TRUST E REGIME TRIBUTARIO DEI FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE: L APPLICABILITA DELLA THIN CAP RULE (ART. 98 TUIR).



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LORENZO DEL FEDERICO ORDINARIO DI DIRITTO TRIBUTARIO UNIVERSITA DI CHIETI-PESCARA www.unich.it www.delfedericoeassociati.it TRUST E REGIME TRIBUTARIO DEI FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE: L APPLICABILITA DELLA THIN CAP RULE (ART. 98 TUIR). Premessa. 1) La strumentalizzazione fiscale della sottocapitalizzazione. 2) La thin cap rule non è una norma antielusiva. 3) segue: la disapplicazione in caso di personale capacità di credito. -4) L ambito soggettivo di applicazione. -5) I finanziatori rilevanti: soci qualificati e parti correlate. -6) I limiti all utilizzo dei trusts. -7) Il tipo di trust ed il problema della funzione di garanzia. Premessa Come è noto l utilizzo dei trusts risulta particolarmente diffuso nella prassi societaria e finanziaria 1. In questa sede si intende promuovere una riflessione sull uso dei trusts nel quadro delle tecniche di finanziamento delle società, con particolare riferimento al fenomeno della strumentalizzazione fiscale della sottocapitalizzazione ed all operatività della norma di contrasto recentemente introdotta nel TUIR. Il tema è stato perentoriamente posto all attenzione degli operatori dall art. 98 del TUIR, che, a seguito della riforma dell IRES, contempla ora una originale e peculiare disciplina, quantomai complessa. L obbiettivo delle considerazioni che seguono è quello di vagliare le implicazioni derivanti dall uso dei trusts nelle operazioni di finanziamento di società sottocapitalizzate, ma è di tutta evidenza che la problematica ruota essenzialmente 1 Per l inquadramento generale v. LUPOI, Trusts, Milano 2001, 237 e seg., 672 e seg.; ID., I trust nel diritto civile, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco,Torino 2004; per la prassi societaria: M. STELLA RICHTER Jr, Il trust nel diritto italiano delle società, in Banca borsa e tit. cr., 1998, I, 481; R. LENER, Intervento in assemblea e voto del trustee, in TAF, 2002, 510; GALGANO, Shopping del diritto, trust interno, gruppi di società, ibidem, 2002, 333; per la prassi finanziaria AA.VV, Il trust nell operatività delle banche italiane, Roma 1997.

intorno alla natura della thin capitalization rule ex art. 98, quale norma antielusiva o strutturale. Si rende quindi necessario inquadrare preliminarmente il fenomeno della strumentalizzazione fiscale della sottocapitalizzazione, per poi individuare la natura della thin capitalization rule (TCR), e giungere, infine, a delimitare i profili soggettivi delle operazioni ed i margini di innesto dei trusts. 1) La strumentalizzazione fiscale della sottocapitalizzazione. Comunemente si intende per sottocapitalizzazione un rapporto squilibrato tra il patrimonio netto e il capitale di debito, in cui l indebitamento risulta eccessivo rispetto ai mezzi propri 2. Da tempo la sottocapitalizzazione delle società è utlizzata come strumento di pianificazione fiscale internazionale; si parla in proposito di thin capitalization (capitalizzazione sottile) 3. Normalmente le imprese possono finanziarsi aumentando il proprio capitale di rischio (costituente il patrimonio netto) o incrementando il capitale di debito, mediante il ricorso al credito erogato da terzi, ed in primo luogo da banche. Le due fondamentali tecniche di finanziamento rispondono a molteplici e variegate esigenze e finalità di natura economico-aziendale e giuridica, ma per quanto qui rileva va evidenziato soprattutto il differenziato regime fiscale, che tradizionalmente induce a preferire il ricorso all indebitamento, in quanto fiscalmente più conveniente. Limitando le presenti considerazioni alle imposte sui redditi, la remunerazione del capitale di rischio proprio di una società avviene mediante la distribuzione dei dividendi ai soci, ed è ovvio che il dividendo non costituisce un costo per la produzione del reddito, mentre la remunerazione del capitale di debito avviene mediante il pagamento di interessi attivi a favore dei finanziatori, il che comporta la deducibilità dei corrispondenti interessi passivi in capo alla società finanziata (quale costo per la produzione del reddito). In astratto si potrebbe essere indotti a minimizzare la rilevanza fiscale di tale fenomeno in quanto a fronte dei minori utili della società indebitatasi dovrebbero normalmente emergere maggiori utili in capo ai soggetti finanziatori, in primo luogo le banche, e quindi il gettito complessivo, nel quando generale della finanza pubblica nazionale, dovrebbe risultare sostanzialmente invariato. Purtroppo però si è diffuso l utilizzo della thin capitalization come forma di arbitraggio fiscale. 2 PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in AA.VV. Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino 2004, 1, I, 143 e seg. 3 V. per tutti A. PISTONE, La tassazione degli utili distribuiti e la thin capitalization: profili internazionali e comparati, Padova 1994.

Nella pratica si sono originate alcune operazioni base, poi evolutesi o sostituite da altre operazioni sempre più articolate e complesse man mano che il fenomeno iniziava ad essere percepito dalle autorità fiscali e dai Legislatori 4. Si pensi in primo luogo ad una società estera, avente sede in un paese a fiscalità privilegiata, che controlla una società italiana, rispetto alla quale, piuttosto che conferire dei capitali, risulta preferibile erogare un prestito fruttifero di interessi: la controllata italiana potrà ovviamente dedurre gli interessi passivi; al tempo stesso il conseguimento degli interessi attivi da parte della società controllante e mutuante comporta il trasferimento all estero (nel paese a fiscalità privilegiata) di quote di imponibile, sottratte alla tassazione in Italia, ovvero sottoposte a tassazione ridotta. Si pensi poi al caso in cui il socio invece di finanziare direttamente la propria società ne acquista le obbligazioni: la società può dedurre gli interessi relativi alle obbligazioni sottoscritte dal socio mentre questi percepisce interessi tassati al solo 12,50%. Si sono poi sviluppate anche operazioni finanziarie passanti. La società può avvalersi di un proprio socio per ottenere finanziamenti da una banca garantita da denaro, titoli o altri valori mobiliari appartenenti al socio. La banca ottiene una remunerazione limitata (una commissione), stante la particolare garanzia ricevuta, mentre la maggior parte della remunerazione viene fatta affluire al socio garante (come frutto del deposito a garanzia); conseguentemente la banca assume formalmente il ruolo di finanziatore ed il relativo rischio, ma nella sostanza remunerazione e rischio risultano riferibili al socio, che, sia pure con l intermediazione della banca, risulta essere il vero finanziatore. La mera interposizione della banca porta a qualificare l operazione finanziaria come passante, tra socio e società; il socio riesce quindi a percepire quote di imponibile societario sottratte al regime di tassazione degli utili, e sottoposte, quale remunerazione del deposito a garanzia, ad imposizione più favorevole. A prescindere dall articolazione delle diverse operazioni, la thin capitalization consente in genere arbitraggi fiscali diretti alla piena deduzione degli interessi passivi da parte della società finanziata, a fronte di interessi attivi conseguiti direttamente dal socio finanziatore, o garante, e tassati in capo ad esso in misura tenue: a seconda delle peculiarità dell operazione si va dal regime dell esenzione ex art. 26 bis, D. P.R. n. 600/1973, alle ritenute a titolo d imposta del 12,50% o del 27% ex art. 26 D.P.R. cit., a tacer dei regimi convenzionali che possono risultare in concreto ancora più favorevoli. Sino alla riforma dell IRES l utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione era stato contrastato esclusivamente con norme settoriali (non abrogate dal D. Lgs. n. 344/2003). 4 V. ad es. l interessante delibera SECIT 3.5.1999, n. 40/99, in tema di elusione fiscale e sottocapitalizzazione delle società, con particolare riferimento al norma antiabuso introdotta dall art. 7, D. L. 20.6.1996, n. 323, conv. con modif. dalla L. 8.8.1996, n. 425.

Prima l art. 3, comma 115, della legge n. 549/1995 ha previsto l indeducibilità degli interessi su obbligazioni con tasso superiore al tasso ufficiale di rendimento (v. pure le modif. apportate a tale norma dall art. 12, comma 10, D. Lgs. 21.11.1997, n. 461). Poi l art. 7 del D.L. n. 323/1996 ha introdotto un prelievo aggiuntivo, sotto forma di imposta sostitutiva del 20%, sui proventi derivanti da depositi di denaro 5, di valori mobiliari e di altri valori diversi dalle azioni e da titoli similari effettuati da taluni soggetti a garanzia di finanziamenti concessi a imprese residenti 6. Ed invero sino ad oggi la strumentalizzazione fiscale della sottocapitalizzazione risultava ancora alquanto diffusa, continuando ad essere praticata mediante operazioni che consentivano di aggirare le suindicate norme settoriali, ovvero di attenuarne l impatto. A differenza di quanto accadeva in Italia negli altri principali paesi europei esistevano da tempo norme generali di contrasto 7. Tuttavia nel sistema tributario italiano la riforma Visco del 1996-1997 aveva introdotto un articolato regime volto ad attenuare i vantaggi fiscali derivanti dal sovraindebitamento, per un verso mediante l indeducibilità degli interessi passivi ai fini dell imposta regionale sulle attività produttive, e per l altro con la tassazione agevolata del capitale di rischio in base alla c.d. dual income tax (abrogata dalla riforma Tremonti). -2 ) La thin cap rule non è una norma antielusiva. 5 Sul tema v. LUPI, Il prelievo del 20% sui frutti dei valori in garanzia: pregi e difetti di un intervento ambizioso, in Rass. trib., 1996, 1301; v. altresì in termini più generali RINALDI, Alcune considerazioni in tema di riordino della tassazione dei redditi di capitale, in Riv. dir. fin., 1999, I, 107 e seg. 6 Nonostante l entrata in vigore della norma di contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione il prelievo aggiuntivo continua a trovare applicazione, seppure con una parziale sterilizzazione. Invero, secondo l art. 3, 4 co., D. Lgs. n. 344/2003, per i proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli corrisposti a favore di soci qualificati e di loro parti correlate, maturati nei periodi di imposta dell'impresa finanziata che iniziano a decorrere dal 1 gennaio 2004, le disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 7 si applicano limitatamente alla quota di detti proventi corrispondente al rapporto tra finanziamenti erogati o garantiti non eccedenti la soglia prevista nell'articolo 98 e l'intero importo dei finanziamenti erogati o garantiti. Per l'eventuale prelievo del 20 per cento effettuato dal sostituto d'imposta che eccede l'importo che deriva dall'applicazione delle disposizioni del periodo precedente spetta, a decorrere dal periodo d'imposta successivo, un credito d'imposta utilizzabile in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. 7 In argomento, oltre all anticipatore studio di A. PISTONE, La tassazione degli utili distribuiti e la thin capitalization cit., v.: PICIOCCHI, Legittimità della normativa in materia di limitazioni alla deducibilità degli interessi nelle operazioni di finanziamento internazionale in base ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia CE, in Dir. prat. trib. intern., 2003, 914 e seg., MORELLI, Le thin capitalization rules al vaglio della Corte di Giustizia: la crisi del modello europeo ispiratore della riforma italiana, in questa Rivista, 2003, 719 e seg.; PIZZITOLA, La capitalizzazione sottile tra salvaguardia della tax jurisdiction domestica e discriminazione rispetto ai non residenti: profili comparatistici e domestici, in Rass. trib., 2003, 2166 e seg.

Oggi il meccanismo di contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione, di cui all art. 98 TUIR 8, tende a sterilizzare i vantaggi fiscali derivanti dall anomalo ricorso al capitale di debito, in luogo dell incremento del capitale di rischio, allorché i finanziamenti eccedenti risultino direttamente, o indirettamente, erogati o garantiti da un socio qualificato o da una sua parte correlata- il che appalesa l arbitraggio consistente nella trasformazione di dividendi in interessi. Tale sterilizzazione si ottiene rendendo indeducibili gli interessi passivi pagati dalla società finanziata, ed equiparando ai dividendi gli interessi attivi conseguiti dal socio finanziatore. E sorto un dibatto sulla compresenza di finalità extrafiscali, giacché nei lavori preparatori della riforma IRES si è affermato che la thin capitalization rule (TCR) affianca all obiettivo di evitare arbitraggi fiscali quello di favorire la capitalizzazione delle imprese a vantaggio della competitività dell intero sistema. Del resto dopo la nota sentenza Lankhorst resa dalla Corte di Giustizia UE a fine 2002, nei confronti della Germania 9, la TCR è stata estesa, al di là di quanto previsto dalla legge delega, anche ai casi in cui il socio è una società soggetta ad IRES, o comunque un contribuente soggetto ad imposizione in Italia,, donde la palese applicabilità della norma anche in assenza di arbitraggio tra i diversi regimi fiscali degli stati 10. 8 L art. 4, 1 co., della legge delega, prevedeva alla lett. g) l introduzione in conformità a quanto disposto in altri ordinamenti fiscali europei, di un limite alla deducibilità degli oneri finanziari relativi a finanziamenti, erogati o garantiti dal socio che detiene direttamente o indirettamente una partecipazione non inferiore al 10 per cento del capitale sociale e da sue parti correlate, da identificare sulla base dei criteri di cui all articolo 2359 del codice civile, verificandosi un rapporto tra tali finanziamenti ed il patrimonio netto contabile riferibile allo stesso socio eccedente quello consentito ed a condizione che gli oneri finanziari non confluiscano in un reddito imponibile ai fini dell imposta sul reddito e dell imposta sul reddito delle società.. 9 Corte Giust., 12.12.2002, C-324/2000, Lankhorst, in Rass. trib. 2003, 2159; la TCR tedesca è stata ritenuta discriminatoria, e perciò incompatibile con il diritto comunitario, in quanto imponeva di riqualificare, come distribuzione dissimulata di utili, gli interessi versati dalla società residente ad azionisti cui non era applicabile il regime nazionale del credito d imposta, e che quindi non rientravano nella giurisdizione fiscale tedesca; tale meccanismo configurava pertanto una discriminazione fondata sulla sede della società partecipante e conseguentemente si poneva in contrasto con il principio di libertà di stabilimento ex art. 43 Trattato CE. Sul tema v.. PICIOCCHI, Legittimità della normativa in materia di limitazioni alla deducibilità degli interessi nelle operazioni di finanziamento internazionale cit., MORELLI, Le thin capitalization rules al vaglio della Corte di Giustizia cit., e PIZZITOLA La capitalizzazione sottile cit.. 10 La legge delega (art. 4, 1 co., lett. g) prevedeva l introduzione di un...limite alla deducibilita' degli oneri finanziari relativi a finanziamenti, erogati o garantiti dal socio...e da sue parti correlate... a condizione che gli oneri finanziari non confluiscano in un reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito e dell'imposta sul reddito delle società. Sul superamento della delega e sul recepimento nell ambito del decreto delegato, dei principi fermati dalla Corte di Giustizia con la sentenza Lankhorst del 12.12.2002, v.: MICCINESI, Thin capitalization, Giur. imp., 2004, 754 e seg.; LA ROSA, La capitalizzazione sottile, in Riv. dir. trib., 2004, I, 1283 e seg., nonché i commenti retro citati alla nota 7. Alcuni Autori prospettano dubbi di legittimità costituzionale ex art. 76 Cost. per violazione della legge delega, ma si tratta tuttavia di dubbi infondati giacché il decreto delegato, in emenda della delega, applica correttamente i principi

Gran parte della dottrina ha criticato la giustificazione della TCR anche in termini di finalità extrafiscali 11, ma si tratta di questione rilevante sul piano della politica tributaria, piuttosto che sul piano del diritto positivo e delle problematiche applicative, per cui in questa sede ci si può limitare a segnalare il tema, senza entrare nel merito della complessa materia della capitalizzazione delle imprese, di estrema attualità, che presenta delicate implicazioni civilistiche 12, economico-aziendali, finanziarie ecc. Certo è che il requisito soggettivo per cui i finanziamenti eccedenti debbono risultare erogati o garantiti da un socio qualificato o da una sua parte correlata, dimostra che la norma ha finalità essenzialmente fiscali 13, giacché soltanto in presenza di tali profili soggettivi è concepibile un vantaggio fiscale (ancorché non necessariamente un arbitraggio tra i diversi regimi fiscali degli stati). Viceversa, la presenza di finanziamenti eccedenti erogati da soggetti terzi, senza garanzie da parte del socio qualificato o di una sua parte correlata, è irrilevante ai fini della TCR. Ed invero, dal canto suo la relazione governativa osserva che le disposizioni concernenti la thin capitalization non intendono sfavorire l indebitamento in quanto tale, ma solo quello verso il socio qualificato e le sue parti correlate utilizzato oltre il limite consentito ai fini di pianificazione fiscale. comunitari (conformandosi alla sentenza Lankhorst ed all art. 43 Tratt. CE), che debbono necessariamente prevalere sulla legge delega. 11 LUPI, Prime osservazioni in tema di Thin Capitalization, in Rass. Trib., 2003, 1493 e seg.; STEVANATO- RINALDI BEGHIN - BRESSAN, La thin capitalization: reazione agli arbitraggi fiscali o dirigismo extratributario?, in Dialoghi dir. trib., 2003, 205; BEGHIN, La Thin capitalization nella Riforma Tremonti : prime considerazioni sui profili funzionali, sulla struttura della disciplina e sulle connesse problematiche applicative, in Riv. dir. trib., 2004, I, 45-46; D ABRUZZO, Il contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione nel Tuir riformato. Analisi delle scelte legislative ed inquadramento sistematico, in Rass. Trib., 2004, I, 829. 12 In tale ottica si pone la recente modifica dell art. 2467 C.C. che attribuisce rilievo all eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto, imponendo, tra l'altro, la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori della società. (coglie e valorizza tale connessione MONTI, I finanziamenti e le garanzie dei soci: aspetti problematici conseguenti l introduzione della thin capitaliza, 2005, 221 e seg., sulla scia della dottrina civilistica che ha dedicato particolare attenzione alla sottocapitalizzazione delle società PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata cit.; OLIVIERI, Capitale e patrimonio nella riforma delle società, in Riv. dir. civ., 243 e seg. ). 13 Il che non esclude la concomitanza di finalità extrafiscali in quanto una idonea capitalizzazione delle imprese risponde ad esigenze di tutela dei creditori, dei risparmiatori, dei lavoratori e del sistema economico-sociale nel complesso (per la valorizzazione delle finalità extrafiscali v. le variegate posizioni di: GALLO, Schema del decreto legislativo recante Riforma dell imposizione sul reddito delle società (ires), in Rass. trib., 2003, 1677; FERRANTI, Le finalità della nuova disciplina della thin capitalization, in Corr. trib., 2003, 3285; MICCINESI, Thin capitalization cit. 756). Anche secondo Ag. Entr. circolare 16.6.2004, n. 25, nel perseguire in via principale lo scopo di colpire la strumentalizzazione della sottocapitalizzazione per motivi fiscali, la thin capitalization di fatto favorisce la capitalizzazione delle imprese, inducendo il socio di una società in crisi finanziaria a ricorrere al conferimento piuttosto che al finanziamento ; comunque per il ridimensionamento delle finalità extrafiscali v. Ag. Entr. circ. 17.3.2005, n. 11 (in Guida norm., 2005, n. 6), ed in dottrina LA ROSA, La capitalizzazione sottile cit., 1292 e seg..

E comunque opportuno evidenziare che la TCR ex art. 98 non è una norma antielusiva in senso stretto, né tantomeno una norma a scopo antielusivo ex art. 37 bis, 8 co., D.P.R. n. 600/1973, pur sussistendo metagiuridiche finalità antielusive apprezzabili sul piano della politica tributaria; si tratta piuttosto di una norma destinata ad operare a regime, a prescindere dalla sostanziale elusività dell operazione, dalla sussistenza delle valide ragioni economiche ecc. Si sarebbe potuta scegliere la diversa strada di un ulteriore ampliamento delle fattispecie elusive ex art. 37 bis, o di un inquadramento tra le norme a scopo antielusivo (art. cit. 8 co.), ma il D. Lgs. n. 344/2003 ha invece costruito la TCR come norma sostanziale operante rigidamente nei limiti in cui sussistono determinati e tassativi presupposti. La prova che l importo dei finanziamenti erogati e/o garantiti dal socio qualificato e dalle sue parti correlate è giustificata dalla capacità di credito della società, e che conseguentemente gli stessi sarebbero stati erogati anche da terzi indipendenti con la sola garanzia del patrimonio sociale (art. 98, 2 co., lett. b), non attribuisce alla TCR natura di norma antielusiva 14. Invero la comprovata elusività risulterebbe insindacabile non soltanto nel caso in cui l ammontare complessivo dei finanziamenti rilevanti non ecceda quattro volte il patrimonio netto contabile, ma anche, ad es., nel caso in cui si tratti di soggetto escluso dall ambito applicativo della TCR 15. 14 Sintomatica -ed appieno condivisibile- la posizione assunta dalla stessa Agenzia delle Entrate nella circolare n.11/2005 secondo cui ai fini della disapplicazione della TCR non e' proponibile l'istanza di interpello al competente Direttore regionale dell'agenzia delle Entrate ai sensi dell'articolo 37-bis ; anche la dottrina prevalente tende ad escludere che possa parlarsi di norma antielusiva: MICCINESI, Thin capitalization cit. 756; LA ROSA, La capitalizzazione sottile cit., 1287-1288. Viceversa per la strenua difesa della natura di norma antielusiva v.: D ABRUZZO, Il contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione nel Tuir riformato cit., 838, secondo cui la TCR dovrebbe trovare applicazione soltanto in caso di strumentalizzazioni eleusive; più problematicamente BEGHIN, La Thin capitalization nella Riforma Tremonti 76-77, il quale comunque prospetta l applicabilità dell art. 37 bis, 8 co.; DEL FEDERICO, La ratio della thin capitalization ed i primi orientamenti della prassi, in Giur. imp., 2005, 4. 15 Quanto ai rapporti tra sfera dell art. 98 ed ambito applicativo dell art. 37 bis è stato acutamente evidenziato che nel contesto di una analisi dei profili (potenzialmente) elusivi dei finanziamenti intragruppo questo non potrà certo innescare autonomamente il vaglio antielusivo di cui all art. 37 bis, poiché il finanziamento di per sé non fa del tutto parte dell ambito di applicazione de qua, e ciò a prescindere dalla avvenuta introduzione dell art. 98 nell ordinamento. Ma se, invece, il finanziamento fosse contestuale a fatti, o al compimento di atti, menzionati al comma 3, dell art. 37 bis, ecco che allora qualche dubbio circa l applicabilità dell art. 37 bis potrebbe risultare pertinente (TRUTALLI, L utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione, in AA.VV., Aspetti internazionali della riforma fiscale, a cura di C. Garbarino, Milano 2004, 321). Nella sostanza deve ritenersi che l art. 37 bis possa trovare applicazione in presenza di fattispecie complesse che integrino le operazioni di finanziamento con le operazioni tassativamente contemplate dalla stessa norma antielusiva, fermo restando che il vantaggio fiscale del finanziamento non può mai considerarsi conseguito mediante aggiramento di obblighi o divieti ecc., allorché risulti contenuto entro i limiti dell art. 98.

-3) segue: la disapplicazione in caso di personale capacità di credito. La disapplicazione della TCR ex art. 98, 2 co., lett. b), si basa su una prova che, a differenza di quanto avviene in tema di elusione, per un verso grava rigorosamente sul contribuente, e per altro verso non riguarda gli elementi tipici dell elusione (assenza di valide ragioni economiche, aggiramento di obblighi o divieti ecc.) 16. Si consideri inoltre che secondo l ottavo comma dell art. 37 bis cit., a prescindere da quanto previsto nei commi precedenti a proposito della norma antielusiva in senso stretto, tutte le varie norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d imposta o altre posizioni soggettive, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. Orbene la disapplicazione della TCR, ex art. 98, 2 co., lett. b), è del tutto specifica, ed opera su di un piano nettamente differenziato anche rispetto a tale disapplicazione di norme a scopo antielusivo. Invero la TCR non trova applicazione ove il contribuente provi 17 che l importo dei finanziamenti erogati e/o garantiti dal socio qualificato e dalle sue parti correlate è giustificato dalla propria esclusiva capacità di credito e che conseguentemente gli stessi sarebbero stati erogati anche da terzi indipendenti con la sola garanzia del patrimonio sociale. Secondo un acuto commentatore per i prestiti erogati dal socio, la sola dichiarazione di un istituto finanziario sulla propria disponibilità a finanziare l impresa senza garanzie non pare generalmente in grado di costituire prova sufficiente, giacché la debitrice dovrebbe pur sempre motivare il mancato utilizzo di una simile possibilità, anche se, tutto sommato la scelta di ricorrere ai soci anziché alla banca potrebbe essere giustificata laddove l interesse pagato al socio sia significativamente inferiore ai tassi mediamente praticati dal sistema o dall istituto finanziario in questione 18. 16 Sul punto v. ampiamente DEL FEDERICO, La ratio della thin capitalization ed i primi orientamenti della prassi cit. 17 Potrebbe ipotizzarsi la prova della circostanza esimente anche da parte del finanziatore, ma a prescindere dalle difficoltà processuali, la lettera e la ratio dell art. 98 parrebbero ostare ad una tale eventualità (v. in chiave problematica LA ROSA, La capitalizzazione sottile cit., 1297). Sotto altro profilo parte della dottrina ha criticamente evidenziato che è improprio parlare di prova, in quanto la prova si dirige ad un fatto storico, mentre nel caso in esame si tratta di dimostrare la mera potenzialità economica della società (BEGHIN, La Thin Capitalization e la prova della esclusiva capacità di credito tra prospettive di disapplicazione e procedimento di interpello, in Dialoghi dir. trib., 2003, 223; ID., La Thin capitalization nella Riforma Tremonti cit., 77; LUPI, Prime osservazioni sulla Thin Capitalization cit.,1502; D ABRUZZO, Il contrasto all utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione nel Tuir riformato cit., 856); tuttavia il rilievo, per quanto suggestivo, non appare particolarmente pregnante. 18 Così GAIANI, Il contrasto alla sotto-capitalizzazione, in AA.VV., La nuova IRES: come cambia l imposizione dal 1 gennaio 2004, Milano 2004 60-61; in senso analogo PIAZZA, L indebitamento societario nella nuova IRES, in AA.VV., La nuova imposta sul reddito delle società, a cura di G. Marino, Quaderni Riv. Dott. Comm., Milano 2004, 209-210, secondo cui il test in questione

Lo spunto è interessante, ma non si condivide la considerazione in ordine alla motivazione circa la preferenza del finanziamento da parte del socio in luogo del finanziamento da parte dell istituto. Tale motivazione non è affatto conferente con la ratio della prova liberatoria, rappresentando una vischiosità della coloritura antielusiva della TCR (è palese l eco delle valide ragioni economiche ). Dal canto suo la prassi amministrativa esprime un orientamento molto restrittivo ed aprioristico laddove prima puntualizza che la capacità di credito deve poter essere giustificata dalla garanzia di un congruo patrimonio sociale e che quindi la stessa si basa su condizioni soggettive del contribuente, e poi esclude in modo assoluto la rilevanza sia delle certificazioni rilasciate da istituti di credito, sia delle perizie contabili rese da professionisti 19. Si tratterà invece di valutare caso per caso l attendibilità di tali elementi di prova, in un quadro generale in cui assumono rilievo non soltanto il patrimonio sociale, ma anche più in generale il complessivo merito creditizio, e quindi la tipologia dell attività svolta ed il grado di avviamento, l affidabilità dell operatore, le contingenze dei mercati ecc. -4) L ambito soggettivo di applicazione. Per quanto riguarda il profilo soggettivo la TCR si applica alle società di capitali ed gli altri soggetti IRES individuati dall art. 73 TUIR, alle imprese individuali, alle imprese familiari ed alle società di persone (ex art. 56 e 63 TUIR), allorché tutti tali soggetti abbiano ricavi superiori al limite per l applicazione degli studi di settore. Di tale limite non si tiene conto per le società che esercitano in via esclusiva o prevalente l attività di assunzione delle partecipazioni (art. 98, co. 7), tra le quali oltre alle holdings dei gruppi industriali (iscritte nella sezione elenco intermediari UIC ex art. 113 TULB n. 385/1993) 20, anche le società finanziarie che operano nei confronti del pubblico (art. 106 TULB). Le banche e gli enti finanziari indicati nell art. 1 del D.Lgs. 27.1.1992, n. 87 21, rientrano nell ambito soggettivo di applicazione della TCR, ma non si tiene conto dei finanziamenti assunti nell esercizio dell attività propria (art. 98, co. 5) 22. troverebbe fondamento nella pronuncia Corte Giust. 15.1.2002, Andersen, causa C-43/2000 attinente al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi di azioni in Racc. 2002, I-00379 (che viceversa risulta scarsamente conferente). 19 Ag. Entr. circ. n. 11/2005 e risoluzione 8 agosto 2005, n. 113/E (in Corr. Trib., 2005, 2806). L Agenzia svaluta anche il dato dell esistenza di plusvalenze latenti, ancorché certificato da un perito di parte, pur riconoscendo che la circostanza potrebbe assumere rilievo nel quadro complessivo (risol. n. 113/2005). 20 Tali società non rientrano fra quelle indicate dall art. 1 del D. Lgs. n. 87/1992, in quanto redigono il bilancio secondo lo schema delle imprese industriali, a norma dell art. 44, 2 co., D.Lgs. n. 127/1991, per il quale la disciplina del D. Lgs. n. 87/1992 è inapplicabile alle holding che assumono partecipazioni in società diverse da quelle creditizie e finanziarie. 21 Disciplina del bilancio delle banche e degli enti finanziari. 22 Per ulteriori approfondimenti v. BELLI CONTARINI, L applicazione della thin capitalization nel settore bancario e finanziario, in Riv. dir. trib., 2005, I, 547 e seg.

La norma prevede che lo Stato e gli enti pubblici di cui all art. 74 TUIR non si considerano mai soci qualificati (art. 98, co. 3, lett. c), n. 2). Si tratta più specificamente degli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni. Emergono quindi dubbi di legittimità comunitaria dal punto di vista del principio di non discriminazione, rispetto a soggetti di analoga natura provenienti da altri Stati membri dell Unione Europea (artt. 12, 43 e seg., 56 e seg. Tratt. CE.), ovvero dal punto di vista del divieto di aiuti di stato fiscali (artt. 87-88 Tratt. CE). Dubbi tutt altro che fugati dalla giustificazione addotta dalla prassi, secondo cui tale esclusione è finalizzata a non penalizzare le situazioni di indebitamento nelle quali la "fisiologicità" dell'ammontare dei finanziamenti è garantita dalla natura "pubblica" dei soggetti. -5) I finanziatori rilevanti: soci qualificati e parti correlate. Sono finanziatori rilevanti i soci qualificati e le loro parti correlate; per le imprese individuali il riferimento al socio si intende alla persona dell imprenditore, e per le imprese familiari anche al coniuge, ai parenti entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo grado (art. 63 TUIR) 23. Il socio, sia esso una società o una persona fisica, è qualificato quando controlla, direttamente o indirettamente, il soggetto debitore ex art. 2359 C.C., o partecipa al capitale sociale dello stesso debitore con una percentuale pari o superiore al 25%, alla cui determinazione concorrono le partecipazioni detenute da sue parti correlate (art. 98, 3 co., lett. c) 24. Si tratta di due diverse connotazioni qualificatorie, la prima basata sul concetto codicistico di controllo, la seconda peculiare al sistema della TCR. Come è noto, ai sensi dell art. 2359 sono considerate società controllate: -1) quelle in cui si dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell assemblea ordinaria (controllo diretto, interno di diritto); -2) quelle in cui si dispone della maggioranza dei voti sufficienti per esercitare un influenza dominante nell assemblea ordinaria (controllo diretto, interno di fatto); -3) quelle che si trovano sotto influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali (controllo esterno). Si ricorda che ai fini delle maggioranze (e quindi per le ipotesi sub 1 e 2) si computano anche i voti 23 Sui profili soggettivi v. in particolare FERRANTI, L ambito soggettivo di applicazione della thin capitalization, in Corr. trib., 2004, 175 e seg 24 Rileva in proposito Ag. Entr. circolare n. 11/2005, che rispetto ai principi della legge delega, l'art. 98, con riferimento all'individuazione dei soci finanziatori rilevanti, ha fissato al 25% la percentuale minima di partecipazione al capitale sociale che in base alle disposizioni della delega non poteva essere inferiore al 10%, ed ha previsto l'irrilevanza dell'entità della partecipazione al capitale sociale (che pertanto può essere anche inferiore al 25%) qualora il socio controlli di fatto il soggetto debitore ai sensi dell'art. 2359.

spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persone interposte (controllo indiretto), mentre non si computano i voti spettanti per conto di terzi (art. 2359, 2 co.) 25. Vi è sostanziale concordia nel ritenere che i trusts (rectius i trustees) non siano riconducibili alla categoria delle società fiduciarie e delle persone interposte, e che quindi ad essi non sia applicabile l art. 2359, 2 co. (v. infra). Nel complesso quadro degli articolati rapporti societari di controllo emerge ictu oculi una problematica di indubbio rilievo a proposito della rilevanza del controllo societario mediante influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali (controllo esterno) 26, ed anche sotto tale profilo si pone la questione dei trusts. La lettera della norma, stante il generico rinvio al controllo diretto o indiretto ex art. 2359, indurrebbe a ritenere rilevante anche tale situazione, che viceversa, in termini sostanziali, appare inconferente, mancando uno dei due elementi da utilizzare per il test di sottocapitalizzazione, in quanto la quota del patrimonio netto di pertinenza del socio risulta essere inesistente 27. Dal canto suo la prassi ritiene invece che rilevi sia il controllo diretto, sia quello indiretto, sia quello di diritto, sia quello di fatto, o comunque esercitato attraverso l'influenza dominante riveniente da particolari vincoli contrattuali, precisando al riguardo che tale seconda ipotesi di controllo (esterno) comporta per il finanziatore l'acquisizione dello status di "socio qualificato" pur in assenza di una partecipazione dello stesso, anche per il tramite di parti correlate, al capitale sociale del debitore ; addirittura in tal caso, al fine di calcolare il rapporto di indeducibilità si giunge a presumere che la partecipazione del finanziatore al capitale sociale del debitore sia totalitaria 28. Si tratta però di evidenti forzature, non condivisibili; basti considerare che la fictio iuris del socio qualificato e la presunzione di partecipazione totalitaria sono prive di qualsivoglia base legislativa. Si ritiene quindi che ai fini della TCR il controllo esterno possa assumere rilevanza soltanto se il soggetto finanziatore, controllante in virtù di particolari vincoli 25 V. per tutti: LAMANDINI, Il controllo, nozioni e tipo nella legislazione economica, Milano, 1995. 26 Alla tesi tradizionale che rinviene il nucleo qualificante del controllo esterno contrattuale in vincoli che determinano la dipendenza economica di una parte contraente dall altra, tali da condizionare l esistenza della parte subalterna, si contrappone l orientamento più moderno secondo cui è invece necessario che i vincoli debbano essere tanto pregnanti da produrre effetti equivalenti a quelli dell influenza dominante da partecipazioni ex art. 2359, 1 co., n. 2, come accade laddove tali vincoli riconoscano alla società controllante il diritto di approvare gli atti fondamentali o il potere di designare gli amministratori della controllata (v. ad es. GALGANO, Diritto commerciale. Le società., Roma-Bologna 2003, 230; LAMANDINI, Il controllo, nozioni e tipo cit., 202; in argomento v. altresì RIMINI, Il controllo contrattuale, Milano 2002). 27 Sulla questione v. le ampie ed approfondite riflessioni problematiche di BEGHIN, La Thin capitalization nella Riforma Tremonti cit., 48-51, il quale giunge a riconoscere la rilevanza del controllo societario siccome desumibile tout court dall art. 2359 c.c., senza distinzione tra controllo di diritto e di fatto, interno ed esterno, diretto e indiretto. 28 Ag. Entr. circolare n. 11/2005.

contrattuali, detenga una quota di partecipazione al capitale della società finanziata e controllata, quand anche tale quota sia di minima entità 29. Per quanto riguarda il collegamento societario, l art. 98, pur senza dare espresso rilievo al fenomeno (ex art. 2359, 3 co.) 30, identifica tuttavia come socio qualificato anche colui che partecipa al capitale sociale della debitrice con una percentuale pari o superiore al 25% (concorrendo le partecipazioni detenute da parti correlate) 31. Il riferimento normativo alla partecipazione al capitale sociale attribuisce rilevanza anche al possesso di azioni speciali, purché queste conservino gli elementi minimi causali affinché le si possa definire come partecipazioni sociali e non come titoli rappresentativi di rapporti di altra natura; pertanto rilevano sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni dotate di privilegi nella distribuzione degli utili (azioni privilegiate) o nell'incidenza delle perdite (azioni postergate) o di priorità o di preferenza sulla ripartizione dell'attivo di liquidazione (azioni di godimento), sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni prive del diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni e con diritto di voto limitato ad una misura massima o per scaglioni. Viceversa non rilevano le partecipazioni agli utili derivanti da titoli e strumenti finanziari assimilati alle azioni (art. 44, 2 co., lett. a, TUIR) in quanto in tali casi il sottoscrittore è titolare soltanto di diritti patrimoniali, o di diritti amministrativi (escluso il diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti), senza tuttavia acquisire mai lo status di socio, giacché tali titoli vengono emessi a fronte di apporti non imputabili a capitale sociale 32. Nulla è previsto in ordine al momento in cui procedere alla rilevazione delle partecipazioni. Il finanziatore potrebbe quindi detenere una partecipazione qualificata al momento della erogazione del mutuo (o del rilascio della garanzia) per poi rientrare al di sotto della soglia di rilevanza nella fase del rimborso, o viceversa assumere la partecipazione qualificata soltanto nella fase del rimborso. Al riguardo si ritiene che la misura delle quote vada effettuata di periodo in periodo, considerando i finanziamenti ai fini del calcolo medio solo per i giorni in cui il finanziatore ha 29 Analogamente PIAZZA, L indebitamento societario nella nuova IRES cit., 188), secondo cui se il socio non partecipa direttamente nel capitale del debitore non si dovrebbe tener conto delle partecipazioni delle parti correlate del socio stesso, e ciò anche in ragione della circoscritta nozione di parte correlata ai fini della TCR (v. infra). 30 Opinione prevalente, v. ad es. FERRANTI, L ambito soggettivo di applicazione della thin capitalization cit., 175; TRUTALLI, L utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione cit., 273. 31 Si ritiene che <<l'eventuale effetto demoltiplicativo prodotto dalla catena di controllo risulti irrilevante, in quanto non sussiste nell'articolo 98 un'esplicita previsione in senso contrario, così come invece e' stabilito negli articoli 120, comma 1, lettere a) e b), e 133, comma 1 con riferimento alla definizione del requisito di controllo rilevante ai fini dell'esercizio delle opzioni per il consolidato nazionale e per quello mondiale (circ. n. 11/2005); a conclusioni analoghe erano già giunti BEGHIN, La Thin capitalization nella Riforma Tremonti cit., 53-54, e TRUTALLI, L utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione cit., 274. 32 Ag. Entr. circolare n. 11/2005.

mantenuto la qualificazione e quantificando la porzione di patrimonio netto con criteri analoghi 33. Come già anticipato lo Stato e gli enti pubblici di cui all art. 74 TUIR non sono mai configurabili come soci qualificati. Si considerano parti correlate del socio qualificato le società da questi controllate ai sensi dell articolo 2359, e se persona fisica anche il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado (art. 98, comma 3, lett. b). Nonostante la palese assonanza la nozione di parte correlata rilevante ai fini dell'applicazione della TCR si differenzia da quella delineata dalla CONSOB (ex art. 2391 C.C. ) 34, in recepimento del principio contabile internazionale IAS 24, secondo cui sono correlate le parti: -che si avvalgono di un rapporto di controllo o di collegamento; -che esercitano un'influenza "notevole"; -che siano aderenti a patti parasociali, con partecipazione di controllo; -cui sono attribuiti poteri e responsabilità in ordine all'esercizio delle funzioni di amministrazione, direzione e controllo; -che hanno in comune la maggioranza degli amministratori. Pertanto, a differenza di quanto emerge prima facie, la nozione di parte correlata ai fini della TCR è piuttosto circoscritta. A più riprese l art. 98 fa riferimento alle società ed alla nozione di controllo societario, conseguentemente non sono ricompresi nell ambito delle parti correlate i soggetti diversi dalle società. Rilevano sia le società di capitali, sia le società di persone, residenti o non residenti, ma restano esclusi i soggetti aventi natura diversa, quali gli enti non commerciali, le fondazioni, le associazioni, i trusts ecc. rispetto ai quali non è concepibile il controllo societario ex art. 2359 35. E qui emerge subito una prima questione in tema di trusts, giacché parlarne come di soggetti diversi dalle società crea un certo disagio. E noto infatti che secondo la più autorevole dottrina in materia dire che un bene appartiene a un trust può passare in alcuni casi come espressione linguistica semplificata ma l analisi giuridica deve sempre e necessariamente rifuggire dal considerare il trust che è un rapporto giuridico- quale soggetto di diritti 36. 33 GAIANI, Il contrasto alla sotto-capitalizzazione cit., 51; conf. Ag. Entr. circolare n. 11/2005. 34 Comunicazione CONSOB 30.9.2002, n. 206431 35 Per analoghe considerazioni v. TRUTALLI, L utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione cit., 274, il quale rileva la ben più ampia previsione dell art. 120, 1 co. lett. a), che parla non solo di società ma anche di enti controllanti. E stata poi evidenziata l inapplicabilità della TCR ai rapporti società di gemmazione- patrimoni destinati, posto che la società di gemmazione non può certo essere tout court assimilata ad un socio qualificato del patrimonio destinato, e lo stesso dicasi per gli eventuali terzi apportanti (STEVANATO, Patrimoni destinati: ipotesi di regolamentazione fiscale, in Rass. trib., 2004, 74). In termini generali v. altresì G. MARINO, La relazione di controllo nel diritto tributario, Ed. provv., Milano 2005, 244 e seg. 36 LUPOI, I trust nel diritto civile cit., 389.

Tuttavia sul piano tributario, quantomeno nella prospettiva delle imposte sui redditi, và consolidandosi la concezione del trust come entità soggettivata in base all art. 87, 2 co. (ora art. 73, 2 co.), TUIR 37. E d altro canto, secondo alcuni autori a prescindere dal regime tributario- è possibile ipotizzare che il trust, in una delle tipologie che si sono sviluppate nell ambito del modello internazionale, si configuri come ente, si pensi ad esempio, ai trusts di scopo che si stanno diffondendo nella prassi internazionale per la realizzazione di operazioni finanziarie o commerciali 38. Tali tesi suscitano diverse perplessità, in merito alle quali si renderanno necessari approfondimenti in altra sede, qui è sufficiente evidenziare che ai nostri fini la concezione del trust come entità soggettivata, o, invece, come rapporto contrattuale, non altera i termini della problematica ai fini della TCR. -6) I limiti all utilizzo dei trusts. A questo punto vanno approfonditi i limiti rispetto all utilizzo dei trusts nelle operazioni di finanziamento per le quali può trovare applicazione la TCR. Si tratta per un verso di limiti derivanti dalla natura della TCR e per altro verso di limiti derivanti dalla tipologia dei trusts che si intende porre in essere. Dopo quanto ampiamente esposto in merito alla natura dell art. 98 come norma strutturale, destinata ad operare a regime, dovrebbe risultare agevole superare i pregiudizi circa l asserita elusività nell impiego del trust. Quanto al diverso problema dell interposizione personale si rammenta l art. 37 D.P.R. n. 600/1973, secondo cui l Ufficio può imputare al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni che egli ne è l effettivo possessore per interposta persona. La norma contempla l interposizione di persona, e quindi l interposizione fittizia in senso stretto, caratterizzata dalla divaricazione fra situazione esteriore e situazione sostanziale, riferibili rispettivamente all interposto ed all interponente 39. Al riguardo è necessaria una breve digressione sui rapporti tra trust ed interposizione e sull impiego del trust all interno dei gruppi di società. Come è noto il trust può essere utilizzato per la gestione di partecipazioni azionarie che vengono detenute dalla holding ovvero dalle controllate ai vari livelli della struttura societaria. Tuttavia è stato convincentemente chiarito che quando il trust ha per oggetto partecipazioni azionarie, la figura non può in alcun modo sovrapporsi al fenomeno 37 V. per tutti SALVATI, Profili fiscali del trust, Milano 2004, 234 e seg., in conformità della prevalente prassi amministrativa. 38 G. MARINO, La relazione di controllo nel diritto tributario cit., 247-248. 39 Cass., sez. trib., 3.4.2000, n. 3979, in Rass. Trib., 2000, 917, con note di NUZZO, Il dividend washing tra la cessione temporanea di titoli azionari e l usufrutto di azioni, e di PICCONE FERRAROTTI, Sull applicabilità dell art. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 al cosiddetto dividend washing.

dell intestazione fiduciaria, né a quello dell interposizione di persona: e questo prima di tutto ai fini della determinazione della nozione di controllo indiretto, che l art. 2359 c.c. collega alla detenzione di diritti di voto da parte di società controllate, fiduciarie e persone interposte, per il dato fondamentale per cui il trustee non è soggetto nell esercizio del diritto di voto alla volontà del disponente, contrariamente a quanto accade alla società fiduciaria che esprime il voto secondo le precise istruzioni del fiduciante 40. La prevalente dottrina civilistica ritiene che nel trust manchi il dato strutturale di tutte le figure dell interposizione e dell intestazione fiduciaria. Anche la dottrina tributaria tende ad escludere che l art. 37, 3 co., D.P.R. n. 600/1973, possa trovare applicazione al reddito del trustee 41. Una volta trasferite le partecipazioni il disponente perde il controllo su di esse, non potendone più condizionare la gestione da parte del trustee; ed è proprio il distacco definitivo ed effettivo dei beni dalla sfera soggettiva del disponente che permette di allontanare il trust dal fenomeno dell intestazione fiduciaria. Ovviamente a diverse conclusioni si dovrebbe pervenire in quei casi di bare trusts, o trusts nudi, sostanzialmente riconducibili al mandato, ovvero di trusts con ingerenze del disponente, che spesso si riserva un pregnante potere di indirizzo e di gestione 42. In tale contesto si giunge a ritenere che l inserimento del trust nella catena di controllo delle società del gruppo determina la sua interruzione poiché la partecipazione detenuta in trust è definitivamente sottratta alla disponibilità della società disponente ed irrilevante ai fini del controllo 43. Del resto l ipotetica applicabilità dell art. 37, D.P.R. n. 600/1973, ai casi di trustmandato, di trust simulato o di trust anomalo, nella prospettiva della TCR potrebbe assumere rilievo solo nei confronti del soggetto erogante, giammai nei confronti del soggetto garante, in quanto l imputazione del reddito all effettivo possessore, e cioè l imputazione degli interessi attivi (se del caso riqualificabili come dividendi), non può che riguardare il reale finanziatore. Analoghe considerazioni andrebbero poi svolte per quanto riguarda l interposizione fittizia volta ad aggirare la configurazione di una parte correlata. 40 Così GALGANO, Trust e gruppi di società, in www.il trust in italia.it; ID., Shopping del diritto, trust interno, gruppi di società cit. 41 GALLO, Trusts, interposizione ed elusione fiscale, in Rass. trib. 1996, 1043; PAPARELLA, Possesso di redditi ed interposizione fittizia. Contributo allo studio dell elemento soggettivo nella fattispecie imponibile, Milano 2000; ID., Brevi riflessioni aggiornate in tema di trusts, elusione ed interposizione di persona, in Boll. Trib., 2002, 485. 42 LUPOI, Trusts cit., 711 e seg., 809 e seg.; per la dottrina tributaria v. da ultimo G. MARINO, La relazione di controllo nel diritto tributario cit.,246-247. Per analoghe problematiche nel diverso sistema della CFC legislation v. TROIANO, L uso del trust e la nuova disposizione antielusiva di cui all art. 127-bis, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Controlled Foreign Corporations (CFC) in Boll. Trib., 2001, 1054; più ampiamente in argomento v. da ultimo CALIFANO, C.F.C. legislation e competizione fiscale. L impatto della riforma IRES, in Riv. dir. fin., 2005, I, 261 e seg. 43 GALGANO, Op cit.

Tanto premesso si ritiene che in linea di principio i trusts possano essere innestati nelle operazioni di finanziamento delle società sottocapitalizzate, a latere dei soci qualificati e/o delle parti correlate, senza subire l applicazione della TCR. -7) Il tipo di trust ed il problema della funzione di garanzia. Dopo quanto ampiamente esposto risulta evidente che l innesto dei trusts nelle operazioni di finanziamento delle società sottocapitalizzate si colloca nell ottica del più consueto impiego di tale contratto in materia societaria e finanziaria. Per quanto riguarda il tipo la scelta di fondo si pone tra il classico schema del trust con beneficiari ed il trust di scopo. Senza poter indugiare in questa sede sulla struttura e sulla funzione negoziale 44, sembra utile evidenziare che il trust di scopo, stante la sua temporaneità ed il ridimensionamento del profilo soggettivo dei beneficiari, si presta sul piano tecnico ad un proficuo utilizzo, soprattutto in quanto la temporaneità può coincidere con il periodo di durata dell operazione di finanziamento. E tuttavia proprio questa forte strumentalità a presentare profili di criticità tali da esporre a possibili contestazioni da parte del Fisco, e quindi da rendere preferibile l impiego del più complesso schema del trust con beneficiari, collocandolo nel quadro di una più articolata operazione, che non si limiti al mero innesto del trust, e che quindi risponda ad una ponderata ratio economica e giuridica. L emergente prassi commerciale ha subito posto l accento sul problema della funzione di garanzia. Si rammenta infatti che nel sistema della TCR per quanto riguarda le garanzie si intendono garantiti dal socio, o da sue parti correlate, i debiti assistiti da garanzie reali, quali le ipoteche o i pegni, personali, quali le fideiussioni, i mandati di credito, gli avalli, ed ancora il contratto autonomo di garanzia, l'anticresi ecc., e da garanzie di fatto, <<anche mediante comportamenti ed atti giuridici che, seppure non formalmente qualificandosi quali prestazioni di garanzia, ottengono lo stesso effetto economico>> (art. 98, 6 co.). Tale ampia formulazione ha subito evocato le lettere di patronage e le altre garanzie atipiche, ma si è posto anche il problema della funzione di garanzia nel contratto di trust. Come noto si riscontrano numerosi e significativi casi di trusts con segregazione di beni a scopo di garanzia 45, rispetto ai quali non può essere posta in dubbio la riferibilità alle garanzie rilevanti ai fini della TCR. 44 V. per tutti LUPOI, Trusts cit., 205 e seg., 705 e seg., 716 e seg. 45 LUPOI, Trusts cit., 677 e seg., R. LENER- BISOGNI, Omologa di prestito obbligazionario garantito da un trust, in Società, 1997, 585 ; SANTO, Trust e pegno rotativo, in TAF, 2000, 322; ID., Trust di strumenti finanziari in funzione di garanzia, ibidem, 2002, 128.

Pertanto laddove vi sia collegamento tra il contratto di finanziamento ed il contratto di trust con funzione di garanzia potrà normalmente operare la TCR (sempreche sussistano tutti i presupposti ordinari). Ben diversamente si pone la questione in caso di innesto del trust in un operazione di finanziamento della società sottocapitalizzata allorché il contratto di trust venga utilizzato in un contesto di articolazione strategica delle partecipazioni e dei rapporti societari. Invero, sia pure prescindendo dalle qualificazioni formali, e dando prevalenza al requisito del sostanziale effetto economico, gli atti giuridici ed i comportamenti rilevanti non possono che essere quelli che in concreto assumono per il finanziatore un effetto equipollente rispetto alle prestazioni di garanzia in senso stretto, volte ad assicurare, ovvero a rendere più certo ed agevole, il rimborso del finanziamento erogato, mediante l ampliamento della naturale sfera patrimoniale del soggetto debitore, o la costituzione di cause legittime di prelazione, o infine mediante la segregazione di beni a scopo di garanzia. Conseguentemente laddove l utilizzo del contratto di trust in concreto non aggiunga alcunché all affidamento del finanziatore, rispetto all assetto della naturale sfera patrimoniale del finanziato, non sarà concepibile alcun effetto sostanziale di garanzia, derivante dalla specifica fattispecie negoziale. Pertanto, una volta chiarito anche il problema della funzione di garanzia, si può concludere ritenendo che i trusts possano essere proficuamente utilizzati nelle operazioni di finanziamento delle società sottocapitalizzate senza ricadere nell ambito dell art. 98 TUIR.