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S i s t e m a d i v a l u t a z i o n e d e l l e p r e s t a z i o n i d e i d i p e n d e n t i

Transcript:

c.lusters re.think a.bout smart cities Sviluppo di network per il governo condiviso del territorio: proposte per i percorsi partecipati di smart specialization della Puglia tesi di master a cura di arch. cecilia surace relatore prof. giuseppe de luca Università degli Studi di Firenze Master di II livello Il progetto della Smart City a.a. 2013-14

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Se tu hai una mela e io ho una mela e ce le scambiamo, abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un idea e io ho un idea e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee. George Bernard Shaw 3

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Indice: Premessa (fortemente critica) 1.Architettura spontanea e design d autore: il ruolo dell architetto oggi. Ovvero: del fallimento delle periferie ed altri disastri. 2.La pianificazione nell era di Wikipedia: creare reti per la diffusione della conoscenza e per il governo condiviso del territorio 2.1. L'Open Government, una sfida sociale 2.2. Buone pratiche di progettazione partecipata 2.3. L Open Gov in Italia 3.Declinare l Open Government: nuovi paradigmi di governo del territorio 4.Lo scenario pugliese: condivisione, inclusione sociale, collaborazione per un governo smart del territorio. Percorsi possibili. 4.1 Alcuni esempi di clusters spontanei pugliesi Conclusioni (fortemente speranzose) Bigliografia e sitografia Altre fonti Grazie! pag.5 pag.7 pag.11 pag.23 pag.24 pag.26 pag.30 pag.33 pag.39 pag.48 pag.60 pag.65 pag.67 pag.68 5

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Premessa (fortemente) critica Il termine smart city è per certi versi assolutamente fuorviante. Una città può essere definita smart per molti motivi: le infrastrutture, le tecnologie, la capacità di rispondere in maniera veloce a un bisogno o di offrire un servizio efficiente. Tuttavia quando si parla di smart city tutti immaginano uno scenario futuristico in cui le auto viaggiano senza rumore né inquinamento su autostrade sopraelevate e in cui tutti i servizi sono efficienti, rapidi, digitali, wireless. In questo momento storico in Italia è tuttavia probabilmente più utile soffermarsi sul concetto di smart city intesa come città che utilizza nel modo migliore le proprie risorse territoriali, economiche, culturali, sociali, infrastrutturali per produrre occupazione, inclusione sociale, per innescare meccanismi virtuosi e processi di rigenerazione urbana, evitando gli sprechi finanziari e il consumo di risorse limitate. In particolare è necessario che la città intelligente proponga nuovi modelli di gestione urbana, strutturando il governo del territorio in modo che i cittadini non subiscano decisioni imposte dall alto, ma partecipino invece al processo decisionale, facendosi sensori umani di percezione per misurare la qualità della vita nelle città e, nel migliore dei casi, progettando la città e i 7

servizi necessari insieme alla Pubblica Amministrazione, fornendo opinioni, idee e persino competenze. In un Paese profondamente segnato dalla crisi economica e soprattutto ancora privo di quelle infrastrutture che dovrebbero caratterizzare l ossatura della città su cui lavorare, sognare edifici progettati utilizzando i più moderni sistemi di domotica o contenenti quella che viene definita ICT (Information and Communication Technology) può essere certamente accattivante, tuttavia non solo è utopistico dal punto di vista economico, ma costituisce un errore progettuale. Proprio come per costruire un edificio si parte dalle fondazioni, passando poi allo scheletro strutturale in elevazione, ai muri perimetrali ed alla copertura, per poi realizzare le rifiniture, allo stesso modo le nostre città, per diventare veramente smart, dovranno ricominciare da ciò che ha dato origine al processo di urbanizzazione, ovvero dalla morfologia e dal tessuto sociale delle città. In questo momento l Italia non possiede né le capacità economiche né la forma mentis sviluppata in venti, trenta, quarant anni di pianificazione smart di altri Paesi europei, in particolare quelli del Nord Europa, che lavorano sulle strutture e sovrastrutture delle smart city da molto prima che si cominciasse a chiamarle in questo modo; per questo motivo risulta inutile lo studio e l applicazione passiva dei modelli europei ai casi italiani, o l utilizzo di fondi europei per la mera fornitura di materiali e servizi high-tech di cui l utente medio non comprende ancora l uso, nonché totalmente scollegati dalla realtà territoriale, che spesso versa in condizioni assai critiche. In Italia occorre costruire qualcosa che in 8 molti Paesi del mondo già esiste. L idea di patrimonio comune.

Un esempio semplice. Cosa succede se lasciate un vaso da fiori sui tavolini da pic-nic in un parco in Germania? La gente lo riempie di fiori perché tutti ne possano godere. Cosa succederebbe se lo facessimo in Italia? Il vaso il giorno dopo adornerebbe la tavola di una sola famiglia e il tavolino nel parco pubblico resterebbe sguarnito. Ecco, l Italia deve imparare a comprendere il concetto di bene comune per poter avere una speranza di diventare un territorio fertile per la nascita e la crescita di smart cities.il primo passo per fare questo è collaborare, che significa lavorare insieme, cittadini con cittadini, istituzioni con istituzioni e cittadini ed istituzioni insieme. Come dimostra la nascita della figura del social innovator, le nostre realtà urbane hanno urgente bisogno di risposte nuove a piccole domande quotidiane, le quali risposte, se ben formulate, possono essere la chiave di volta per la crescita reale delle città italiane. Dunque il cambiamento non risiede nella realizzazione di architetture sbalorditive, seppur dall alto valore simbolico, come quelle di Expo 2015, le quali senza un adeguato tessuto sociale ed infrastrutturale sono destinate a diventare cattedrali nel deserto, bensì ripartendo dalla qualità dello spazio comune, dalle persone, dai punti di forza dei territori, nella collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini, non più visti come semplici utenti ma bensì come parte attiva della città. In questo studio proverò a capire quali sono le strategie da adottare per una pianificazione bottom-up di successo, quali le criticità di questa tipologia di approccio riscontrate in operazioni similari, fallimentari o rappresentanti le best practices, passate e presenti, straniere o italiane, ma soprattutto quali gli scenari che il governo 9

condiviso del territorio può spalancare per le regioni italiane. In particolare mi soffermerò sul caso della Puglia, la regione dove sono nata e in cui vivo e che quindi conosco meglio, analizzando il tessuto associativo socialmente e culturalmente ricco della mia regione, per dimostrare che, se è vero che le città pugliesi ottengono punteggi bassi sul grado di tecnologia dei servizi urbani, allo stesso modo è vero che sfruttando le risorse territoriali e climatiche, economiche e turistiche, ma soprattutto umane si possono sviluppare strategie alternative per il processo di smart specialization della Puglia, attraverso percorsi di coinvolgimento della popolazione locale nel governo del territorio. 10

1.Architettura spontanea e design d autore: il ruolo dell architetto oggi Ovvero: del fallimento delle periferie ed altri disastri Sapete, è sempre la vita ad avere ragione e l architetto ad avere torto Le Corbusier citato da Philippe Boudon In Architettura Open Source (2014) di Carlo Ratti, lettura che è stata per me fonte di ispirazione e riflessione, l autore all inizio del capitolo Architetture dal basso: un modo di costruire senza tempo propone la citazione di Le Corbusier che ho richiamato all inizio di questo paragrafo. gper chi studia l architettura questa frase non è semplice da comprendere, né tantomeno da digerire. Occorre però calarsi nei panni dell autore, che certamente non soffriva di quello che gli inglesi chiamano understatement, per comprendere che si tratta di una dolorosa conclusione a cui uno dei più famosi architetti della storia è giunto, in seguito ad una serie di esperienze indirette e dirette, come quella di Pessac. L architettura è la disciplina che si occupa del progetto degli spazi per la vita e pertanto un architetto dovrebbe conoscere alla perfezione le abitudini e le necessità di chi dovrà abitare un luogo progettato e costruito. Se questo appare semplice per una singola abitazione, e può risolversi con l indagine diretta presso il committente, le cose si complicano quando sono interi nuovi quartieri a dover essere progettati. Le nostre città sono costellate di esperimenti malriusciti: 11

spesso sono le periferie, i quartieri di nuova concezione, lontani dai flussi centrali della città, quelli che presentano maggiori criticità, costituendo nella fattispecie dei veri e propri fallimenti. Dallo Zen di Gregotti a Palermo, al serpentone di Corviale a Roma, progettato da un team di validissimi architetti che si poneva in qualche modo sulla scia del famosissimo quartiere di Pessac, appunto, progettato da Le Corbusier sul modello della Maison Domino, una vera a propria città in scatola con servizi e spazi comuni a parte gli esempi sono molteplici. I motivi della pessima riuscita di questi quartieri, che oggi li rendono protagonisti di una serie di studi e progetti di ricerca universitari di recupero architettonico e di rilancio sociale, sono molteplici, ma la prima riflessione operata da Ratti si diparte dal confronto tra l architettura contemporanea, progettata, e l architettura del passato, spontanea. Nel 1965 Bernard Rudofsky, architetto e studioso, presentò al MoMa di New York una mostra con pubblicazione annessa dal titolo Architecture without architects: a short introduction to a non-pedigreed architecture ( Architettura senza architetti: una breve introduzione all architettura non blasonata ). La mostra intendeva offrire una lettura rivalutativa dell architettura vernacolare, lanciando una vera e propria sfida a quelle che oggi potremmo definire le archistar del suo tempo ed in generale a tutta l architettura autoriale. Questa operazione è straordinaria perché a distanza di mezzo secolo è ancora attualissima. Il mio progetto è apertamente polemico dice Rudofsky in quanto mette a confronto la serenità dell architettura nei cosiddetti paesi sottosviluppati con il degrado architettonico dei paesi industrializzati. [ ] C è così tanto da imparare dall' 12

Architettura spontanea_trulli_alberobello (BA)_2013 13

architettura prima che diventasse un arte per esperti. Osservando i centri storici italiani ed in generale i fortissimi caratteri morfologici e costruttivi regionali, che ancora oggi costituiscono l identità forte delle città italiane, questo si evince chiaramente. Per citare esempi locali relativi alla mia regione di provenienza, la Puglia, le masserie della Murgia, i Trulli, le coperture a pignon della Valle d Itria, con il tempo hanno costituito il paesaggio urbano o rurale dei nostri territori, portando con sé tradizioni costruttive che si perdono nella notte dei tempi e retaggi culturali relativi alla forma degli edifici, strettamente correlata alla loro funzione. Ancora oggi i centri storici e le costruzioni di antica tradizione costituiscono le parti più evocative e suggestive delle nostre città, pur essendo frutto per la maggior parte del lavoro autonomo delle antiche maestranze e dunque esempi di quella che Rudofsky definiva architettura senza architetti. Le città in grado di rinnovarsi, plasmandosi in base a tutti i generi di cambiamenti, mantenendo un certo equilibrio interno ed una certa organicità di forma e funzione, oggi vengono dette resilienti. Tuttavia negli anni 50 e 60, quando gli architetti hanno progettato le periferie, che oggi costituiscono delle vere e proprie ferite ancora aperte sul territorio, hanno probabilmente sovrastimato la resilienza della città attorno ad un elemento totalmente nuovo, immaginando dinamiche di utilizzo degli spazi che poi non si sono verificate, o cambiamenti dei flussi del traffico veicolare, che non hanno trovato interesse a manifestarsi, come era nelle intenzioni del progettista. Spesso la voglia di sperimentare, come nel caso delle unité d habitation di 14

Le Corbusier a Marsiglia, in cui l architetto ha cercato di sviluppare un modulo abitativo minimo seppur funzionale a tutte le attività da svolgere in casa, che consentisse anche di contenere i prezzi degli appartamenti, ha prodotto inevitabilmente architetture di bassa qualità abitativa. Come è avvenuto per Corviale, o anche per il quartiere Enziteto di Bari, gli spazi che i progettisti avevano riservato a funzioni comuni o ai servizi o agli esercizi commerciali, non sono mai stati utilizzati per gli scopi previsti, gli abitanti se ne sono appropriati cambiando la destinazione in base alle proprie esigenze, oppure li hanno totalmente abbandonati, non trovando convenienza, economica o di altro tipo, nel loro utilizzo. Il fallimento della progettazione delle periferie è una vera e propria piaga che ad oggi affligge le nostre città, causando innumerevoli problemi, dallo sviluppo di un fitto tessuto di criminalità, all assoluta assenza di servizi e luoghi di aggregazione, che porta all alienazione degli abitanti i quali, ormai stanchi di abitare zone della città che i piani e le amministrazioni sembrano aver dimenticato e alla ricerca di un capro espiatorio, protestano contro l invasione degli immigrati, che in questi luoghi trovano alloggi alla portata delle proprie tasche. Si tratta del risultato della speculazione edilizia propria degli anni Sessanta in Italia, quella raccontata dal film di Francesco Rosi Le mani sulla città del 1963, nel quale il regista denuncia i meccanismi attraverso cui interessi politici ed economici coincidevano, in un fenomeno comune a tutte le metropoli. Rosi parlava di Napoli, ma è evidente guardando il film, che la città che fa da sfondo potrebbe essere una qualsiasi città italiana, tanto più che Napoli viene 15

16 Architettura progettata_quartiere di Enziteto_Bari_Creative city: progetto di street art Pigment Workroom per riqualificare il quartiere_estate 2014 (foto:la Repubblica.it)

nominata una volta sola in tutto il film. Il regista dichiarò all epoca: L'aspetto negativo della speculazione immobiliare non consiste soltanto nella distruzione della città e nell'aspetto caotico che essa assume, ma anche nella distruzione di una cultura a vantaggio di un'altra in cui l'uomo non trova più posto una dichiarazione che oggi appare assai profetica, come del resto tutto il film, se abbiamo la necessità di porre di nuovo l uomo e le sue esigenze al centro del dibattito sull espansione urbana. Nel 1966, pochi anni dopo, Adriano Celentano cantava Il ragazzo della via Gluck, riferendosi a se stesso, cresciuto nel Quartiere Greco alla periferia nord-est di Milano, con il tempo inglobato dall espansione della città, tanto da ispirare gli arcinoti versi del cantante Là dove c era l erba ora c è una città e quanto segue. La consapevolezza di questo progressivo degrado, cominciato con l arricchimento di costruttori e politici e degenerato in lotte sociali e con la trasformazione delle periferie in quartieri generali della criminalità organizzata è ormai sopraggiunta, tanto che ancora oggi questo tema viene ripreso in molti film e canzoni, che sono spesso il mezzo culturale più immediato per la diffusione di un messaggio. In proposito mi viene in mente una recente canzone di Mario Venuti intitolata Ventre della Città : Vite di quartieri/venuti male/la tangenziale/la ferrovia/le notti insonni girando in auto/per la sacra periferia/storie di Corviale/di Quarto Oggiaro/di Scampia/ di Librino e Zen/sono conficcate come pugnali/nel ventre della città C è chi dorme male/sogna di scappare [ ] c è chi non la legge/solo dentro ai libri/la cerca altrove la poesia [ ] 17

Che di poetico, nelle periferie non ci sia assolutamente nulla e che esse rappresentino ormai una criticità che necessita di provvedimenti urgenti, se n è accorto finalmente! anche Renzo Piano, archistar per eccellenza e senatore della Repubblica, che con il suo progetto sociale di Rammendo delle periferie ha tentato di riportare l attenzione su un problema che le amministrazioni hanno per troppo tempo trascurato. L idea di Piano è quella di puntare su un team di sei giovani architetti che dovranno intervenire sulle periferie trasformandole, senza distruggerle. Si deve intervenire con il bisturi, non con la ruspa o il piccone.[ ]La prima cosa da fare è non costruire nuove periferie. Bisogna che le periferie diventino città ma senza ampliarsi a macchia d olio, bisogna cucirle e fertilizzare con delle strutture pubbliche - dice Renzo Piano in un articolo apparso sul Sole 24 Ore (26 gennaio 2014), sottolineando l importanza di implementare i trasporti pubblici, investendo su questi e non sulla costruzione di ulteriori parcheggi multipiano, oltre che di intervenire sull efficientamento energetico degli edifici esistenti. Si parla quindi di rigenerazione urbana e le periferie vengono definite come la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Il valore sociale dell architettura è probabilmente quello che gli architetti devono riscoprire per imparare dagli errori del passato e poter tentare un nuovo approccio alla pianificazione e alla rigenerazione delle cellule di tessuti abitativi dilaniati come quelli dei sobborghi italiani. Già Lewis Mumford ne La città nella storia considera l architettura più per il suo valore sociale che come forma creativa o novità tecnologica. Marco Romano parla di cittadinanza morale e cittadinanza materiale, inscindibili tra loro. 18

Nonostante questo sia ormai diventato un imperativo morale per chi ha fatto dello studio dell architettura e della città la propria missione, credo che sia necessaria ancora un opera di sensibilizzazione su questi temi, a partire dall università. Fin dal primo anno agli studenti viene insegnato che i progetti devono essere esteticamente piacevoli, ben disegnati, dalla resa grafica più accattivante possibile, perché devono rappresentare nell immaginario comune uno scenario avveniristico, una visione alternativa allo stato dei luoghi. Questo è in parte vero, infatti non si può prescindere dalla dimensione immaginifica dell architettura, altrimenti il processo creativo ne risentirebbe enormemente. Tuttavia occorre ricordare che l architettura è sì, un arte, ma un arte con legame indissolubile con la realtà, perciò non può fare a meno di confrontarsi con implicazioni di natura pratica, dovendo dare risposte concrete a problemi di vario genere. Già Vitruvio nel De Architectura enunciava i tre requisiti che un edificio deve possedere: utilitas (funzione), firmitas (solidità statica) e venustas (qualità estetica). Molto più avanti Ludovico Quaroni rileggerà questi tre aspetti secondo una propria interpretazione: l utilitas è rappresentata dalle necessarie strutture per lo svolgimento di tutte le funzioni dell uomo nella società: gli spazi per la vita devono soddisfare il più possibile specifiche richieste e in particolare devono essere durevoli nel tempo, solidi, resistenti agli agenti atmosferici, sicuri: ecco la firmitas. Queste due operazioni non devono per Quaroni essere svolte a caso da un individuo qualsiasi ma da esperti operatori quali sono gli architetti, i quali, imparando dalle esperienze del passato ed attenendosi alle 19

regole del presente, sapranno trovare la forma esteticamente migliore (venustas) per fondere l utilitas alla firmitas. Ecco il ruolo dell architetto, il cui compito più difficile è appunto riconoscere e intuire la venustas come elemento di crasi tra gli altri due necessari requisiti dell edificio. La dimensione sociale dell architettura è strettamente connessa con l utilitas. In passato l uomo ha sentito il bisogno di compiere i due gesti primordiali del costruire:recingere uno spazio, per delimitarne i confini di proprietà, per distinguerlo dallo spazio di nessuno attorno, per sentirsi protetto in un luogo di propria appartenenza e coprire lo stesso spazio, riparandolo dalle intemperie, proteggendolo dagli attacchi degli uomini e degli animali, rendendolo sicuro ed a tutti gli effetti definito in tre dimensioni. Per compiere questi gesti l uomo ha utilizzato il materiale presente in natura, di cui il territorio dove viveva abbondava. La pietra, nelle aree mediterranee, il legno in quelle continentali. È così che sono nate le tecniche e le tradizioni costruttive, l architettura sociale come arte collettiva che ha generato i caratteri tipici delle città. L architetto è venuto dopo, ma ha raccolto la difficile sfida di inserirsi in questo processo, fino ad un certo momento della storia autonomo, per guidarne ed orchestrarne gli attori. Ratti osserva che è da Vasari in poi che si è sentito il bisogno di dare un autore a qualsiasi opera, architettonica o artistica che fosse, esaltando la paternità delle opere e generando la piaga della sovrastima del design d autore. Gli effetti sono ben visibili oggi: se guardiamo agli ultimi più importanti concorsi di idee per la realizzazione di opere pubbliche in Italia possiamo notare che le amministrazioni optano sempre più di frequente per la vittoria dei soliti 20

noti, professionisti che sul progetto mettono solo la firma, che in molti casi sono completamente slegati dal territorio su cui stanno operando, che non lo conoscono e non si preoccupano di farlo, generando progetti impossibili da realizzare oppure completamente estranei al luogo cui dovranno appartenere, che si inseriranno sul territorio con la delicatezza di un elefante in una cristalliera, dando vita più ad elementi di disturbo che ad interventi di avvio di una progressiva rigenerazione, come in effetti sarebbe auspicabile. Il ruolo dell architetto e quello del pianificatore territoriale sono più che mai complessi e assolutamente cruciali in questo momento storico ed economico, in Italia. Si tratta di lavorare insieme per comprendere le esigenze di un territorio, i bisogni sociali e le potenzialità inespresse e latenti e di progettare cercando di valorizzare i punti di forza delle città e di attenuarne le criticità attraverso soluzioni efficaci. Questa deve essere la misura della smartness delle nostre città. 21

22 Il buon progetto: intersezione tra utilitas, firmitas e venustas (immagine tratta dal sito www.thisisindexed.com)

2.La pianificazione nell era di Wikipedia: creare reti per la diffusione della conoscenza e per il governo condiviso del territorio Open Government: Con tale espressione(letteralmente "governo aperto")"si intende un concetto di governance a livello centrale e locale, basato su modelli, strumenti e tecnologie che consentono alle amministrazioni di essere aperte e trasparenti nei confronti dei cittadini. In particolare l'open government prevede che tutte le attività dei governi e delle amministrazioni dello stato debbano essere aperte e disponibili, al fine di favorire azioni efficaci e garantire un controllo pubblico sull operato. Questa è la definizione di Open Government riportata da Wikipedia, enciclopedia libera on-line, nata nel 2001 e alla cui implementazione tutti gli utenti del world wide web possono dare il proprio contributo culturale gratuito, inserendo voci o ampliando e migliorando quelle già esistenti, in tantissime lingue, in un ottica di crowd-sourcing, pratica di condivisione dei saperi per la realizzazione di un progetto comune. Wikipedia, i programmi, i sistemi operativi, i browser open source (che significa aperti, gratuiti, fruibili da tutti gli utenti) come Linux o Mozilla Firefox, i social network come Facebook, Twitter, LinkedIn, Pinterest, Instagram sono tutti basati sul principio della condivisione. Si condividono pensieri, frasi, offerte e ricerche di lavoro, programmi e plug-in per il computer, immagini, fotografie, file audio e video, informazioni di ogni genere, in tempo reale. Condividere però significa anche esporre le proprie idee, decisioni, affermazioni al giudizio e al confronto con gli altri, coloro che, ad esempio, su facebook possono esprimere il proprio consenso con un like o commentare. Questo è al contempo un rischio ed una ricchezza ed è probabilmente ciò che ha ispirato 23

lo strumento dell open government come un modello più democratico e maggiormente inclusivo di governo del territorio. In una proporzione matematica si potrebbe dire che il principio dei social network sta all open government così come quello di Wikipedia sta alla progettazione partecipata. 2.1. L'Open Government, una sfida sociale Negli ultimi anni cittadini e imprese hanno invocato a gran voce una maggiore apertura e trasparenza delle istituzioni, chiedendo margini più ampi di partecipazione alle decisioni locali. La condivisione di informazioni offre la possibilità ai cittadini di essere coinvolti nel processo decisionale, ma lo svecchiamento delle Pubbliche Amministrazioni in questo senso non è sempre agevole e coadiuvato dall apposita legislazione. I pilastri dell Open Government come sostiene Laura Sartori, docente di sociologia generale all Università di Bologna sono individuabili nella trasparenza e nella partecipazione, cui va aggiunta la collaborazione, quale meccanismo di raccordo tra le due precedenti. La trasparenza è il principio secondo cui tutti i processi decisionali delle amministrazioni vengono propagandate e mostrate attraverso i media; attraverso politiche di e-government vengono condivise, insieme a tutti i relativi dati, su internet, alla portata di imprese e cittadini: si tratta di un atto di fiducia che l amministrazione compie nei confronti del cittadino e di un offerta di spunti per il confronto costruttivo. La partecipazione è la pratica di coinvolgimento dei cittadini all interno del processo decisionale e di pianificazione del territorio, che può migliorare attraverso l apporto di idee ed esperienze eterogenee per provenienza. Il principio di collaborazione riguarda le relazioni tra i diversi 24

livelli di governo (nazionale, regionale, locale) e tra questi e i privati. Ricerche internazionali hanno evidenziato che l accesso facilitato alle informazioni del settore pubblico ha migliorato la performance economica e la gestione burocratica e al contempo ridotto la corruzione e lo spreco di risorse pubbliche. Oltre ciò ci sono ottimi riscontri per quanto riguarda la relazione positiva tra una comunità di cittadini informati e la qualità del tessuto sociale della stessa comunità, la fiducia nelle istituzioni, la qualità dei servizi, la quale a sua volta può contribuire a influenzare positivamente la percezione dei cittadini nei confronti della governance locale. Il paradigma dell Open Government si è imposto inizialmente negli Stati Uniti, acquisendo crescente importanza nell agenda politica. Barack Obama nel dicembre 2009 firma il memorandum destinato ai direttori dei dipartimenti e delle agenzie federali, dall evocativo titolo Trasparenza e Open Government. È un primo atto simbolico che ha il fine di rendere omaggio alla vittoria elettorale del presidente basata, appunto, sulla partecipazione dei cittadini, sia nelle forme più tradizionali, che in quelle innovative: la campagna elettorale di Obama è stata infatti la prima ad avvalersi di facebook ed in generale ad utilizzare il social networking per la diffusione del programma e per la raccolta di opinioni dei sostenitori. Gli USA hanno registrato, a partire dal 1958, un inversione di tendenza in seguito alle politiche di governo basate sulla totale segretezza delle decisioni, tipica degli anni del dopoguerra e della guerra fredda, sviluppando un tessuto culturale e costituzionale adeguato a sostenere la riforma dell Open Government e le iniziative di pianificazione partecipata. 25

2.2. Buone pratiche di progettazione partecipata Un esempio di best practice americana è l iniziativa Cities of Service, nata a New York nel settembre 2009, ideata della fondazione Bloomberg Philantropies e dalla Rockfeller Foundation in collaborazione con un gruppo di 17 sindaci americani con il fine di far convergere le energie dei cittadini in progetti per lo sviluppo sostenibile delle città. Le amministrazioni che hanno deciso di adottare questo metodo collaborativo hanno prodotto e pubblicato on-line sul sito www.citiesofservice.org un City service plan contenente tutti i progetti e le iniziative individuati come prioritari per cui è richiesta la partecipazione di cittadini volontari, che possono scegliere il progetto per il quale offrire la propria collaborazione, navigando per area tematica. Oggi sono 202 le città americane che hanno aderito con ottimi risultati a questo nuovo modello di governo locale, che fa leva sulle capacità e sulle energie dei cittadini per affrontare le sfide urbane quotidiane. Alcune iniziative riguardano interventi edilizi come l efficientamento energetico delle abitazioni di residenti a basso reddito, come è accaduto a Nashville, oppure si tratta di iniziative sociali come una campagna per la lotta all obesità infantile lanciata dal sindaco di Little Rock, che ha coinvolto direttamente gli studenti delle scuole elementari per la diffusione di informazioni su una corretta alimentazione. 26

Il successo di questo modello basato sulla collaborazione e sull inclusione attiva dei cittadini il tutto coordinato tramite tecnologie VGI (Volunteered geographic information) ha suscitato l interesse del governo inglese che ha individuato otto città pilota per la sperimentazione di questo tipo di open local government. La Gran Bretagna, comunque, sperimenta già da qualche anno forme di pianificazione dal basso, data la presenza attiva sul territorio, di innumerevoli associazioni in difesa del patrimonio culturale, architettonico, ambientale. Un caso che ho avuto modo di studiare è ad esempio quello del quartiere di Dalston, quartiere dell estend londinese, che ha subito interventi di rigenerazione a partire da interventi co-progettati con gli abitanti. Si tratta di un esempio emblematico in quanto un team di progettisti ha coordinato la fase di analisi e di scelta degli interventi diffusi da realizzare, in accordo con stakeholders e cittadini. L obiettivo era senz altro quello di implementare lo spazio pubblico progettandolo sulla base delle attività socio-culturali già presenti sul territorio. Il progetto, intitolato Making space in Dalston ha l ambizione di rileggere lo spazio pubblico come spazio condiviso e di dare origine a nuove microeconomie, di alimentare quelle esistenti, interpretando bisogni e desideri dei residenti. Dopo aver consultato circa 200 associazioni vengono fuori 76 interventi possibili, costituiti da azioni a carattere temporaneo, progetti ad interim e progetti a configurazione stabile; da questi 76 vengono individuati 10 progetti da realizzare con il budget a disposizione e tutta la fase progettuale è accompagnata tramite tavoli di confronto tra progettisti e residenti, l accessibilità agli elaborati 27