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Transcript:

LINEE GUIDA ZONE 30 Linea guida 2. La pianificazione della mobilità urbana e il piano di zona 30 Giugno 2007

INDICE 1. PREMESSA... 3 2. LA PIANIFICAZIONE DELLA MOBILITÀ URBANA IN ITALIA... 3 3. LINEE PER UNA RIFORMA: VERSO IL PIANO STRUTTURALE URBANO DI MOBILITÀ SOSTENIBILE... 6 4. IL PIANO DI ZONA 30... 7 BIBLIOGRAFIA... 8 Le linee guida sulle zone 30 sono state elaborate a cura di: Politecnico di Torino - Dipartimento Interateneo Territorio OCS Osservatorio Città Sostenibili - Carlo Socco, Chiara Montaldo Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 2

1. PREMESSA Questo testo è dedicato ad un esame della normativa vigente in Italia in materia di pianificazione della mobilità urbana. L esame ha lo scopo di verificare in quale misura è possibile dare pieno sviluppo ad una strategia delle zone 30. Dall esame svolto emerge una sostanziale inefficienza del sistema di pianificazione della mobilità urbana: i gravi limiti del principale strumento di pianificazione, cioè il piano urbano del traffico (PUT), lo sviluppo di diversi piani di settore che finiscono per svuotare di contenuto il PUT, la presenza di una normativa sulle strade urbane largamente carente in materia di moderazione del traffico (a cominciare dalla classificazione funzionale delle strade stesse), sono tutti elementi che dovrebbero indurre le autorità competenti ad intraprendere una radicale riforma del sistema di pianificazione, allineandolo alla strategia comune europea. Tuttavia, pur riconoscendo i limiti degli strumenti di pianificazione vigenti, si ritiene possibile effettuare una politica della mobilità urbana efficace anche operando all interno dei piani esistenti, superando i limiti formali con l introduzione di misure adeguate, ad esempio facendo ricorso allo strumento del regolamento viario. 2. LA PIANIFICAZIONE DELLA MOBILITÀ URBANA IN ITALIA Non è questa la sede per un analisi complessiva del sistema di pianificazione della mobilità urbana in Italia; tuttavia, è opportuno svolgere un sintetico esame del medesimo, al fine di inserire l esperienza dei piani di zona 30 nel quadro delle norme vigenti. Si può cominciare questo esame a partire dall elenco dei due principali strumenti di piano che le leggi e le norme italiane prevedono in materia: il piano urbano del traffico (PUT): un piano di gestione di brevissimo periodo (due anni), obbligatorio per i comuni con più di 30.000 abitanti o interessati da particolari flussi turistici o da fenomeni di pendolarismo (il cui elenco è redatto dalle Regioni). Istituito sebbene come strumento non obbligatorio con la circolare del Ministero dei lavori pubblici 8 agosto 1986, n. 2575, è divenuto obbligatorio nel 1992, con l approvazione del Nuovo codice della strada. Il Nuovo codice della strada è stato approvato con il d.lgs. 285/1992 ed è stato modificato più volte, con decreti successivi; l art. 36 del codice ha reso obbligatori i piani urbani del traffico. Il Nuovo codice della strada è accompagnato dal Regolamento di esecuzione e di attuazione, contenuto nel d.p.r. 495/1992; il piano urbano della mobilità (PUM): un piano strutturale di medio-lungo periodo (dieci anni), per i Comuni o le aggregazioni di Comuni con più di 100.000 abitanti, istituito senza obbligatorietà dalla legge 24 novembre 2000, n. 340. La stessa circolare istitutiva del PUT, Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 3

cioè la n. 2575 del 1986, introduceva anche il piano dei trasporti, che però non è stato ripreso dalle norme successive e di fatto non ha avuto applicazioni concrete. L unico piano, che è stato effettivamente sperimentato in forma diffusa, è il PUT, per l ovvia ragione che è stato l unico strumento reso obbligatorio per legge: il PUM, infatti, è stato analizzato nel secondo piano generale dei trasporti e della logistica, adottato nel 2001, che non ha però valore di legge. Il PUT è disciplinato dalle Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico, pubblicate sulla G.U. del 24 giugno 1995. Le direttive affermano che «il PUT deve essere inteso come piano di immediata realizzabilità, con l obiettivo di contenere al massimo mediante interventi di modesto onere economico le criticità della circolazione» (p. 9). Gli interventi di più ampio respiro, che devono necessariamente coinvolgere il potenziamento dell offerta di infrastrutture e dei servizi del trasporto pubblico, costituiscono teoricamente l oggetto non del PUT ma del piano dei trasporti, che è di durata decennale. Le direttive, infatti, dichiarano che «il PUT costituisce in definitiva lo strumento tecnico-amministrativo di breve periodo, che mediante successivi aggiornamenti (piano-processo) rappresenta le fasi attuative di un disegno strategico di lungo periodo espresso dal Piano dei trasporti, da elaborare in genere a scala comprensoriale (bacino di traffico) e con riferimento anche a tutte le altre modalità di trasporto non stradale» (pp. 9-10). Va aggiunto che il PUT si articola secondo tre distinti livelli: un livello generale, costituito dal piano generale del traffico urbano (PGTU), che può anche essere esteso ad un consorzio di Comuni e deve essere redatto in una scala compresa tra 1:25.000 e 1:5.000; un livello particolareggiato, costituito dai piani particolareggiati del traffico urbano (PPTU), «intesi quali progetti di massima per l attuazione del PGTU, relativi ad ambiti territoriali più ristretti di quelli dell intero centro abitato, quali a seconda delle dimensioni del centro medesimo le circoscrizioni, i settori urbani, i quartieri o le singole zone urbane (anche come fascia di influenza dei singoli itinerari di viabilità principale), e da elaborare secondo l ordine previsto nell anzidetto programma generale di esecuzione del PGTU» (p. 27); un livello esecutivo, costituito dai piani esecutivi del traffico urbano (PETU), «intesi quali progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del traffico urbano. La progettazione esecutiva riguarda, di volta in volta, l intero complesso degli interventi di un singolo Piano particolareggiato, ovvero singoli lotti funzionali [ ]. Detti Piani esecutivi definiscono completamente gli interventi proposti nei rispettivi Piani particolareggiati, quali ad esempio le sistemazioni delle sedi viarie, la canalizzazione delle intersezioni, gli interventi di protezione delle corsie e delle sedi riservate e le indicazioni finali della segnaletica stradale (orizzontale, verticale e luminosa), e li integrano in particolare per quanto attiene le modalità di gestione del PUT (in termini di verifiche ed aggiornamenti necessari)» (p. 29). Il PUT è stato preso a riferimento per l istituzione di una serie di piani di settore, quali: Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 4

il piano della sicurezza stradale urbana, previsto dal piano nazionale della sicurezza urbana (istituito dalla legge 144/1999, «al fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali ed in relazione al Piano di sicurezza stradale 1997-2001 della Commissione delle Comunità europee») e disciplinato dalle linee guida prodotte nel 2001 dall Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, per conto del Ministero dei lavori pubblici; il piano della rete ciclabile, istituito con la legge 19 ottobre 1998, n. 366 e normato dal regolamento contenuto nel d.m. 557/1999; il piano urbano di fluidificazione del traffico, istituito dal terzo piano energetico nazionale, approvato il 10 agosto 1988 e disciplinato dalla circolare 28 maggio 1991, n. 1196 Indirizzi attuativi per la fluidificazione del traffico urbano, anche ai fini del risparmio energetico ; il programma urbano dei parcheggi, istituito con la legge 24 marzo 1989, n. 122. La sicurezza, la fluidificazione del traffico, la ciclabilità, i parcheggi sono tutti temi di importanza centrale in un piano del traffico urbano; per questo motivo è consigliabile che la loro trattazione avvenga all interno degli stessi PUT, o almeno in piani strettamente correlati a questo, invece che in altri piani del tutto separati. Al momento attuale, non si dispone di una valutazione nazionale o regionale dell efficacia del PUT, nonostante siano ormai trascorsi quasi vent anni dalla sua istituzione. Tuttavia, lo stesso piano nazionale della sicurezza stradale, analizzando i dati della situazione del traffico nelle città italiane, ha osservato che, sotto il profilo della sicurezza, «i Piani Urbani del Traffico non sono riusciti almeno sino ad ora a determinare una netta inversione delle tendenze in corso, vuoi perché attuati in modo del tutto parziale o non attuati affatto, vuoi perché nella generalità dei casi i PUT risultano scarsamente attenti ai problemi della sicurezza stradale» (p. 42). Questa mancanza di visione strategica e di lungo respiro, questa pletora di piani, questa inutile settorializzazione di un piano che dovrebbe mantenere una sua interna coesione di sistema, questa confusione di procedure, non fanno che peggiorare il già improprio quadro degli strumenti di pianificazione del traffico urbano. Qui si può accennare a quelli che appaiono come i limiti più evidenti dei PUT, almeno dal punto di vista formale: un piano di soli due anni non può essere definito in senso proprio un piano, specie se deve affrontare un complesso problema strutturale e strategico la cui soluzione richiede tempi lunghi; la sua dichiarata operatività sui temi della gestione di interventi di modesta entità non consente di programmare le necessarie strategie; la sua macchinosità (articolato in tre distinti livelli) e il suo costo di gestione (ogni due anni dovrebbe essere rifatto: disposizione sistematicamente disattesa dai Comuni) ne fanno uno strumento inapplicabile nella realtà amministrativa; la pletora di strumenti di piano settoriali, che si è aggiunta sull errore della definizione originaria, e che dovrebbero occuparsi di temi che sono centrali nello stesso PUT (il caso più assurdo è costituito dal piano di fluidificazione del traffico) finiscono per svuotare il PUT dei suoi compiti fondamentali; Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 5

la confusione dei rapporti tra PUT e PUM, nel caso di Comuni al di sopra dei 100.000 abitanti che vogliano adottare un PUM, denota una falla nel quadro normativo. 3. LINEE PER UNA RIFORMA: VERSO IL PIANO STRUTTURALE URBANO DI MOBILITÀ SOSTENIBILE Uno strumento che pare essere più coerente con la strategia che si sta delineando a livello europeo è il PUM, di cui però non è previsto l obbligo e sul quale non si dispone di una normativa tecnica. Ma è appunto su di esso che occorre puntare per muoversi nel quadro della strategia comune europea. Nel definire in modo appropriato il PUM, occorrerebbe cercare di recuperare alcuni elementi importanti del piano dei trasporti, al quale, come detto, non è mai stato dato un concreto seguito normativo. Questo piano è stato l unico per il quale si è fatto esplicito riferimento al bacino di traffico, inteso come lo spazio più appropriato per una pianificazione di sistema della mobilità urbana. Questo concetto è d importanza cruciale, anche se la circolare e le direttive in materia non forniscono i criteri per una sua più puntuale specificazione. Generalmente il bacino di traffico viene definito in base alla pendolarità sistematica per motivi di lavoro. Questa definizione non ha una rilevanza solo per la tematica della mobilità, ma, più in generale, essa consente di delimitare spazialmente un sistema urbano, il quale può appunto essere definito come quell area dove chi risiede trova i posti di lavoro e i servizi di rango urbano. Infatti, l area di pendolarità sistematica per motivi di lavoro comprende in sé i bacini di accessibilità ai servizi di rango urbano. Il che ne fa appunto un area dove si può analizzare il sistema delle interdipendenze sia localizzative che di interazione spaziale tra gli usi del suolo residenziali, produttivi e di servizio. Essa è dunque l area a livello della quale il piano strutturale di uso dei suoli e il piano strutturale della mobilità urbana possono verificare le loro reciproche interdipendenze e coerenze. Quest area, ovviamente, presenta confini sfumati e gradi di apertura più o meno accentuati; generalmente ha una struttura multipolare, sebbene non priva di una gerarchia; ma costituisce un ambito interessante anche per la pianificazione territoriale di area vasta, a livello della quale si possono appunto stabilire forti interdipendenze tra la localizzazione delle residenze, dei servizi alla popolazione e delle attività produttive, da un lato, e la struttura delle interazioni spaziali della domanda di mobilità, dall altro lato. Impostato in questa prospettiva, il problema di definire l ambito territoriale di riferimento di questa forma di pianificazione strutturale della mobilità urbana, non richiederebbe più di fissare soglie dimensionali, poiché si verrebbe a configurare una situazione in cui tutto il territorio sarebbe suddiviso secondo bacini di traffico, che dovrebbero essere oggetto di piani strutturali urbani di mobilità sostenibile. La strategia delle zone 30, cioè il sistematico ridisegno dello spazio della viabilità delle zone residenziali con lo scopo di renderlo più sicuro, più rispondente alla sua multifunzionalità e più Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 6

gradevole anche dal punto di vista del paesaggio urbano, dovrebbe costituire uno dei contenuti fondamentali della pianificazione esecutiva del piano strutturale urbano di mobilità sostenibile. Ciò che sin d ora si può configurare come un auspicabile sistema di pianificazione in materia di mobilità e di trasporti, dovrebbe presentare una configurazione di questo tipo: l articolazione del territorio secondo ambiti di bacino di traffico dovrebbe essere di competenza del piano regionale dei trasporti (PRT); il PRT si dovrebbe articolare secondo piani strutturali urbani di mobilità sostenibile, relativi a bacini di traffico, che sono entità sovracomunali; a loro volta, tali piani dovrebbero articolarsi secondo piani esecutivi o, direttamente, secondo progetti, la cui formazione e attuazione può essere affidata, a seconda dei casi, a Province, Comuni, agenzie o enti operativi 1. Le linee di riforma qui suggerite si muovono nella stessa direzione indicata dal gruppo di esperti europei che, per conto della Commissione europea, sta mettendo a punto le linee di governance dell Ue in materia di sostenibilità urbana. All inzio del 2006 è stata pubblicata dall Unione europea la strategia tematica europea per l ambiente urbano 2. All interno di questa strategia, la misura più interessante con riferimento alla politica dei trasporti consiste nella proposta - per il momento non vincolante - di adottare, da parte delle agglomerazioni urbane con popolazione superiore a 100.000 abitanti, un piano di trasporto urbano sostenibile. Tale piano dovrebbe avere un approccio di tipo integrato, in senso sia orizzontale (integrazione tra il settore dei trasporti e quelli della pianificazione territoriale, degli usi dei suoli, dell ambiente, della sicurezza, dello sviluppo economico, ecc.), sia verticale (integrazione delle politiche di livello europeo, nazionale, regionale e locale), sia spaziale (integrazione fra le politiche di enti territoriali adiacenti). 4. IL PIANO DI ZONA 30 Pur riconoscendo i limiti della pianificazione della mobilità urbana in Italia e auspicando l introduzione di adeguate riforme, nella direzione accennata nel paragrafo precedente, si ritiene possibile varare una politica della mobilità urbana efficace anche operando all interno dei piani esistenti: la strategia delle zone 30 può innovare i contenuti dei piani urbani del traffico, trasformandoli in strumenti di governo capaci di migliorare la sicurezza e la vivibilità dello spazio pubblico. 1. Per inciso, si può aggiungere che, in questo quadro, appaiono del tutto superflui i piani del traffico per la viabilità extraurbana, istituiti dal Nuovo codice della strada e affidati alle amministrazioni provinciali; infatti i compiti settoriali affidati a tali piani sarebbero compresi nel piano strutturale urbano di mobilità sostenibile. 2. Communication 718/2005 final from the Commission to the Council and the European Parliament on Thematic Strategy on the Urban Environment. Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 7

Questa strategia si attua attraverso la realizzazione di piani di zona 30 relativi ai diversi ambiti residenziali e si compone di un quadro sistematico di misure concrete, che ormai hanno assunto il carattere di best practices a livello europeo e che devono tradurre in pratica le scelte del piano. Queste misure si possono riassumere nella cosiddetta strategia delle zone 30, cioè nel sistematico ridisegno dello spazio della viabilità delle zone residenziali con lo scopo di renderlo più sicuro, più rispondente alla sua multifunzionalità e più gradevole anche dal punto di vista del paesaggio urbano. La strategia delle zone 30 può costituire uno dei contenuti fondamentali della pianificazione esecutiva del piano urbano del traffico; infatti essa deve riguardare il complesso dello spazio residenziale urbano cioè, praticamente l intera città poiché tutto lo spazio residenziale deve essere caratterizzato come zona 30. Sarà dunque compito del livello strutturale del PUT, cioè del PGTU, identificare gli ambiti residenziali, definire la gerarchia funzionale delle varie strade, fornire le indicazioni normative per i piani attuativi relativamente a ciascun ambito; disponendo di questi contenuti, i piani attuativi delle zone 30 si occuperanno di progettare nel dettaglio gli interventi interni a ciascun ambito residenziale. BIBLIOGRAFIA CETUR - Centre d étude des transports urbains (1992) Guide Zone 30. Méthodologie et recommandations, CETUR, Bagneux. Commissione europea (2003) Programma di azione europeo per la sicurezza stradale - Dimezzare il numero di vittime della strada nell Unione europea entro il 2010: una responsabilità condivisa. Commissione europea (2001) Libro bianco - La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte. DfT - Department for Transport UK (2007) Manual for streets. European Commission (2006) Communication from the Commission to the Council and the European Parliament on Thematic Strategy on the Urban Environment. European Commission (2006) Commission Staff Working Document. Annex to the Communication from the Commission to the Council and the European Parliament on Thematic Strategy on the Urban Environment. Impact Assessment. European Commission (2006) Reclaiming city streets for people. Chaos or quality of life? European Commission - Transport RTD Programme - Fourth Framework Programme (2001) EXTRA - Urban Transport. Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 8

Hamilton-Baillie B. (2002) Home Zones - Reconciling People, Places and Transport, Winston Churchill Memorial Trust, London. IHT - The Institution of Highways and Transportation (2005) Traffic Calming Techniques, IHT, London. ITE - Institute of Transportation Engineers (1999) Traffic Calming: State of the Practice, ITE, Washington, D.C. Ministero dei trasporti e della navigazione (2001) Piano generale dei trasporti e della logistica. Ministero dei lavori pubblici - Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale (2000) Indirizzi generali e linee guida per l attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale. Ministero dei lavori pubblici (1995) Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico. Regione Piemonte - Direzione Trasporti (a cura di Osservatorio Città Sostenibili) (2005) Verso una strategia europea per una mobilità sostenibile. Linee d azione per gli enti locali, FrancoAngeli, Milano. USTRA - Ufficio federale delle strade (s.d.) Moderazione del traffico all interno delle località, USTRA, Berna. Ventura V. (a cura di) (1999) Guida alla zona 30. Metodologia e raccomandazioni, Collana Cescam, quaderno n. 1, Editoriale Bios, Cosenza. Direzione Trasporti - Settore pianificazione dei trasporti 9