DIRITTO CIVILE. Prof. GIOVANNI FURGIUELE. Lezioni a cura della Dott.ssa Giulia Tesi. (Continua: CAPITOLO 5 LA SIMULAZIONE)

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DIRITTO CIVILE Prof. GIOVANNI FURGIUELE Lezioni a cura della Dott.ssa Giulia Tesi (Continua: CAPITOLO 5 LA SIMULAZIONE) 3.1. La simulazione relativa.pag. 216 3.2. La simulazione parziale e la simulazione soggettiva..pag. 218 4. Gli effetti della simulazione nei confronti dei terzi..pag. 220 5. La prova della simulazione.pag. 223 6. Giurisprudenza in materia di simulazione pag. 225 6.1. Simulazione e fiducia: analisi della sentenza della Corte di Cassazione n. 10791 del 2015 pag. 225 6.2. La simulazione parziale: Cassazione n. 3234/2015 e Cassazione Sez. Unite n. 18123/2015..pag. 230 6.3. L interposizione fittizia di persona: analisi della sentenza delle Sez. Unite della Corte di Cassazione n. 11523 del 2015.pag. 239 6.4. Prova della simulazione: analisi della sentenza della Cassazione n. 15845 del 2015 pag. 242 6.5. Rilevanza della simulazione nei confronti dei terzi: Corte di Cassazione n. 2154 del 2015 pag. 245 CAPITOLO 6 IL NEGOZIO INDIRETTO 1. Contratto e autonomia privata.pag. 250 2. Le caratteristiche del negozio indiretto..pag. 253 3. Giurisprudenza in materia di negozio indiretto.pag. 255 215

(Continua: CAPITOLO 5 LA SIMULAZIONE) 3.1. La simulazione relativa. Riprendiamo il contenuto del secondo comma dell articolo 1414 c.c., il quale così stabilisce: Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma. Rispetto al contenuto di questa disposizione, occorre sottolineare che, nell ipotesi della simulazione relativa, perché fra le parti possa produrre effetti il negozio dissimulato è necessario che sussistano i requisiti di forma e di sostanza del medesimo negozio dissimulato. Tale indicazione normativa, come abbiamo già accennato nel paragrafo precedente, dà luogo a delle difficoltà in ordine all individuazione del riferimento che deve sussistere perché possano aversi effetti, fra le parti, corrispondenti al contratto dissimulato. Una prima possibilità di valutazione può essere riferita all esistenza dei requisiti di forma e di sostanza del contratto simulato. In altri termini, secondo una prima impostazione, per poter realizzare quanto previsto dall articolo 1414/2 c.c., è necessario che sussistano i requisiti di forma e di sostanza del contratto simulato. Secondo un altra impostazione, i requisiti di sostanza e di forma dovrebbero essere riferiti al contratto dissimulato. Pertanto, due sono le possibilità: o si valuta quello che è stato manifestato all esterno e che è stato posto in essere nell esercizio di un attività in linea di fatto, oppure si valutano i requisiti di forma e di sostanza con riferimento al contratto dissimulato. Si tratta di un alternativa rispetto alla quale non è facile dare una risposta univoca per le evidenti difficoltà di valutazione che emergono dalla lettera dell articolo 1414/2 codice civile. Articolo 1414/2 c.c. Requisiti di forma e di sostanza 216

A ciò si deve aggiungere che, se si dovessero riferire i requisiti di forma e di sostanza al contratto dissimulato, si avrebbe l ulteriore conseguenza della circoscrizione della simulazione relativa. È, chiaramente, difficile che le parti, nel momento in cui pongono in essere una simulazione relativa, rendano evidenti i requisiti del contratto dissimulato. Ciò sussiste all interno dell accordo intercorso fra le parti, ma è ben difficile che ciò venga manifestato all esterno. In particolare, il problema riguarda i requisiti di forma. Infatti, se si richiede che i requisiti di forma e di sostanza debbano essere riferiti al contratto dissimulato, laddove fossimo in presenza di un negozio per la cui validità è necessario l atto pubblico, dovremmo ritenere che tale forma pubblica si debba attuare anche e in primo luogo al negozio dissimulato, con ciò contraddicendo a quella che la struttura tipica della simulazione relativa. È ovvio che seguendo questa impostazione si restringerebbero le possibilità, per le parti, di dar luogo alla simulazione relativa. L unica soluzione praticabile, quindi, è la seguente. Per quanto riguarda i requisiti di sostanza, essi, in senso pratico, devono essere riferiti alla sostanza giuridica di ciò che è stato voluto realmente. Pertanto, in questa logica, i requisiti di sostanza non sono altro che i requisiti di liceità, ossia la non contrarietà della situazione contrattuale, che è stata realizzata dalle parti, rispetto ai valori essenziali del sistema giuridico. Per quanto riguarda i requisiti di forma, invece, essi, per poter attribuire un senso pratico e compiuto a ciò che risulta dal secondo comma dell articolo 1414 c.c., devono essere presenti nell ambito del contratto simulato. Nella sostanza, i requisiti di forma devono essere individuati nell ambito del negozio simulato, il quale deve essere redatto in maniera conforme a ciò che è previsto per la validità del Requisiti di sostanza Requisiti di forma 217

negozio dissimulato. Per esempio, se si ha una vendita (contratto simulato) che nasconde una donazione (contratto dissimulato), la vendita deve essere fatta per atto pubblico alla presenza di due testimoni. 3.2. La simulazione parziale e la simulazione soggettiva. Altra ipotesi particolare di realizzazione del fenomeno simulatorio è la cosiddetta simulazione parziale. Quando si parla di simulazione parziale, si fa riferimento a quelle ipotesi in cui si è simulato, non l intero negozio, ma soltanto un aspetto, un momento di quella realtà negoziale che risulta dichiarata. La simulazione parziale si ha, in particolare, quando viene dichiarato un valore, riferito a certe operazioni contrattuali, che però non è corrispondente al prezzo sostanziale, ma ne costituisce solo una porzione. Come vedremo anche attraverso l analisi di una sentenza, nell ambito della compravendita immobiliari oggi, ma soprattutto in passato, era frequente che, per ragioni fiscali, venisse dichiarato un prezzo che, però, non corrispondeva a ciò che veniva realmente pagato per l acquisto del bene immobile compravenduto. In questi casi, quindi, si ha un contratto dichiarato di cui è voluto un effetto per esempio, l effetto traslativo e quello relativo al pagamento del prezzo ma il prezzo indicato non è quello che viene realmente corrisposto. Probabilmente, nelle ipotesi suddette, non è totalmente esatto utilizzare il termine simulazione parziale, soprattutto, se si considera che la caratteristica di queste ipotesi è quella di valutare, in modo complessivo, la situazione economica. Ecco perché sarebbe, forse, più Simulazione parziale 218

giusto anche in questi casi rientrare nell ambito della simulazione relativa: anche nella simulazione parziale, nella sostanza, si stipula un negozio dissimulato che è diverso da quello apparentemente dichiarato. Altra ipotesi particolare di simulazione relativa, è la simulazione soggettiva. In quest ipotesi viene configurato come una delle parti del contratto un soggetto che non è la reale controparte che, viceversa, è un altro soggetto. Si ricade, quindi, nell ambito di quella che viene definita interposizione fittizia di persona che si distingue dall interposizione reale di persona che si ha quando agisce in via sostitutiva. L interposizione reale di persona si ha quando un soggetto si sostituisce ad un altro nello svolgimento delle attività contrattuali. Gli effetti del contratto, però, sono destinati a ricadere in via finale all interno della sfera, non del soggetto che opera in qualità di sostituto, ma all interno della sfera giuridica del soggetto sostituito. È necessario un momento di legittimazione che si realizza o attraverso la rappresentanza, oppure attraverso il mandato. L ipotesi dell interposizione fittizia di persona che, come detto, ricade nell ambito della figura della cosiddetta simulazione relativa, non si ha una semplice sostituzione, ma si ha un soggetto che agisce sulla base di un accordo che lega tre soggetti: l interponente, il terzo e l interposto. Pertanto, l operazione contrattuale che viene realizzata con questo genere di meccanismo produrrà effetti vincolanti solo per l interponente ed il terzo. L attività realizzata dall interposto non corrisponde, quindi, ad un obbligo perché alla base dell operazione vi è un accordo in forma simulatoria che, come tale, non è dotato di legittimazione giuridica. Simulazione soggettiva 219

In altre parole, in una situazione di simulazione soggettiva, l accordo simulatorio che si sostanzia in un comportamento in linea di fatto fa si che gli effetti siano destinati a ricadere, esclusivamente, all interno della sfera giuridica dell interponente e del terzo e a non toccare la sfera giuridica dell interposto. 4. Gli effetti della simulazione nei confronti dei terzi. Dopo aver inquadrato il fenomeno simulatorio in termini generali, soffermiamoci sul contenuto degli articoli 1415 1417 del codice civile. Innanzitutto, prendiamo l articolo 1415 c.c. Effetti della simulazione rispetto ai terzi. Leggiamo, innanzitutto, il secondo comma dell articolo 1415 c.c., il quale così statuisce: I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti. Ciò significa che, altro è la logica della disciplina per quanto attiene ai rapporti fra le parti, altro è la logica della disciplina quando vengono toccati interessi di terzi. La simulazione, evidentemente, altera la realtà dei fenomeni, dà luogo ad un immagine di carattere particolare, per cui, la valutazione di ciò caratterizza tale ipotesi deve, necessariamente, prendere in considerazione anche la posizione dei terzi che hanno, a seguito dell operazione simulatoria, l interesse a mantenere intatta la loro sfera economica e giuridica. Il primo comma dell articolo 1415 c.c., invece, dice: La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno Articolo 1415/2 c.c. Articolo 1415/1 c.c. 220

acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione. In primo luogo, è necessaria una lettura combinata dell articolo 1415, comma 1, c.c. e dell articolo 2652, n. 4. c.c. che, come abbiamo già detto, stabilisce la trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della simulazione. In secondo luogo, occorre sottolineare che il contenuto della norma in commento non è altro che il frutto di una valutazione corrente e normale del fenomeno simulatorio. Ciò perché, a seguito di quanto è stato realizzato in forma simulatoria, può essersi realizzato, nel frattempo, un trasferimento dei diritti dal simulato acquirente ad un terzo. È, quindi, nell ambito di questa ipotesi che si colloca quanto detto dal primo comma dell articolo 1415 del codice civile. In particolare, secondo la suddetta norma, si fa salvo l acquisto del terzo se esso è stato realizzato secondo buona fede. La buona fede non è altro che ciò che caratterizza la disciplina, in senso generale, del compimento dell attività giuridica, la quale, in passato, era considerata con riguardo, più che altro, alla situazioni che si erano realizzate. Viceversa, oggi, prevale la logica della tutela della buona fede che fa si che, in certe ipotesi, si abbia una valutazione complessiva del fenomeno traslativa che fa prevalere l immagine della cosiddetta fattispecie normativa. Nello specifico, si ha fattispecie normativa quando la catena degli effetti prevede, precedentemente, la realizzazione di una pluralità di fatti che, combinati nella loro complessità, costituiscono l antecedente da cui scatta l effetto giuridico dell acquisto. Secondo questa logica, quindi, non è detto che ci sia il trasferimento in senso pieno perché è necessario e sufficiente che colui che pone in essere il trasferimento realizzi uno di quei fatti originari che unito Acquisto del terzo e buona fede 221

insieme ad un altro fatto la buona fede danno luogo alla fattispecie complessa da cui scaturisce l effetto giuridico. Vi è da aggiungere un ulteriore considerazione. In questa ipotesi, infatti, abbiamo una situazione che si sostanzia nell acquisto da parte del terzo, il quale, a seguito di tutto quello che abbiamo sopra descritto, viene tutelato nella logica dell ordinamento dello Stato. Rispetto al meccanismo sopra descritto, occorre chiedersi se il terzo possa rinunciare all effetto traslativo, oppure se esso deve, necessariamente, realizzarsi. Si ritiene che tale acquisto, tutelato sulla base del valore superiore dell ordinamento dello Stato, sia comunque rinunziabile. Anche in questo caso, infatti, deve prevalere una logica di carattere sostanziale: certo, da un punto di vista formale, l acquisto sarebbe perfetto, però, non è detto che tale acquisto, fondato sulla logica dello Stato, debba imporsi sulla volontà del singolo che non ritiene di aderire alla suddetta impostazione e che vuole, viceversa, far prevalere la logica sostanziale. L articolo 1416 c.c. Rapporti con i creditori offre una valutazione specifica della questione generale della rilevanza del fenomeno simulatorio nei confronti dei terzi. Esso così recita: La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato. I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all atto simulato. Pertanto, come si evince della lettera della norma in commento, anche in questo caso prevale la logica della buona fede e la logica di ciò che Rinunziabilità dell acquisto da parte del terzo Articolo 1416 c.c. 222

si realizzato, secondo la catena di atti posti in essere dai diversi soggetti coinvolti. 5. La prova della simulazione. Nell analisi della disciplina codicistica del fenomeno simulatorio, rimane da considerare il contenuto dell articolo 1417 c.c. Prova della simulazione. Uno degli elementi più problematici della valutazione del fenomeno simulatorio è, senz altro, costituito dal momento della prova della simulazione, ossia della dimostrazione della reale sostanza di ciò che le parti hanno, effettivamente, posto in essere nel momento in cui hanno apparentemente dichiarato, manifestato all esterno il contratto simulato. Lo strumento che, normalmente, rende possibile l accertamento del fenomeno simulatorio è costituito dalla controdichiarazione, la quale priva di reale valenza giuridica ciò che è stato apparentemente dichiarato all esterno. Il problema si pone nei casi in cui non sussista una controdichiarazione, oppure nei casi in cui, colui che deve dare la prova della simulazione, non ha, materialmente, la controdichiarazione medesima. La disciplina dell articolo 1417 c.c. vale, appunto, nelle ipotesi in cui, per varie ragioni, manchi la controdichiarazione. Esso così statuisce: La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti. Articolo 1417 c.c. 223

Innanzitutto, occorre sottolineare che l articolo 1417 c.c. parla espressamente di prova per testimoni, in realtà, però, il problema della prova della simulazione riguarda tutti gli strumenti di prova che sono previsti nell ambito del codice civile (testimoni, presunzioni, giuramento, confessione). Rispetto a ciò, quindi, la norma in commento non appare completa. Secondo tale norma, in primo luogo, i creditori ed i terzi non incontrano limiti di carattere giuridico, dal punto di vista di ciò che è necessario per aversi la prova per testimoni della simulazione. Viceversa, le parti possono utilizzare la prova per testimoni, soltanto, se intendono far valere l illiceità del contratto dissimulato. La norma in commento, quindi, appare particolarmente problematica. Essa, tra l altro, pone anche la necessità di far riferimento a quanto previsto dagli articoli 2721, e seguenti, del c.c., in cui si disciplina la prova testimoniale. Come vedremo in seguito, molto spesso nella giurisprudenza si fa una valutazione combinata e complessa dell articolo 1417 c.c. e degli articoli 2721, e seguenti, codice civile. La valutazione combinata delle norme suddette finisce, quindi, per smentire la visione restrittiva proposta dall articolo 1417 del codice civile. La rigida combinazione fra l articolo 1417 e gli articoli 2721, e seguenti, del c.c. potrebbe essere superata considerando il fenomeno simulatorio come comportamento fattuale perché, eliminando il carattere contrattuale, verrebbe meno anche la necessità di richiamare le norme in materia di prova nel contratto. Rispetto alla testimonianza, occorre anche sottolineare che, in linea generale, essa può essere anche non vera e, quindi, la sua valenza pone ulteriori problematiche. 224

Un ultima considerazione deve essere fatta in ordine alla prescrizione, si ritiene che essa valga in riferimento ai diritti che scaturiscono dal contratto dissimulato. Simulazione e prescrizione 6. Giurisprudenza in materia di simulazione. Dopo aver analizzato il fenomeno simulatorio nelle sue caratteristiche specifiche e con riferimento alla disciplina prevista all interno del codice civile, vedremo, nei successivi paragrafi alcune delle più importanti e recenti sentenze in materia di simulazione, le quali affrontano alcune delle problematiche precedentemente considerate. 6.1. Simulazione e fiducia: analisi della sentenza della Corte di Cassazione n. 10791 del 2014. Iniziamo da una vicenda assolutamente peculiare che metterà in luce la differenziazione fra fenomeno simulatorio e fenomeno fiduciario. A tal proposito, proponiamo la lettura della sentenza della Corte di Cassazione, n. 10791, del 16 maggio 2014. La vicenda fattuale si svolge in un contesto, abbastanza, particolare perché riguarda una serie di situazioni non chiarissime che si svolgono in Libia nel periodo post-coloniale e che, quindi, hanno come protagonisti tre soggetti italiani che possedevano significativi terreni ed immobili nel Paese straniero. In particolare, si stipula un atto con cui una parte (Signora Arcidiacono) cede un terreno ad un altro soggetto. Da quanto si capisce dallo svolgersi dei fatti, il problema è che il soggetto che vorrebbe acquistare il terreno (Giulio Hassan) ha, però, una serie di Cass. n. 10791/2014 225

difficoltà a comparire egli personalmente in atto, in quanto, all epoca dei fatti, tale soggetto era minorenne, era in Italia per studio (non era, quindi, fisicamente in Libia) ed era ebreo. Per tutte queste ragioni, egli ritiene più conveniente che il bene venga intestato ad un soggetto ulteriore (Zappoli) che, nella sua ricostruzione dei fatti, dovrebbe essere il mero prestanome che garantisce un acquisto più sicuro. Dopo lo svolgimento della suddetta operazione, Hassan stipula un contratto di affitto, per cui dà in gestione l azienda costituita sul terreno che egli ritiene suo ad un ulteriore soggetto (Ricotti) che, in quanto imprenditore agrario, gestisce l azienda in territorio libico. Tutta la vicenda descritta si svolge nel passato, successivamente, tutta l operazione viene travolta negli anni settanta quando il governo Gheddafi confisca tutti i beni italiani in Libia. Si arriva ad una situazione, in cui tutti i protagonisti della vicenda si trovano a trasferirsi in Italia. Nel nostro Paese, in base a normative speciali poste a tutela di chi ha perso i propri beni all estero per le suddette vicende, chiedono al governo italiano degli indennizzi. La cosa particolare è che, per il terreno in questione, l indennizzo viene chiesto da tutti e tre i soggetti: l originaria venditrice; l intestatario; l acquirente reale. Pertanto, il problema di come si sono svolti i fatti assume una sua rilevanza. Tutti e tre i soggetti, come abbiamo detto, si rivolgono alla Pubblica Amministrazione per cercare di ottenere l indennizzo, sostenendo il proprio titolo di proprietà sul bene. Naturalmente, nessuno dei tre ha titoli paragonabili a quello che useremmo in una vicenda analoga svoltasi in Italia perché nessuno dei tre può più accedere ad eventuali archivi o catasti libici. La ricostruzione della vicenda è, quindi, basata tutta su prove testimoniali. 226

Venendo a sintetizzare la vicenda, il Ministero, avendo questa pluralità di richieste, blocca tutto e non rimborsa nessuno dei tre soggetti richiedenti. Dopo vari anni, il più accanito dei soggetti coinvolti, cioè l imprenditore che aveva in affitto il terreno (Ricotti) agisce, sia in sede amministrativa che in sede giudiziaria, per ottenere, per se stesso, il rimborso di quanto da lui perduto (i beni e le attrezzature con cui conduceva l azienda agricola) e, in nome e per conto di Hassan, anche il rimborso per quanto attiene all indennizzo per la proprietà del terreno. Degli altri soggetti si perdono, momentaneamente, le tracce. Per sostenere la sua tesi, l attore produce una serie di dichiarazioni giurate di altre persone dell ambiente coinvolto, i quali attestano che i fatti si sono svolti nella maniera indicata dal Ricotti. Il Tribunale e la Corte d appello di Roma rigettano la domanda, in quanto ritengono che essa non sarebbe suscettibile di accoglimento in nessuno dei due modi alternativi di ricostruzione della vicenda. In particolare, si fanno due ipotesi. In primo luogo, se si vuole allegare la presenza di un negozio fiduciario, ossia di un patto fiduciario, per cui, lo Zappoli comprava il terreno e si impegnava fiduciariamente a ritrasferirlo ad Hassan, allora, per vantare la proprietà, occorrerebbe il successivo atto di ritrasferimento in forma scritta che qui non c è stato. Pertanto, in questo caso le ricostruzioni giurate dei terzi non avrebbero alcun rilievo. Se, invece, volessimo parlare di un negozio simulato, per cui, l acquirente era, fin dall inizio, Hassan e si creava una mera apparenza fittizia di intestazione allo Zappoli, occorrerebbe, secondo quanto stabilito dall articolo 1417 c.c., la controdichiarazione. Anche in questo caso, quindi, le prove testimoniali non avrebbero alcun rilievo. 227

A questo punto, l imprenditore ricorre per Cassazione. Per quel che qui ci interessa, il ricorrente, innanzitutto, fa leva su tutta un interpretazione della normativa speciale che stabiliva l indennizzo per i beni perduti nei territori già soggetti a sovranità italiana (non solo la Libia, ma anche altre ex colonie, e soprattutto le province perse in Istria e Dalmazia con la seconda guerra mondiale). Si tratta di una serie di normative dalle quali si ricaverebbe la possibilità, per i soggetti che richiedono l indennizzo, di poter presentare, come prova dei loro diritti, dichiarazioni giurate, in surrogazione di ciò che, in casi normali, dovrebbe essere un documento scritto. La Cassazione, però, rigetta la suddetta impostazione, in quanto ritiene che tali norme valgano solo in sede amministrativa, ossia nella fase in cui il soggetto richiedente si rivolge al ministero competente per farsi riconoscere l indennizzo. Al contrario, in sede processuale tali normative non valgono perché, in tale sede, prevarrebbero comunque principi ed, in particolare, prevarrebbe il principio dell onere della prova che impedisce ad un soggetto di surrogare la prova scritta con una dichiarazione giurata. Nell altro motivo di impugnazione, il ricorrente valorizzava una delle dichiarazioni giurate prodotte. Essa veniva, nello specifico, valorizzata, non tanto come elemento di prova estrinseco, ma come profilo sostanziale della vicenda. Secondo il ricorrente, infatti, una delle dichiarazioni giurate che riconoscono la reale proprietà del terreno in capo ad Hassan proverrebbe dal medesimo Zappoli, cioè dal soggetto intestatario, fiduciario o fittizio, del bene. Quindi, colui che aveva chiesto in origine per se l indennizzo, parrebbe che, successivamente, si sia convinto a appoggiare la posizione dell altra parte, tanto da rilasciare una sua dichiarazione giurata, con cui riconosce effettivamente che il vero proprietario è Hassan. 228

Il problema, però, è che questo motivo di ricorso che sarebbe teoricamente favorevole all attore viene formulato particolarmente male sul piano tecnico perché in esso si trova una formula che mescola tutto, parlando di simulazione per interposizione reale. Si mischiano due cose diverse: la simulazione, come abbiamo detto, è interposizione fittizia; mentre l interposizione reale sarebbe riferibile alla fiducia. Per questa cattiva formulazione del motivo di ricorso, il motivo medesimo viene rigettato dalla Cassazione perché i giudici non sono in grado di capire a quale ricostruzione si sta alludendo. Addirittura, nel ricorso non viene neppure riportato il contenuto di questa dichiarazione dello Zappoli e, quindi, il giudice di Cassazione non è neppure in grado di capire cosa realmente il soggetto avrebbe dichiarato. Come abbiamo più volte detto, il ricorso per Cassazione deve essere autosufficiente; non si può chiedere al giudice di andare a controllare altri atti, o altri fatti delle fasi precedenti del processo. Pertanto, secondo la Cassazione, effettivamente, in linea generale tale dichiarazione dello Zappoli potrebbe valere come controdichiarazione utile a provare la simulazione, però, nel caso di specie, non riportando il contenuto della dichiarazione e avendolo spiegato in maniera erronea, non si capisce ciò che lo Zappoli intendeva dichiarare. In mancanza di una corretta ricostruzione dei fatti, la dichiarazione dello Zappoli può, infatti, essere interpretata in tre diversi modi: o come controdichiarazione tesa a provare la simulazione; o come elemento di un negozio fiduciario intercorrente fra le parti; oppure come successiva rinunzia traslativa. Per questa ragione, quindi, anche questo motivo di impugnazione è rigettato. 229

6.2. La simulazione parziale: Cassazione n. 3234/15 e Cassazione Sez. Unite, n. 18123/15. In materia di simulazione parziale, innanzitutto, proponiamo l analisi della sentenza della Corte di Cassazione, n. 3234, del 18 febbraio 2015. La vicenda riguarda una fattispecie assai frequente nella contrattazione immobiliare: la fattispecie è quella della simulazione parziale del prezzo, con cui le parti, per far risultare un prezzo più basso di quello effettivamente pagato, indicano nel contratto un prezzo inferiore a quello reale e la restante parte viene, Cass. n. 3234/2015 sostanzialmente, pagata a nero. 1 Nel caso specifico, con una scrittura privata del novembre del 1990, un soggetto prometteva di acquistare una villa di proprietà di una società per azioni. Quindi, le parti (il promittente venditore e il promissario acquirente) stipulano un contratto preliminare ad effetti anticipati, in cui il promittente venditore, prima della stipulazione del definitivo, si impegnava a consegnare il bene al promissario acquirente che, a sua volta, si obbligava a pagare il prezzo di vendita. Il promittente venditore, però, non adempie al suo obbligo di consegna della villa e, quindi, il promissario acquirente agisce in giudizio, chiedendo l esecuzione in forma specifica dell obbligo di 1 Il fenomeno della simulazione parziale del prezzo di vendita era, in passato, molto frequente nell ambito della compravendita immobiliare. Oggi, grazie alla normativa antiriciclaggio e grazie al fatto che, dal 2005, le imposte sui trasferimenti immobiliari si calcolano, non sul prezzo, ma sui valori catastali, uno dei motivi principali di simulazione del prezzo ovvero pagare meno imposte è venuto meno. 230

contrarre ex articolo 2932 c.c., il risarcimento dei danni e la riduzione del prezzo di vendita. La S.p.A. si costituiva in giudizio, eccependo la simulazione parziale del prezzo di vendita che, in realtà, era di 286 milioni di lire, anziché 190 milioni di lire come, invece, era indicato nell atto. In virtù di ciò, la S.p.A. chiedeva la risoluzione del suddetto contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente che aveva pagato i 90 milioni di lire indicati nel preliminare e, per la restante parte (i 96 milioni di lire da pagare a nero), aveva emesso un assegno bancario che, poi, era stato protestato. Quindi, da un lato, il promissario acquirente agiva per vedersi trasferire (ex articolo 2932 c.c.) la proprietà della villa, asserendo di non essere tenuto a versare somme ulteriori, rispetto a quanto indicato nel contratto preliminare. Dall altro lato, la società venditrice chiedeva la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente, il quale non aveva pagato la somma dovuta, essendo il prezzo di vendita, indicato nel contratto preliminare, simulato. E quell assegno protestato, emesso dal promissario acquirente per pagare le somme a nero, costituiva, secondo il promittente venditore, la prova della simulazione parziale. Sia il Tribunale che la Corte d appello rigettavano la domanda dell attore e accoglievano la ricostruzione della società venditrice, per cui, dichiaravano la simulazione del contratto preliminare, relativamente al prezzo di vendita e la risoluzione del contratto stesso per l inadempimento dell attore inadempimento che consisteva nel mancato pagamento della somma di 96 milioni di lire, in aggiunta ai 190 milioni di lire indicati nell atto. 231

In particolare, il Tribunale rinveniva nell assegno di 96 milioni di lire, emesso dal promissario acquirente, la prova della simulazione parziale del prezzo di vendita. La Corte d appello, invece, confermava la decisione di primo grado, però, riteneva che l assegno in questione non poteva essere utilizzato come prova della simulazione parziale del prezzo perché il promissario acquirente aveva, nel corso del giudizio di primo grado, la firma presente sull assegno medesimo e il promittente venditore non aveva presentato l istanza di verificazione della scrittura disconosciuta (articolo 216 c.p.c.). Nonostante ciò, la Corte d appello ritiene che la prova della simulazione parziale del prezzo di vendita fosse desumibile da altri elementi ed, in particolare, da una testimonianza, resa nel giudizio di primo grado, dalla quale emergeva che il prezzo pattuito fra le parti era, effettivamente, di 286 milioni di lire. Pertanto, la somma indicata nel contratto preliminare non corrispondeva al vero prezzo di vendita: si dovevano aggiungere a tale somma i 96 milioni di lire da pagare a nero. Entrambe le parti ricorrono per Cassazione. In particolare, il promissario acquirente contesta il fatto che, contrariamente a quanto fatto dalla Corte d appello, la prova della simulazione, ex articolo 1417 c.c., non può essere desunta da testimonianze o presunzione, ma deve essere fornita con atto scritto. Pertanto, al di là delle altre argomentazioni presentate dai ricorrenti ed aventi natura tecnico-processuale e sulle quali, in questa sede, non ci soffermeremo, il punto centrale della controversia è quello di stabilire se la simulazione parziale del prezzo di un contratto preliminare di vendita di un immobile possa essere provata per testimoni. 232

In materia di prova della simulazione, come abbiamo già avuto modo di dire, l articolo 1417 c.c. prevede che il terzo e i creditori possano provare la simulazione senza nessuna limitazione, perciò, anche per testimoni. Le parti, invece, possono provare la simulazione per testimoni solo qualora la prova sia diretta a far valere l illiceità del contratto dissimulato; in tutti gli altri casi, per le parti, opera il regime generale di cui agli articoli 2722 2724 del codice civile. Per quanto riguarda, nello specifico, l ipotesi della simulazione parziale del prezzo di vendita nella compravendita immobiliare, la giurisprudenza di legittimità, a partire da una sentenza delle Sezioni Unite del 2007, è orientata nel ritenere che la simulazione parziale del prezzo di vendita nella contrattazione immobiliare, per quanto concerne la prova per testimoni, soggiace alle limitazioni previste dall articolo 2722 c.c. perché la prova ha, in questi casi, ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto. Per la Cassazione questo principio non è stato rispettato dalla Corte d appello che ha ritenuto di provare la simulazione sulla scorta della suddetta testimonianza. Tra l altro, la società venditrice, nel suo ricorso per Cassazione, aveva sostenuto che l assegno, diversamente da quanto detto dalla Corte d appello, poteva comunque essere utilizzato in giudizio, ex articolo 2724 c.c., perché principio di prova scritta. Tale argomentazione è stata, però, disattesa dalla Cassazione perché essa presuppone, dà per scontato il fatto che l assegno sia stato emesso dall attore. Tale fatto, però, non è stato accertato dai giudici di merito. In altri termini, la questione relativa all accertamento della provenienza dell assegno costituisce questione di merito che non formare oggetto del giudizio di legittimità. 233

In conclusione, la sentenza della Corte d appello viene cassata ed il ricorso del promissario acquirente viene ritenuto fondato, in quanti la prova della simulazione parziale del prezzo di vendita non può essere data per testimoni. La seconda sentenza, che di seguito analizzeremo, in materia di simulazione parziale è la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 18123, del 17 settembre 2015. La fattispecie riguarda la materia delle locazioni e fa capo alla prassi, abbastanza diffusa nel passato ma anche nel presente, del cosiddetto doppio contratto. Il riferimento è alla situazioni in cui le parti di un contratto di locazione stipulano due contratti locativi: uno, in cui è previsto un canone molto basso, che viene registrato e, quindi, conosciuto dal fisco; un altro contratto, conosciuto solo dalle parti e nascosto al fisco, in cui si prevede il canone reale di locazione. La manovra, come detto piuttosto presente nella prassi, serve per nascondere al fisco una parte importante dei redditi di locazione, evitando tutta una serie di carichi di carattere tributario. Chiaramente, tale operazione prosegue bene, fin quando non ci sono conflitti; nel momento in cui si creano dei conflitti fra le parti, l aver basato il rapporto su questa situazione ambigua, può creare delle difficoltà. Questo è ciò che accade nel caso di specie. Nello specifico, l inquilino rimane indietro con il pagamento di alcune mensilità, il proprietario dell immobile, quindi, attiva la procedura di sfratto. A questo punto, però, l inquilino ribatte che lui, in realtà, non è inadempiente perché, se guardiamo al contratto registrato, lui ha pagato di più. Cass., Sez. Un., n. 18123/2015 234

Il locatore, ovviamente, insiste per la piena efficacia del contratto reale, sconosciuto al fisco, e che ha effetti solo fra le parti. Esso fa, anche, presente che, quando questo contratto venne stipulato nel 2003, non era ancora in vigore la legge finanziaria del 2005 che ha previsto la nullità delle locazioni non registrate. Il Tribunale di Roma sezione di Ostia e la Corte d appello di Roma si schierano a favore dell inquilino, invocando, non tanto la legge finanziaria del 2005, ma invocando una norma precedente, ovvero l articolo 13 della legge 431 del 1998 che regola, in termini generali, le locazioni di immobili urbani ad uso abitativo. In particolare, l articolo 13 della legge 431/98 fissa la cosiddetta regola dell invarianza, in base alla quale, una volta pattuito, nel contratto di locazione, un canone questo non può essere modificato nel corso del rapporto, se non attraverso dei meccanismi di adeguamento predeterminati nella fase iniziale di contrattazione. Per esempio, si può scrivere nel contratto iniziale che il canone fissato verrà adeguato automaticamente agli indici ISTAT. Al contrario, non è possibile porre in essere patti modificativi successivi che, se realizzati, sono nulli. Secondo i giudici di merito, quindi, l operazione fatta di nascosto, che ha previsto un canone più alto di quello registrato, rappresenterebbe un patto modificativo, proibito dall articolo 13 della legge del 1998, e quindi nullo. Contro questa ricostruzione che, come vedremo, è abbastanza fragile, il locatore propone ricorso per Cassazione, facendo presente che la fattispecie non presenta una situazione di modifica rispetto ad un precedente contratto, ma rappresenta un caso di simulazione. I due atti quello con il canone basso fittizio e quello con il canone alto reale non sono uno modificativo dell altro in successione 235

cronologica, ma sono contemporanei: sono uno la realtà e l altro l apparenza di un operazione contrattuale che si è svolta in un unico momento. In altri termini, siamo al di fuori del campo di applicazione dell articolo 13 per come esso era stato inteso da un importante sentenza della Cassazione del 2003 (n. 16089/03), la quale, interpretando in maniera creativa l articolo in commento, aveva ritenuto di considerarlo applicabile solo ai casi dei patti modificativi e non anche alle operazioni di carattere simulatorio. Nello specifico, la Cassazione nel 2003 ha ritenuto di interpretare, nonostante la lettera della norma, l articolo 13 in senso limitativo perché ha ritenuto prevalente il rispetto del principio generale di non interferenza fra gli adempimenti fiscali e la validità dei contratti, per cui, l aver registrato fiscalmente un canone più basso non dovrebbe incidere sulla validità civilistica del rapporto. Nel 2014, con l Ordinanza n. 37, la Corte di Cassazione ritiene di rimettere l esame del problema alle Sezioni Unite, in quanto si richiede espressamente, alle Sezioni Unite, di voler riconsiderare il precedente del 2003. L Ordinanza di remissione risulta particolarmente interessate. In essa si fa leva su due principi: il concetto di causa concreta e il concetto di abuso del diritto. 2 Si dice, infatti, che bisogna rivedere quest idea, per cui, l ipotesi del doppio contratto non è, nella sostanza, colpita dall articolo 13, perché, nel caso in cui la causa in concreto dell operazione contrattuale delle 2 L abuso del diritto, sul quale ritorneremo nei prossimi capitoli, è una considerazione in ordine alla quale si caratterizza un atteggiamento in sede interpretativa: è una chiave di lettura del significato che è proprio di determinate situazioni di carattere soggettivo. Nella sostanza, si ha abuso del diritto nel momento in cui appare, come forma di apparente esercizio della situazione soggettiva, qualcosa che finisce per essere considerato, in sede interpretativa, al di fuori dello schema di legittimità che è racchiuso all interno della categoria del diritto soggettivo. È un discorso complesso che, come detto, verrà ripreso in maniera più approfondita in altra parte del corso. 236

parti sia solo ed esclusivamente di natura fiscale, allora questa operazione, astrattamente lecita, diverrebbe, in concreto, abusiva. In altri termini, secondo l Ordinanza, il concetto di abuso del diritto dovrebbe consentire di porre nel nulla l intera operazione locatizia. Arriviamo così alla decisione delle Sezioni Unite. Innanzitutto, la sentenza ammette che, in questo caso, la ricostruzione più corretta della vicenda non è nei termini di un patto di modifica successiva, ma di simulazione. Le Sezioni Unite, però, ritengono di correggere la terminologia che il ricorso faceva propria. Il ricorso, seguendo la terminologia classica, parla di negozio simulato e di negozio dissimulato. Secondo le Sezioni Unite, invece, la simulazione deve essere vista in modo diverso. In particolare, il fenomeno simulatorio deve essere visto in maniera unitaria, come procedimento unico che si articola, innanzitutto, nell accordo simulatorio che si attuerebbe, poi, in un unico momento contrattuale che, secondo la sentenza, sarebbe quello registrato e, invece, l altro momento (che nella terminologia classica è il negozio dissimulato) non è momento contrattuale, ma è la mera controdichiarazione che, come tale, potrebbe avere, indifferentemente, avere struttura unilaterale o bilaterale e che ha, soltanto, natura probatoria di dichiarazione di scienza che integra il contratto, spiegando la verità dei fatti. Questa premessa ha, anche, delle conseguenze applicative perché, se l atto con il canone più alto non è un vero e proprio contratto, ma è una mera controdichiarazione, allora rispetto a tale atto non si può fare un problema di nullità per mancata registrazione. Di conseguenza, con questo ragionamento, la sentenza si libera di tutta la problematica inerente alla finanziaria del 2005 e alla sua applicabilità ad un operazione del 2003. 237

La controdichiarazione, infatti, può essere considerata irrilevante semplicemente, interpretando, alla luce del criterio dell abuso del diritto, quest ipotesi come un caso in cui il normale meccanismo della simulazione sarebbe vietato perché la causa concreta dell operazione sarebbe meramente elusiva ed antifiscale. Chiaramente, su questo esito incide anche il fatto che siamo nel 2015 e, quindi, nel frattempo, da quasi dieci anni, i contratti di locazione non registrati sono nulli e, quindi, quel principio di non interferenza fra fisco e contratto si è indebolito. Nel caso di specie, comunque, non si applicano le norme nuove del 2005. Si esce, infatti, dalla materia contrattuale e si applica un altro ragionamento basato sulla causa concreta e sull abuso del diritto che rende inefficace l atto non registrato, in quanto (non contratto) controdichiarazione cui si negano effetti perché di carattere abusivo. L esito finale è, quindi, la prevalenza processuale del soggetto conduttore che potrà, facendo riferimento solo al canone fittizio, potrà richiedere la restituzione delle somme ulteriori versate. La sentenza delle Sezioni Unite in commento suscita qualche perplessità. Siamo di fronte ad una complicazione del ragionamento, di fronte alla quale risulta anche difficile esprimere una valutazione. L atto iniziale del 2003 potrebbe anche essere considerato in termini di controdichiarazione, però, siamo di fronte ad un enorme giuoco di parole perché, se si considera che l atto iniziale è quello che costituisce il reale incontro di volontà delle parti, il diverso atto registrato a livello fiscale non costituisce altro che una diversa rappresentazione della realtà effettiva della relazione fra le parti. Non è altro che un modo per raggiungere dei vantaggi a livello fiscale. La ricostruzione del fenomeno da parte della sentenza è, in sostanza, mistificante perché tende a nascondere la vera realtà del fenomeno. 238

6.3. L interposizione fittizia di persone: analisi della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 11523 del 2013. Vediamo, adesso, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 11523, del 14 maggio 2013. Anche questa è una fattispecie abbastanza interessante sul profilo delle vicende fattuali. Il protagonista è Mohamed Altajir un noto e molto danaroso uomo d affari degli Emirati Arabi Uniti, il quale, in seguito ad una certa operazione che ha posto in essere, ritiene di essere proprietario di un complesso immobiliare di lusso che si trova a Roma. In particolare, esso sostiene che si è verifica la seguente vicenda. Il complesso immobiliare suddetto era stato venduto, dagli eredi di Paul Getty (famoso petroliere americano), ad una società del Lichtenstein. Però, Altajir sostiene che a fornire la somma necessaria per l acquisto dell immobile è stato lui, in base ad un accordo con il rappresentante italiano della società del Lichtenstein. Quindi, in sostanza, secondo la sua ricostruzione, Altajir pagava, l immobile si intestava fittiziamente alla società del Lichtenstein, però, autentico proprietario, avendo pagato, doveva essere considerato lo stesso Altajir. Il problema è che, successivamente, il rappresentante italiano della società del Lichtenstein si comporta in maniera diversa, in quanto la società si ritiene, non intestataria fittizia dell immobile, ma, sulla base del contratto formale, piena ed unica proprietaria. Tant è che il complesso immobiliare in questione viene trasformato dalla società Cass., Sez. Unite, n. 11523/2013 239

in un albergo di lusso che viene fatto gestire da un altra società che, guarda caso, fa capo al medesimo soggetto rappresentante. In conseguenza di ciò, Altajir reagisce e chiama in giudizio la società del Lichtenstein per far accertare che la proprietà in questione era meramente fittizia e che l unico proprietario era lui. Viene chiamato in giudizio, anche, il soggetto italiano, il quale si sarebbe reso inadempiente alle sue obbligazioni di mandatario. Noi non sappiamo come la vicenda va a finire a livello di fatto perché la questione giuridica che emerge è più tecnica. Sia il Tribunale che la Corte d appello di Roma bloccano la vicenda, a livello processuale, perché si fa presente che non sono rispettate le regole del cosiddetto litisconsorzio necessario. Secondo l eccezione sollevata dalla difesa della società, infatti, l attore avrebbe dovuto chiamare in causa anche l ulteriore parte dell iniziale rapporto simulato, cioè gli eredi Getty. Questa operazione, in concreto, probabilmente era difficilissima perché, quasi sicuramente, tutti gli eredi Getty sono ben schermati e non facili da trovare per tutelare i loro patrimoni. Tant è che l attore non fa la semplice integrazione del contradditorio che gli avrebbe permesso di andare avanti nel processo, ma l intera questione si fonda sul fatto che, fino in Cassazione, Altajir sostiene di non essere tenuto a chiamare in causa anche questi ulteriori soggetti. La questione è rimessa all esame delle Sezioni Unite perché, sul punto, esistevano, in effetti, due corposi orientamenti giurisprudenziali che si indirizzavano in senso radicalmente opposto. Secondo un primo orientamento, più dogmatico, visto che nelle cause di simulazione si deve accertare l inesistenza giuridica di un certo rapporto, è necessario coinvolgere sempre tutte le parti del preteso rapporto. 240

Secondo l altro orientamento, per così dire più pratico, si deve valutare l inopportunità e, quindi, non obbligatorietà di chiamare in causa, in un caso di simulazione per interposizione fittizia di persona, anche la parte venditrice, quando tutte le obbligazioni, nei suoi confronti, sono già state adempiute, si è già perfezionato l effetto traslativo e, quindi, per questa parte, è del tutto irrilevante accertare chi sia fra il finto acquirente ed il reale acquirente il vero proprietario. Pertanto, secondo questo secondo orientamento, avrebbe, nel caso di specie, ragione l attore perché gli eredi Getty che sono già stati pagati non dovrebbero essere chiamati in causa. Le Sezioni Unite devono, quindi, scegliere fra le due suddette opzioni. Esse scelgono, esplicitamente, il secondo orientamento. Essi sostengono, in particolare, che le scelte interpretative devono essere relative, funzionali ai concreti interessi in gioco, non legate a vincoli di carattere dogmatico. Pertanto, in questo caso, l interesse in gioco e di maggior rilevanza, anche dal punto di vista dell articolo 111 della Costituzione, è quello della ragionevole durata del processo e della effettività della tutela giudiziaria. Ciò, quindi, dovrebbe spingere il giudice a scegliere quelle regole processuali che consentono di evitare allungamenti, o appesantimenti delle attività processuali quando queste non hanno un utilità concreta. Nel caso di specie, gli eredi Getty non hanno più interesse a sapere chi è l attuale proprietario di quel complesso immobiliare e, quindi, sarebbe inutile appesantire il processo, chiamando in causa ulteriori soggetti. Tutto ciò produce l effetto che la causa viene rimessa al giudice di rinvio e, finalmente, entra nel merito. Rispetto a questa sentenza, occorre precisare che, in generale, non è detto che quella proposta dalle Sezioni Unite per la risoluzione del 241

caso, sia la chiave di lettura definitiva, valida e ammissibile per tutte le ipotesi che possono presentarsi dal punto di vista dell attività traslativa. In certi casi, infatti, si potrebbe avere la necessità di considerare, nei confronti della posizione del venditore, chi sia l acquirente. Nel caso di specie, è, probabilmente, giusto far prevalere la lettura pratica delle Sezioni Unite. 6.4. Prova della simulazione: analisi della sentenza della Cassazione n. 15845 del 2015. Proponiamo, a questo punto, una decisione recentissima che ha un certo rilievo per quanto attiene alla prova della simulazione. Si tratta della sentenza della Corte di Cassazione, n. 15845, del 28 luglio 2015. La vicenda si svolge in Puglia nell ambito di una società per azioni che ha un discreto rilievo locale. I due soci, che sono anche tra loro cognati, stipulano, ad un certo punto, un accordo che implica la cessione delle azioni da uno all altro. In seguito, però, il cedente sostiene che l operazione era di carattere fittizio e, quindi, finalizzata ad una più ampia operazione societaria. Pertanto, nella sostanza, le azioni erano ancora sue perché, soltanto fittiziamente, cedute al socio e cognato. Quest ultimo si oppone e, quindi, inizia la lite che verte, essenzialmente, su profili di fatto consistenti nel verificare se l operazione in questione stata reale o fittizia. La questione risulta particolarmente complessa tant è che i diversi gradi di giudizio, come vedremo, danno esiti differenti. Cass., n. 15845/2015 242

Il Tribunale di Bari rigetta la domanda di simulazione e, quindi, ritiene non dimostrato il carattere fittizio dell operazione. Al contrario, la Corte d appello di Bari accoglie la domanda di simulazione e ritiene che ci siano prove sufficienti per considerare l operazione di cessione fittizia e solo simulata. Per la Corte d appello di Bari la prova decisiva del caso è rappresentata da un intervista che il soggetto cessionario (il convenuto) avrebbe rilasciato ad un giornalista, nella quale, parlando di diverse questioni, avrebbe anche fatto chiaramente presente che, anche all indomani della cessione, restava dominante, nell ambito societario, il finto cedente. In sostanza, il cessionario, attraverso queste dichiarazioni, avrebbe reso palese che, in realtà, il cedente non era tale. La prova della simulazione viene fatta discendere, quindi, da questa prova di carattere presuntivo. Su questo punto, si impernia il ricorso per Cassazione del soggetto originariamente convenuto che aveva vinto in primo grado e che, poi, aveva perso in appello. Il ricorrente, in sede di ricorso per Cassazione, fa valere quell orientamento, fino ad oggi assolutamente maggioritario, che collega, in maniera stretta e quasi imprescindibile, l articolo 1417 c.c. e l articolo 2722 c.c., dando luogo a quell esito, sopra detto, per cui, nelle cause fra le parti che non abbiano ad oggetto profili di illiceità del dissimulato, la prova della simulazione deve essere fornita esclusivamente dalla controdichiarazione scritta delle parti stesse. La sentenza della Corte di Cassazione è interessante perché il giudice relatore ritiene di dare ragione all originario attore, cioè di ritenere valida e ammissibile, come prova della simulazione, l intervista. 243