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140 www.freenewsonline.it i dossier www.freefoundation.com FOTOGRAFIA NERISSIMA DELL'ISTAT, ITALIA VECCHIA E FERMA 20 maggio 2016 a cura di Renato Brunetta

EXECUTIVE SUMMARY 2 L Istat fotografa un Paese in crisi nera, nerissima. Male il mercato del lavoro (il Jobs Act ha solo drogato i contratti a tutele crescenti per il 2015), male la spesa sociale, male il reddito delle famiglie, prospettive nere per i giovani, nascite al minimo storico, più disuguaglianze, occupazione precaria e inferiore al titolo di studio.

EXECUTIVE SUMMARY 3 Il premier Matteo Renzi continua a narrare la storia di un Paese che, purtroppo, non esiste. Ogni settimana arrivano dati, numeri, stime oggettive che dimostrano l esatto contrario di ciò che il presidente del Consiglio cerca di inculcare tanto a se stesso quanto a chi ancora lo sta ad ascoltare. La verità è sotto gli occhi di tutti. Per questo riproponiamo nel seguito le principali criticità evidenziate oggi dall Istat nel rapporto annuale 2016.

INDICE 4 1. Mercato lavoro incerto, inflazione molto debole 2. Crescita persistente ma bassa intensità 3. Spesa sociale inefficiente, secondi solo alla Grecia 4. 2,2 milioni di famiglie jobless, senza redditi lavoro 5. Mercato del lavoro drogato da sgravi contributivi 6. Giovani poco occupati, poco coinvolti, barricati in casa Conclusioni

1. MERCATO LAVORO INCERTO, INFLAZIONE MOLTO DEBOLE 5 Nell anno in corso l andamento dei prezzi «appare ancora molto debole» e quello del mercato del lavoro «è incerto». Per l Istat è «plausibile», per il primo semestre del 2016, il succedersi di periodi di debole crescita tendenziale dei prezzi e di episodi deflazionistici. La ripresa dei consumi, infatti, risulta insufficiente a bilanciare il calo dei prezzi energetici. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro nei primi tre mesi 2016 mostra una sostanziale stabilità degli occupati.

2. CRESCITA PERSISTENTE MA BASSA INTENSITÀ 6 Gli strascichi della crisi continuano a ripercuotersi sulla crescita. Dopo una recessione lunga e profonda, senza più termini di paragone nella storia in cui l Istat è stato testimone in questi 90 anni, l Italia sta sperimentando un primo, importante, momento di crescita persistente anche se a bassa intensità. Per il presidente Giorgio Alleva «rispetto ai precedenti episodi di espansione ciclica la ripresa produttiva appare caratterizzata da una maggiore fragilità».

3. SPESA SOCIALE INEFFICIENTE, SECONDI SOLO ALLA GRECIA 7 Il sistema di protezione sociale italiano è un disastro. Tra i paesi europei, il sistema italiano risulta essere uno dei meno efficaci. La spesa pensionistica comprime il resto dei trasferimenti sociali, aumentando il rischio povertà. Nel 2014, fa notare l Istat, la quota di persone a rischio povertà si è ridotta di soli 5,3 punti (da 24,7% a 19,4%) a fronte di una riduzione media nell Ue27 di 8,9 punti. Solo la Grecia è riuscita a fare peggio.

4. 2,2 MILIONI DI FAMIGLIE JOBLESS, SENZA REDDITI LAVORO 8 Sempre sul tema povertà, l istituto nazionale di statistica rileva in Italia 2,2 milioni di famiglie che vivono senza redditi da lavoro (dato 2015). Le famiglie «jobless» sono passate dal 9,4% del 2004 al 14,2% del 2015 e nel Mezzogiorno raggiungono picchi del 24,5%, quasi 1 nucleo su 4. Quota che scende all 8,2% al Nord e al 11,5% al Centro. Fenomeno che ha riguardato principalmente le famiglie giovani rispetto a quelle «adulte»: per la prima tipologia l incidenza è raddoppiata dal 6,7% al 13%, per la seconda l impatto in questi anni è stato minore 12,7% al 15,1%.

5. MERCATO DEL LAVORO DROGATO DA SGRAVI CONTRIBUTIVI 9 Sul fronte del mercato del lavoro nessuna sorpresa, solo conferme a quello che ripetiamo da tempo. L Istat conferma che nel 2015 il contratto a tempo indeterminato è stato il più diffuso (vi hanno fatto ricorso quasi 2/3 delle aziende manifatturiere e del terziario), ma specifica che a trainare le assunzioni sono stati, in primis, gli sgravi contributivi. Tuttavia, nonostante l aumento dei contratti fissi, l incidenza del lavoro standard sul totale degli occupati è scesa al 73,4% nel 2015 dal 77% del 2008: 1,3 milioni di occupati in meno.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 10 Per quanto riguarda i giovani, il rapporto annuale dipinge uno scenario allarmante: sono pochi; 6 su 10 vivono con i genitori; molti sono disoccupati; ormai schiavi dei social network non partecipano alla vita politica del Paese; cresce la disuguaglianza e «i meno fortunati» fanno fatica ad emergere.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 11 Pochi giovani. Se in Italia si diventa anziani sempre più tardi, a seguito dell aumento dell aspettativa di vita, il numero di giovani si riduce sempre di più. Attualmente meno del 25% della popolazione italiana ha un età compresa tra 0 e 24anni, il 50% in meno rispetto al 1926. Si tratta di una delle percentuali più basse in Europa. Il 2015 è stato un anno record per il calo delle nascite, sono state 488.000, 15.000 in meno rispetto al 2014, con l indice di fecondità che diminuisce per il quinto anno consecutivo.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 12 6 giovani su 10 vivono con i genitori. Il 62,5% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori, con una forte differenza tra le donne (56,9%) e gli uomini (68%), ma soprattutto una consistente differenza con la media europea, che si attesta al 48,1%. Se poi si guarda alla fascia 25-29 anni le percentuali sono ancora maggiori: nel 2015 vive con la famiglia il 70,1% dei ragazzi di 25-29 anni e il 54,7% delle coetanee, vent anni fa le percentuali erano del 62,8% e del 39,8%.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 13 Oggi tutto viene spostato in avanti: dal matrimonio al primo figlio e anche all età nella quale si diventa nonni. Non certo per pigrizia: i Millennials stanno scontando le difficoltà del mercato del lavoro, che taglia posizioni soprattutto tra i più giovani, non garantisce stabilità e penalizza le retribuzioni.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 14 Tanti, troppi disoccupati. La disoccupazione giovanile si attesta sempre pericolosamente intorno al 40%. Il fenomeno a cui si sta assistendo negli ultimi anni è la crescita degli occupati nella fascia di età 50-64 anni (più 1,5% rispetto al 2014 e più 9,2% rispetto al 2008). Ovviamente, non si tratta di un vero aumento, ma semplicemente di una maggiore permanenza, dovuta alle riforme previdenziali. Che vuol dire: posti di lavoro occupati più a lungo. Tempi più lunghi per poter essere «rimpiazzati».

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 15 Inoltre, il percorso più tradizionale, in cui alla fine degli studi segue un lavoro permanente, è stato via via sostituito dall ingresso con lavori a termine. Neanche la laurea fa la differenza. Il tasso di occupazione di un laureato di 30-34 anni, infatti, è passato dal 79,5% del 2005 all attuale 73,7%.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 16 Fuga dalla politica, meglio i social. Negli anni la partecipazione politica è decisamente diminuita. Era molto alta per la generazione «della ricostruzione» e per quella successiva, mentre per le ultime due generazioni prevale la partecipazione sociale, che però per i più giovani diventa sempre di più «social», legata al forte uso delle nuove tecnologie.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 17 Cresce la disuguaglianza e «i meno fortunati» fanno fatica ad emergere. L Italia, infine, è tra i Paesi dove è maggiore il vantaggio degli individui con status di partenza «alto», cioè che a 14 anni vivevano in una casa di proprietà e che avevano almeno un genitore laureato e con professione manageriale. Al contrario, ci sono sempre più minori a rischio di povertà perché i genitori sono disoccupati o hanno uno stipendio basso.

6. GIOVANI POCO OCCUPATI, POCO COINVOLTI, BARRICATI IN CASA 18 Un vero peccato che i giovani siano tenuti così a margine nella società italiana, anche perché, quando hanno l opportunità, dimostrano di valere molto. Un esempio lampante lo si può trovare nelle microimprese, che rappresentano oltre il 85% delle unità produttive italiane. È dimostrato che le aziende guidate da imprenditori giovani hanno aumentato i posti di lavoro più che quelle guidate da imprenditori anziani.

CONCLUSIONI 19 Che dire. Renzi dice che tutto va bene. E invece, a noi dispiace enormemente, va male. L Italia è un Paese vecchio e fermo. In due anni e mezzo a Palazzo Chigi questo presidente del Consiglio e il suo ministro dell Economia, Pier Carlo Padoan, non sono riusciti a dare la sferzata che serviva. Hanno pensato solo agli 80 euro e ad altre risibili mance che avranno portato qualche voto in più nelle urne per il Pd ma che non hanno minimamente contribuito a rilanciare la nostra economia.