Puddu Marcello Operatore dei Beni Culturali percorso Beni Archeologici A.A. 2014-2015 Il Retablo di Tuili o Retablo di San Pietro Tuili è un piccolo borgo che si erge ai piedi dell'altipiano della Giara, a pochissimi chilometri dal celeberrimo Nuraghe "Su Nuraxi" di Barumini, nella provincia di Villacido-Sanluri. Antico insediamento dal tessuto edilizio ben conservato - secondo le semplici forme dei borghi rurali della Sardegna - è caratterizzato dalle abitazioni tipiche della Marmilla, contraddistinte dalla "lolla", un ampio loggiato che occupa l intera facciata della casa e dal quale prendono luce tutte le stanze che vi si affacciano, fra loro indipendenti. Pur rappresentando indubbiamente la Sardegna, "sa lolla" (la cui definizione deriva dalla loggia toscana) sembra creare un atmosfera che sa di Spagna. È opinione diffusa, infatti, che tale schema compositivo sia di derivazione catalana. In realtà esso esisteva nell isola prima della venuta degli aragonesi. Nella parte alta del paese sorge la Parrocchiale di San Pietro Apostolo, di stile Gotico-Catalano, eretta nel XV secolo e consacrata alla fine dello stesso (1489). Alla chiesa appartiene una piccola ma pregevole raccolta di opere d'arte; in particolare, nella prima cappella trova spazio un grande retablo, realizzato dal Maestro di Castelsardo, considerato un capolavoro della pittura sardo-iberica (1489-1500), corrente artistica che ha radici nelle frastagliate colline di Macomer (NU), dove si concluse l'ultima guerra sarda tra l'arborea e L'Aragona. La resistenza del Marchesato di Oristano, guidato dal Marchese Leonardo d'alagon, nulla potè contro l'esercito aragonese, capitolando nel 1478; dopo la "pax" aragonese cominciarono ad intrecciarsi e infittirsi, nelle cittadine della Sardegna, intensi rapporti commerciali e culturali sostenuti dagli ordini religiosi che svolgevano un fondamentale e importantissimo ruolo di mediazione tra i dominatori aragonesi e le popolazioni sarde. Dal punto di vista artistico-culturale, favorita da intensi contatti con i centri iberici, napoletani e romani, possiamo definire questa come la "grande stagione della pittura sardo-catalana". Dalla metà del Trecento alla metà del secolo successivo la pittura sarda è di importazione iberica e, finalmente nel 1455, si inaugura il trasferimento in Sardegna di artisti stranieri: Rafel Thomàs, Joan Figuera seguiti, nel 1488, da Joan Barceló. Artisti, ai più sconosciuti, che hanno lasciato una traccia indelebile grazie alle loro straordinarie opere d'arte. Gli spagnoli: Rafael Thomàs e Joan Figuera ; http://www.pinacoteca.cagliari.beniculturali.it/index.php?it/99/ricercaavanzata/21/retablo%20di%20s.%20bernardino Joan Barcelò ; http://www.pinacoteca.cagliari.beniculturali.it/index.php?it/99/ricercaavanzata/20/retablo%20della%20visitazione I sardi: Il Maestro di Olzai, il Maestro di Ozieri, il Maestro di Oliena, il Maestro di Sanluri, Michele Cavaro, Antonio Mainas, infine il Maestro di Castelsardo, autore della splendida composizione pittorica di Tuili.
La presenza di una nutrita e variegata schiera di artisti che hanno prodotto una cospicua e importante serie di opere d'arte, porta ad una considerazione che l'isola, sotto l'aspetto culturale, fosse al centro di grandi fermenti artistici, quindi particolarmente attiva e non esclusa dalle influenze artistiche del bacino mediterraneo. Nuovi modi di interpretare la pittura, secondo innovativi canoni e dinamiche compositive, furono favoriti dagli intensi collegamenti marittimi che consentivano, ai maestri sardi, un contatto diretto con le scuole di pensiero artistiche sia italiane che iberiche; conoscenze che si combineranno fino a creare un originale stile locale che fa definire la pittura sarda del periodo, una "ramificazione" della pittura iberica, ma dai chiari caratteri specificatamente autonomi e originali. Nel secondo 400, nella Sardegna catalana-aragonese, cominciano ad essere sempre più numerose le chiese che adottano il retablo quale mezzo di comunicazione e di impatto visivo, estremamente efficace, ultimo "ritrovato" dell'arte pittorica al servizio della liturgia. La strategia adottata risiedeva nel fatto che le masse analfabete traevano maggior insegnamento da opere artistiche con altissimo valore didascalico, di grande suggestione visiva, quali retabli e quadri, piuttosto che dal semplice ascolto delle letture sacre, che erano in lingua latina. Il retablo è frutto di diversi operatori specializzati in ruoli diversi; oltre ai carpentieri e agli intagliatori, vi intervenivano i doratori; ciascuno dotato di gusti e sensibilità diverse erano, in parte, condizionati dalle possibilità economiche e dalle scelte dei committenti Il retablo è un segno rappresentativo, diffuso nella penisola iberica e altrove con il nome di "retaule" (recta-tabula), che trova spazio dietro l'altare. Esso designa una grande pala lignea suddivisa in tavole dipinte o scolpite, dette cases, i cui soggetti riguardano la vita dei santi o episodi della vita di Gesù. Le tavole sono distribuite in tre zone verticali, ognuna delle quali è formata da due o più cases sovrapposte. Alla base c è la predella, il peu, suddivisa in cinque o sette tavole, al cui centro, talvolta, si trova il tabernacolo. A fare da cornice al polittico c è il guardapols o polvarolo. La tavola posta al centro è la più importante; quella superiore ritrae, generalmente, la Crocifissione, mentre al centro del peu abbiamo la Pietà I committenti di tali opere erano in genere gli Ordini religiosi ed in particolare i Francescani e le confraternite ai quali si univano benefattori, ecclesiastici e laici. Il retablo di Tuili fu commissionato dai signori feudali della Villa di Tuili (i Santa Cruz) nel 1498, e fu dedicato alla chiesa di San Pietro. Il nobile di Villa Ecclesiae (odierna Iglesias), Nicolò Gessa fece da intermediario tra il Maestro di Castelsardo e i nobili Giovanni e Violante Santa Cruz, stabilendo in 200 lire sarde il prezzo dell'opera e un vitalizio di 20 lire sarde per l'intermediazione del nobile. Fino ad oggi, dell'artista, non si conoscono con certezza: il nome, il cognome, la data di nascita e la provenienza. Egli finora resta anonimo ed è noto, agli studi come il "Maestro di Castelsardo" in quanto, nell'omonima cittadina fortificata dai catalani, fu segnalato come l'autore del retablo li conservato (Retablo di Castelsardo). E' comunque verosimile che non fosse sardo; con certezza fu artista dalle probabili origini catalane che si formò a Barcellona. In tempi non attestati, si trasferì definitivamente in Sardegna dove collaborò nella bottega del valenzano Joan Barcelò, che lavorò a Cagliari, autore della Visitazione, oggi visibile nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Il Maestro di Castelsardo - possibile allievo del Barceló, che dipinse il Retablo di Tuili - innalza il paesaggio a un livello di elaborazione fin qui scon o sciut o; c om po ne le s ce ne d ella p iccola pre della con un ammirevole padronanza della profondità degli spazi, nel rappresentare sia una strada cittadina sia uno specchio d acqua fra i monti, e inserisce grandi distese di campagna in grado di contribuire al risultato finale con l apporto dei vantaggi del colore puro. Nel retablo di Tuili, infatti, scompare il fondo dorato punzonato tardo gotico che si trasforma in un gioco prospettico molto più vicino agli italiani e ai fiamminghi, pur inserito in una cornice di fattura gotico-catalana. L'affascinante pittura del Maestro di Castelsardo è orientata in una direzione evolutiva che è quella sardo-catalana, che piega poi verso una pittura dal descrittivismo tipicamente tardo-gotico, dai sapori ispano-fiamminghi, fino alla sintesi idealizzante dello stile di Antonello da Messina.
I pittori fiamminghi erano presenti ad Avignone, Napoli e Barcellona, e, così questo stile poté essere imitato; i soggiorni, in Italia, del maestro Rogier van de Wyeden e i viaggi nelle ambascerie in Spagna e in Portogallo di Jan van de Eyck, erano diretti ad acquisire e prendere in prestito nuovi motivi e nuove forme artistiche per il "Nord Europa", influenzando e nel contempo contaminando gli artisti con cui venivano a contatto. Al centro della predella, il posto tradizionalmente destinato alla Pietà è occupato da un vero e proprio sagrario per la custodia dell ostia consacrata; sul riquadro centrale del tabernacolo, a tre facce, è rappresentato il tema iconografico del sangue del Redentore. Resta la possibilità che l esecuzione del Retablo di Tuili, stilisticamente coerente nelle sue parti, si sia protratta nel tempo. Fortemente controllato è il contenuto teologico delle immagini che s incentrano sulla Trinità, sul mistero della fede e sulla riflessione eucaristica (Messa di S. Gregorio, S. Clemente papa). Michele è protettore dei tabernacoli e della chiesa in genere, Giacomo maggiore è patrono di Spagna. Al titolare della chiesa, S. Pietro, sono dedicati lo scomparto laterale destro e le scene della predella: da sinistra, la Consegna delle chiavi a Pietro, la Caduta di Simon Mago, l Apparizione sul lago di Tiberiade e il Martirio di Pietro. Mentre le altre scene sono ispirate ai Vangeli e agli Atti degli Apostoli, deriva da testi apocrifi quella, insolita, della Caduta di Simon Mago. Simone, già dedito alla magia, colpito dalle prediche di Filippo si fece battezzare. Successivamente, però, cercò di comperare da San Pietro il diritto di amministrare lo Spirito Santo con l imposizione delle mani. Descrizione dell'opera: Il polittico è costituito da tavole lignee dipinte ad olio e tempera separate da cornici dorate di stile gotico. Il centro della predella, il posto tradizionalmente destinato alla Pietà è occupato da un vero e proprio sagrario per la custodia dell ostia consacrata; sul riquadro centrale del tabernacolo, a tre facce, è rappresentato il tema iconografico del sangue del Redentore dalle imponenti misure - cinque metri e mezzo di altezza per tre e mezzo di larghezza-. Al centro, nella tavola mediana bassa, la Madonna in trono col Bambino (1) che tiene in mano un uccello, attorniata da quattro angeli musicanti e due reggi corona, ha il capo inclinato, con lo sguardo rivolto verso il basso, i lineamenti del viso possono essere interpretati come quelli di una donna sarda; il maestro mette in evidenza l'aria sofferente della Vergine - il seno piatto, gli occhi cerchiati e gonfi - con l'evidente volontà di identificarla come santa votata alla sofferenza, sofferenti come le genti costrette a vivere in una dura terra. Sopra questa la Crocefissione (2), raffigurata in una scena drammatica, scandita da una striscia di sangue che cola dai piedi del Cristo lungo la croce e dall'atteggiamento contrastante dei personaggi che l'autore ha diviso in due campi ben definiti: sulla sinistra, i protagonisti sacri, distinguibili dall'aureola dorata dove viene evidenziata la Vergine come il personaggio femminile più vicino al Cristo, inginocchiata dal profondo dolore e disagio interiore. Mentre i personaggi rappresentati nel campo destro sono solo uomini disinvolti: il soldato con l'armatura, il mercante, il fariseo parlottano tra di loro in modo disinteressato e irriverente nei confronti di una scena dai contenuti altamente significativi e drammatici. Lo sfondo non è dorato ma viene rappresentato con un preciso e dettagliato paesaggio tipicamente medievale, con castelli, mura e torrioni, arricchito dal verde rigoglioso della natura. Il cielo da chiaro, realizzato in lontananza assieme alle bianche montagne, diviene plumbeo al di sopra della testa di Cristo. Negli scomparti laterali a sinistra, dal basso: San Pietro (3), patrono del paese, davanti a un drappo, su una terrazza aperta sul paesaggio, tiene in mano le chiavi del regno dei cieli e il libro aperto della predicazione evangelica; sopra di lui, l arcangelo Michele (4) che combatte il diavolo, immagine che simboleggia l'eterna lotta tra il bene e il male; quest'ultimo ha le sembianze di un personaggio mostruoso. L'arcangelo è rappresentato in tutta la sua forza e potenza in una pregevole raffigurazione pittorica, vestito con armatura da torneo. L'abito risulta composto da un usbergo (veste di maglia di ferro, a forma di lunga camicia) a manica corta usato sotto le armature, specialmente in Italia, per tutto il XV secolo. Sopra la veste sono visibili i cosciali spigolati. Tra le mani tiene uno scudo a testa di cavallo con una punta centrale, il brocco, in uso anche negli scudi spagnoli nei primi del XVI secolo.
L'immagine dello scudo a testa di cavallo, detto anche bucranio, si diffuse in Italia soprattutto nei monumenti in epoca rinascimentale e di rado nelle insegne gentilizie. Esso consiste in una sorta di scudo gotico con sette, otto o nove angoli - o sporgenze- due nella parte superiore, quattro e sei ai lati, uno o nessuno in punta. Tale arma consentiva l'utilizzo efficace anche di armi complicate e nello stesso tempo, grazie alla sua forma movimentata, costituiva un elegante ornamento anche in architettura. L'aspirazione alla simmetria, chiaramente derivante dal desiderio della forma tipico del rinascimento portò alla creazione di tale scudo, presente anche nello stemma papale di Pio II (1458-64), usato in Italia fino al XVI secolo; in Spagna a differenza dell'italia era diffuso lo scudo quadrato o semitondo, cioè con la parte bassa semicircolare, simile a quello sannitico. L'Arcangelo non presenta il corsaletto ma un sorcotto (corta sopravveste che gli antichi cavalieri e uomini d'arme portavano sull'armatura). decorato con motivi zoomorfi e con fiori di cardo a pigna, coronati da una cornice a lobature ogivali. Il tessuto con trame in oro riprende il motivo ricorrente degli esemplari ispano- moreschi del XV-XVI secolo. Negli scomparti laterali a destra, dal basso: San Paolo (5) su terrazza tiene in mano la spada e il libro chiuso della teologia e, sullo sfondo, un paesaggio con palma da dattero; sopra, San Giacomo pellegrino (6), apostolo che si identifica con il "matamoros", il Santiago di Compostella, patrono dei re di Aragona e di Castiglia, che lottarono per la liberazione della Spagna dai mori; un particolare curioso del dipinto è il suo piede sinistro, che fuoriesce dal mantello in vistosa asimmetria con il corpo, sullo sfondo d un paesaggio campestre. Nella predella, da sinistra: (7) Gesù che consegna a Pietro le chiavi del regno dei cieli; (8) la Caduta di Simon mago, con Pietro e Giovanni d'avanti ad Erode smentiscono le magie di Simon Mago ; il tabernacolo in tre pannelli (9): la Messa di San Gregorio con un vescovo e un cardinale che assistono il Cristo risorto e un San Clemente papa; (10) la Vocazione,Gesù chiama il pescatore di pesci Simone a divenire pescatore di uomini e infine la Crocefissione di San Pietro, crocifisso con la testa all'ingiù (11). Nel polvarolo si dispongono a sinistra (A) dal basso, i Santi Gregorio, Ambrogio e Giovanni Evangelista; a questi corrispondono sulla destra (B) i Santi Gerolamo, Agostino e Marco; sui pannelli orizzontali i Santi Matteo e Luca (C), a fianco dei pinnacoli i Santi Francesco d Assisi e Antonio da Padova (D); al centro in alto: l arcangelo Gabriele, l Eterno e l Annunciata, con la colomba dello Spirito Santo che vola dalla bocca di Lui all orecchio di lei (E). Attualmente, al Maestro di Castelsardo, vengono attribuite sette opere che costituiscono il "corpus" del maestro: il retablo della cattedrale di Sant Antonio Abate in Castelsardo (SS) - quattro elementi di polittico, realizzato a tempera e olio su tavola, attestato prima del 1492-; tre scomparti del retablo di Sarrià, realizzati con tempera e olio su tavola, attorno al 1492 durante il probabile rientro dell'artista a Barcellona, oggi visibili a Barcellona nel Museu d'art de Catalunya; il retablo di Tallamo, in Corsica, custodito nel museo Feche di Ajaccio; il retablo della Porziuncola (post 1492), opera che si trovava nel chiostro del San Francesco di Stampace (CA) che, durante il suo trasferimento nel 1883, fu demolito e oggi residua di 14 elementi realizzati con tempera e olio su tavola con fondo d'oro e custoditi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari; retablo minore di Saccargia, composto da un doppio trittico a cui manca la predella e il polvarolo, realizzato con tempera e olio su tavola, oggi in deposito a Sassari presso la Soprintendenza; il retablo di Tuili; e infine nel City Museum and Art Gallery di Birmingham (UK), si trova uno scomparto che rappresenta la Madonna in trono col bambino, angeli e committenti, realizzato con tempera e olio su tavola incamottata. Bibliografia: AA.VV., 2012 - I retabli sardo-catalani dalla fine del XV agli inizi del XVI secolo e Il Maestro di Castelsardo, Atti delle Giornate di Studio Cagliari, Cittadella dei Musei 13-14 dicembre 2012, A.A.V.V. Locci Edmondo, 2007 - Appunti per un viaggio a Tuili, Grafiche Ghiani, 2007. Goddard King Georgiana, 2000 - Pittura sarda del Quattro-Cinquecento, Ilisso Edizioni 2000. Melis Filippo, 2005 - I pittori catalani in Sardegna, comunicazioni presentate all VIII Convegno Aisc Napoli 2005
Nieddu Luisa, 2003- Armature e scudi nella pittura mediterranea del Quattrocento, BTA - Bollettino Telematico dell'arte, 10 Settembre 2003, n. 340. Serra Renato,1990 - Pittura e scultura dall'età romanica alla fine del 500 (Storia dell'arte in Sardegna), Ilisso Edizioni, 1990. TAVOLE Schema del Retablo di Tuili Marcello Puddu 2015
(4) L'arcangelo Michele che combatte il diavolo
(1) La Madonna in trono col bambino
(6) San Giacomo pellegrino Puddu Marcello A.A. 2014/2015 Iglesias 26 Marzo 2015