Percorso tematico. La lirica

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La lirica Con il termine lirica s intendono molte forme di poesia, che possono essere comprese nell idea generale di testi che esprimono sentimenti o rappresentazioni personali, quanto è soggettivo insomma, in antitesi anzitutto ai generi narrativi, che almeno in origine si presentavano con la connotazione dell oggettività. Così la lirica greca nacque nel VII secolo, in antitesi all epos: anche se questa antitesi di soggettivo e oggettivo è stata presentata soprattutto da un gruppo di filologi di ispirazione idealistica, nelle sue grandi linee essa può essere ritenuta tuttora valida. Lirica greca I Greci comprendevano sotto il termine lirica l elegia, il giambo e la lirica vera e propria, detta anche melica, e distinguevano questa in monodica, se era eseguita da un solista, e corale, se era cantata da un coro. La distinzione fondamentale tra l epos e la lirica era dunque di carattere metrico, giacché l esametro era declamato, come il recitativo del melodramma ottocentesco; tra i metri della lirica il giambo era recitato, in tono simile a quello della prosa, i versi della melica erano sempre cantati, mentre l elegia usava un recitativo che doveva essere vicino al ritmo dell esametro. Inoltre la sede dell esecuzione non era più la corte principesca o l incontro per la festa rituale, ma il simposio, luogo d incontro dei gruppi aristocratici, nel quale si rafforzavano i rapporti personali e politici, in relazione alle lotte spietate che contrapponevano i diversi clan. Queste caratteristiche della comunicazione contribuivano a caratterizzare la lirica rispetto all epos, e a farne un genere talmente ricco e diversificato che potremo solo indicarne alcuni momenti o alcuni esponenti particolarmente rilevanti. Il giambo ebbe forse le sue origini in canti rituali della campagna, come quelli dai quali si è detto abbia avuto origine più tardi la commedia, e anzi molte espressioni della poesia giambica si ritrovano poi nelle commedie di Aristòfane e degli altri poeti della commedia antica. I principali poeti giambici della Grecia arcaica furono Archìloco di Paro e Ipponatte di Éfeso. I componimenti dell uno e dell altro sono fortemente aggressivi, nei confronti di nemici politici e personali, anche in relazione alle vicende e alle delusioni amorose dell uno e dell altro. Del resto anche promesse e rotture di matrimonio, nell ambito della società aristocratica arcaica, esistono in funzione delle alleanze e delle rotture tra i vari clan, che spesso davano luogo a spietate lotte civili, riecheggiate nei giambi. Nei giambi di Archiloco, membro di un clan aristocratico importante nell isola di Paro, è forse più marcato il tono aggressivo in funzione delle tensioni politiche, mentre Ipponatte preferiva accentuare il tono canagliesco dei suoi componimenti, tanto che a lungo è stato creduto un poeta plebeo. L elegia L elegia è una delle forme fondamentali della lirica greca arcaica, ed assume vari contenuti in relazione a diverse situazioni e diversi temperamenti personali. In generale si può dire che essa ha carattere parenetico, cioè esortativo, in quanto composta da un cittadino per esortare i suoi concittadini a comportamenti conformi alla moralità che riteneva utile al bene pubblico. Così Callino invitava i suoi concittadini ad affrontare senza timore gli invasori Cimmeri, e Tirteo esaltava l ideale della dedizione dei singoli al bene collettivo, valore supremo nella Sparta arcaica. Ma anche Archiloco, più noto come poeta di giambi aggressivi e talvolta violenti, in un elegia composta per la morte di alcuni concittadini in un naufragio, invita i superstiti a reprimere la disperazione e a comportarsi con dignità anche nel momento del dolore più lacerante. Solone usò le sue elegie per illustrare le sue scelte politiche di conservatore illuminato: per lui il buon governo è quello in cui le 7

parti contrastanti sono capaci di rinunciare a una parte delle proprie aspirazioni in vista della convivenza cittadina, mentre Teògnide di Mègara, un aristocratico tetramente misoneista, nelle sue elegie lamenta la decadenza della sua città, in cui i gruppi popolari acquistano ogni giorno più credito e potere, mentre l aristocrazia cede spesso a riprovevoli compromessi nei confronti dei plebei arricchiti. Un ideale affatto diverso era invece proclamato nelle elegie di Mimnermo di Colofone, nella Ionia: in esse egli canta le gioie dell amore e della giovinezza, e si rattrista per l avvicinarsi della vecchiaia che lo priverà di tutto ciò per cui vale la pena vivere. Anche Solone in realtà sapeva apprezzare le gioie del banchetto e dell amore, in cui si compiva la formazione di un aristocratico, ma con maggior serenità di fronte all inevitabile trascorrere degli anni. Senòfane, in un elegia famosa, celebra il simposio come un momento importante dell incontro tra intellettuali, che stanno amabilmente insieme conversando di argomenti degni che sono il fondamento della vita civile. LA LIRICA Il canone I Greci dell età alessandrina elaborarono un canone dei poeti lirici, comprendendovi tre lirici monodici, Saffo, Alceo e Anacreonte, e sei lirici cora- dei lirici greci li, Alcmane, Stesìcoro, Ìbico, e poi Pìndaro, Simònide e Bacchìlide. Tra questi, ricordiamo soprattutto Alceo e Saffo, ambedue vissuti nell isola di Lesbo nel VII secolo, e naturalmente esponenti di famiglie aristocratiche. Alceo visse intensamente le lotte tra i vari clan aristocratici dell isola, che spesso coinvolgevano anche indirettamente il ceto emergente dei commercianti e degli imprenditori (demos), escluso dal potere politico ma su cui poteva far leva qualche aristocratico di spicco per assumere il potere assoluto e far tacere temporaneamente le lotte politiche: la poesia di Alceo vive dell odio violento per i rivali e per i tiranni, della gioia non meno violenta con cui celebra la morte di uno di questi, della solidarietà di clan e degli amori per i giovinetti, in cui si realizzava l educazione aristocratica. Saffo, come donna, era esclusa dalla politica, e visse dirigendo un tìaso, un associazione di culto in onore di Afrodite, la dea greca dell amore, educando fanciulle della sua condizione nell esecuzione di canti da lei stessa composti, e che esaltavano la bellezza delle allieve e la passione reciproca di loro e della poetessa, e la vita raffinata che esse vivevano insieme. Tra i poeti della lirica corale si distinse particolarmente Pindaro, vissuto tra la fine del VI e la metà del V secolo: la tradizione medievale ci ha conservato di lui quattro libri di epinici, odi destinate a celebrare i vincitori nei giochi atletici, ordinate in relazione ai luoghi dove si tenevano quelle gare, e quindi Olimpiche, Pitiche, Istmiche e Nemee. I giochi atletici erano una tradizione dell aristocrazia greca, e Pindaro è uno degli ultimi sostenitori dell aristocrazia, in un secolo in cui gli ordinamenti democratici trionfavano in molte città della Grecia, ma soprattutto in quelle che contavano, come Atene e Argo. Un ode di Pindaro prende le mosse dall occasione della vittoria atletica, trova un mito che abbia attinenza o con la famiglia del laudando o con la specialità sportiva o anche con la località dove si svolgevano i giochi, e dalla narrazione mitica trae la moralità che applica alla situazione presente del vincitore o della sua famiglia, generalmente trovandovi conforto all idea che il nobile sangue non viene mai meno e che nelle difficoltà esso dà prova della sua eccellenza. Nell età classica la lirica è rappresentata soprattutto dalle parti corali della tragedia, in cui il Coro accompagnava con le sue riflessioni l azione scenica e rivolgeva i suoi incitamenti ai personaggi che agivano. La lirica ellenistica In età ellenistica ci fu certamente una lirica in senso stretto; ne abbiamo testimonianza, tra l altro, nella produzione dei poeti romani che si ispirava- 8

no ad essa. Tuttavia i frammenti che ci sono giunti sono troppo limitati perché possiamo ragionevolmente parlarne. Invece ebbe una nuova fioritura l elegia, mentre l epigramma, che potremmo definire una varietà della lirica, ma che non era stato molto praticato fino a quel momento, conobbe uno straordinario favore, fu inventato un nuovo modo di esprimere il proprio sentimento di fronte alla natura, la poesia pastorale. Elegia ed epigramma entravano bene nella poetica ellenistica, che prescriveva componimenti brevi e sottilmente elaborati. Rispetto all età arcaica, l elegia assunse un carattere del tutto diverso, sia negli Àitia (Le Cause, o meglio Le Origini) di Callìmaco sia nella produzione di Filita, Ermesianatte e Fànocle: è un componimento raffinato, in cui si cantano miti di amori di dèi e di eroi, scegliendo di preferenza i più rari e meno conosciuti. L epigramma poi costituì un banco di prova per poter racchiudere in un numero limitato di versi l espressione di un sentimento di amore, di sofferenza, soprattutto per la morte di una persona, di dedica devota di un oggetto a una divinità: esso potrebbe essere considerato una elegia abbreviata, giacché normalmente consta di un distico elegiaco o due, talvolta di tre, raramente di un numero maggiore. Nel III secolo a.c. abbiamo epigrammi di Callimaco, di Teòcrito, di Asclepìade, di Leònida e di Posidippo; negli anni che seguirono composero epigrammi Antìpatro di Sidone e Antìpatro di Tessalonìca, ed altri: molti degli epigrammi greci che ci sono giunti sono contenuti in una raccolta di età bizantina, l Antologia Palatina, ma continuamente se ne aggiungono; l ultima acquisizione importante consiste in 117 epigrammi di Posidippo, che ci sono stati restituiti da un papiro dell università di Milano. La poesia pastorale La poesia pastorale o bucolica è senz altro un genere antico, che nell età moderna è proseguito solo per convenzione letteraria senza nessuna vera autenticità, come è invece avvenuto per il poema o per i generi teatrali. Essa rappresenta pastori che cantano canti raffinatissimi, in un ambiente convenzionale e armonioso, ed ha avuto origine con gli idilli di Teocrito: brevi dialoghi e competizioni poetiche tra pastori, che in questo modo ingannano il tempo in cui debbono sorvegliare le greggi o trascorrono le serate e i giorni festivi; spesso, in opposizione alla convenzione dei pastori poeti, il paesaggio che costituisce lo sfondo è realistico, quale poteva essere nelle campagne siciliane ben note ai destinatari del poeta. Poesia lirica a Roma La lirica in senso stretto a Roma è testimoniata per noi soprattutto dall opera di Catullo e dalle Odi di Orazio, e più tardi dai cosiddetti poetae novelli, mentre l elegia ebbe una considerevole fioritura tra il I secolo a.c. e il seguente, il genere bucolico è rappresentato da Virgilio e l epigramma dall opera di Marziale. Catullo cercò, con un gruppo di amici che furono detti i poetae novi (probabilmente un appellativo non esaltante: i Romani furono sempre diffidenti verso le novità), di introdurre la poetica ellenistica del componimento breve e accuratissimo, ricco di echi poetici sottili e difficili a cogliersi; nel suo libro di poesie egli esprime i sentimenti della sua passione per una donna bellissima e, a quanto lui diceva dopo che si lasciarono, scostumata, Clodia, discendente di una nobile famiglia passata ai populares e sorella di un tribuno della plebe che costituiva uno degli esponenti più radicali di quel partito: vi troviamo la dichiarazione per lei, espressa adattando i versi di Saffo, un elegia rivolta ad un amico che rievoca il primo incontro con Clodia e i tormenti per le contrastate vicende della loro relazione, e molti componimenti che esprimono passione, gelosia, disperazione, infine, e lo sforzo disperato di continuare a vivere senza di lei. Nelle sue Odi invece Orazio celebra l amicizia, la poesia, l amo- 9

re gioioso di un ora senza passione e soprattutto la cura attenta di raggiungere il proprio equilibrio spirituale secondo i precetti della filosofia, godendo momento per momento senza mai affidarsi troppo al domani. Più di un secolo dopo Orazio, sotto il regno dell imperatore Adriano, poeta ed amante dell arte e del bello, fiorì una scuola di poeti (poetae novelli) che ricreava in modo più sofisticato e prezioso i modi ellenistici dei poetae novi. La poesia pastorale di Teocrito fu ripresa intenzionalmente da Virgilio nelle sue Bucoliche; egli tuttavia lasciò il realismo teocriteo, e trasferì lo sfondo dei suoi canti in un paesaggio sfumato e armonioso, che è ispirato da Mantova ma che è interamente privo di riferimenti concreti a una regione particolare: è quel paesaggio dello spirito che sarebbe stato ripreso in questi termini da alcuni poeti dell Europa moderna, come si vedrà. L elegia romana L elegia assunse in Roma un carattere ancora nuovo: cantò di amori, ma prevalentemente di quelli personali del poeta, e per questo spesso espresse la sofferenza dell amore non corrisposto, il distacco della lontananza, le pene della gelosia ed altri momenti di tensione, tuttavia con un tono prevalentemente languido e talvolta compiaciuto del proprio soffrire. Abbiamo visto come Catullo raccontò in un elegia gli inizi della sua storia d amore, mentre Cornelio Gallo vi espresse la propria passione per Licòride che lo aveva presto abbandonato. L elegia ebbe poi una notevole importanza a Roma durante la prima generazione augustea: a differenza di chi, come Virgilio, aveva scelto di celebrar le nuove istituzioni, Ovidio, Tibullo e Properzio scrissero elegie per lo più assolutamente remote da qualsiasi preoccupazione civile, incentrate sui fatti privati delle loro vicende amorose; Ovidio addirittura compose l Ars amatoria, il manuale del perfetto seduttore, che irritò non poco il principe, intento a restaurare la pubblica moralità, e costò all incauto poeta la relegazione in un paese remoto. LA LIRICA Dal Medio Evo a oggi La lirica rinacque in Europa verso la fine del Medio Evo, nelle corti nobili di Provenza e della Germania: fu l età dei trobadours e dei Minnesänger (cantori d amore); i poeti italiani del Due e del Trecento, siciliani e toscani, ripresero forme metriche e temi della tradizione provenzale: a Bologna e in Toscana fiorì la scuola che si disse del Dolce Stil Novo, con Guido Guinizelli, Guido Cavalcanti e Dante, e sempre nella tradizione provenzale, con temperamento e in clima diverso, scrisse le sue Rime il Petrarca. Tema generale di questa fioritura lirica fu l amore cortese, sbocciato nelle corti europee come omaggio del cavaliere alla dama; quindi nel Dolce Stil Novo fu omaggio del poeta alla donna angelicata, che realizzava in sé la somma delle virtù, non solo di quelle di corte ma anche di quelle spirituali: Dante lodò Beatrice come colei che guida alle virtù trascendenti. Infine Petrarca, nel clima dell ultimo Medio Evo, cantò la bellezza di Laura, donna non più angelicata ma capace di suscitare in lui passione vivissima e rimorsi per il carattere peccaminoso del suo desiderio, e di indurlo nel contempo a compiacersi della propria sofferenza amorosa e di coscienza. Mentre il Rinascimento italiano si fissava nell imitazione dei modi del Petrarca, con l eccezione di alcune personalità eccezionali, come Michelangelo Buonarroti, autore di liriche appassionate, e Torquato Tasso, che nelle sue rime cantò i suoi amori per Lucrezia Bendidio e Laura Peperara, in Francia si ebbe una splendida ripresa dei temi della poesia classica nello spirito del ritorno all antico promosso dal grecista Jean Dorat: Pierre de Ronsard fu il più significativo di questi poeti, che formarono un gruppo di amici che fu detto la Pléiade e si riprometteva di innalzare 10

la poesia francese ai più alti livelli mediante l imitazione degli antichi poeti greci e romani. Tra il Cinque e il Seicento, la poesia inglese fu illustrata dai sonetti di William Shakespeare, poeta principe anche in questo genere. La lirica fu il genere per eccellenza della poesia europea nell età moderna: in essa si espresse l amore in tutte le sue forme, da quello composto di Wolfgang Goethe a quello appassionato e drammatico di Ugo Foscolo, e ancora la rievocazione fantastica dell antico negli inni di Friedrich Hölderlin, il sentimento appassionato per la natura nelle odi di William Wordsworth, la fantasia sognante ed appassionata di Percy Bysshe Shelley e di John Keats, il senso tragico della vanità dell esistenza umana dei Canti di Leopardi e la fiducia appassionata nella religione cattolica degli Inni sacri del Manzoni. La crisi spirituale del secondo Ottocento e del primo Novecento è espressa dalle liriche di Charles Baudelaire come da quelle di Arthur Rimbaud, e soprattutto, nello spirito squisito del decadentismo, da quelle di Stéphane Mallarmé e di Rainer Maria Rilke. In effetti, l intreccio dei motivi di ispirazione e delle affinità spirituali rende utopiche le storie delle letterature nazionali che si continuano a scrivere: tutti questi uomini hanno composto di solito nella propria lingua madre, ma hanno viaggiato l Europa in lungo e in largo, cogliendo la loro ispirazione nei grandi centri dello spirito europeo, fossero Roma, Parigi o Londra, e hanno espresso idee, aspirazioni e sentimenti che li fanno interpreti dello spirito europeo piuttosto che di quello delle singole nazioni del continente, in cui spesso sono stati mal compresi e valutati con meschina parzialità. 11