ARCHEOLOGIA MEDIEVALE CLAUDIO NEGRELLI. ARCHEOLOGIA URBANA Città a continuità di vita

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ARCHEOLOGIA MEDIEVALE 2014-2015 CLAUDIO NEGRELLI ARCHEOLOGIA URBANA Città a continuità di vita

Le città a continuità di vita: sopravvivenze o coincidenze? Uno dei procedimenti più utilizzati nel dibattito storico ed archeologico sulla città altomedievale consiste nel confrontare la situazione romana con quella attuale: tanto più quest ultima mostra analogie con quella antica, tanto più si potrà ipotizzare una continuità urbana. È un procedimento che, se impiegato singolarmente, non potrà che mostrare grandi lacune, rimanendo su di un piano esclusivamente formale che non solo non tiene conto della fonte archeologica, ma nemmeno di quelle fonti storiche che occorre comunque tenere in considerazione. Ad esempio Pavia e Lucca mostrano una grande continuità urbanistica e il loro impianto attuale comprende quello romano. Questa visione di continuità è rafforzata da fonti che ci attestano il grande rilievo mantenuto dalla città in età altomedievale, tuttavia la loro situazione archeologica è per molti aspetti ancora da chiarire. In altri casi, come per Piacenza, la discrepanza tra sopravvivenza del reticolato romano e fonti che invece ne attesterebbero un elevato degrado è lampante. A quale dei due termini dare allora maggiore rilievo? L approccio formale è troppo semplicistico ed occorre sostanziare le piante delle città e le informazioni offerte dalle fonti scritte mediante quella profondità che solo la ricerca archeologica può dare. La sopravvivenza dei reticoli romani potrebbe essere in realtà dimostrativa soltanto della sopravvivenza di percorsi stradali o della sopravvivenza dei limiti di proprietà, senza indicare per questo continuità di tipo funzionale.

Le fortificazioni sono dimostrative di una contrazione della città? Il problema delle fortificazioni come indicatori dei fenomeni di riduzione urbana, uno dei cavalli di battaglia di una vecchia impostazione storiografica, non è di semplice soluzione: da una parte occorre determinare esattamente la cronologia delle mura urbane, non necessariamente, anzi, quasi mai altomedievali, dall altra occorre controllare il fenomeno delle contrazioni, cioè della riduzione effettiva delle città come tessuto insediativo, che è un fenomeno niente affatto scontato e non univocamente collegabile alle mura.

Bologna: la cerchia di selenite Le cosiddette mura di Selenite furono costruite probabilmente in età tardoantica (IV secolo?). Tra gli storiografi sono state fatte varie ipotesi al riguardo, oscillanti tra l attribuzione all età teodoriciana e a quella bizantina. Si tratta di un manufatto costruito con blocchi di reimpiego in gesso locale che marca effettivamente una vistosa riduzione rispetto alla città romana. Non si tratta di un circuito propriamente altomedievale, ma più probabilmente tardoantico, inerente cioè alla crisi della città tra III e IV secolo.

Bologna: la cerchia di selenite (IV secolo d.c.?)

Le mura di selenite

Le fortificazioni sono dimostrative di una contrazione della città? Anche nei casi di Pisa, Brescia e Parma probabilmente le mura tardoromane segnarono eventuali riduzioni, peraltro del tutto da dimostrare sul piano archeologico. Il tema della contrazione va legato in modo particolare alla tarda età romana, seppure sia dimostrabile solo in pochissimi casi, mentre in altri sono addirittura attestate situazioni opposte, come nei casi di Milano e di Ravenna. Va sottolineato che la città, durante la prima età altomedievale, utilizza semmai le mura preesistenti, di origine tardoromana tra III e IV-V secolo d.c., oppure di origine imperiale. Nell altomedioevo si tratta soprattutto di opere di consolidamento, restauro ed anche ampliamento delle antiche cinte, non certo di restringimenti e contrazioni.

Le fortificazioni sono dimostrative di una contrazione della città? Milano Ricostruzione delle mura sotto Massimiano (Marcus Aurelius Valerius Maximianus Herculius ca. 250-310). L ampliamento avvenne verso est e verso ovest, ad includere il circo, come concordemente indicato dalle fonti scritte.

Le fortificazioni sono dimostrative di una contrazione della città? Ravenna Questo caso è particolarmente emblematico, in quanto le mura furono costruite molto probabilmente agli inizi del V secolo, quando Ravenna divenne capitale. Si trattò in realtà di un vistoso allargamento rispetto al perimetro precedente, che vide la creazione di una città di rappresentanza.

Ravenna: la ricognizione anni 80 di N. Christie e S. Gibson

Ravenna, ipotesi di espansione della città secondo Testi Rasponi (1924)

Ravenna, rilievo di S. Gibson di un tratto di mura tra Porta Aurea e Torrione dei Preti

Ravenna, rilievo di S. Gibson di un tratto di mura tra il Torrione dei Preti e Porta Gaza

Ravenna, tratto di mura ad ovest della Porta Aurea, ricognizione 2002

Ravenna, rilievo di S. Gibson di un tratto di mura ad ovest di Porta Serrata, particolare di una porta e di una lunetta decorativa

Ravenna, tratto di mura ad ovest di Porta Serrata, ricognizione 2002, particolare di una porta

Ravenna, tratto di mura ad ovest di Porta Serrata, ricognizione 2002, particolare di una lunetta decorativa

Ravenna, rilievi Gibson anni 80 alla Rocca

Ravenna, rilievi Gibson anni 80 alla Rocca, porta

Ravenna, tratto di mura nei pressi della Rocca, ricognizioni 2002, 2, porta

Ravenna, tratto di mura nei pressi della Rocca, ricognizioni 2002, porta

Archivio Storico Comunale di Ravenna, pianta tardo - quattrocentesca della città

Roma, rifacimento onoriano delle mura di Aureliano nel disegno ricostruttivo di S. Gibson

Ravenna, le mura nel disegno ricostruttivo di S. Gibson

Ravenna, rilievi mura 2002, Porta Vandalaria

Ravenna, rilievi mura 2002, Porta Vandalaria

Ravenna, rilievi mura 2002, porta Vandalaria

Ravenna, rilievi mura 2002, Porta Vandalaria

Ravenna, rilievi mura 2002, Porta Vandalaria

Ravenna, rilievi mura 2002, Porta vandalaria

I materiali costruttivi Un elemento molto importante da sottolineare è che le mura tardoantiche, sia ex novo che rifacimenti, fecero largo utilizzo di materiali di reimpiego. Questo non vuol dire che si trattasse di opere frettolose o tumultuarie. Il reimpiego appartiene ad una sfera piuttosto complessa, e può essere un fenomeno controllato dal potere pubblico. Tanto più che in queste cinte non venne mai meno l aspetto decorativo.

Laodicea: : i reimpieghi nelle mura di fortificazione del sito n. 35

Laodicea: : i reimpieghi nelle mura di fortificazione del sito n. 35

Laodicea: : i reimpieghi nelle mura di fortificazione del sito n. 35

Efeso, cittadella, muro di cinta

Efeso, cittadella, Porta delle Persecuzioni

Le mura altomedievali BENEVENTO Ad epoca longobarda viene attribuita la ricostruzione della cinta muraria di Benevento. Precedenti tardoantichi e bizantini. Ampliamento della cinta sotto il duca Arechi II (758-787), che sarebbe andata a circoscrivere un area chiamata Civitas Nova. La tecnica è quella di un opus incertum con integrazione di grandi blocchi nei punti di rinforzo ed alla base delle strutture. Ma, a parte il caso di Benevento e forse di Salerno, non si registrano grandi attività di riedificazione in età longobarda.

Le cinte ridotte e le cittadelle altomedievali In conclusione le attività di edificazione si concentrano nella tarda Antichità, mentre il primo Altomedioevo registra pochi casi di attività ex novo. Oderzo scavo ex carceri : mura di VII secolo d.c. Una ripresa si ha in età carolingia, ad esempio a Roma, ma è probabilmente inquadrabile in un movimento generalizzato di fortificazione di piccoli nuclei urbani, come gli episcopi. ODERZO Oderzo, caposaldo bizantino situato in posizione strategica tra il Ducato del Friuli ed il resto dei territori occupati dai Longobardi. Si tratta di un caso di ricostruzione delle mura in età bizantina: presenza di una cinta pertinente ad una fortificazione localizzata e ascritta al VII secolo, quando la città si trova sottoposta alla pressione dei longobardi, che, secondo Paolo Diacono, la distrussero una prima volta nel 639 ed una seconda nel 667.

Oderzo, scavo ex carceri: prospetti interno ed esterno del corpo di avanzamento.

Il problema delle catastrofi e delle terre nere La presenza dei depositi di terreno sui livelli romani, a separarli da quelli di età bassomedievale, è uno dei dati che più colpirono quanti si dedicarono per primi al problema. Tali crescite delle altimetrie seguirono regole costanti? Sono imputabili ad un fenomeno unitario? a) Un primo ordine di fenomeni da prendere in considerazione sono le catastrofi e le alluvioni Il periodo tardoantico ed altomedievale è dominato, soprattutto nella vecchia storiografia, dal tema delle catastrofi naturali, oltre che dalle guerre. Paolo Diacono, ad esempio, narra dell alluvione del 589. Vi furono certamente episodi localizzati, ma che le crescite delle stratificazioni siano tutte da imputare a fenomeni di questo tipo è un topos storiografico ormai superato. -Le fonti generalmente accentuarono questi aspetti, fornendo visioni catastrofiche che enfatizzavano sicuramente i fenomeni, percepiti dai contemporanei come segni tangibili della disgregazione di un mondo che percepivano come non più recuperabile. -Vi sono poi alcuni casi effettivamente studiati, come Modena, dove diverse zone della città furono interessate da più fenomeni esondativi, forse da collocarsi nell ultima parte del VI secolo. In sostanza si può concludere che, seppure a fronte effettivamente di probabili episodi, che taluni hanno voluto ricondurre ad un preciso mutamento climatico a partire dal IV secolo, è importante analizzare le risposte che le società diedero a tali sollecitazioni.

b) Un altro fattore è quello dei cosiddetti dark earths Il problema delle catastrofi e delle terre nere Caratteristica costante del fenomeno, già riconosciuto nel nord Europa, sembrava, all inizio degli anni 80, caratterizzare anche le città italiane nei depositi tra i livelli romani e quelli pienamente medievali. Brogiolo G. P., Cremaschi M., Gelichi S., Processi di stratificazione in centri urbani (dalla stratificazione naturale alla stratificazione archeologica), in Archeologia stratigrafica dell Italia settentrionale, I (1988), pp. 23-30. Caratteristiche: - colore, molto materiale organico decomposto - assenza di piani d uso identificabili - ricchezza di materiale residuale e scarsità dei materiali contemporanei Come si sono formati i cosiddetti dark earths? - Rifiuti, ovvero rappresenterebbero gli scarichi prossimi alle abitazioni, eventualmente usati anche come concimi e quindi riporti per aree ortive. - Prodotto del collasso di edifici e strutture in terra: ad esempio si può citare uno studio micropedologico inglese, studio di Mac Phail R.I., Courty M.A., Interpretation and significance of urban deposits, in Third Conference on the application of scientific method in Archaeology, Mariehamm 1984, pp. 71-83. - Fenomeno complessivamente legato, secondo un gruppo di studio francese (Cammas C., Champagne F., David C., Desachy Guyard L., Le problème des terres noires sur les sites urbains tardo-antiques et médiévaux: réflections et propositions méthodologiques à partir de l exemple des fouilles du Collège de France à Paris, Les Nouvelles de l Archéologie, 61 (1995), pp. 22-29), alle condizioni climatiche e pedologiche dell Europa nord-occidentale, ed a fattori umani quali l incremento della produzione di carbone da legno in relazione all utilizzo di aree urbane per la produzione metallurgica e del vetro e la presenza di strutture mobili difficilmente individuabili sul terreno.

In che tempi si formarono i dark earths? È opinione diffusa che si sia trattato di fenomeni prolungati nel tempo: tecnicamente sono dei depositi a crescita continua all interno dei quali è molto difficoltoso riconoscere dei piani d uso. Non sono esclusivamente di età altomedievale, vi sono casi precedenti e posteriori. Sono indubbiamente un segno di crisi, nel caso ad esempio dello smaltimento dei rifiuti. Sono indice di assestamenti necessari dopo momenti intensi e traumatici nella storia urbana, forse processi formativi di breve durata, piuttosto che progressive degenerazioni del vivere cittadino. La crescita verticale delle città; sistema fognario e smaltimento dei rifiuti Tipico della città romana è la presenza di un sistema scolante e fognario per le acque nere e reflue. Un sistema gerarchizzato che confluisce in collettori principali, mantenuti ed organizzati, i quali a loro volta confluiscono nei corsi d acqua che interessano la città sia perimetralmente, sia all interno. Accanto al sistema infrastrutturale, deve evidentemente esistere una struttura per lo smaltimento dei rifiuti, in quanto nelle domus raramente si rinvengono fosse di scarico. Conosciamo esempi di scarichi urbani in fossati perimetrali alla città, ma non vere e proprie fosse discarico. Il sistema, che lasciava comunque luogo a zone con spazi maleodoranti, si incrina nel tardo II-III secolo: con i primi abbandoni di alcune zone della città, si creano anche le prime zone di discarica. Da questo momento vi sono anche riedificazioni, realizzazioni di impianti stradali e di collettori, ma nell ambito della fase iniziale di un processo disgregativo. I tracciati stradali vengono mantenuti, ma soprattutto nei tratti principali, mentre le intraprese edilizie riguardano punti specifici della città e non sono un fenomeno generalizzato. Con il primo degrado della infrastrutture materiali, di cui si conoscono comunque casi di sopravvivenza, come quello di Pavia, viene meno anche il sistema di smaltimento dei rifiuti: si creano così le discariche urbane ed i depositi di Dark Earths. Questi sono i fenomeni materiali che portano alla crescita dei livelli urbani altomedievali, anche se la situazione non deve essere generalizzata e semplificata.