Indennità integrativa speciale e pensione di reversibilità A cura dello Studio Legale Parenti Con la sentenza n. 8/QM del 2002, la Corte dei Conti, a Sezioni Riunite, si è definitivamente pronunciata sull annosa questione della spettanza o meno, per intero, dell indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità corrisposta al coniuge superstite e derivante da pensione diretta già liquidata al dipendente pubblico prima del 1.1.1995. In particolare, la questione di massima sottoposta all esame delle Sezioni Riunite, nel fare riferimento alle fattispecie assoggettate al regime transitorio di cui all art. 15, comma 5 della legge n. 724/1994, sottintende la problematica della corresponsione dell'indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità secondo i criteri di cui all'art. 15, comma 3 della legge n. 724/94, che ne prevedono il conglobamento nella base pensionabile costituita dagli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, ovvero secondo le modalità previste dall'art. 2 della legge 27.5.1959 n. 324, ossia quale voce autonoma e, per l effetto, in misura piena rispetto all emolumento in questione. La strada aperta dalla sentenza n. 8/QM del 2002, nell optare per questa seconda soluzione, ha già sortito i primi effetti sulle successive pronunce giurisprudenziali delle Sezioni regionali della Corte dei Conti, segno che la svolta epocale data all interpretazione giurisprudenziale in materia ha tutto il sapore di una vittoria per i successivi ricorsi che gli interessati avranno intenzione di presentare. Né dovrebbe ostare alla reversibilità in misura piena della indennità integrativa speciale la circostanza che il coniuge superstite sia percettore anche di un proprio autonomo reddito (stipendio o pensione). La conclusione cui è pervenuta la recente giurisprudenza contabile in proposito, infatti, sia pure in modo non del tutto unanime, è quella dell'ammissibilità del cumulo di duplice indennità integrativa speciale con riferimento sia alla ipotesi di contemporanea fruizione di retribuzione e pensione, sia a quella di titolarità di due trattamenti di quiescenza, indipendentemente dal fatto che il cumulo dei due trattamenti comporti il superamento del minimo Inps (sul punto cfr. Corte Conti, sez. Calabria 30.12.2003 n. 1163 e le sentenze ivi richiamate). D altra parte, la questione della corresponsione, per intero o meno, dell indennità in parola è strettamente connessa all altra non meno importante questione della natura di emolumento retributivo della stessa, quest ultima risolta in tal senso solo a seguito di una copiosa elaborazione giurisprudenziale. L indennità integrativa speciale, infatti, istituita con la legge 27 maggio 1959 n. 324, veniva inizialmente considerata avulsa dalla retribuzione ed autonoma rispetto ad essa, in considerazione delle peculiarità riconosciute alla stessa dalla legge istitutiva. 1
Tali peculiarità, tuttavia, nel tempo sono venute a sfumare e a lasciare il posto all applicazione, anche con riferimento all indennità integrativa speciale, del principio di impignorabilità, incedibilità e insequestrabilità già appartenente alla nozione di retribuzione in senso stretto. Soprattutto, il D.P.R. 17 settembre 1987, n. 494 ha disposto il conglobamento nello stipendio del personale di alcuni dipendenti pubblici di una quota dell'indennità integrativa speciale, con la necessaria conseguenza del riconoscimento della natura strettamente retributiva della voce in esame. La questione ha poi ricevuto definitivo riconoscimento nel senso sopra citato da parte della Corte Costituzionale, la quale, con sentenza 19 maggio 1993, n. 243, ha dichiarato costituzionalmente illegittime le norme che escludono l'indennità integrativa speciale dalla retribuzione (nel caso di specie, da assumere alla base del calcolo per la determinazione dell'indennità di buonuscita spettante al personale civile e militare dello Stato) per disparità di trattamento rispetto al regime vigente per il lavoro privato e per alcune categorie di dipendenti pubblici quali i dipendenti iscritti all'inadel, nonché per violazione dell'art. 36 Cost., in ragione proprio della natura retributiva dell'indennità integrativa speciale. La soluzione adottata dalla Corte Costituzionale, tuttavia, non ritenendo quest ultima di poter procedere ad una pronuncia di natura meramente caducatoria o additiva, ha affidato al legislatore il compito di riformare la materia. Tra i vari interventi normativi, succedutisi in attesa della armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie del settore pubblico e privato, si colloca la legge 23 dicembre 1994 n. 724, il cui art. 15, nel prevedere il congelamento dell indennità integrativa speciale sulla base di calcolo della pensione, ha introdotto, al comma 5, una disposizione sulla quale si è accesa da subito una querelle giurisprudenziale. Tale comma dispone, infatti, che le disposizioni relative alla corresponsione della indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall art. 2 della legge 27 maggio 1959 n. 324 e successive modifiche ed integrazioni, sono applicabili limitatamente alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e alle pensioni di reversibilità ad esse riferite. In pratica, l articolo in esame, in attesa di una riforma organica della materia pensionistica, si prefiggeva lo scopo di dettare una norma transitoria che limitasse nell arco temporale ante 1.1.1995, la corresponsione sui trattamenti pensionistici dell indennità in questione, per l intero, quale autonoma voce da calcolarsi in aggiunta alla base pensionabile. Successivamente, la L. 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) ha uniformato la disciplina del trattamento pensionistico e, in particolare, i requisiti e i criteri di calcolo delle pensioni di reversibilità per i decessi intervenuti dopo la data di entrata in vigore della legge (17.8.1995), estendendo a tutte le 2
forme previdenziali la normativa prevista nell assicurazione generale obbligatoria (si veda, in particolare, l art. 1, comma 41). In pratica, tale legge ha assoggettato anche la determinazione della pensione di reversibilità all applicazione dell'aliquota prevista dalla tabella F allegata alla legge stessa, sì da rendere la base pensionabile già comprensiva dell indennità in questione, con la conseguenza che per diverso tempo la giurisprudenza contabile si è orientata nel senso di escludere la fondatezza di tutti quei ricorsi volti al riconoscimento per l intero dell indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità, in considerazione dell impossibilità di tener conto una seconda volta dello stesso elemento retributivo, quale voce scorporata ed integrativa rispetto al trattamento pensionistico. Conseguenza inevitabile di ciò, per quel che è di nostro interesse, è stata la necessità di addivenire all esatta interpretazione del diritto transitorio introdotto con l art. 15, comma 5 della legge n. 724/1994, relativo alla individuazione della regola alla quale deve soggiacere il trattamento di reversibilità spettante ai superstiti del pubblico dipendente il cui trattamento di quiescenza fosse stato originariamente liquidato secondo il regime in vigore prima del 1 gennaio 1995. Occorre infatti puntualizzare che l'art. 15 comma 3 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 dispone che in attesa dell'armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza dal 1 gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche [ ] la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l'indennità integrativa speciale ovvero l'indennità di contingenza ovvero l'assegno per il costo della vita spettante. Il successivo comma 4 prevede che la pensione di cui al comma 3 è reversibile [ ] in base all'aliquota in vigore nel regime della assicurazione generale obbligatoria ed il comma 5 stabilisce che le disposizioni relative alla corresponsione dell'indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della legge 27 maggio 1959 n. 324 e successive modificazioni e integrazioni, sono applicabili alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e alle pensioni di reversibilità ad esse riferite. In proposito, l INPDAP, di volta in volta convenuta nei giudizi de quibus, ha sempre sostenuto che tale disposizione sarebbe stata implicitamente abrogata dalla più recente disposizione di cui all'art. 1 comma 41 della legge n. 335/1995, sul presupposto che quest ultima regolerebbe l'intera materia pensionistica con carattere di generalità. Sul significato e sulla portata delle due norme (art. 15 c. 5 e art 1 c. 41) è stata pertanto proposta questione di massima alle Sezioni riunite della Corte dei Conti, sull onda di vivaci contrasti giurisprudenziali affermatisi in proposito (si veda, precedentemente ed in senso conforme alla soluzione adottata nella questione di massima, Corte dei Conti, sez. Liguria, 3
5.8.1999, n. 786; Corte dei Conti, sez. Liguria 19.5.2000 n. 209; Corte dei Conti sez. App. III, 10.7.2001 n. 182; Corte dei Conti, sez. Sicilia, 15.10.2001 n. 928). In particolare, le SS.RR. del Giudice contabile, con sentenza n. 8/2002/QM del 17 aprile 2002, hanno affermato che in ipotesi di decesso di pensionato, titolare di trattamento di riposo liquidato prima del 31 dicembre 1994, il consequenziale trattamento di reversibilità deve essere in ogni caso liquidato secondo le norme di cui all'art. 15 comma 5 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, indipendentemente dalla data della morte del dante causa. Ciò in ragione del fatto che l'art. 1 comma 41 della legge 8 agosto 1995 n. 335 non ha effetto abrogativo dell'art. 15 comma 5 della legge n. 724/1994. L ampia ed articolata motivazione della citata sentenza ha preliminarmente precisato che le pensioni di reversibilità, cui si riferisce l'art. 15 comma 5 citato, sono tutte quelle collegate a pensioni dirette liquidate entro il 31 dicembre 1994, indipendentemente dalla data della morte del dante causa e dalla loro decorrenza, ossia anche se liquidate dopo la data predetta. Ciò premesso, le Sezioni Riunite della Corte dei Conti hanno sottolineato che la pensione di reversibilità, sebbene acquisita jure proprio, resta naturalmente avvinta alla pensione diretta fruita dal lavoratore (o alla quale avrebbe avuto diritto il lavoratore deceduto in servizio), costituendo una specie di proiezione della funzione di sostentamento assolta in vita dalla retribuzione del de cuius, di modo che non è ammissibile una diversità di criteri per la determinazione dei due trattamenti (diretto e indiretto). D altro canto - hanno riconosciuto le SS.RR. -, la norma transitoria, di cui all'art. 15 comma 5, trova la sua ratio nella salvaguardia dei diritti quesiti, che risulterebbe frustrata laddove il beneficio accordato venisse annullato, a distanza di pochi mesi, dalla successiva disposizione di legge e che, peraltro, è del tutto conforme a quella giurisprudenza costituzionale che tende a risolvere le questioni di diritto intertemporale tenendo conto del principio di tutela della posizione del soggetto privato contro norme di legge che vengano a ledere situazioni di affidamento. Sulla base di tali considerazioni, pertanto, anche la recente giurisprudenza delle Sezioni regionali ha ritenuto di dover abbracciare le tesi conclusive cui la Corte è pervenuta (da ultimo, si veda in proposito Corte dei Conti sez. Sardegna, sent. n.87/2004 depositata in Segreteria il 9.2.2004). È evidente, quindi, che coloro che ritengono che la propria pensione non sia stata calcolata in applicazione della legge n. 724/1994 e sempre che la pensione del coniuge sia stata conseguita prima del 31.12.1994, vedono oggi accresciuta la possibilità non solo di vedersi corrispondere l intera quota dell'i.i.s., ma anche gli arretrati con i relativi interessi di legge. Con una duplice precisazione, però: in primo luogo, resta ferma la necessità, qualora l Amministrazione non ottemperi alla eventuale richiesta inoltrata in tal senso dal soggetto interessato, di proporre ricorso alla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti competente, 4
ciò in ragione del fatto che comunque, in base ai principi generali, le sentenze sopra citate hanno valore giuridico soltanto nei confronti di coloro che hanno promosso il relativo giudizio; infine, qualsiasi azione che gli interessati volessero intraprendere non potrebbe prescindere dalla necessità di considerare l eventuale prescrizione quinquennale dei ratei pensionistici medio tempore intervenuta. 5