CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA - COMO FORZE DI LAVORO. Como

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Transcript:

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA - COMO FORZE DI LAVORO in provincia di Como anni 1995-2000 Novembre 2001

Il presente rapporto costituisce un ulteriore tassello dell attività di informazione economica della Camera di Commercio di Como. Ha per oggetto le forze di lavoro, che rappresentano un parametro fondamentale per la conoscenza dell economia della nostra provincia. La pubblicazione contiene un breve commento sull evoluzione del mercato del lavoro provinciale nel periodo 1995/2000 e una serie di tabelle e di grafici, che costituiscono il risultato di elaborazioni effettuate su dati forniti dall ISTAT. Come nella precedenti edizioni, i valori provinciali sono inseriti in uno scenario più ampio di livello regionale e nazionale, al fine di consentire un utile confronto tra l evoluzione della nostra provincia e quella della Lombardia e dell Italia. Sono state riportate anche alcune informazioni di origine EUROSTAT, per disporre di un ulteriore proficuo parametro di riferimento. La pubblicazione ha il pregio di condensare in un quadro sinottico le informazioni ISTAT sulle forze di lavoro e di fare emergere, attraverso elaborazioni mirate, le peculiarità del nostro territorio. Si conferma così, ancora una volta, la vocazione manifatturiera della provincia di Como, già evidenziata con altri parametri, quali il reddito e le esportazioni di prodotti. Emerge, inoltre, che il tasso di disoccupazione è fra i più bassi d Italia ma, altresì, che la disoccupazione nella nostra provincia è rimasta tendenzialmente stazionaria nel periodo considerato, mentre in Italia e in Lombardia è diminuita, anche se i livelli di partenza italiani e lombardi erano più elevati e rimangono, tuttora, più elevati. Il rapporto ha volutamente una veste agile e snella, in quanto ha finalità divulgative, senza pretese di approfondimenti scientifici. Ringrazio e rivolgo un apprezzamento all Ufficio Studi, non solo per il lavoro svolto ma anche per l impegno nella raccolta dei dati, che rimangono un patrimonio per tutti coloro che vogliono ulteriormente approfondire la materia. IL PRESIDENTE MARCO CITTERIO INDAGINE ISTAT L indagine "forze di lavoro" è la rilevazione svolta trimestralmente dall ISTAT, su tutto il territorio nazionale, nei mesi di gennaio, aprile, luglio ed ottobre sui principali aggregati dell offerta di lavoro realizzata con la tecnica del campione. Alla fine di ogni anno viene calcolata la media delle quattro rilevazioni. Solo questo ultimo valore assume un significato statistico per le province che costituiscono l aggregato territoriale più piccolo. Campione L indagine è campionaria ed è effettuata intervistando ogni volta oltre 200 mila persone in circa 1.400 comuni di tutte le province del territorio nazionale. L unità di rilevazione è la famiglia, definita come nucleo costituito da persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora nello stesso comune.

Il campione utilizzato è a due stadi, rispettivamente comuni e famiglie. L intervista alle famiglie viene effettuata mediante questionario cartaceo da rilevatori scelti dai responsabili comunali. Le informazioni richieste si riferiscono alla settimana che precede l intervista (settimana di riferimento). Ogni anno, ad aprile, l indagine viene condotta con un supplemento di quesiti sulla formazione e sulla condizione lavorativa nell anno precedente, analogamente a quanto viene fatto negli altri Paesi dell Unione Europea. I dati rilevati dall indagine, elaborati all unità, vengono arrotondati alle migliaia nei valori e nelle variazioni assolute. Per questo motivo, in alcuni casi, i totali delle tabelle non coincidono con la somma dei totali parziali. Per meglio comprendere il significato della terminologia utilizzata, si richiamano alcuni chiarimenti fondamentali. I due principali aggregati sono le: FORZE DI LAVORO e le NON FORZE DI LAVORO Forze di lavoro: comprendono: persone occupate persone in cerca di occupazione. Occupati: comprendono le persone di 15 anni e più che alla domanda sulla condizione professionale rispondono: di possedere un occupazione, anche se nella settimana di riferimento non hanno svolto attività lavorativa (occupati dichiarati); di essere in una condizione diversa da occupato, ma di aver effettuato ore di lavoro nella settimana di riferimento (altre persone con attività lavorativa). Persone in cerca di occupazione: comprendono le persone di 15 anni e più che dichiarano: una condizione professionale diversa da occupato; di non aver effettuato ore di lavoro nella settimana di riferimento dell indagine; di essere alla ricerca di un lavoro; di aver effettuato almeno un azione di ricerca di lavoro nei trenta giorni che precedono la rilevazione; di essere immediatamente disponibili (entro due settimane) ad accettare un lavoro, qualora venga loro offerto. Non forze di lavoro: comprendono: le persone che dichiarano di essere in condizione professionale diversa da occupato e di non aver svolto alcuna attività lavorativa, né aver cercato lavoro nella settimana di riferimento gli inabili e i militari di leva o in servizio civile sostitutivo la popolazione in età fino a 14 anni. E bene precisare che l indagine sulle forze di lavoro, in quanto effettuata sulla popolazione residente (che può essere occupata anche fuori provincia), non misura il livello degli addetti dell apparato economico provinciale. Le forze di lavoro rilevano, pertanto, il fenomeno dell occupazione e della disoccupazione dal punto di vista della popolazione residente e non da quello delle imprese che operano sul nostro territorio. Rientra ormai tra le consuetudini di questa Camera di Commercio monitorare annualmente il fenomeno delle forze di lavoro della nostra provincia attraverso l elaborazione dei dati ISTAT. L indagine campionaria ISTAT rileva, per l anno 2000, una situazione del mercato del lavoro provinciale in decisa evoluzione positiva. Tutti gli indicatori sono infatti migliorati, sia nel raffronto con i risultati dell anno precedente, sia in quello di più lungo periodo (quinquennio 1995-2000, periodo di riferimento della presente pubblicazione).

E cresciuta la popolazione residente dai 15 anni in poi e vi è stata una maggiore partecipazione al lavoro della popolazione residente, con un ampliamento della categoria degli occupati ed una contemporanea contrazione di quella dei disoccupati. Questi positivi risultati si sono riflessi sui tassi di attività, occupazione e disoccupazione. Tasso di attività: si ottiene dal rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la popolazione di 15 anni e più. Tasso di attività giovanile: si ottiene dal rapporto tra le persone in età tra i 15 e i 24 anni appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione nella stessa classe di età Tasso di occupazione: si ottiene dal rapporto tra gli occupati e la popolazione di 15 anni e più. Tasso di occupazione giovanile: si ottiene dal rapporto tra gli occupati in età tra i 15 e i 24 anni e la corrispondente popolazione nella stessa classe di età. Tasso di disoccupazione: si ottiene dal rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro. Tasso di disoccupazione giovanile: si ottiene dal rapporto tra le persone in età tra i 15 e i 24 anni in cerca di occupazione e le forze di lavoro nella stessa classe di età. Tasso di disoccupazione di lunga durata: si ottiene dal rapporto tra le persone in cerca di occupazione da dodici mesi o più e le forze di lavoro Le forze di lavoro (popolazione che si colloca sul mercato, o popolazione attiva) sono ammontate, nelle media del 2000, a 241 mila unità, con un incremento del 3,4% rispetto al 1999.Di contro le non forze di lavoro, pari a 216 mila unità, sono diminuite dell 1%. In termini percentuali la popolazione attiva costituisce il 53% della popolazione residente, mentre le non forze di lavoro il 47%. In Lombardia tali valori sono rispettivamente del 52% e del 48%. Fra le province lombarde, solo Pavia e Cremona registrano una quota delle non forze di lavoro superiore a quella della popolazione attiva. Anche in Italia è più elevata la quota delle non forze di lavoro, 52% della popolazione residente, rispetto a quella della popolazione attiva (forze di lavoro), 48%. Fra le regioni italiane, quella con la più alta percentuale di popolazione attiva è il Trentino Alto Adige, con una quota del 55,6%. La popolazione attiva è cresciuta, nella nostra provincia, in entrambe le sue componenti: gli uomini sono passati dalle 146 mila unità del 1999 alle 150 mila del 2000 e le donne da 87 a 92 mila unità. La crescita è dovuta esclusivamente all ampliamento degli occupati che hanno raggiunto le 234 mila unità (+5,9%), suddivisi tra uomini, 147 mila unità (+4,3%) e donne, 86 mila unità (+7,5%). I disoccupati sono invece scesi a 8 mila unità (-33%), di cui 3 mila uomini e 5 mila donne. Il tasso di attività (rapporto fra popolazione attiva e popolazione residente di 15 anni ed oltre) è risalito dal 51,66% del 99 al 52,74% del 2000, con una crescita analoga sia per gli uomini che per le donne, portandosi all incirca sugli stessi livelli del 1995 Nel periodo considerato (1995-2000) l andamento del tasso di attività ha subito delle oscillazioni, toccando la punta più alta nel 1998. Anche in Lombardia ed in Italia tale parametro è risultato in crescita nell anno 2000 e si è attestato, rispettivamente, al 51,9% ed al 48,2%

Il tasso di occupazione (rapporto fra occupati e popolazione residente di 15 anni ed oltre) ha raggiunto il 51%, con una crescita di oltre 2 punti percentuali rispetto all anno precedente. Nell ambito dell occupazione totale, il tasso di occupazione maschile è del 67%, mentre quello femminile è del 36%. Leggermente più basso il valore complessivo della Lombardia, con un 49,6%, In Italia, il tasso di occupazione è invece sensibilmente più basso e pari al 43,1%. Nel quinquennio considerato il punto più basso, per la nostra provincia,. è stato toccato nel 1996 con il 48,3%, mentre il valore più alto è quello registrato nel 2000. Il tasso di disoccupazione (rapporto fra disoccupati e popolazione attiva) è sceso al 3,3%, toccando il minimo storico e riportandosi lievemente al di sotto anche a quello del 1995, che era pari al 3,43%. Nel quinquennio considerato il tasso di disoccupazione in provincia di Como è costantemente salito fino al 1998, allorché ha toccato il 5,5%. E sceso al 5,2% nell anno successivo, fino ad arrivare al 3,3% dell anno 2000. ma, rimanendo comunque al di sopra del valore del 1995.Disaggregando il dato tra componente maschile e femminile, emerge che il tasso di disoccupazione maschile è pari all 1,7%, un valore puramente frizionale da piena occupazione. Il tasso di disoccupazione femminile, ancorchè al 5,9%, ha messo a segno un recupero di quasi tre punti percentuali rispetto all anno prima Nel 1995 il tasso di disoccupazione maschile era del 2,76% e quello femminile del

4,55%. Il tasso di disoccupazione della provincia di Como è risultato più basso sia di quello regionale (+4,37%) che di quello nazionale (+10,6%). Anche in Lombardia ed in Italia nel 2000 si è registrato un miglioramento del tasso di disoccupazione rispetto all anno precedente, anche se più contenuto rispetto a quello provinciale (+4,82% e +11,4% i rispettivi tassi del 1999). Il contenuto tasso di disoccupazione non è un fenomeno che ha toccato la sola provincia di Como, ma è diffuso in tutta la nostra regione.in Lombardia, tassi di disoccupazione totali più bassi di quello di Como sono stati infatti conseguiti da Lecco (1,7%), Mantova (2,6%), Sondrio (2,8%), Bergamo (2,9%), e Cremona (3%). Nel resto dell Italia le province con tassi di disoccupazione inferiori a quello comasco sono tutte collocate nel Nord Italia: Asti (3,1%), Bolzano (2,1%), Vicenza (2,3%), Treviso (2,6%), Pordenone (3%), ReggioEmilia (2,8%), Modena (2,5%) e Bologna (3,1% ). Il tasso di disoccupazione provinciale più elevato è stato quello di Reggio Calabria con il 30,5%. Nell Unione Europea il tasso di disoccupazione è risultato dell 8,2%.Valori più elevati di quello italiano si sono avuti per la Spagna, 14,1% e per la Grecia, 11,1%; il tasso di disoccupazione più basso è stato quello del Lussemburgo pari al 2,4%. OCCUPATI Dei 234 mila occupati in provincia di Como rilevati dall ISTAT, 124 mila unità, pari al 53% si collocano nelle attività terziarie, 107 mila unità, pari al 46%, nelle attività industriali e la restante quota in agricoltura.rispetto al 1999 gli occupati dell industria sono cresciuti dell 1,9%, mentre quelli delle altre attività dell 8,8%. Nell arco di un quinquennio, il peso dell occupazione industriale sul totale è rimasto pressochè stabile: la diminuzione è stata dell ordine di un punto percentuale. Nelle attività terziarie invece si è osservato, nel periodo, una crescita costante: la percentuale degli occupati del settore è salita dal 49,3% del 1995 all attuale 53%. In agricoltura, l incidenza degli occupati si è progressivamente ridotta, scendendo dal 3,56% del 1995 allo 0,85% nel 2000; l andamento è stato uguale sia per gli uomini che per le donne. La distribuzione degli occupati nei tre grandi settori di attività conferma il consolidamento del processo di terziarizzazione della nostra provincia, la tenuta del secondario e l ulteriore emarginazione dell agricoltura. Dal 1995 al 2000 l agricoltura ha perso 6 mila addetti. Questa consistente perdita, soprattutto se confrontata con il livello di partenza, che contava 8.000 addetti, conferma la crescente marginalizzazione dell agricoltura anche sul versante occupazionale. L industria ha registrato una evoluzione senza significative variazioni, guadagnando 2000 addetti nel quinquennio, anche se nel periodo considerato ha perso peso. Le attività del terziario hanno avuto un andamento altalenante fino al 1999, anche se la tendenza è risultata in crescita.nell ultimo anno questo settore ha fatto un balzo notevole in avanti, recuperando 10 mila addetti. La tabella della composizione percentuale evidenzia i settori di prevalente occupazione dei maschi e delle femmine.la componente femminile è nettamente prevalente nel terziario. Nel 2000, su cento donne occupate, 63 lavoravano nel terziario, 36 nell industria e solo una in agricoltura.nell industria prevale invece la componente

maschile, anche se le differenze sono meno significative. Nel 2000, su cento maschi occupati, 52 erano addetti dell industria, 47 nel terziario e una sola unità in agricoltura.nel corso del periodo considerato, la componente maschile non ha registrato variazioni significative nell industria, mentre è cresciuta di quattro punti percentuali nel terziario.analoga evoluzione si è avuta per le donne: la loro quota è rimasta costante nell industria e ha guadagnato quattro punti percentuali nel terziario. In agricoltura, sia i maschi che le femmine hanno perso circa due punti percentuali. Nonostante il miglioramento dell ultimo anno, l evoluzione della disoccupazione nel periodo 1995/2000 in provincia di Como è stata meno positiva del livello regionale e nazionale. Nel 1995, in Italia il tasso di disoccupazione era pari al 12%. Nel 2000 si è abbassato al 10,6%, recuperando circa un punto e mezzo. La Lombardia, nello stesso periodo, è passato dal 6,17% al 4,37%, guadagnando poco meno di due punti. In provincia di Como si è passati da un tasso di disoccupazione del 95 del 3,43% ad un tasso del 3,30% del 2000. Il recupero della nostra provincia è risultato meno elevato di quello nazionale e regionale. E bene però evidenziare che il livello di partenza di Como era notevolmente più basso di quello della Lombardia e dell Italia. Il divario della disoccupazione della nostra provincia con l Italia era di 8,5 punti percentuali nel 95. E sceso a 7,3 punti nel 2000. Analogo andamento si è avuto con la regione Lombardia. Il divario è, infatti, sceso da 2,7 punti del 95 a poco più di un punto nel 2000. La rilevazione delle forze di lavoro, con la distribuzione degli occupati nei tre principali settori di attività, è l occasione per far emergere le vocazioni della nostra provincia nei

confronti dei livelli regionale e nazionale. In provincia di Como gli occupati in agricoltura rappresentano meno dell 1% degli occupati totali. In Italia la quota degli occupati agricoli è del 5,3% e in Lombardia di poco superiore al 2%. Anche le forze di lavoro evidenziano la marginalità del settore agricolo dell economia provinciale. Gli occupati nell industria costituiscono il 45,7% del totale della provincia di Como. Il Lombardia tale quota scende al 40,4% e in Italia addirittura al 32,1%. Anche questo parametro conferma la vocazione industriale della nostra provincia, ancorché misurata sul versante delle forze di lavoro. Nel terziario è concentrato in provincia di Como il 53% degli occupati. In Lombardia gli addetti occupati in questo settore sono il 57,4% del totale e in Italia questa percentuale sale al 62,5% Bisogna però tener presente, in fatto di specializzazioni produttive, che le forze di lavoro non sono lo strumento più idoneo per misurare questo fenomeno. Come si è detto prima, infatti, l indagine ISTAT delle forze di lavoro è effettuata sulla popolazione residente, la quale può essere occupata anche in unità produttive al di fuori della provincia di Como. Il tasso di disoccupazione medio italiano (10,6%) è la risultante di situazioni locali molto differenziate, come si può rilevare dall apposita tabella allegata. Lecco è la provincia con la più bassa disoccupazione (1,7%), mentre Reggio Calabria, con un tasso superiore al 30%, guida la classifica della disoccupazione italiana. La regione con minor disoccupati è il Trentino Alto Adige (2,7%); quella con la disoccupazione più elevata è la Calabria (26%). Le forze di lavoro in Italia ammontavano nel 2000 a 23.575.000 unità, di cui 21.080.000 occupati e 2.495.000 in cerca di occupazione. In Lombardia le forze di lavoro erano pari 4.052.000, di cui 3.875.000 occupati e 177.000 disoccupati. La regione a più alta concentrazione di occupati in agricoltura è la Calabria, con una quota vicina al 12%. Quella meno agricola è la Lombardia (2%). Il Veneto detiene il primato di occupati nell industria (41,8%). Le regione meno industrializzata è la Calabria (18,9%). Il Lazio ha la più alta concentrazione di occupati nel terziario (77%), mentre la regione con la più bassa quota di terziario è il Veneto (53,7%).