Ivan Paris BRESCIA, AUTOMOBILI E BREVETTI DSS PAPERS STO 01-04



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Ivan Paris BRESCIA, AUTOMOBILI E BREVETTI DSS PAPERS STO 01-04

INDICE 1. Brescia leonessa dell auto : le prime competizioni... Pag. 5 2. Nasce la Coppa delle Mille Miglia: i tempi dell avventura...9 3. L industria motoristica bresciana: effetto Mille Miglia?... 13 3.1. La Mille Miglia cambia il volto della città...13 3.2. I brevetti come fonte storica...15 3.3. Analisi dei brevetti bresciani... 17 3.4. I nomi dei protagonisti...25 3.5. Distribuzione geografica dei brevetti... 27 Bibliografia... 29 Grafici e Tabelle... 30 Appendice Elenco dei brevetti... 46

1. Brescia leonessa dell auto : le prime competizioni. da secoli noi (bresciani) amiamo il ferro e l acciaio ( ) sappiamo la fatica del fucinatore piegato sul metallo per dargli forme e misure. Da anni ( ) costruiamo nelle officine della città e in quelle delle valli e ordigni. Forse abbiamo un poco la malattia del ferro e dell acciaio. (Augusto Turati) La Coppa Mille Miglia, la corsa automobilistica che diventerà leggenda, rappresentò per molti anni lo stato d animo di un intera città, fu l espressione dell orgoglio, della tenacia e della tradizione bresciana di ferro e fuoco che originava dal più lontano passato. Esattamente proprio quella malattia della quale parlava Augusto Turati, aveva fatto sì che agli inizi del Novecento Brescia si presentasse come una delle più importanti città del nord Italia, la seconda in Lombardia dopo Milano. Considerando un indice di sviluppo attendibile quale l impiego d energia elettrica, infatti, si scopre come nel 1911 il consumo bresciano raggiungesse il 13% dell intero consumo lombardo (40 mila candele su 300 mila totali). In quello stesso anno, poi, il primo censimento industriale registrò circa 32 mila addetti nel settore secondario, che salirono ad oltre 86 mila nel 1927, l anno della prima edizione della Coppa Mille Miglia. Nei primi anni del Novecento numerosi sono i nomi che spiccano nelle produzioni di pompe, turbine e motori: le Officine Meccaniche (OM), la Società Meccanica Bresciana, la Bianchi Camions Automobili, la Brixia Zust e molti altri ancora. Partendo da un simile sistema produttivo non c è da stupirsi del fatto che fu proprio Brescia a sviluppare una passione tale per le tanto che la città, benché superasse in quegli anni di poco i 100 mila abitanti, fu subito riconosciuta centro dell automobilismo italiano ed internazionale. Brescia, Brevetti, Automobili 5

Una qualifica riconducibile anche alla quantità e alla qualità di competizioni che la città stessa organizzava già dalla fine dell Ottocento, tra le prime dell intero continente. Risale al Marzo 1899, infatti, un evento fondamentale per la storia dell automobilismo, non solo bresciano: il giorno 14 si disputò un eccezionale sfida lungo un percorso che, partendo da Verona, toccava Brescia e Mantova, per poi ritornare nella città scaligera. Un successo che richiamò un pubblico numeroso lungo tutto il tragitto e che vide la partecipazione d illustri pionieri di questo nascente sport (tra i quali anche il cav. Giovanni Agnelli e il conte Carlo Biscaretti, poi fondatori della Fiat); ciononostante, non mancarono anche polemiche e vibrate proteste, nei confronti di quei tricicli rombanti, da parte di coloro che, all inizio del XX secolo, diffidavano ancora delle ben più silenziose e pacifiche biciclette. Il risultato fu così positivo che solo pochi mesi dopo, nel mese di Settembre, Brescia dedicò al nascente automobilismo ben quattro giornate, culminanti nella Grande corsa su strada dell 11 Settembre. Partendo e arrivando a Brescia, la competizione toccò Cremona, Mantova e Verona. Con questa prima corsa Brescia legò definitivamente il suo immediato futuro a quello dei motori, continuando a coltivare quel culto per il fuoco esplosivo che ora tuonava dagli scarichi di un automobile. Gli appuntamenti motoristici si susseguirono con frequenza. Il 1904 fu l anno della Settimana Bresciana di gare organizzata in concomitanza con la Grande Esposizione allestita in Castello, un occasione per poter presentare le maggiori novità artigianali e industriali del momento. Gli appassionati però attendevano con trepidazione la corsa che si sarebbe dovuta svolgere su un tracciato che avrebbe toccato Brescia, Mantova e Cremona. Il circuito, da ripetersi due volte, vide per primo sul traguardo Vincenzo Lancia (futuro fondatore dell omonima casa automobilistica) e segnò la partecipazione, tra gli 6 Brescia, Brevetti, Automobili

altri, dell armatore palermitano Vincenzo Florio il quale, rimasto affascinato dalla gara stessa, abbinò le prime due edizioni della Coppa Florio alle successive competizioni bresciane del 1905 e del 1907, svoltesi su differenti circuiti in occasione delle ormai classiche Settimane automobilistiche (che prevedevano anche corse motociclistiche e di canotti automobili). L impeccabile organizzazione, l enorme successo di pubblico e la partecipazione dei più importanti piloti del momento, procurarono alla gara bresciana la fama di competizione internazionale tra nazioni progredite nel campo automobilistico. Quello del 1907 fu però l ultimo grande appuntamento di rilievo fino a dopo la Grande Guerra: la frenesia motoristica della città guardava ora alle favoleggianti esibizioni dei pionieri del volo e così, nel 1909, la Settimana automobilistica fu sostituita dal Circuito aereo internazionale. Il successo di questa nuova manifestazione, che vide la partecipazione del pilota Gabriele D Annunzio e che si onorò della presenza del re d Italia Vittorio Emanuele III e di Franz Kafka tra il pubblico, fu un ulteriore dimostrazione dell ardimento motoristico della città. Dopo la tragedia della guerra perduta, il prestigio italiano affrontò un periodo di decadimento su tutti i fonti. Le prospettive erano sconsolanti, anche sul piano motoristico: l organizzazione di gare automobilistiche ristagnava in un malsano pantano e stava definitivamente pregiudicando lo sviluppo dell industria automobilistica italiana la quale, proprio grazie a queste competizioni, aveva cominciato a crescere. Il compito di riaccendere la nuova scintilla toccò ancora a Brescia che, nel 1921, tentò di rilanciare la sua tradizione di leonessa dell auto: tra il 4 e il 12 Settembre di quell anno si svolsero ben quattro competizioni automobilistiche (oltre ad altre motociclistiche e ad un Gran Premio d aviazione) all interno di un nuovo Brescia, Brevetti, Automobili 7

appuntamento settimanale. La presenza di due case automobilistiche ufficiali (l italiana Fiat e la francese Ballot) e di numerosi equipaggi provenienti da tutta Europa, marcò l inizio di una nuova era per il motorismo italiano ed europeo. All interno di questo nuovo appuntamento, la gara più importante fu certamente il Gran Premio d Italia che si disputava nella brughiera di Montichiari e rappresentava, unanimemente, la massima competizione sportiva italiana dedicata alle vetture di formula. Un fervore d iniziative che rivelava continuità con le corse del 1899 e che si proponeva quale trait d union con la futura prima Mille Miglia del 1927. Purtroppo la crisi del triennio 1921-23 rischiò ancora una volta di pregiudicare il futuro automobilistico della città: nell anno 1922, infatti, avvenne ciò che i bresciani non avrebbero mai voluto accadesse: il Gran Premio d Italia venne letteralmente scippato alla brughiera di Montichiari per essere consegnato nelle mani del nuovissimo autodromo di Monza. Realizzato all uopo a tempo di record dall Automobile club di Milano, l autodromo aveva come padre il bresciano Arturo Mercanti, già organizzatore delle settimane aeree e automobilistiche della sua città natale: un ulteriore schiaffo che Brescia faticò a digerire. Sebbene circolasse già da tempo, la notizia esplose come una bomba che lasciò la città allo sbando: non si corsero le gare della Settimana del 22 e la disputa di una competizione sul Circuito del Garda, nelle colline soprastanti Salò (per altro già organizzata l anno precedente), non attenuò lo sconforto e la delusione di una città che grazie a queste manifestazioni aveva potuto proiettarsi direttamente nel futuro, ubriacata da quel fervore motoristico che da anni ormai rifioriva periodicamente sul finire dell estate, per proseguire poi durante tutto il resto dell anno. Nemmeno l organizzazione nel 1923 di una nuova Settimana, disperato tentativo di rilanciare il prestigio di una città che da 8 Brescia, Brevetti, Automobili

sempre primeggiava in Italia e in Europa nell ambito delle manifestazioni automobilistiche, compensò la profonda crisi che ormai da anni tarpava le ali al motorismo bresciano. 2. Nasce la Coppa delle Mille Miglia: i tempi dell avventura. La Mille Miglia non poteva nascere che da noi Brescia non è per temperamento e per tradizione molto facile agli entusiasmi e alla passione travolgente. Il nostro carattere piuttosto rude e crudo, difficilmente si lascia andare a manifestazioni calorose Ma anche Brescia ha le sue passioni. Una di queste è certo il tifo del motore ( ) Brescia ama il motore per sé ( ) con una competenza che quasi sempre mi fa allibire a pensare se per caso non vi sia, nella città del ferro e delle armi, una tradizione meccanica istintiva. Da dove è nato tutto ciò? Io penso che sia in parte effetto di un orgoglio provinciale, per avere Brescia dato vita alle prime grandi competizioni del motore. (Augusto Turati). La situazione del motorismo bresciano era ormai preoccupante e la crisi sembrava irreversibile: la città non riusciva a riproporsi nel panorama motoristico internazionale, consolidando quel ruolo di protagonista conquistato in quasi trent anni di duro lavoro. Il centro di questo nuovo sport sembrava trasferito altrove e Brescia stava lentamente scivolando indietro. Una situazione inaccettabile per tutta la città e non solo per gli appassionati. Si doveva trovare qualcosa di nuovo, secondo le parole di Aymo Maggi (uno dei quattro fondatori di quella che il notissimo sportsman inglese Lord Lowen definì la più bella corsa del mondo), altrimenti più nessuno si sarebbe interessato all automobilismo e tutta la tradizione della città sarebbe stata presto dimenticata. Brescia, Brevetti, Automobili 9

Il compito di rilanciare il mito spettò a quattro giovani moschettieri: il già citato Maggi, Mazzotti, Castagneto e Canestrini. Abbandonata l idea di una corsa Brescia-Roma, la quale sarebbe andata ad esclusivo vantaggio della capitale lasciando ai bresciani solo l oneroso compito dell organizzazione, i quattro proposero un percorso che toccasse sì Roma, ma che poi ritornasse a Brescia per lì concludersi. Quest idea sarebbe piaciuta anche al Regime, la cui approvazione sarebbe stata assolutamente necessaria per la realizzazione definitiva della competizione. Mancava solo il nome, un nome che potesse ulteriormente compiacere il partito. Appurato che la lunghezza del percorso fosse di circa 1600 chilometri, e che questi equivalessero a circa mille miglia, Mazzotti sembrò avere risolto anche questa questione: la gara si sarebbe chiamata Coppa delle Mille Miglia. Dopotutto, anche il Regime avrebbe apprezzato: la diffidenza nell utilizzo di una definizione straniera, sconsigliabile in piena autarchia, sarebbe stata brillantemente superata da una felice coincidenza storica: il fatto che anche gli antichi romani misurassero le distanze in miglia avrebbe fatto restare la competizione in quel solco della romanità cui il Governo teneva tanto. La Coppa delle Mille Miglia, gara di fondo automobilistica da disputarsi in un unica soluzione sul percorso Brescia-Roma-Brescia, nacque così già adulta, fiore all occhiello di una tradizione mai perduta, nemmeno nei periodi più bui, che avrebbe nuovamente assegnato a Brescia il ruolo che le spettava di diritto, quello di leonessa dell auto. Questa nuova corsa, infatti, ricalcava la vecchia formula delle competizioni su strada, ormai fortemente messa in discussione da quelle su pista, che tuttavia poteva adeguarsi al rapido progresso motoristico in atto, tanto da divenire, già nel volgere delle primissime edizioni, un appuntamento fondamentale per le case 10 Brescia, Brevetti, Automobili

automobilistiche italiane ed internazionali che volevano testare e collaudare nuove vetture, da collocare poi sul mercato in piccola o grande serie. L annuncio ufficiale, il 4 Dicembre del 1926, suscitò però molte critiche e perplessità e anche la stampa non si mostrò molto ben disposta ad accogliere la nuova corsa. Le obiezioni più importanti giunsero direttamente dal senatore Silvio Crespi, presidente dell Automobile Club d Italia, di solito molto aperto a qualsiasi ardita iniziativa. Soltanto l appoggio di Augusto Turati, da poco diventato Segretario Generale del PNF, che sostenne da subito l iniziativa della sua città d adozione, fece sì che la competizione potesse finalmente vedere la luce. La buona disposizione del Regime fu quindi molto importante, anche se l atteggiamento del Duce fu alquanto contraddittorio: dal perentorio si ripeta!, recitato subito dopo l enorme successo della prima edizione, all altrettanto perentorio ed irripetibile voi bresciani, con la vostra Mille Miglia, mi avete rotto, recitato nel 39, in un momento storico nel quale le preoccupazioni erano indiscutibilmente diverse. Dopotutto, il Duce non fu mai mossiere a Brescia come lo fu invece a Monza, e tanto meno vi assistette quando vi parteciparono il figlio Vittorio, in compagnia del nipote, e il suo autista, nel 36 e nel 37. È però un fatto che la Mille Miglia riprese e continuò con successo anche dopo la guerra, a dimostrazione dell ottimo lavoro fatto dagli organizzatori, indipendentemente dai loro rapporti col precedente Governo. La Mille Miglia, dunque, restituì a Brescia il ruolo di capitale dell automobilismo, sanzionando in maniera visibile il passaggio in via di compimento dalla civiltà agricola a quella industriale. E non fu solo questo; sia quando nacque sia nell immediato dopoguerra, la Mille Miglia si dimostrò un insostituibile stimolo per la crescita dell industria automobilistica italiana e per Brescia, Brevetti, Automobili 11

il rilancio di tutta l economia nazionale, così come lo erano state altre manifestazioni sportive quali il Giro d Italia di ciclismo. Una corsa sportiva espressione del coraggio al servizio del progresso tecnico, ma estremamente popolare, sia per il pubblico sia per i partecipanti. La passione per i motori radunava ai bordi delle strade gente d ogni estrazione sociale, mentre in auto sedevano i collaudatori delle fabbriche accanto ai grandi piloti professionisti e ai nomi più importanti dell élite internazionale. Una corsa affascinante perché aveva il fascino delle cose desiderate, di un automobile che rappresentava ancora il privilegio di pochi e l aspirazione dei più. Una corsa strettamente legata alla città che la organizzava, in cui le auto erano meglio delle armi e delle tessili, poiché rappresentavano il nuovo che avanzava. Attorno alla Mille Miglia, Brescia arrivò a cementare una nuova identità grazie ad una manifestazione attraverso la quale riuscì a promuovere se stessa, a livello non solo nazionale, sfruttando il ruolo sempre più importante che le competizioni sportive arrivavano ad assumere in una società che si stava massificando e che proprio le automobili avrebbero contribuito a traghettare in questa nuova dimensione. 12 Brescia, Brevetti, Automobili

3. L industria motoristica bresciana: effetto Mille Miglia? nessun altra prova in pista poteva essere paragonata al responso della Mille Miglia su strada la Mille Miglia ha creato le nostre automobili e l automobilismo italiano: la Mille Miglia ci ha consentito di creare delle gran turismo che noi oggi vendiamo in tutto il mondo...la Mille Miglia ha dimostrato che le corse su strada fanno segnare passi decisivi nel progresso tecnico, che è progresso umano (Enzo Ferrari) 3.1. La Mille Miglia cambia il volto della città. Brescia già alla vigilia d ogni primavera cominciava a cambiare aspetto, con le più importanti case automobilistiche già in città per testare mezzi e provare il circuito. La presenza di numerosi giornalisti offriva alla città una ribalta unica ed invidiabile e i bresciani, ubriacati dagli odori dei carburanti e rapiti dal ruggito dei motori, non facevano altro che parlare d auto e velocità. L impatto della Mille Miglia sulla vita della città fu così forte da cambiarne le abitudini: nel periodo della corsa, era la norma vedere alberghi e botteghe aperti ad ogni ora del giorno e le strade trafficate anche di notte. Per l occasione nacquero anche nuovi giornali, in aggiunta ai quotidiani locali i quali non parlavano d altro; una città piena di gente nuova, di cartelloni pubblicitari, di rombi di motori, pervasa da una frenesia che travolgeva tutti, dai negozianti e albergatori fino alla gente comune, che fossero tifosi o semplici avventori, giovani o vecchi, donne o bambini scorrazzanti per le strade con le loro auto di latta, attraverso percorsi disegnati da tappi di bottiglia. Nei giorni della corsa la città assaporava il gusto di un mondo nuovo, incentrato sull auto e i suoi ritmi, diventando anch essa città dell automobile come altri importanti centri quali Milano, Torino e Genova, che organizzavano Brescia, Brevetti, Automobili 13

saloni e Gran Premi, che avevano autostrade e che potevano vantare la presenza d importanti case come Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Bianchi e Ansaldo. La Mille Miglia, dunque, cambiò il modo di vivere di tutta la città, mettendone in luce la passione, le capacità organizzative e la voglia di assaggiare quel futuro che l automobile stava soltanto anticipando. Brescia, però, le auto non le faceva solamente correre, ma le sapeva anche costruire. Numerosi, infatti, sono i nomi che spiccano nella produzione di pompe, turbine e motori. Su tutti quello delle Officine Meccaniche (OM) che, nate a Milano ma trasferitesi a Brescia (a Sant Eustacchio) nel 1917, dopo aver assorbito la bresciana Zust affiancarono alla produzione di autocarri e motori aeronautici anche quella di automobili. Le OM si aggiudicarono la Coppa delle Alpi nel 23 (con ben quattro auto ai primi quattro posti) e del 24, ma soprattutto tre OM 665 modello Superba, 2000 di cilindrata, 6 cilindri e 80 cavalli di potenza, si piazzarono ai primi tre posti della prima edizione della Coppa delle Mille Miglia, battendo nomi come Lancia, Fiat, Alfa Romeo, Isotta Fraschini, Ansaldo, Bugatti, Itala, e chiudendo la gara ad oltre 77 chilometri orari di media, dopo ben 21 ore di corsa. I successi della casa bresciana si ripeterono anche negli anni successivi: nel 28 e 29, gli anni dei primi trionfi Alfa Romeo, le OM si piazzarono al secondo posto, chiudendo definitivamente il ciclo nel 1931 con il terzo posto dell equipaggio Morandi- Rosa, prima di confluire nella Fiat per dedicarsi alla sola produzione di mezzi industriali. È, quindi, molto probabile che questa particolare competizione influenzò non soltanto il modo di vivere dei bresciani, ma anche l ingegno e le capacità imprenditoriali che fino a quel momento trovavano nelle pentole e nelle armi la loro principale valvola di sfogo. Dopotutto, la presenza di altri importanti nomi come la stessa Brixia Zust, la Bianchi Camions e Automobili, la Società 14 Brescia, Brevetti, Automobili

Meccanica Bresciana, tanto per citarne alcuni, non dimostrano altro che quello della OM non era un caso isolato. 3.2. I brevetti come fonte storica. Un modo per verificare questa tesi è osservare la produzione brevettuale bresciana nel settore automobilistico negli anni che vanno dal 1890 fino al 1960. La scelta di quest arco temporale, infatti, ci consente di poter tenere conto non solo dell eventuale effetto della Coppa Mille Miglia (nata nel 1927 e cancellata nel 1957 dopo la tragedia di Guidizzolo), ma anche di quello delle prime competizioni motoristiche organizzate in territorio bresciano tra la fine dell Ottocento e l inizio del Novecento. Il brevetto come fonte storica, utile a spiegare l evoluzione della ricerca scientifica e dell innovazione tecnologica, ha attirato l interesse degli storici dell economia sin dalla metà del Novecento, quando il progresso tecnico veniva considerato da molti un fattore in grado di poter spiegare l evolversi dello sviluppo economico dei diversi paesi. Giuridicamente il brevetto non è altro che un privilegio e rappresenta il diritto riconosciuto ad un soggetto, persona fisica o giuridica, di realizzare in esclusiva e senza vincoli territoriali nazionali un invenzione o un innovazione, allo scopo di derivarne un profitto economico. Materialmente è costituito da un documento che, rilasciato da un apposito ufficio governativo, ne descrive l invenzione/innovazione la quale, per essere brevettata, deve garantire un apporto innovativo che consenta il superamento del monopolio imposto dai brevetti già esistenti in quel campo. Tutto ciò che viene brevettato, dunque, dovrebbe rappresentare una novità. L utilizzo del brevetto ritornò in auge anche negli anni Ottanta, parallelamente alla diffusione dell idea shumpeteriana dell innovazione quale motore del cambiamento. In questo decennio anche gli storici dell economia Brescia, Brevetti, Automobili 15

cominciarono ad interessarsi a questa massiccia fonte d informazioni, con diverse finalità; le serie brevettuali disponibili, infatti, potevano essere interpretate come proxy dell attività inventiva di una nazione o di un settore industriale. Pur essendo riconosciuto come un indicatore affidabile e versatile, più di un limite condiziona l utilizzo di questa fonte come misuratore delle capacità d innovazione tecnologica espressa da un sistema economico. Innanzitutto le serie brevettuali non identificano l intera attività innovativa, in quanto le innovazioni/invenzioni non vengono sempre brevettate. Tale scelta dipende da diversi fattori, quali le strategie innovative delle imprese o anche la dimensione delle stesse. Rimandando ad un altra occasione l approfondimento di queste questioni, si può però affermare con certezza che una minore attività brevettuale non è necessariamente indicatrice di un basso tasso innovativo. Un altra limitazione nell utilizzo delle privative, poi, è data dalla differenza delle legislazioni in materia tra i vari paesi e anche all interno di uno stesso stato. Ciò crea discontinuità che limitano sia il confronto sincronico tra nazioni, sia quello diacronico all interno dello stesso paese. Infine, la mera serie brevettuale non ci consente di poter verificare l evoluzione economica di un singolo brevetto, impedendo, di conseguenza, la misurazione del peso dello stesso all interno di un singolo settore o di un intera economia. Molte delle invenzioni/innovazioni brevettate, infatti, per diversi motivi non hanno alcuna speranza d impiego pratico, azzerando di conseguenza il loro impatto economico. La consapevolezza dei limiti di questo indicatore ha portato gli studiosi ad utilizzarlo con più attenzione, cercando di superarne i vincoli anche introducendo alcuni accorgimenti volti a limarne le imprecisioni. L utilizzo delle privative, comunque, resta fondamentale, almeno per poter ricostruire a 16 Brescia, Brevetti, Automobili

grandi linee le traiettorie tecnologiche seguite da interi paesi o da singoli settori industriali. La serie brevettuale, quindi, rappresenta anche la fonte primaria per questa breve indagine, che ha lo scopo di aggiungere qualche cosa in più allo studio dell evoluzione della produzione industriale novecentesca nella provincia bresciana, con particolare attenzione al settore automotoristico. 3.3. Analisi dei brevetti bresciani. L analisi dei brevetti è stata resa possibile dalla disponibilità di un database (realizzato dal Dipartimento di Studi Sociali dell Università degli Studi di Brescia) contenente l intera produzione brevettuale bresciana tra il 1860 e il 1960, dalla quale si è tentato di estrarre le privative riguardanti la produzione motoristica delle due e delle quattro ruote, con particolare attenzione a quest ultima. La selezione non è stata particolarmente semplice, in quanto la tassonomia utilizzata dalla pubblicazione ufficiale non poteva essere utilizzata. Il database, infatti, riportava numerose informazioni, tra le quali la vecchia e la nuova categoria Istat di riferimento. La presenza di una categoria quale quella rubricata come (già ), sembrava semplificare di molto l attività di selezione. Un attenta analisi della serie ci ha però mostrato come diverse privative, pur evidentemente legate anche alla produzione automobilistica, fossero classificate sotto altre voci. Non è stato infrequente, infatti, trovare brevetti riferiti ad alcune produzioni, come i motori a scoppio, catalogati dall Istat in voci diverse da quelle relative ai. Molto probabilmente ciò dipendeva dalla sottile linea che separava molte delle produzioni, soprattutto nel campo del motore, nella prima metà del Novecento. Dato che tecnicamente la differenza si presentava pressoché minima, un Brescia, Brevetti, Automobili 17

motore a scoppio poteva essere utilizzato non soltanto per un automobile, ma anche per un macchinario industriale. La collocazione in una piuttosto che in un altra categoria Istat dipendeva esclusivamente dalle intenzioni dell inventore, che ne menzionava l utilizzo primario nella descrizione del brevetto stesso. Nello specifico della nostra analisi, la serie brevettuale ottenuta è stata suddivisa in due gruppi principali, quello delle Due Ruote (DR) (app. 1) e quello delle Automobili (AU). La prima voce non è stata ulteriormente approfondita, ma è stata presa in considerazione in quanto alcune privative (soprattutto quelle riferite alle motociclette) rappresentavano un buon corollario alla spiegazione dell evoluzione della produzione motoristica bresciana. A titolo d esempio, infatti, si può citare il brevetto n 5056 del 1960, che tratta di un Dispositivo tergicristallo azionato da un mulinello a vento particolarmente adatto per motocicli in genere, scooters, motocarri e simili, oppure il n 439, del 1920, che descrive un Dispositivo per l applicazione di un motore a scoppio alle biciclette e, ancora, il n 1917 del 1948, che tratta una Forcella molleggiata per cicli, motocicli e simili. La voce Automobili, al contrario, è stata successivamente scorporata in altre sottovoci: Frenatura (FR) (app. 2) Illuminazione (IL) (app. 3) Motore/Organi Ausiliari (quali la distribuzione, la lubrificazione, il raffreddamento, l impianto elettrico e di accensione, ecc.) (MO) (app. 4) Sospensioni/Ammortizzatore (SA) (app. 5) Sterzo/Ruote (SR) (app. 6) Strumentazione/Dotazioni (SD) (app. 7) 18 Brescia, Brevetti, Automobili

Telaio/Carrozzeria (TC) (app. 8) Trasmissione (TR) (app. 9) Altro (AL) (app. 10) Veicoli Speciali (VS) (app. 11) La classificazione è stata estremamente semplice in quanto ha rispettato la stessa utilizzata da qualsiasi testo di preparazione agli esami per la patente di guida, alla quale sono state aggiunte tre voci: la voce Strumentazione/Dotazioni, inserita di forza in seguito alle numerose privative in oggetto raccolte; la voce Veicoli Speciali, che riprende quattro brevetti difficilmente collocabili negli altri sottogruppi; la voce Altro, che considera brevetti riferiti a strumenti diversi che non fanno parte direttamente della componentistica o della struttura dell auto, ma che sono ad essa strettamente legati (come i banchi di prova per i motori -brevetto n 3159- o gli strumenti per il gonfiaggio degli pneumatici -brevetto n 822). L analisi delle elaborazioni condotte sul database è iniziata con lo studio della serie storica completa. I dati raccolti nella tab. 1 sono stati presentati sia su base annuale, per una visione più dettagliata del loro andamento nel tempo, sia su base quinquennale, in modo da metterne in evidenza le linee di tendenza al di là delle diverse oscillazioni che si verificano annualmente. Osservando la dinamica generale annuale si può facilmente notare come fino al 1904 l attività brevettuale bresciana sia pressoché nulla, con un totale di 6 brevetti in oltre 40 anni di raccolta. Dal 1905, al contrario, comincia ad intravedersi una prima, flebile crescita. Questo può essere correlato allo svolgersi delle prime competizioni automobilistiche nel territorio bresciano a partire dal 1899, col la Corsa degli automobili del mese di Marzo e la Grande corsa su strada di Settembre, proseguite poi nel 1904, nel 1905 e nel 1907 in occasione delle Settimane automobilistiche bresciane. Osservando la dinamica Brescia, Brevetti, Automobili 19

quinquennale e aiutandoci col relativo grafico 1, si può vedere ancora più chiaramente come il totale dei brevetti vada aumentando costantemente nei primi tre lustri del Novecento, rallentando soltanto in occasione della prima guerra mondiale, per poi riprendere a crescere con costanza in quelli successivi (che videro nel 1927 la nascita della Coppa delle Mille Miglia), raggiungendo il numero di 33 nel quinquennio immediatamente precedente la seconda guerra mondiale. La costanza con la quale il numero di brevetti cresce in questi anni non fa però pensare ad una particolare influenza dell organizzazione di competizioni sportive sull attività brevettuale bresciana in campo automobilistico, anche se numerose sono le aziende operanti in questo settore. Tenendo conto delle problematiche che comporta l utilizzo di un indicatore come quello dei brevetti in un analisi di questo tipo e osservando i dati a nostra disposizione, si potrebbe pensare che tale attività segua, nella provincia, un andamento di crescita costante che rispecchia, anche nei periodi di crisi, le tendenze generali dell economia nazionale di quegl anni. Lo stesso andamento, infatti, è seguito anche della serie di tutti i brevetti bresciani, riportato nel grafico 2. Dunque, la serie brevettuale relativa alle privative riferite all automobile non sembrerebbe essere influenzata dalle competizioni automobilistiche organizzate in provincia. Ciò sembra rafforzato dal fatto che, esclusa la parentesi bellica della seconda guerra mondiale, il numero di brevetti cominci a crescere sensibilmente dal 1950 in avanti, in concomitanza con la ripresa italiana e l avviarsi del boom economico, nel quale l automobile rappresentò un elemento importante nel processo di massificazione del mercato. Nel lustro 1951-1955, infatti, si raggiunse il ragguardevole numero di 101 brevetti depositati. Ad ulteriore conferma, poi, c è la considerazione che anche la serie brevettuale relativa alle due ruote segue, se si esclude 20 Brescia, Brevetti, Automobili