SPESE DEL GIUDIZIO E SANZIONI PENALI

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SPESE DEL GIUDIZIO E SANZIONI PENALI Regola della soccombenza e responsabilità processuale aggravata Il potere di compensare le spese processuali Si può sostenere che alcune modifiche operate dalla legge n. 69/09 siano state ispirate dall intento di contrastare gli abusi del processo civile che si ripercuotono sull intero sistema giudiziario causando ritardi e disfunzioni. In particolare vanno prese in considerazione le riforme degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c.. In primo luogo il Legislatore del 2009 ha precisato che la regolamentazione delle spese di lite va attuata non più con la sentenza che chiude il processo, ma con il provvedimento in qualunque forma reso con cui si chiude il procedimento: e, dunque, tanto con la sentenza che con qualunque altro provvedimento giurisdizionale, ivi compresa l ordinanza che pronuncia sulla competenza. Sappiamo che il principio ispiratore del regime delle spese processuali è quello della soccombenza in virtù della quale ogni parte anticipa le proprie spese e, all esito del processo, il soccombente viene condannato alla rifusione anche delle spese della parte avversa, salvo che non ricorrano motivi di opportunità che consentano al giudice di disporre la compensazione totale o parziale. La riforma è intervenuta sulla regola generale rafforzandola: il co. 2 dell art. 92 ora prevede che il principio di soccombenza possa essere derogato oltre che nelle ipotesi espressamente indicate (soccombenza reciproca, spese superflue o eccessive), solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni (al posto dei giusti motivi), che necessitano di apposita esplicita motivazione. Da tempo la Corte di cassazione ha affermato che la pronuncia sulle spese è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge solo qualora le spese siano state poste integralmente o parzialmente a carico della parte totalmente vittoriosa. Muovendo da tale premessa il Giudice, tranne che nell ipotesi citata, ha il potere discrezionale ed insindacabile di regolare le spese di causa e, dunque, ha la facoltà di porle per intero a carico della parte parzialmente soccombente, ovvero di disporne la compensazione totale o parziale nelle ipotesi di cui all art. 92 c.p.c., senza dover precisare i motivi della decisione con specifiche indicazioni. Tale orientamento, smentito dapprima con isolate decisioni, è stato rivisto a partire dalla fine degli anni 90 con la nota sentenza n. 4455/99 della Suprema Corte (secondo cui il fondamento della non doverosità per il giudice della motivazione specifica della decisione di compensazione delle spese processuali, non sta nel carattere discrezionale del potere relativo attribuitogli dalla legge, bensì nella natura stessa della pronuncia sulle spese consequenziale ed accessoria). Ecco, quindi, l intervento del Legislatore del 2005 che, muovendosi nella direzione segnalata dalla S.C., ha codificato l obbligo di motivazione (l art. 92, co. 2, c.p.c. riformulato precedeva che il

Giudice potesse compensare in tutto o in parte le spese di lite per la soccombenza reciproca delle parti, ovvero per la sussistenza di giusti motivi, indicando espressamente i motivi della sua decisione). Un ulteriore precisazione della Corte di Cassazione è riscontrabile nella sentenza delle S.U. n. 20598/08, ove veniva ribadito che la compensazione delle spese deve essere motivata direttamente o indirettamente (solo se le ragioni siano inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione), e che il potere riservato al Giudice non è comunque mai arbitrario e cioè svincolato dal rispetto dei principi del giusto processo o della effettività della difesa. Su queste premesse il Legislatore del 2009 ha condizionato espressamente la possibilità di compensare le spese di lite, oltre che in caso di soccombenza reciproca, all ipotesi della sussistenza di altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente da indicare nella motivazione. Ciò comporta che il Giudice ha l onere di evidenziare i motivi della sua decisione in modo esplicito non essendo più sufficiente il riferimento alla natura della controversia ovvero il rinvio alle motivazioni del suo provvedimento nel complesso. Il Giudice ha altresì l onere di valorizzare i motivi per cui ritiene che le ragioni che consiglierebbero la compensazione siano gravi ed eccezionali e, quindi, tali da derogare agli ordinari criteri di regolamentazione degli oneri di lite. Tale modifica va certamente nella direzione di richiamare l attenzione del Giudice ad un maggior rigore nel governare l istituto della condanna alle spese al fine di limitare i casi di compensazione, molte volte nella pratica corrente applicata ingiustificatamente e con formule stereotipate. È stata, poi, introdotta una nuova fattispecie in tema di spese (già presente nel processo civile all art. 412 c.p.c.): il nuovo co. 2 dell art. 91 c.p.c. stabilisce che il giudice se accoglie la domanda in misura non superiore all eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta. In conseguenza di tale disposizione la parte, seppure vittoriosa, non solo non può ripetere le spese, ma potrebbe essere addirittura condannata a sostenere quelle della controparte qualora, sebbene soccombente, abbia formulato una proposta conciliativa risultata all esito del giudizio pari o superiore a quanto effettivamente accertato (ovviamente solo in relazione alla parte del processo successiva alla proposta rifiutata). Ciò fa comprendere come il Legislatore abbia voluto sottolineare che lo strumento del processo deve arrivare a costituire l extrema ratio. E pertanto si pone l obiettivo di favorire le conciliazioni c

configurando una condanna alle spese per la parte che, senza giustificato motivo, rifiuta una proposta conciliativa corrispondente alla decisione che adotterà il giudice. Quanto ai profili operativi connessi all applicazione, deve ritenersi che la proposta conciliativa ex art. 91 c.p.c. deve essere formalizzata per iscritto con relazione dettagliata delle condizioni prospettate, nonché comunicata alla parte destinataria in udienza ovvero con atto notificato o ancora con raccomandata a.r.. Il Giudice, infatti, al momento della decisione è tenuto a valutare i tempi della proposta in relazione allo stato del processo ed in che misura essa riduca la pretesa contenuta nella domanda. Ma non può evitarsi di sottolineare la lacuna lasciata nella disposizione in esame: manca del tutto il termine entro il quale il convenuto deve, se vuole, formulare la proposta conciliativa. La norma potrebbe, quindi, portare a facili strumentalizzazioni. Va auspicato un intervento risolutivo quanto meno da parte della Giurisprudenza. Occorre, però, riferire che parte della Dottrina sembra affermare che la proposta debba essere avanzata entro l udienza di precisazione delle conclusioni, prima che il Giudice trattenga la causa a sentenza (ma non riusciamo a cogliere la convenienza in termini di economia processuale, bensì le possibili strumentalizzazioni da parte del convenuto). Resta, infine, da interpretare il rinvio operato dall art. 91 co. 1, c.p.c. all art. 92, co. 2, c.p.c. che regola le condizioni per la compensazione delle spese di lite. Alcuni Autori sostengono che anche alla condanna alle spese per la fase successiva alla proposta transattivi si possa applicare la compensazione qualora, con riferimento a tale fase processuale, concorrano gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. Altri ritengono che il rinvio predetto abbia codificato un ipotesi di compensazione parziale delle spese processuali ai danni della parte la cui domanda sia stata in tutto o in parte accolta e che, tuttavia, si sia pervicacemente opposta alla formulazione di un accordo con la controparte La misura che sembra rappresentare lo strumento più efficace per contrastare gli abusi del processo è il co. 3 dell art. 96 c.p.c. sulla responsabilità aggravata. La nuova norma prevede che il giudice, quando provvede sulle spese, possa sempre anche d ufficio condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, non inferiore a mille euro e non superiore a ventimila euro. Mentre resta invariato il testo della norma che stabilisce come il Giudice, in caso di lite temeraria, o di compimento di atti di esecuzione in assenza di diritto, agendo senza la normale prudenza, può condannare la parte, oltre alle spese, anche al risarcimento del danno, liquidato nella stessa

sentenza, il comma aggiunto all art. 96 c.p.c. è teso a porre rimedio ad una quasi totale disapplicazione della norma da parte dei giudici, per la difficoltà di dimostrare il danno subito. Alcuni Autori ritengono che la nuova norma si riferisce a tutte le ipotesi di condanna alle spese della parte soccombente e non solo al caso di lite temeraria nell intento di porre un freno alle controversie prive di reale contenuto ovvero intimidatorie o esplorative. Non è infatti prevista la pur necessaria valutazione circa la colpa grave nell aver promosso la domanda o per avervi resistito. Peraltro la colpa grave o la mala fede sembrano dover essere ritenute comunque presupposto indispensabile per la pronuncia della condanna in esame, considerata la collocazione nella previsione rubricata responsabilità aggravata. La norma però non contiene alcun riferimento al danno. Ne consegue che: - da un lato non può essere considerato un danno punitivo; - dall altro lato non richiede l allegazione e/o la prova in capo alla parte vittoriosa di aver subito un danno. Quindi la condanna in esame può essere pronunciata in assenza di istruttoria ed in ogni procedimento (tranne quello esecutivo). La nuova disposizione, essendo a favore della parte vittoriosa, può essere considerata come indicato da parte della Dottrina come una specie di pena privata, irrogata dal Giudice a favore del soggetto che ha subito gli effetti dell abuso processuale. Occorre considerare che se, da un lato, utilizzando questo nuovo strumento si possono colpire ed inibire abusi processuali, dall altro lato è stata consegnata un arma assai pericolosa al giudice, alla cui discrezionalità è lasciato ogni apprezzamento e decisione (valutazione dei presupposti, adozione dei criteri equitativi da utilizzare per la determinazione della condanna). Va quindi auspicato un cauto utilizzo della norma, sempre nel pieno rispetto del contraddittorio (art. 101 c.p.c.). In tema di spese vanno segnalate due modifiche apportate in relazione al procedimento cautelare ex artt. 669 bis e segg. c.p.c.. La novità più rilevante è quella introdotta con la sostituzione del comma 3 dell art. 669 septies. In sostanza rimane la previsione della immediata esecutività della condanna alle spese, ma viene soppressa l ulteriore disposizione secondo cui tale provvedimento era soggetto ad opposizione ex art. 645 e segg. c.p.c. Tale novella va salutata con particolare interesse considerato che ha eliminato l inconveniente per cui avverso due capi di decisione del medesimo provvedimento cautelare erano esperibili due tipi di rimedi differenti: il reclamo avverso il provvedimento di rigetto della domanda e l opposizione avverso la condanna alle spese.

Oggi, quindi, ogni pronuncia resa con l ordinanza cautelare è suscettibile di essere esclusivamente reclamata. Il Legislatore è poi intervenuto colmando una lacuna preesistente. A seguito dell attenuazione della strumentalità delle misure cautelari anticipatorie, anche il provvedimento emesso ante causam essendo potenzialmente idoneo a concludere a tempo indefinito il procedimento dinanzi al giudice da cui è pronunciato deve contenere la pronuncia sulle spese (nuovo comma 7 dell art. 669 octies c.p.c.) Il nuovo regime delle pene pecuniarie La riforma del 2009 ha inciso anche sulle sanzioni pecuniarie processuali, su quei provvedimenti sanzionatori, cioè, che possono essere adottati nel corso del giudizio nei confronti della parti o di un terzo, il cui pagamento va effettuato in favore dello Stato. Preliminarmente va segnalato che l art. 67 della legge n. 69/09 (in materia di spese di giustizia) ha sostituito il capo dedicato alla riscossione mediante ruolo con un nuovo titolo II bis disposizioni generali per spese di mantenimento in carcere, spese processuali, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniari processuali nel processo civile e penale I nuovi artt. 227 bis e quater dettano ora una disciplina omogenea per consentire l effettiva liquidazione e riscossione dei provvedimenti sanzionatori. Sono state poi aggravate molte delle sanzioni già previste nel codice di rito ed è stata inserita una nuova pena pecuniaria nel caso in cui il testimone, già intimato e sanzionato, reiteri la mancata comparizione. Ancora, è stata aumentata la pena pecuniaria per colui che propone una ricusazione infondata o inammissibile (art. 54, comma 3, c.p.c.), come pure è stata incrementata la sanzione per il custode che non esegue l incarico assunto (art. 67, comma 1, c.p.c.).