ha più carattere eccezionale e sembra anzi costituire il criterio prioritario della liquidazione pur nei casi in cui non sia possibile la cessione dell'intera azienda. È quindi certamente ammissibile ed anzi tendenzialmente preferibile, rispetto alla alienazione parcellizzata, la vendita in massa dei crediti da parte del curatore, anche al di fuori della cessione di azienda o di suoi rami, purché prevista nel programma di liquidazione e secondo le modalità ivi indicate. Ed anzi, alla luce del su menzionato rovesciamento di prospettiva appare forse superata l'opinione prevalente nel vigore della previgente normativa secondo cui all'alienazione coattiva dei crediti dovesse ritenersi preferibile la riscossione diretta da parte del curatore 3. L'espressa menzione della cessione dei crediti nell'ampia formulazione prevista dall'art. 106 induce infatti a ritenere che, con evidente mutamento di indirizzo, l'alienazione dei crediti non abbia più carattere eccezionale rispetto alla riscossione diretta da parte del curatore, ma costituisca l'ordinaria forma di liquidazione per tale particolare categoria di beni. L'aleatorietà e l'alto tasso di litigiosità che caratterizza solitamente il portafoglio dei crediti dell'impresa fallita rende invero solitamente onerosa la riscossione diretta da parte del curatore, con insostenibile allungamento dei 1 Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104-117, Bologna-Roma, 1976, 108: si era peraltro correttamente ritenuta la sostanziale irrilevanza dell'omissione, attesa la pacifica riconducibilità della cessione dei crediti alla disciplina della vendita delle attività mobiliari, così RIVOLTA, L'affitto e la vendita d'azienda nel fallimento, Milano, 1973, 64; BOZZA. La vendita dell'azienda nelle procedure concorsuali, Milano, 1988, 31. 2 Cfr. PROVINCIALI. Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974.1597; CUNEO, Le procedure concorsuali, Milano, 1988,1260;Bozza.op. cit.,3\;contra BONSIGNORI. Liquidazione dell'attivo, cit.. 108. * Per più diffusi rilievi sul punto cfr. CUNEO, op. cit.. 1250 ss.

tempi della procedura, ponendosi quindi in netto contrasto con l'esigenza assolutamente primaria del più celere compimento della procedura 4. Sulla base dell'ampia formulazione normativa ogni tipologia di credito può formare oggetto della cessione, sempre che sia possibile, lecito nonché determinato o determinabile nel titolo costitutivo 5 : possono in particolare essere ceduti, come del resto già largamente praticato presso tutti i tribunali fallimentari, anche i crediti fiscali 6, e segnatamente il credito IVA 7, i cui tempi di realizzo sono di fatto incompatibili con le esigenze di speditezza della procedura, nonché i crediti futuri. Si osserva al riguardo che, superando il precedente orientamento più restrittivo 8, la più recente giurisprudenza afferma che per la validità della cessione dei crediti futuri è sufficiente che sia individuata, e cioè sia determinata o determinabile, la fonte dei crediti stessi, e ciò sia che si tratti di un singolo credito, che di una pluralità di crediti 9. Nella cessione di crediti futuri il trasferimento si attuerà, secondo i principi generali, solo quando il credito verrà ad esistenza, avendo il contratto prima di tale momento efficacia meramente obbligatoria tra le parti 10. Per effetto della cessione al cessionario sono trasferiti i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori, quali ad esempio il già maturato diritto al risarcimento del maggior danno da inadempimento' 1, nonché le azioni con cui il credito può essere tutelato. 4 Già nel sistema previgente pertanto la best practice conosceva la cessione del portafoglio crediti per evitare la inevitabile dilatazione dei tempi della procedura. I Cfr. RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939. 6 Sulla cessione dei crediti d'imposta vedi art. 1, d.m. 30 settembre 1997, n. 384. 7 Cfr. al riguardo Comm. Trib. Prov. Distr. Padova, 2 dicembre 1995, in Fisco, 1996. 6063, secondo cui in caso di fallimento e di cessione del credito verso lo stato in materia di IVA, il cessionario subentra nella posizione del fallito. Tale cessione ha l'esclusivo scopo di concludere sollecitamente la procedura fallimentare, tanto più che nel caso di credito verso lo stato non vi sono problemi circa la solvibilità del debitore. s Secondo l'iniziale e superato orientamento giurisprudenziale si riteneva che potessero essere oggetto della cessione i crediti futuri solo se al momento della conclusione della cessione sussistesse già il rapporto giuridico di base fonte di tali crediti, e ciò in quanto solo in tal caso i crediti futuri oggetto della cessione avrebbero potuto qualificarsi come determinabili, ex multis, Cass.. 2 agosto 1977, n. 3421, in Rep. Foro it., 1977, voce «Cessione dei crediti», n. 3. 9 Cfr. DOLMETTA, voce «Cessione dei crediti», in Digesto/civ., II,Torino, 1988,313 ss. 10 È stato al riguardo affermato che «la natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta che il relativo perfezionamento consegua al solo scambio del consenso tra i contraenti, ma non importa, altresì, che al perfezionamento del contratto consegua, ipso facto, il trasferimento del credito dal cedente al cessionario. Nel caso di cessione di un credito futuro, pertanto, il trasferimento del credito al cessionario si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza, mentre, prima di tale data, la cessione, pur perfetta, è destinata ad esplicare. interpartes, efficacia meramente obbligatoria, Cass., 19 giugno 2001, n. 8333, in Giusi av., 2002,1, 2875; negli stessi termini, Cass., 22 aprile 2003, n. 6422, in Mass. Foro it., 2003. II Cfr. GAZZONI. Manuale di diritto privato. Napoli. 2004,608: in giurisprudenza, cfr. Cass.. 15 settembre 1999, n. 9823, in Giusi, eh:. 2000,1,3273.

Fermo il principio della libera cedibilità dei crediti 12, oltre ai divieti di cessione previsti dall'art. 1261 ce. 13, devono ritenersi non cedibili, in forza del disposto dell'art. 46 1. fall., al cui commento si rinvia, i crediti di natura strettamente personale del fallito. A norma dell'art. 1266 ce. il curatore è tenuto, come effetto naturale del contratto, a garantire l'esistenza del credito (cessione prò soluto) 14, ma la garanzia potrà essere convenzionalmente esclusa, restando il cedente peraltro sempre obbligato per fatto proprio 15. L'art. 1267 ce statuisce inoltre che il cedente non risponde della solvibilità del debitore salvo che abbia assunto la relativa garanzia (cessione prò solvendo) 10. Sulla base di quanto sopra esposto deve ritenersi la tendenziale incompatibilità della cessione prò solvendo con i caratteri della procedura fallimentare, avuto riguardo soprattutto all'esigenza di celerità che la caratterizza. Sempre in relazione a tale esigenza deve altresì ritenersi normalmente preferibile l'esclusione convenzionale della garanzia sull'esistenza del credito ex art. 1266 ce, considerata l'incertezza tuttora ravvisabile sull'esatta portata della nozione 17 ed il conseguente rischio di onerose chiamate in garanzia della curatela fallimentare. 12 Si afferma pertanto, tra gli altri, la cedibilità del credito per risarcimento da inadempimento contrattuale ed il credito alla restituzione di quanto indebitamente pagato, cfr. Cass., 21 aprile 1986, n. 2812, in Mass. Foro it.. 1986, nonché il credito relativo ad obbligazioni naturali, pur non acquistando in tal caso il cessionario una pretesa azionabile all'adempimento. 13 Cfr. PANUCCIO, voce «Cessione dei crediti», in Enc. Dir., VI, Milano. 1960,855. 14 Secondo la tesi prevalente la garanzia in esame è disciplinata allo stesso modo della garanzia per evizione onde il cedente è comunque tenuto a risarcire il danno (comprensivo di perdita subita e mancato guadagno).tale norma costituirebbe pertanto un'eccezione al principio generale per cui un contratto avente ad oggetto un bene inesistente è nullo: su questi aspetti v. ZACCA- RIA, La garanzia dell'esistenza del credito, in Riv. dir. civ., 1982,1,364 ss; contro per la non configurabitità di una deroga ai principi della nullità, DOLMETTA, op. cit., 291 ss.; secondo la tesi di PER- LINGIERI. Cessione dei crediti, in Comm. ce. Scialoja Branca, sub art. 1260-1267, Bologna-Roma, 1982.263 ss. nei casi in cui il credito è obiettivamente ed assolutamente inesistente la cessione dovrebbe considerarsi nulla. 15 La garanzia riguarda sia il caso di credito mai esistito sia quello di credito venuto ad esistenza ed ormai estinto ed è altresì ritenuta comunemente applicabile anche alle ipotesi in cui un credito venga meno con efficacia retroattiva p.e. per annullamento o per il verificarsi di una condizione risolutiva ed in generale in tutte le ipotesi in cui non si realizza l'effetto traslativo; cfr. C.M. BIANCA. Diritto civile. IV. L'obbligazione, Milano. 1990,598. 16 In caso di cessione prò solvendo il cedente risponde nei limiti dì quanto abbia eventualmente ricevuto e dovrà inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese di cessione, quelle che il cessionario abbia sopportato per escutere il debitore, risarcire il danno. La garanzia comunque viene meno se la mancata realizzazione del credito è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro lo stesso debitore, potendo il cessionario rivolgersi al cedente nei limiti in cui dimostri di aver escusso inutilmente il patrimonio del debitore ceduto. Cfr. al riguardo. Cass., 6 luglio 1999. n. 7018, in Mass. Foro it.. 1999. 17 Su cui v. il contrasto menzionato alla nota 14.

Altra rilevante novità della novella è la possibilità per la curatela di cedere le azioni revocatorie a condizione che le stesse siano già pendenti. A differenza della cessione dei crediti, pacificamente ammissibile e largamente praticata già sotto la precedente disciplina, la previsione legislativa della cessione delle azioni revocatorie fallimentari, vale a dire di un'azione tipicamente fallimentare e che non può concepirsi al di fuori del fallimento, consente l'applicazione generalizzata di uno strumento che era, com'è noto, unicamente riservato al concordato fallimentare con assunzione. La cessione delle azioni revocatorie è inquadrata dalla prevalente dottrina e giurisprudenza come una fattispecie di cessione anticipata del bene, o meglio del risultato utile oggetto dell'azione 18 : la cessione della revocatoria non ha funzione strumentale ma liquidatoria 19 e comporta l'alienazione anticipata del bene oggetto dell'azione, subordinatamente all'esito positivo dell'azione. Il cessionario, pertanto, ottenuta la sentenza di revoca acquisterà definitivamente la titolarità del bene oggetto dell'atto impugnato e sarà legittimato ad agire nei confronti del convenuto soccombente per l'esecuzione della sentenza. Deve altresì ritenersi che il convenuto in revocatoria possa far valere la carenza del presupposto oggettivo, vale a dire la mancanza di eventus damni, nei confronti dell'acquirente e che in caso di soccombenza potrà insinuarsi al passivo fallimentare in chirografo per quanto versato al cessionario dell'azione ex art. 70,2 co., 1. fall. La cessione delle azioni revocatorie in sede di liquidazione fallimentare è subordinata alla pendenza della relativa azione: non possono quindi essere cedute le azioni revocatorie, seppur indicate nel programma di liquidazione approvato, non ancora proposte 20, mentre sono cedibili le azioni per le quali sia stata disposta la cancellazione, l'interruzione o la sospensione, in quanto devono ritenersi comunque pendenti 21. Sarà pertanto normalmente necessario, ai fini di tale cessione l'approvazione del supplemento del piano di liquidazione ex art. 104 ter, 6 co., 1. fall., atteso che nella sua originaria stesura il piano si limiterà, verosimilmente, ad indicare le azioni revocatorie da esercitare ai sensi dell'art. 104 ter, lett. e). ln DEVOTO, L'assuntore e la cessione delle revocatorie, Milano, 1980, 37; in giurisprudenza, Cass., 24 novembre 1981, n. 6229, in Dir. fall. 1982, IT, 291; Di SABATO, L'assuntore del concordato fallimentare, Napoli, 1960, 23. 19 Cfr. Cass.. 22 novembre 1979. n. 6073, in Foro it., 1980,1. 2254 e Id., 24 novembre 1981, n. 6230, in Giur. comm., 1982, II, 269. : " È stato al riguardo affermato che la cessione delle azioni revocatorie in favore dell'assuntore del concordato fallimentare è ammissibile limitatamente a quelle già iniziate dal curatore alla data della presentazione della proposta; al contrario quelle già autorizzate ma non ancora proposte non possono essere cedute. Cfr. Cass., 9 ottobre 1998, n. 10013. in Giusi civ., 1999,1,735. 21 Relativamente ai limiti oggettivi della cessione, si è ritenuta sufficiente, al fine di ritenere la pendenza dell'azione la notificazione ad uno solo dei legittimati nell'ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass.,28 luglio 1965, n. 1808, in Giur. «.,1966,1,1,590).

La ratio della su menzionata limitazione oggettiva, che è stata mantenuta nell'attuale applicazione generalizzata dell'istituto, va individuata, secondo il prevalente orientamento, nell'opportunità di assicurare un certo controllo su iniziative potenzialmente ricattatorie e temerarie dell'acquirente 22, nonché nella necessità di valutare concretamente opportunità e convenienza della cessione e congruità del corrispettivo, valutazioni compiutamente esperibili solo a seguito dell'esercizio dell'azione e della conseguente estrinsecazione dei suoi elementi essenziali 23. Con riguardo alla posizione processuale del cessionario è stato correttamente affermato che questi non è un sostituto processuale del curatore, in quanto agisce in nome proprio e per un diritto proprio 24 ; il trasferimento dell'azione inoltre ai sensi dell'art. Ili c.p.c, non comporterà l'interruzione del processo che proseguirà tra le parti originarie, salva la possibilità per l'assuntore di intervenirvi con la eventuale estromissione del curatore. L'art. 106, ult. co., prevede infine che in alternativa alla cessione il curatore possa stipulare contratto di mandato per la riscossione del credito: a differenza della cessione che produce l'immediato trasferimento del credito al cessionario, il mandato conferisce al mandatario solo la legittimazione a riscuotere il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva la titolarità esclusiva 25. Il conferimento di mandato all'incasso non ha efficacia traslativa e non sembra pertanto ostativo alla successiva cessione del credito da parte della curatela allo stesso mandatario o ad un terzo, al fine, per esempio, di una sollecita chiusura della procedura, sempre che, prima della cessione, il mandatario non abbia già incassato le somme relative, atteso che tale evento, determinando l'estinzione del credito, ne renderebbe impossibile la cessione. 22 Così Cass., 13 giugno 1969, n. 2097, in Dir. fall, 1970, II, 104. 23 Per la valorizzazione del requisito della previa instaurazione dell'azione anche ai fini del giudizio di convenienza del concordato ex art. 125 1. fall., cfr. BONSIGNORI, Cessazione della procedura fallimentare, in TEDESCHI, BONSIGNORI, SANTARELLI, Chiusura del fallimento. Concordato. Riabilitazione civile, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 118-145, Bologna-Roma, 1977,208. 24 Cfr. BONSIGNORI, Cessazione della procedura fallimentare, in TEDESCHI, BONSIGNORI, SAN- TARELLI, op. cit,210. :s Sulla natura giuridica del mandato all'incasso e sulla distinzione tra detto istituto e la cessione del credito, si è formata copiosa giurisprudenza in relazione alla revocabilità ex art. 67 1. fall, del mandato irrevocabile all'incasso in rem propriam conferito dal debitore poi fallito alla banca: v., ex multis, Cass., 16 luglio 2004, n. 13165, in Mass. Foro il, 2004; Id., 12 dicembre 2003, n. 19054, ivi, 2003; Id., 30 gennaio 2003, n. 1391. in Fall, 2003,1187.

2. La cessione delle partecipazioni in società di capitali Con la nuova formulazione dell'art. 106 1. fall, viene adesso espressamente disciplinata la vendita della quota di s.r.l. 26, mediante rinvio alla disciplina dell'art. 2471 ce, recentemente novellato dal d.lgs. 6/2003. Deve preliminarmente distinguersi la cessione di partecipazione in società di capitali dalla vendita di quote in società personali per le quali l'art. 2288 ce, la cui previsione va estesa alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice 27, prevede che il socio dichiarato fallito è escluso di diritto dalla società. Con riferimento alle s.r.l. l'art. 2471 ce. novellato distingue tra quote liberamente trasferibili e quote che invece non lo siano in base allo statuto o all'atto costitutivo. Nel primo caso il curatore potrà procedere alla vendita ex artt. 2469 e 2470 ce. con la libertà di forme che caratterizza la nuova liquidazione fallimentare 28 e l'adempimento degli oneri pubblicitari di cui all'art. 2470 ce. ai soli fini del- I'opponibilità del trasferimento alla società ed ai terzi. Ove invece la quota non sia liberamente trasferibile, l'art. 2471, 3 co., ce prevede il previo tentativo del curatore di accordarsi con la società: soltanto se l'accordo non viene raggiunto la vendita avviene all'incanto ma è priva di effetto se entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. La normativa dell'art. 2471 ce. 29 è certamente ispirata all'intento di tutelare la compagine societaria, favorendo il mantenimento dell'assetto originario: in sede fallimentare pertanto il curatore non è vincolato ad un prezzo determinato, ma. quale amministratore del patrimonio del fallito e nel contempo garante degli interessi della massa dovrà preliminarmente tentare un accordo bonario con la società, in mancanza del quale la vendita avrà luogo all'incanto 30. Si osserva al riguardo che, curiosamente, e forse per difetto di coordinamento tra la nuova legge fallimentare e la riforma del diritto societario, si mantiene la forma legislativamente vincolata della vendita all'incanto, e quin- :i ' Si registra al riguardo la solita imprecisione del legislatore che nella rubrica prevede la vendita di quote ed azioni, mentre disciplina espressamente la sola vendita di quote di s.r.l., omettendo, nel corpo della norma ogni riferimento alle s.p.a. :7 Cfr. FERRARA, Il fallimento, Milano, 1989,259. 28 Ai sensi dell'art. 2469 ce. «le partecipazioni di s.r.l. sono liberamente trasmissibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo». 29 L'art. 2471 ce. che dopo la novella della d.lgs. 6/2003 tiene luogo del vecchio art. 2480, 3 co., ce. stabilisce che «Se la partecipazione di s.r.l. non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto: ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio». -,0 Cfr. Cass., 14 marzo 2000. n. 2909, in Fall., 2001,568.

di necessariamente con procedimento di natura giurisdizionale secondo le modalità previste dagli artt. 576 ss. c.p.c. per la sola alienazione di quote societarie non liberamente trasferibili, nonostante la limitata rilevanza della quota di partecipazione di s.r.l. nell'ambito della liquidazione fallimentare 31. D'altro canto lo specifico riferimento contenuto nell'art. 106 alla disposizione codicistica impedisce di ritenere l'avvenuta abrogazione tacita di parte dell'art. 2471 ce. per incompatibilità ex art. 15 prel., dovendo al contrario presumersi la consapevole deroga da parte del legislatore alle forme generali con riferimento all'intero procedimento di vendita di quota di s.r.l. Si pone al riguardo il problema se l'accordo con la società debba o meno essere specificamente inserito nel programma di liquidazione (nella sua formulazione originaria o nel supplemento ex all'art. 104 ter, 5 co.) o comunque autorizzato dal giudice delegato: ovvero se il rinvio all'art. 2471 ce. consenta di prescindere del tutto dalle forme dell'art. 104 ss. 1. fall. Al riguardo, sembra preferibile ritenere che le disposizioni dell'art. 2471 ce debbano, in quanto compatibili, essere coordinate con i principi generali della liquidazione fallimentare: di qui la necessità di approvazione dell'accordo tra curatore e società e quindi del suo inserimento nel programma di liquidazione o quanto meno la soggezione di detto accordo al residuo potere di autorizzazione da parte del giudice delegato previsto dall'art. 104 ter. In questo caso l'inosservanza delle su menzionate modalità di vendita deve ritenersi sanzionabile con la nullità dell'atto 32. Avuto riguardo alla vendita di partecipazioni azionarie manca invece nell'art. 106 ogni riferimento normativo espresso ad eccezione dell'indicazione contenuta nella rubrica della norma. Tale labile indizio porta peraltro a ritenere che sia stato legislativamente recepito l'orientamento prevalente 33 secondo cui il principio sancito dall'attuale art. 2471 ce avrebbe portata generale e dovrebbe pertanto analogicamente applicarsi anche alle società per azioni posto che la ratio legis di tale disposizione dovrebbe rinvenirsi nella massima tutela, anche nella fase esecutiva, dell'elemento personalistico delle società di capitali che hanno statutariamente prescelto di darsi tale regolamentazione. 31 È stato altresì affermato che la possibilità di indicare un diverso acquirente, evitando così la vendita all'incanto della quota, postula che le limitazioni alla libera disponibilità siano poste nell'interesse della società; di conseguenza la società non potrà rendere inefficace la vendita coattiva effettuata pur in presenza di limitazioni poste invece nell'interesse dei soci, come è il caso di una clausola statutaria attributiva di un diritto di prelazione in favore di taluno dei soci medesimi o di tutti (Cass., 3 aprile 1991, n. 3482. in Foro il, 1992, I. 842). 32 Come meglio specificato infra, sub art. 108, par. 7. 13 Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, eh., 116; G. PELLEGRINO. Vendita forzata delle azioni concesse in pegno a terzi e diritto di prelazione, in Dir. fall., 1988, II. 815; contra, VANONI, Clausola statutaria di prelazione e vendita forzata di azioni, in Banca borsa, 1999. II, 724 ss.

Mentre quindi l'alienazione coattiva delle normali azioni di società non presenta particolari difficoltà rispetto ai titoli di credito nominativi, nel senso dell'applicabilità delle ordinarie forme di liquidazione previste dalla legge fallimentare, la vendita fallimentare di azioni con valida clausola di gradimento o di prelazione va analogicamente assoggettata al particolare regime di previo tentativo di accordo e successiva alienazione all'asta, con ulteriore facoltà di esercitare nei dieci giorni la prelazione prevista dall'art. 2471 ce. nuova formulazione.

SEZIONE III DELLA VENDITA DEI BENI IMMOBILI Articolo 107 Modalità delle vendite* [1] Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. [2] Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio. [3] Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto. [4] Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione. [5] Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tal caso si applicano le disposizioni del codice di procedure civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell' esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'art. 51. [6] Con regolamento del Ministro della giustizia da adottare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita. Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO Sommario 1. Le procedure competitive: introduzione - 2. Le modalità competitive della liquidazione concorsuale - 3. Subentro del curatore nelle procedure esecutive pendenti - 4. Potere di sospensione del curatore * Disciplina precedente: Art. 107. Espropriazioni in corso [1] Se prima della dichiarazione di fallimento è stata iniziata da un creditore l'espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si sostituisce nella procedura al creditore stante. [2] In caso d'ingiustificato ritardo da parte del curatore il creditore procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a norma dell'art. 36, al giudice delegato. [3] Se era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il procedimento deve essere integrato con l'intervento del curatore. [A] Il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.

1. Le procedure competitive: introduzione I! commento alla disciplina delle Sezioni II e III del Capo VI della nuova legge fallimentare deve muovere da una lettura attenta del contenuto delle varie disposizioni normative, superando in primis ogni indicazione orientativa proposta dalla suddivisione in sezioni in favore di un'operazione rivolta alla ricostruzione delle innovazioni operate e degli intenti perseguiti. Ed invero, contrariamente alla disciplina di cui alle Sezioni II e III del Capo VI del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. la riforma della liquidazione operata con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 appare animata da una connotazione di asistematicità descrittiva subito evidente nella caduta di valore semantico dei titoli delle Sezioni II e III e delle rubriche degli artt. 106 e 107: laddove nella legge fallimentare del '42, la diversità naturalistica dei beni 1 produceva - al pari del diritto sostanziale e del correlato modello esecutivo - una diversa struttura procedimentale della vendita, incisivamente consacrata nell'autonomia delle relative sezioni, nella riforma operata dal legislatore della competitività, si procede ad una regolamentazione votata a profili di semplificazione unitaria dei modelli di liquidazione, con evidente caduta del significato orientativo assunto dalle sezioni, nominalmente rimaste legate alla tradizionale distinzione dei beni in immobili e mobili. Nel sistema fallimentare delineato dal legislatore del '42, il paradigma processuale della vendita fallimentare era per intero mutuato dall'esecuzione individuale di cui riproduceva, pur con alcune differenziazioni, dimensioni fondative e dinamiche relazionali con il mercato. In particolare, l'art. 104 statuiva al 1 co. che alla vendita dei beni compresi nel fallimento non si poteva procedere se non dopo l'avvenuto deposito del decreto di esecutività dello stato passivo ex art. 97 1. fall.: la successione cronologica delle attività di verifica dello stato passivo e di liquidazione dell'attivo non era frutto di un disegno meramente sistematico, di una razionalità processuale votata a momenti di linerarismo sequenziale 2, ma rimandava ad un nesso causale più profondo, ad una relazione genetica tra attività di liquidazione e decreto di esecutività dello stato passivo che aveva i suoi capisaldi teorici nel valore assegnato al titolo esecutivo all'interno delle procedure esecutive e alla sua capacità regolativa del conflitto da esecuzione nelle procedure di vendita 3. La succes- 1 Cfr. M. COSTANTINO, Beni immobili e beni mobili. La disciplina dei beni, in Tratt. Rescigno, Torino, 1985.36 ss.; in generale si veda, SCOZZAFAVA. / beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982; ID., Dei beni, in Comm. Schlesinger, Milano, 1999. 2 Cfr. ANDOLINA, «Liquidazione dell'attivo» ed «esercizio provvisorio dell'impresa nel fallimento», in Dir. fall., 1978,1, 188 e 191. 3 Nella Relazione illustrativa del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, il Guardasigilli evidenziava come «la liquidazione dell'attivo del fallimento ha richiesto poche disposizioni poiché la riforma già in atto dell'espropriazione individuale ha reso tanto semplice e snella la procedura che l'art. 105 della legge ha potuto rinviare puramente e semplicemente ad essa per quel che concerne la vendita dei beni mobili ed immobili del fallito». Sulle tematiche più rilevanti in materia di liquidazione dell'attivo, cfr. Lo CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995.389 ss.

sione cronologica rigidamente disegnata tra verifica dello stato passivo e liquidazione dell'attivo demandava alla prima il compito di definire i confini della seconda, quali le condizioni di ingresso 4, i limiti quantitativi 5 e qualitativi 6, cui la stessa soggiaceva. La vendita anticipata prevista dal 2 co. dell'art. 104 ribadiva, nella sua eccezionalità, il valore assegnato dal legislatore al paradigma generale delincatela cui interruzione imponeva un onere motivazionale esteso ed articolato, per alcuni possibile solo con riferimento ai beni mobili 7. Quanto alle dinamiche relazionali con il mercato, l'art. 105 sanciva il principio della soggezione delle vendite fallimentari alle disposizioni dettate dal codice di procedura civile in materia di vendite forzate, con il solo limite della compatibilità con le disposizioni specifiche previste dalla stessa legge fallimentare nelle sezioni successive del medesimo capo, ed in particolare, con le disposizioni di cui agli artt. 106 e 108 8, norme queste che avevano espressamente ad oggetto le modalità della vendita dei beni mobili ed immobili 9. Del pari, sebbene l'art. 105 non contenesse alcun rinvio alla normativa relativa alla disciplina degli effetti sostanziali della vendita forzata, quale contenuta negli artt. 2919-2929 ce, se ne predicava comunemente la ricorrenza sul presupposto 4 Cfr. BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104-117. Bologna-Roma. 1976. 4, per il quale il differimento delle operazioni di liquidazione dell'attivo alla chiusura della verifica risulta correlato sia all'intento di favorire la presentazione di una domanda di concordato, sia all'esigenza di verificare la sussistenza della condizione negativa dell'art. 118, n. 1), 1. fall. s Cfr. PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano. 1974,1574, nota 1; FERRARA, Il fallimento, Milano, 1989,580; SEMIANI BIGNARDI, Ritenzione nell'esecuzione singolare e nel fallimento, Padova. 1960,355, nota 5. '' Con riferimento ai beni di terzi appresi all'atto dell'inventariazione, pregiudicati da una liquidazione precipitosa, PAJARDI. Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1993,607. Cfr. M. MONTANARI, Iprocedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova. 1995,13. s Cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit, 40; ANDRIOLI. voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, 436, nota 426 per il quale «non si comprendono tra i poli del contrasto l'art. 109. al quale meglio si addice la funzione di téte de chapitre del capo settimo, dedicato alla ripartizione dell'attivo, né l'art. 107, il quale trova più agevole collocazione subito dopo l'art. 51». 9 II valore del rinvio era stato circoscritto alle norme relative alle sole vendite, con esclusione della complessiva disciplina dell'esecuzione forzata: cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, '-'H-, 43 ss., ed esteso, salvo rare eccezioni, anche alle discipline derogatorie previste in varie normative speciali per l'alienazione forzata di beni determinati: si veda sul punto RAGUSA MAGGIO- RE. voce «Fallimento (liquidazione e ripartizione dell'attivo)», in Enc. Giur., XIII, Roma, 1989,7; SAITA, Diritto fallimentare, 3 a ed. aggiornata ed ampliata da Vaccarella e Luiso, Padova, 1996, -i67: cantra BONSIGNORI, op. uh. cit, 112 per il quale «le specifiche norme sulle vendite forzate di navi e di aeromobili non possono in questa sede essere utilizzate, se non come fonte terziaria, e quindi per colmare lacune del codice di procedura civile, proprio per la carenza del rinvio effettuato dal poc'anzi menzionato art. 105»; in senso conforme, BOZZA, La vendita dell'azienda nelle Procedure concorsuali. Milano, 1988,140.

della identità del fenomeno normato e dell'incoerenza di ogni disallineamento tra dimensione processuale ed effetti sostanziali connessi 10. II legislatore della riforma non opera alcun richiamo al codice di rito per le vendite dei beni di pertinenza fallimentare, nell'intento di definire un modello del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello previgente: viene così ad essere formalmente superata quella condizione di «reciprocità sistematica» esistente per il legislatore del '42 tra esecuzione forzata e liquidazione fallimentare, imponendo così all'interprete una riflessione attenta sul senso dell'interruzione normativa realizzata, sulla sua ampiezza sistematica e sugli effetti dalla stessa prodotti. In particolare, va osservato come soggetto deputato all'attività di liquidazione sia in via esclusiva il curatore che deve provvedere «alle vendite e agli altri atti di liquidazione, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati», di cui alla riserva di regolamento ministeriale prevista all'ult. co. dell'art. 107. La novità di maggiore irruenza della novella, è l'assunzione a parametro di legalità della vendita, delle «procedure competitive», individuate quale nuovo modello relazionale tra fallimento e mercato senza che ne sia stata data alcuna preventiva e sistematica definizione quanto a paradigmi formali e istituti di diritto sostanziale interessati: anzi proprio l'assenza di ogni preventiva definizione rende evidente l'opzione del legislatore verso una norma cornice, volta più che alla determinazione di dinamiche processuali, alla definizione di un mero confine alla relazione intessuta con il mercato dalle procedure. Rispetto alla disciplina previgente, il richiamo alle procedure competitive risulta fortemente influenzato dall'assunzione a prioritario parametro d'azione dell'attività liquidatoria della vendita «dell'intero complesso aziendale, dei suoi rami, dei beni o rapporti giuridici individuabili in blocco» ex art. 105,1 co., superando così ogni problematica relativa al procedimento concretamente praticabile per la liquidazione dell'azienda di pertinenza fallimentare: il richiamo operato sotto la disciplina previgente ora alla vendita in massa per i complessi di consistenza mobiliare 11, ora alle forme della vendita con e senza in- III Cfr. ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit, 439; GARBAGNATI, Fallimento ed azioni dei creditori, in AA.VV., Atti del quinto Convegno dell'associazione fra gli studiosi del processo civile su «Esecuzione individuale e fallimento. Bilancio della legge fallimentare», Pisa, 3-5 giugno 1960, Milano, 1961, 8; MICHELI, Esecuzione forzata, in NICOLÒ, ANDRIOLI, SEGNI, MICHELI, AZZARITI, SCARPELLLO, Tutela dei diritti, in Comm. ce. Scialoja Branca, sub art. 2900-2969, Bologna-Roma, 1953, 470; MAZZAMUTO, L'esecuzione forzata, in Tran. Rescigno, Torino, 1988, 245; BOZZA, op. cit., 46. 1 Cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 119; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440; per la possibilità della vendita tanto a trattative private che con incanto, si veda PROVINCIALI, op. cit., 1597; FERRARA, op. cit., 584; RAGUSA MAGGIORE, op. cit., 9.

canto per i complessi di consistenza anche immobiliare 12, la più volte affermata impossibilità di procedere alla vendita unitaria di beni gravati da ipoteca, pegno, privilegio, ritenzione privilegiata 13 erano indici evidenti di una difficoltà sistematica e di un'inadeguatezza di ogni connesso paradigma processuale, difficoltà ed inadeguatezza superati in nuce dal legislatore della competitività con il rinvio ad un modello per sua natura aperto e per ciò stesso fortemente uniformante. Del resto, la rigidità del paradigma processuale risultava fortemente incrinata dalla diffusione di bestpractice sempre più propense all'utilizzo di modelli decisionali di selezione dell'aggiudicatario caratterizzati dalla flessibilizzazione dell'iter procedimentale previsto dalle procedure esecutive e dall'estensione «orizzontale» dei modelli decisionali originariamente tipici di una categoria di beni, con il contestuale superamento dell'anacronistica distinzione operata dal legislatore tra beni e regime di alienazione 14. La nozione di procedure competitive appare il tratto di maggior difficoltà ricostruttiva: in via di prima approssimazione, deve dirsi che con il termine procedure competitive si deve intendere l'assunzione di un modello decisionale di selezione dell'aggiudicatario che assuma a suo connotato intrinseco l'apertura alla competizione tra gli offerenti. Tale modello non si innesta su un quadro generalmente predisposto dal legislatore: in particolare, va osservato 12 Cfr. Cass., 7 dicembre 1968, n. 3917, in Foro ìt, 1969,1,1215; contro BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit, 120 ss. per il quale «pare a noi che qualsiasi considerazione di natura pratica si voglia addurre, non sono state finora apportate argomentazioni logiche sufficienti per sostenere né che il solo 2 co. dell'articolo in esame, né che soltanto l'art. 108 1. fall., né che una loro mescolanza si possa applicare a una vendita d'azienda composta anche di beni immobili, oltreché di mobili»; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440, nota 437. 13 Cfr. BONSIGNORI, Il fallimento delle società, in GALGANO (diretto da), Tratt. dir. comm. e dir. ptibbl. ec, IX, Padova, 1986, 661; CUNEO, Le procedure concorsuali, Milano, 1988,1249; in favore di una vendita in massa di beni gravati da privilegio, RIVOLTA, L'affitto e la vendita dell'azienda nel fallimento, Milano, 1973,89 ss.; M; MONTANARI, op. cit., 166. 14 Cfr. M. COSTANTINO, op. cit., 36 ss.; BOZZA, op. cit., 46 per il quale «l'interesse pubblico che informa la procedura fallimentare, l'impulso di ufficio e il carattere autoritativo che dominano la procedura, la maggiore ampiezza dei poteri di conseguenza attribuiti al giudice sulla liquidazione dell'attivo rispetto al giudice dell'esecuzione fanno ritenere che questi nell'ambito della tutela delle posizioni soggettive stabilite dal codice di procedura, goda d'ampia discrezionalità nel disporre i mezzi e le modalità di effettuazione del trasferimento coattivo». Si veda l'estensione del modello di vendita senza incanto alla vendita di beni mobili e alla vendita d'azienda: tra gli altri, CUNEO, op. cit., 1251, BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 99; M. MONTANARI, op. cit., '51; Cass., 8 luglio 1968, n. 2399, in Giust. civ., 1969, II, 286; quanto alle prassi diverse, si veda Cass., 22 novembre 1978, n. 5437, in Fall., 1979,733, con nota di LUGARO, Inapplicabilità della sospensione della vendita mobiliare(ex art. 108 legge fallimentare) dopo l'aggiudicazione del bene «frenato;trib. Vicenza, 11 febbraio 1984, in Fall., 1984,1045.

come la mancata adozione del modello di selezione dell'aggiudicatario proprio delle procedure esecutive non ha significato per il legislatore l'abbandono di ogni «evidenza pubblica» del sistema di selezione dell'aggiudicatario, in quanto: - con riferimento alla vendita di beni immobili, il 2 co. dell'art. 107 espressamente impone al curatore di procedere alla notificazione a ciascuno dei creditori ipotecari, o comunque muniti di privilegio, della notizia relativa allo stato delle operazioni di vendita, in corso di completamento; - con riferimento alla generalità delle vendite, il curatore ha facoltà di sospendere la vendita «ove pervenga offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto»; - il giudice delegato ha un potere generale di sospendere per gravi e giustificati motivi su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, ovvero di impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto «risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni di mercato». Al di là quindi di ogni iniziale interpretazione riduzionistica, pure in prima lettura proposta da taluni autori, appare allora evidente come le modalità «competitive» di vendita rimandino ad un modello non autoritativamente procedurale di selezione dell'aggiudicatario, che assuma della negozialità i tratti di maggior speditezza, preservando nel contempo e per intero nella potestà tutoria del giudice le connotazioni di evidenza pubblicistica delle operazioni di liquidazione concorsuale. Nel modello decisionale delineato, il curatore è tenuto quindi ad indicare nel programma di liquidazione le condizioni di vendita, definendo in ordine ai beni sia unitariamente che singolarmente considerati (art. 105,1 co.) le procedure competitive che risultino più consone al valore reale dei beni di pertinenza fallimentare, con il solo onere di adeguate forme di pubblicità e con la sola eccezione per i beni di modesto valore. Orbene, il modello decisionale della vendita fallimentare non sembra poter prescindere da un nucleo essenziale di condizioni basilari, sulle quali possono innestarsi ulteriori elementi di stretta derivazione processuale, al cui assortimento dovrà provvedere il curatore nell'ambito dell'articolazione delle condizioni di vendita operata nel programma di liquidazione. Quanto alle condizioni fondative, le stesse sono indicate con estrema genericità nell'art. 107 1. fall: - simmetria informativa garantita da adeguate forme di pubblicità (ult. parte del 1 co.). 11 legislatore recepisce il valore propulsivo riconosciuto dalle best practice a forme di pubblicità adeguate per l'uso di strumenti anche informatici: sul punto, l'osservazione critica possibile ha ad oggetto la devoluzione alla sola pubblicità di un onere di generale trasparenza dell'operato delle procedure, laddove la prassi concreta ha avuto modo di dimostrare come la concorrenza libera degli offerenti sia assicurata anche dal governo informativo dei partecipanti agli incanti, da dimensioni procedurali nettamente votate alla

certezza dei comportamenti e dal ripudio e conseguente penalizzazione di scelte opportunistiche 15 ; - stima effettuata da parte di operatori esperti, in quanto la qualità delle informazioni rese dal perito incaricato dalla procedura definisce gli estremi relazionali di affidabilità e concretezza necessari ad una consapevole competizione economica; - riduzione dei criteri selettivi degli offerenti ad un parametro economico quale il maggior prezzo, la cui corresponsione (nelle forme dirette e/o indirette consentite dalla stessa legge fallimentare nell'accollo di cui all'art. 105, 9 co.) costituisce ragione prima dell'individuazione dell'aggiudicatario: la finalità perseguita dalla procedura è pur sempre l'acquisizione del «giusto» prezzo tenuto conto delle condizioni di mercato, finalità il cui mancato perseguimento costituisce motivo per l'esercizio da parte del giudice delegato dei poteri autoritativi di interruzione di ogni ulteriore attività di perfezionamento della vendita (su cui vedi infra sub art. 108, par. 2). L'acquisizione del maggior prezzo dovrà avvenire per il tramite di procedure che assicurino, in via potenziale, la competizione degli interessati, sia nella formulazione delle offerte iniziali che nella successione incrementale possibile in esito ad una gara, che assurge a luogo primario di verifica della natura competitiva della procedura realizzata; - utilizzo di procedere competitive di selezione dell'acquirente anche nell'ipotesi in cui il curatore si avvalga di soggetti specializzati per i singoli atti di vendita. Sotto la vigenza della precedente disciplina si era discusso quale fosse la relazione tra vendita tramite commissionario e vendita ad offerte private 16, dovendo per alcuni escludersi la possibilità per il commissionario di procedere alla vendita a offerte private 17. Il nuovo art. 107 provvede in primo luogo all'esten- ls Si veda per tutti la vicenda dell'aumento di sesto, VACCARELLA, Orientamenti e disorientamenti giurisprudenziali in tema di aumento di sesto, in nota a Cass., 12 aprile 1988, n. 2871, in Foro il., 1989, I. 1923; la natura «aperta» della gara risulta affermata da ultimo dalla Cass.. Sez. Un., 24 luglio 1993, n. 8187. in Giusi, civ., 1993, I, 2032 e ivi, 1994, 1, 411, con nota contraria di A. SCHERMI, Legittimazione a partecipare alla gara conseguente all'offerta di aumento di sesto nell'esecuzione immobiliare, e in Riv. dir. proc, 1994, 989 con nota di BIFFI, Revirement della Suprema Corte di Cassazione in tema di legittimazione a partecipare alla gara a seguito dì offerta dopo l'incanto; in Giur. it., 1994, I, 1, 873, con nota di NELA e in Nuova giur. comm.. 1994, I, 512 nota di ATZORI: l'orientamento risulta confermato in numerose decisioni successive della Suprema Corte (cfr. Cass.. 26 febbraio 1998, n. 2122, in Mass. Foro it.. 1998; Id., 11 ottobre 1995, n. 10587, ivi, 1995 : Id., 30 maggio 1995, n. 6063, ibidem; Id., 26 maggio 1995, n. 5880, in Giur. it., 1996, I, 1, 634; Id., 26 febbraio 1998. n. 2122, in Giusi, civ., 1998, I, 2855 nota di LEPRI e in Nuova giur. comm., 1998, I, 799. nota di BELLANI). u> Per una non perfetta corrispondenza, si veda FERRARA, op. cit., 582; contro BONSIGNORI, // fallimento delle società, cit., 657; PROVINCIALI, op. cit., 1596; in giurisprudenza, si veda Cass., 29 aprile 1988, n. 3236. in Fall., 1988,766, con nota di BOZZA, La revoca dei provvedimenti del giudice delegato autorizzativi della vendita di beni mobili al miglior offerente, 958. 17 Cfr. ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440, per il quale «si 'ratta di vedere se la vendita a mezzo commissionario sia incompatibile con quella a trattative

sione della possibilità del curatore di avvalersi di soggetti specializzati nella realizzazione delle procedure competitive con riferimento a qualsiasi bene, e non solo ai beni mobili: tale estensione costituisce un elemento di significativa novità laddove si abbia riguardo alla particolarità di alcuni beni e alla necessità di ausilio di soggetti specializzati operanti in mercati ristretti, quali ad es. gli agenti di borsa o in mercati caratterizzati dall'operatività di soggetti internazionali. Ai soggetti specializzati introdotti in via generica dalla novella non appare riconducibile la disciplina del commissionario prevista dall'art. 532 c.p.c: militano a favore dell'indicazione interpretativa proposta, in primis la rescissione di ogni legame tra operazioni di liquidazione e procedure esecutive, e più in generale l'apertura operata dal legislatore verso forme di alienazione più flessibili e meglio regolamentate dall'autonomia privata, in cui la relazione tra curatore e soggetto specializzato può trovare più facile esplicazione, con un chiaro rimando alla disciplina generale di cui all'art 1731 ce. Di qui alcune conseguenze di non poco momento: - mentre a norma dell'art. 532 c.p.c. il commissionario deve procedere alla vendita solo per contanti, il commissionario di diritto privato si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie l'operazione, salvo il divieto del curatore committente (art. 1732,1 co., ce); - mentre il commissionario, qualora non provveda alla vendita nel termine di un mese dal provvedimento di autorizzazione, ha l'obbligo di riconsegnare i beni affinché siano venduti all'asta, salva l'ipotesi di una proroga, il commissionario di diritto privato può provvedere alla vendita nel termine più congruo dedotto in contratto, salvo la facoltà di revoca del curatore dell'ordine a concludere l'affare fino a che egli non l'abbia concluso; - deve infine pacificamente riconoscersi l'applicabilità al commissionario alla liquidazione di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente del ed. diritto «all'entrata in proprio», salvo contraria disposizione del curatore 18, e dello star nel credere, con conseguente responsabilità per l'esecuzione dell'affare 19. Quanto alle modalità di vendita, deve ritenersi in generale che il commissionario sia tenuto alla vendita avvalendosi - al pari del curatore - di procedure competitive, indicando condizioni minimali di selezione dell'acquirente, con la sola eccezione del mandato a vendere titoli, divise o merci aventi un prezzo private e la risposta deve essere affermativa se si muove dalla premessa, accolta su queste colonne, dell'affidamento dell'incarico della vendita a trattative private [...] al curatore». 18 In favore. ANDRIOI.I, Commento al codice di procedura civile. III. Napoli, 1957,172; contro D'ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, Torino, 1952,11,915. 19 Sulla commissione, si veda FORMIGGINI, voce «Commissione (contratto di)», in Enc. Dir., VII. Milano 1960, 862 ss.; COSTANZA, voce «Commissione (contratto di)», in Digesto/comm., Ili, Torino, 1988, 167; LUMINOSO, Mandato. Commissione. Spedizione, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1984; ID., La commissione, in Tratt. Rescigno,Torino, 1985.

corrente che risulti da listini di borsa o da mercuriali, in quanto la natura concorrenziale insita nel prezzo offerto dal mercato di riferimento elude in nuce ogni possibilità di provvedere alla individuazione dell'acquirente per il tramite di una gara tra offerenti. 2. Le modalità competitive della liquidazione concorsuale L"art. 107 individua nelle procedure competitive il modello decisionale di selezione dell'acquirente dei beni di pertinenza fallimentare: la natura indeterminata del rinvio rende evidente l'opzione del legislatore verso un modello decisionale caratterizzato dall'estrema concretezza, votato alla recezione delle dinamiche concorrenziali del mercato. Allo stato è forse concretamente possibile operare una prima previsione dei modelli decisionali di relazione con il mercato instaurabili dalle procedure fallimentari, pur nella consapevolezza che l'assenza di ogni paradigma processuale introduce rischi classificatori e cadute descrittive: - vendite a trattativa privata: il ricorso alla trattativa privata risulta ammesso in via implicita dal legislatore della novella nella sola ipotesi di vendita attuata per i beni di modesto valore, laddove si esclude la necessità di dare ingresso a procedure competitive di selezione dell'acquirente: la trattativa privata e per il suo tramite, la relazione informale del curatore con gli interessati, si porrà come modello celere di alienazione di beni il cui valore non renda necessario manifestare quelle connotazioni di terzietà e di evidenza concorsuale insite nell'assunzione di modelli competitivi; - vendite a procedure competitive semplificate: se un primo modello decisionale è dato rintracciare nell'opzione legislativa in commento, questo è sicuramente rinvenibile nella vendita mobiliare a offerte private, nelle quali la migliore dottrina e la prassi pressoché costante riconoscevano al giudice delegato margini di discrezionalità nel decreto autorizzativo quanto a determinazione più o meno estesa di modalità specifiche della vendita, con connessa maggior o minore estensione dei poteri del curatore quanto ad autonoma articolazione e conduzione della fase di individuazione dell'acquirente 20. A differenza del modello delineato dall'art. 106 previgente, in forza del quale il giudice poteva anche devolvere al curatore la ricerca informale e la scelta dell'acquirente, fissando solo il prezzo e il tempo del suo pagamento, la procedura competitiva si porrà come condizione ineludibile di individuazione del contraente da parte del curatore: detta individuazione che dovrà avvenire secondo il modello della gara tra gli offerenti (ossia della ed. licitazione privata), selezionati all'esito di una fase esplorativa fortemente condizionata dalle imprescindibili for- 20 Per l'analisi minuziosa della vendita a trattativa privata, si veda BONSIGNORI, La liqui- 'l'izione dell'attivo, cit., 97 ss.

me di pubblicità disposte per i singoli beni. Rispetto alla vendita a trattativa privata, normalmente preceduta da trattative informali, la vendita in esame risulta strutturata sulla possibile competizione tra gli offerenti e quindi su una gara, che presuppone la coincidenza di luogo e di tempo nella manifestazione delle offerte e la possibilità di successione incrementale nelle offerte medesime. A tal fine, lo schema base della gara tra gli offerenti sarà necessariamente costituito dall'indicazione degli elementi minimi della stessa, quali il prezzo base 21 e le modalità di corresponsione 22, elementi questi implementabili in forza di ogni altra ed ulteriore condizione che risulti necessaria alla proficua alienazione dei beni, quali ad esempio l'asseverazione dell'offerta in forza di caparra confirmatoria 23 ; - vendite a procedure competitive rigide: le vendite normalmente realizzate nelle amministrazioni straordinarie costituiranno lo schema di maggiore certezza operativa, con l'ordinaria assunzione a modello di relazione con il mercato della vendita con incanto e senza incanto, sia pur rivisitato nel valore degli istituti interessati dall'esperimento di vendita: divisione in lotti, indicazione di un prezzo base d'asta, forma scritta per la formulazione dell'offerta, sua asseverazione per il tramite di una caparra confirmatoria, luogo di apertura delle buste e dell'eventuale gara tra più offerenti, la misura minima degli aumenti di prezzo, il termine per il versamento del prezzo, si porranno come condizioni ordinarie minime di operatività della procedura selettiva in quanto generalmente condivise da ogni modello decisionale di relazione con il mercato che si vuole animato da momenti di forte terzietà. All'esito dell'esame proposto, devono conseguentemente escludersi: - tutte quelle procedure di selezione dell'acquirente che non conoscano una fase competitiva tra gli offerenti, quali ad es., le procedure ad offerte chiuse, in cui si procede alla scelta in favore dell'offerta maggiore senza un'ulteriore gara tra gli interessati: tale modalità di scelta dell'acquirente non soddisfa quella connotazione di competitività normalmente legata - già nel paradigma delle procedure esecutive - alla gara, in cui l'individuazione dell'acquirente avviene all'esito del concorso di offerte contestualmente formulate dagli interessati, in una successione valoriale per cui l'offerta maggiore esclude l'offerta minore 24 ; 21 Cfr. PROVINCIALI, op. cit., 1639; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 97; CUNEO, op. cit., 1248; contro Trib. Milano, 10 gennaio 1959, in Giur. il., 1959, I, 2, 654, con nota di TRAVI, Profili e questioni in tema di vendita fallimentare, 656; contra AZZOLINA, // fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1961, II, 857. 22 Cfr. PROVINCIALI, op. cit., 1639; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 97. 2 ' Non essendo possibile un richiamo tecnico alla cauzione di cui all'art. 576 c.p.c. e al regime di cui all'art. 587 c.p.c, per i motivi di cui infra, nel testo. 24 Sia consentito il rimando a LICCARDO, / modelli decisionali della vendita coattiva nelle leggi 14 maggio 2005, n. 80, 28 dicembre 2005, n. 263 e 24 febbraio 2006, n. 52: ovvero della qualità delle leggi o delle leggi senza qualità, in www.judicium.it; Io., L'esecuzione immobiliare:prassi applicative e prospettive di riforma, in Doc. Giust., 1997,359 ss; ID., Brevi note sul disegno di legge Panelli-

- tutte quelle procedure che prevedano la possibilità che all'inadempimento dell'acquirente subentri automaticamente l'ultimo degli offerenti in aumento, non essendo dato procedere a forme di recupero delle competizioni realizzate senza alterare il senso e il valore dell'esperimento di selezione dell'acquirente: al riguardo, deve osservarsi come le modalità competitive realizzino la loro natura selettiva nell'atto ultimo di individuazione dell'acquirente, essendo ogni atto prodromico alla stessa rilevante nella misura e limitatamente al tempo in cui non risulti superato da un'altra offerta. L'inadempienza dell'acci uirente costituirà motivo per la retrocessione della procedura alle fasi di nuovo avvio, senza alcuna possibilità di reintegrazione degli esiti parzialmente conseguiti. L'assenza di ogni richiamo normativo alle procedure di scelta dell'aggiudicatario rende evidente peraltro che l'aggiudicazione al miglior offerente costituisce un mero atto di individuazione dell'acquirente, come tale preliminare e preparatorio al successivo contratto di vendita, alla cui stipula va ricondotto ogni effetto traslativo: in altri termini, è da escludere che possa parlarsi di aggiudicazione nell'accezione propria delle procedure esecutive, ovverosia quale vincolo della potestà giurisdizionale ad emettere gli atti conclusivi della vendita in favore di un soggetto determinato dai meccanismi selettivi della gara 25, in quanto la rescissione di ogni legame diretto tra procedure esecutive e operazioni di liquidazione si manifesta in pieno nell'impossibilità di riconoscere natura conclusiva all'intervento autoritativo del giudice. Ciò determina l'impossibilità, rispetto alla disciplina previgente: - di dare ingresso a quelle forme di autotutela proprie del processo esecutivo quali la dichiarazione di decadenza dall'aggiudicazione e la confisca della cauzione previste dall'art. 587 c.p.c, potendo il curatore richiamare le sole forme di tutela originariamente dedotte nella procedura di individuazione dell'acquirente, quali ad esempio quelle ordinarie di cui all'art. 1385 ce. 26 ; - di richiamare il meccanismo della diserzione degli incanti, con gli automatismi di rideterminazione del prezzo base propri del nuovo art. 591 c.p.c. dovendo la disciplina di tali ipotesi essere per intero rimessa al programma di li- A.C. 3272/C/XIII, recante «Modifiche al codice di procedura civile in materia di espropriazione forzala immobiliare», in Riv. esecuzione forzata, 2000,580; ID., La ragionevole durata del processo esecutivo:/'esperienza del Tribunale di Bologna negli anni 1996-2001 ed ipotesi di intervento, ivi, 2001.566. 2 " Cfr. Cass., 29 aprile 1988, n. 3236, in Fall, 1988,766, con nota di BOZZA, La revoca dei provvedimenti autorizzativi della vendita dei beni mobili al miglior offerente, 958; Id., 19 novembre 1^92, n. 12384, ivi, 1993,371; Id., 26 novembre 1993, n. 11729, ivi, 1994,563. ~ 6 Sulla funzione della caparra, per la sua assimilazione ad una penale, con conseguente applicabilità dell'art. 1384 ce. si veda TRIMARCHI, voce «Caparra (diritto civile)», in Enc. Dir., VI, Milano. 1960,202; cantra, DE NOVA, Le clausole penali e la caparra confirmatoria, in Tratt. Rescigno, 'l'orino, 1995,423.